Le Donne, i Cavallier, l’arme, gli amori
le cortesie, l’audaci imprese io canto
Ancora un articolo su Photoshop e sui suoi meriti. Molti sono i detrattori e gli strenui difensori della realtà. Le fotografie riproducono la realtà e la realtà non va toccata. Per modificare la realtà secondo la propria interpretazione, esiste la pittura, il pennello e il quadro.
Ma la realtà cosa è: quella che osserva o sente il fotografo o quella che si vede nelle fotografie? La domanda è sensata, perché si tratta di due rappresentazioni diverse. L’occhio è solo un tramite per la visione umana che avviene con il cervello ed è influenzata dall’umore, dall’entusiasmo e dall’interesse per il luogo che si sta visitando. L’occhio umano, in combinazione con il cervello, poi , non è per nulla paragonabile ad un obbiettivo fotografico. E’ capace di focheggiare nello stesso momento come un 24mm e un 300mm. E’ capace di escludere dalla visone quel filo elettrico che taglia a metà lo splendido paesaggio o il piede che entra nell’inquadratura. E’ capace di vedere come “bianco” nella stessa inquadratura sia il vestito della sposa al sole, sia la neve all’ombra. Non è soggetto a parametri come grana, rumore, bilancimento del bianco, temperatura colore. Il cervello vede quel che vuole vedere e di quello che ha vluto vedere conserva il ricordo.
La macchina fotografica, per quanto perfezionata possa essere, non potrà mai competere con il connubio occhio/cervello. E’ stupida, si limita a registrare sui pixel del suo sensore la luce che gli arriva dall’obbiettivo secondo i parametri generali impostati dal fotografo. E questi parametri sono generali, quindi validi per tutta l’immagine. Se dici alla fotocamera che la luce è quella di pieno sole, la fotocamera registrerà tutti i particolari dell’immagine con il parametro “Pieno sole a 5.500 gradi Kelvin”. L’abito della sposa al sole risulterà bianco, ma la candida camicia dello sposo rimasto all’ombra diventerà azzurra. Se il fotografo imposta una profondità di campo da 10 metri all’infinito in cui tutto è a fuoco, il filo elettrico che attraversa la scena diventerà un frego nero nella fotografia. Se il sole è di lato, lo spledido paesaggo estivo apparirà, per i riflessi interni all’obbiettivo, come immerso nella foschia. Eppure era una giornata limpida, spergiurerà il fotografo..
E’ questa la realtà che il fotografo voleva rappresentare, conservare e condividere? Ammetto di usare molto Photoshop, per accendere i colori, correggere i difetti, per rendere le mie fotografie più simili a quello che ho fotografato.
Le mie ultime fotografie sulla Cambogia, disponibili su www.behance.net/sergioferraiolo/, ne sono un esempio.
Non so se il grande Steve McCurry nelle sue foto dedicate alla Cambogia abbia usato Photoshop, ma son certo più belle delle mie.
Come al solito vi lascio con un esempio della stessa foto senza e con Photoshop. Mi farebbe piacere leggere i vostri commenti
E, questa qui sotto, è stata un po’ ritoccata
La sentenza 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo contro Italia, della Corte europea dei diritti dell’uomo ha individuato «una lacuna del sistema giuridico italiano, secondo il quale il figlio legittimo è iscritto nei registri dello stato civile con il cognome del padre, senza possibilità di deroga, nemmeno in caso di consenso tra i coniugi in favore del cognome della madre»: ciò comporta la violazione dell’articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in combinato disposto con l’articolo 8 della stessa.
La Corte ha aggiunto di ritenere «che dovrebbero essere adottate riforme nella legislazione e/o nella prassi italiane al fine di rendere tale legislazione e tale prassi compatibili con le conclusioni alle quali è giunta nella presente sentenza, e di garantire che siano rispettate le esigenze degli articoli 8 e 14 della Convenzione».
In attuazione delle prescrizioni della sentenza il Governo ha presentato un disegno di legge “Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli, in esecuzione della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo 7 gennaio 2014” (A.C.2123) con il quale prevede che “Il figlio nato da genitori coniugati assume il cognome del padre ovvero, in caso di accordo tra i genitori risultante dalla dichiarazione di nascita, quello della madre” e che “Se l’adozione è compiuta da coniugi l’adottato assume il cognome del padre adottivo, ovvero, in caso di accordo fra i coniugi risultante da dichiarazione scritta allegata al ricorso per adozione o ad altro atto anche successivo, purché precedente alla pronuncia del decreto di adozione, quello della madre adottiva”.
Ma non basta. E’ stata istituita una Commissione incaricata di trovare una soluzione alle seguenti questioni:
Queste sono le prime domande che mi vengono in mente, ma ognuno dei lettori ne potrà trovare altre e più numerose, le variabili sono tante e crescono con il passare delle generazioni.
Aggiungo, fra parentesi, che già oggi, a legislazione vigente, il figlio che vuole aggiungere al cognome del padre quello della madre può farlo semplicemente con una domanda alla Prefettura, praticamente sempre accolta.
Dicono che ciò è necessario per l’effettiva parità uomo – donna. Ma a che prezzo?
Ed è di questo che gli italiani hanno bisogno?
Francamente non lo so.
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