Brutta profezia. Siamo tutti abituati al fenomenale algoritmo di Google, che, con un po’ di esperienza, ti trova nel web tutto quello che vuoi.

Secondo me tutto questo finirà presto, colpa dell’ingordigia umana.

Tutti voi sapete come funziona l’algoritmo di Google: Il sistema confronta la stringa di ricerca non solo con le parole immesse, ma anche con le stringhe ricercate più di frequente.

Se io cerco qualcosa sul gioco della morra, sarà più facile che i primi risultati si riferiscano all’ex grillino Morra che al gioco.

Tutto questo è aggravato dalla possibilità di “sponsorizzare” siti e stringhe di ricerca, pagando una provvigione a Google perché siano preferiti ad altri simili e mostrati per primi.

E qui il difetto si amplifica.

Se io ho un residence chiamato “Fonti Egeria” e dò un pacco di soldi a Google, tutte le ricerche sulla famosa fonte Egeria di Roma saranno indirizzate sul residence “Fonti Egeria” i cui risultati compariranno per primi, relegando quelli sulla storia (interessante) della fonte Egeria agli ultimi posti.

Ricerche di questo tipo producono l’effetto perverso di aumentare sempre di più la ricorrenza e la primigenia nella lista di ricerca di siti sponsorizzati che, aumentando la frequenza di rilevazione, faranno sparire quelli invece agganciati a siti reali perché l’algoritmo “pensa”: è questo che vogliono i ricercatori!.

Il risultato errato diventa fonte di molti altri risultati errati.

Stamattina ho perso un ora a cercare le norme ICAO regolatrici di cosa è possibile inserire nel bagaglio registrato di stiva di un aereo. Vi assicuro che i risultati, per qualsiasi stringa di ricerca, facevano riferimento a compagnie aeree che offrono viaggi (sponsorizzate), a siti clicbait (sponsorizzati), a siti di vacanze (sponsorizzati). Gli unici pertinenti erano sulle norme per il trasporto dei liquidi nei bagagli a mano, cosa assai risaputa.

A volte, per ottenere un risultato decente, aggiungo a qualsiasi stringa di riceca la parola “wikipedia”; così se l’enciclopedia del web ha trattato quell’argomento, otterrò un risultato accettabile.

In questo momento l’intelligenza artificiale è in netto vantaggio. Siti come https://chat.openai.com/ forniscono, per ora risultati più accettabili e senza siti “di pubblicità”. ovviamenta, a domanda precisa (in italiano) ChatGpt ha risposto subito e precisamente

Ho paura che se la cosa continua, Google morirà presto.

C’è tanta gente che considera il canto “Bella Ciao” come un canto di sinistra o, peggio, comunista.

Con l’aiuto di Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Bella_ciao, cerchiamo di ricostrutire gli avvenimenti.

  1. Pare accertato che “Bella Ciao” non era fra i canti partigiani e non fu mai cantato da essi.
  2. Cominciò ad essere famoso solo negli anni ’60.
  3. Nel testo: “«Una mattina mi son svegliato
    o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
    una mattina mi son svegliato
    e ho trovato l’invasor.

O partigiano portami via
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
o partigiano portami via
che mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e se io muoio da partigiano
tu mi devi seppellir.

Seppellire lassù in montagna
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
seppellire lassù in montagna
sotto l’ombra di un bel fior.

E le genti che passeranno
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e le genti che passeranno
mi diranno che bel fior.

E questo è il fiore del partigiano
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e questo è il fiore del partigiano
morto per la libertà
.»”

Nl testo, dicevo, non c’è alcun riferimento a ideologie politiche, solo un grido per la libertà perduta a causa dell’invasor e la voglia di combattere l’invasore.

Tanto è vero che, almeno alle origini non aveva connotazioni politiche è dato dal fatto che fu cantata anche al congresso che elesse Benigno Zaccagnini alla Segreteria della DC, movimento non certo di sinistra.

Quello che è certo che la Destra, non si sa perché, se l’è pesa con questa canzone che, ripeto, è solo un grido di libertà contro l’invasore, e – furia di dire che sia un canto comunista – magari qualcuno ci crede.

E la connotazione politica “a sinistra” di Bella ciao è un fatto tutto italiano. La canzone famosissima nel mondo è cantata sempre quando si lotta contro un invasore, un po’ come il canto degli ebrei in “Và Pensiero” di Giuseppe Verdi:” Saluta le rive del Giordano, E le torri distrutte di Sion! Oh mia Patria, così bella ma perduta, Oh ricordo così caro, ma così doloroso.”

Ma non solo…..

Tra le innumerevoli esecuzioni spicca anche quella del musicista bosniaco Goran Bregović, (non certo uomo di sinistra) che la include regolarmente nei propri concerti, e che ha dato al canto popolare un tono decisamente balcanico (contro l’invasione della Bosnia).

Durante le proteste dell’ottobre 2011, il movimento Occupy Wall Street, gli indignados a stelle e strisce, intonò Bella ciao.[56]

Il candidato socialista François Hollande ha scelto il canto popolare dei partigiani dell’Emilia-Romagna per concludere un suo discorso in occasione delle elezioni presidenziali 2012, tra gli applausi della folla.[57]

Durante le manifestazioni contro Erdoğan avvenute nella piazza Taksim di Istanbul e in tante altre città turche nel 2013, alcuni manifestanti hanno intonato il motivo della canzone.[58][59]

Bella ciao, in italiano, è stata anche cantata a Parigi dall’attore comico francese Christophe Alévêque durante le commemorazioni funebri delle vittime della strage avvenuta nella sede del settimanale satirico francese Charlie Hebdo: nel corso di una cerimonia pubblica di sostegno del giornale (trasmessa in diretta l’11 gennaio 2015 da France 2),[60] e durante il funerale del fumettista Bernard Verlhac, detto “Tignous” (trasmesso in diretta da BFMTV).

La canzone è stata utilizzata nella serie spagnola di Antena 3/Netflix La casa di carta.

Nell’attuale guerra civile siriana è stata utilizzata dagli indipendentisti curdi.[61][62]

Nella rivoluzione sudanese del 2018 e 2019 alcuni ribelli hanno intonato la canzone, realizzando anche una cover del brano.[63]

Nel 2019 viene fatta una canzone inglese, Do it now, con un nuovo testo sulle note di Bella ciao per i cambiamenti climatici.

Sempre nel 2019, viene cantata all’aeroporto di Barcellona dai manifestanti per l’indipendenza della Catalogna per protestare contro le condanne inflitte a dodici leader catalani.[64]

Nel 2019 anche i manifestanti cileni cantano e suonano Bella ciao mentre si ritrovano in Plaza Italia per protestare contro il presidente Sebastián Piñera e per chiedere riforme economiche e cambiamenti politici.[65]

Durante l’invasione russa dell’Ucraina del 2022, una versione in lingua ucraina è stata cantata da diversi soldati come forma di resistenza ed opposizione agli invasori russi.

Nel settembre 2022 viene cantata una versione in lingua persiana di Bella Ciao durante le proteste antigovernative in seguito alla Morte di Mahsa Amini.

Come si vede, le occasioni più varie, di destra di sinistra accumunate solo dal desiderio di libertà contro l’invasore.

Per concludere, eccone qualche esempio. Domani cantiamola a squarciagola, non perché siamo comunisti o di sinistra, ma perché il 25 aprile 1945 ci siamo liberati dall’invasor

Ieri il ministro Lollobrigida, scherano della Meloni, si è prodotto in affermazioni inqualificabile sulla sostituzione etnica provocata dell’immigrazione e sull’aumento del PIL indispensabile, a suo dire, per convincere gli italiani a fare più figli [ritorno alle politiche demografiche del fascismo]. Ora, se è verissimo che non esiste alcuna politica di sostituzione etnica (anzi appena abbiamo un extracomunitario che si fa valere nello sport, ci affrettiamo a dargli la cittadinanza e la maglia azzurra) è altrettanto vero, come dice oggi Michele Serra, che i figli non si fanno non tanto per ragioni economiche, quanto per sfiducia nel futuro. Ci provò anche Augusto con scarsi risultati, figuriamoci Lolllbrigida.

Di che inquinamento della razza va poi cianciando Lollobrigida? Poche nazioni sono un melting pot come l’Italia.

Mi sembra giusto, quindi, riproporre un mio post del 22 ottobre 2022, proprio sull’ argomento. Ho precorso Gramellini e Serra.

Buona (ri)lettura

Viva il meticciato!

I nostri bravi governanti continuano a strepitare contro la “invasione africana”: no a neri e musulmani e, se proprio dobbiamo accogliere qualcuno, preferiamo i cattolici, biondi e belli polacchi e ucraini. Su tale preferenza, si sa, pesa la speranza che – come fu una volta per gli albanesi – dopo qualche anno gli emigranti ariani se ne tornano nel loro Paese non contaminando “la purezza della nostra razza italica”. Non staremo tornando al 1938 con le leggi a difesa della razza?

Lasciando da parte gli estremismi e le fantasie della “sostituzione etnica” del “piano Kalergi” torniamo su un piano più pratico e buttiamola giù di piatto: in Italia, ma anche in Europa, le culle sono sempre più vuote. Nel nostro Paese il tasso di natalità è di 1,2 figli per donna, lontanissimo da quel 2,2 che garantirebbe la stabilità della popolazione.  E’ un dato tragico, altro che “meno siamo, meglio stiamo!”, un dato che preconizza la fine dell’Italia e dell’Europa come l’abbiamo conosciuta.

La proiezione dei numeri è impressionante e le previsioni sconvolgenti. I demografi di  Neodemos arrivano a conclusioni quasi incredibili riguardo la popolazione africana nel prossimo trentennio: Oggi l’Unione europea conta nel complesso  445 milioni di abitanti; l’Africa ne conta un miliardo e 340 milioni. Nel 2050 (siamo vicini: è una distanza temporale inferiore a quella che, andando a ritroso, ci separa dalla caduta del muro di Berlino) l’Unione europea si sarà ridotta a 403 milioni di abitanti, l’Africa arriverà a 2 miliardi e 507 milioni di abitanti. E, si badi bene, non è un semplice raddoppio: è una triplicazione: infatti le previsioni per quanto riguarda la fascia di persone in età lavorativa in Europa sono tragiche: l’età media si sposterà molto più avanti di quella delle persone in età da lavoro con diminuzione catastrofica in termini di PIL.

E’ della scorsa estate il “grido di dolore” degli esercenti che non trovavano più lavoratori, per lo più giovani, disposti ad un lavoro stagionale.

Per ora l’INPS può contare ancora su due lavoratori i cui contributi formano la pensione di una persona ritiratasi dall’età lavorativa. E l’INPS già non ce la fa più. Urge ampliare la base lavorativa, ma, con le antiquate leggi che abbiamo, cercare di pescare il lavoratore straniero che vogliamo è una mission impossible; neppure il classico informatico indiano riusciamo ad attrarre ed assumere. Eppure, nonostante queste difficoltà, se andassero via tutti i lavoratori stranieri, il PIL italiano diminuirebbe di un drastico 9%.

              E, in tutto questo, ancora qualcuna/o, nei comizi, urla la sua voglia di rimanere italiana.

Io penso, invece, che i miei nipotini saranno neri. Quella che noi chiamiamo “invasione” è un semplice spostamento di popolazioni, come, nei secoli scorsi, ce ne sono stati tanti.  Dai Sapiens che dall’Africa migrarono in Medio Oriente e, poi, in tutta Europa [per aprirvi gli occhi vi consiglio questo libro: “Sapiens, da animali a dei”], fino alla migrazione europea in America del nord e latina, passando per le migrazioni dei popoli del nord nell’Europa meridionale che misero fine all’impero di Roma.

Le migrazioni sono fenomeni inarrestabili. Si dice infatti che l’immigrazione è un “gioco” in cui non puoi vincere, non puoi pareggiare e non puoi uscire dal gioco.

La nostra unica possibilità di salvare qualcosa è cercare di comunicare e trasmettere a chi arriva i nostri valori, quei valori che noi stessi abbiamo preso dall’antica Grecia.

D’altronde, per rispondere a chi non vuole visi neri e urla la sua voglia di essere e rimanere italiana/o con tutta la sua progenie, io domando semplicemente: ma che significa essere italiano? Essere nato in quell’espressione geografica indicata da Metternich? La nostra penisola, prima del 1861, poco più di 150 anni fa, fu unita sotto un solo sovrano esclusivamente durante l’impero romano che, a sua volta, non fu un impero “italiano”, ma un melting pot unito solo dal burocratico attributo della cittadinanza ed, anche al suo Vertice ebbe imperatori, spagnoli (Traiano, Adriano), libici (Settimio Severo), traci (Massimino), francesi (Claudio), libanesi (Alessandro Severo).

Dopo la caduta dell’impero romano, il Belpaese è stato invaso e colonizzato da Arabi, normanni, turchi, ostrogoti, visigoti, longobardi, aragonesi, francesi, spagnoli e chi ne ha più ne metta. Non c’è dubbio il popolo che ora vive nella penisola italiana sia un fritto misto.

 E ci sono stati anche dei bei vantaggi: il fritto misto ha dato i natali a Leonardo, a Michelangelo, a Dante, a Petrarca, al Rinascimento, al Canova, al Bernini, a Caravaggio, a Verdi, a Mascagni….. solo per citare una minima parte che i “meticci” italici hanno saputo offrire al mondo. Se questi sono il risultato del meticciato, allora Viva il Meticciato!

Io, tu, noi, tutti gli italiani siamo leggenda.

Eh, sì, il Governo Meloni è già leggenda nel mondo.

Ne ho già parlato in “strabismo di Venere”, in “Cronache dal Governo #4”, in “cronache dal Governo #3”, in “Che fa il Governo Meloni”, etc. etc.

Ma la produzione di castronerie, figuracce, marce indietro di questo Governo è talmente forte che mi costringe ad un superlavoro per tenerne traccia. Forse sarà voluto per distrarre l’opinione pubblica e per coprire i fallimenti e i ritardi sul PNRR, ma il Governo Melonsi inventa ogni giorno qualcosa di nuovo e di eclatante: un provvedimento o una proposta che servirà senz’altro ad alleviare il peso della vita dei concittadini e, soprattutto, un provvedimento sui problemi che sono in cima alla lista di quelli che affliggono gli italiani.

Certo, attenuanti ne ha: il Governo si è trovato dinnanzi a sconvolgimenti epocali di complessa e difficile soluzione e, allora, con spavaldo coraggio, ha scelto la via maestra: vietare, vietare, vietare.

Sarebbe stato meglio approfondire le novità, ma avrebbe – forse – comportato uno sforzo cerebrale insostenibile per i ministri.

Cominciamo con qualcosa di facile facile: la cd. “farina di grillo”. L’Europa la ha ammessa e quindi non si può vietare. Gli insetti sono cibo da migliaia di anni per le popolazioni africane e orientali. Cibo economico e ricco di proteine. Ovviamente i fini palati occidentali non mangeranno gli insetti, bensì la farina da essi ricavata. Una pagnotta composta da farina di grillo ha una componente proteica equivalente a quella di una bistecca, solo che – per produrla – basteranno un centinaio di litri di acqua contro i 15.000 occorrenti per una bistecca bovina.

Quindi cibo approvato dalle autorità sanitarie europee e ben sperimentato dalle popolazioni di una parte del mondo.

Che fa il nostro Governo? Non può vietarlo. Ma il ministero della sovranità alimentare punta il dito e detta regole ferree: ci vuole una apposita etichettatura che indichi chiaramente che il prodotto contiene farina di insetti. Se non sbaglio le etichette che indicano il contenuto ci sono già, salvo errori od omissioni volute ed indicate in caratteri microscopici, specialmente i conservanti.

 Vabbè, ma non basta. Ci vuole l’ostracismo: gli alimenti che contengono farina di insetti devono essere esposti in appositi scaffali distanti e distinti da quelli degli altri prodotti alimentari, così i consumatori ne staranno alla larga.

Altro rebus alimentare e altro record del nostro Governo: ha vietato la produzione, il commercio e il consumo di qualcosa che in Europa ancora non c’è.  Avete capito, sto parlando della carne sintetica, che poi tanto sintetica non è.

In Europa non è ancora ammessa, solo a Singapore e Israele è permesso consumarla (in pochi locali e dietro liberatoria).

Dicevo che troppo sintetica non è perché ottenuta da cellule staminali indifferenziate e fatte prolificare, sul modello di quello che avviene già oggi per moltiplicare gli strati di pelle per coprire e curare le gravi ustioni.

Si prendono, quindi, cellule staminali indifferenziate da un bovino sano, le si fanno moltiplicare e assumere la “specializzazione muscolo” e si ottiene la bistecca. Magari, nella coltura che, essendo fatta in laboratorio, non ha bisogno dei famigerati antibiotici di cui sono imbottiti i bovini o i suini in allevamenti intensivi, si potrà fissare il limite massimo di grassi e di colesterolo e altre migliorie del genere.

Parlo al futuro perché, al momento, non c’è nulla di concreto. Siamo a livello di studi. Gli enti certificatori europei non solo non hanno rilasciato alcuna certificazione, ma non hanno ricevuto ancora alcuna richiesta di certificazione da “aziende produttrici” che, al momento, non ci sono.

La carne sintetica è ancora in laboratorio in attesa di chiarire se è innocua, se fa bene o fa male, etc. etc.

Certo che se va bene una spallata alla fame nel mondo la si potrebbe dare, ma occorrono ancora molti studi ed esperimenti che abbisognano di adeguati finanziamenti.

E il nostro Governo dei record che fa? Invece di contribuire, insieme agli altri Paesi, a risolvere i dubbi, imbocca la strada più facile, la strada delle persone ignoranti spaventate dal nuovo: vietare, vietare, vietare! Chissà quale perdita di posti di lavoro estremamente qualificati questo divieto comporterà?  Chissà quanto indietro rimarrà l’Italia?

Ma che ci volete fare, se un Governo preferisce i macellai (con tutto il rispetto dovuto alla categoria) ai ricercatori, che ci volete fare? Li abbiamo votati!

Altro divieto. Stavolta non dal Governo, ma da un’Autorità indipendente.

Si parla molto del “nuovo Dio informatico”, la Chatgpt.

In pratica un motore di ricerca Google spinto al massimo, capace di rispondere in ogni lingua ad ogni domanda che gli viene posta.

E, proprio in questa definizione, c’è il suo limite.

Ho usato e giocato a lungo con Chatgpt, cercando di porre domande trabocchetto o domande che non hanno risposte, tipo quella relativa al “comma 22“. Premettendo che ho usato la Chatgpt 1.0 e 2.0 [è arrivata alla 4.0] le sue risposte mi fanno dormire sonni tranquilli.

Se gli chiedo [o le chiedo; il genere non è noto, è fluido, alla faccia del Governo] di scrivermi un saggio sul pessimismo di Leopardi, in 30 secondi mi produce un saggio complesso e leggibile. Ma, andando a vedere bene, è lo stesso saggio che avrei potuto scrivere io dopo due giorni di ricerche su Google e Wikipedia. Il suo limite è non poter aggiungere nulla a quello che c’è già.

Se gli chiedo di risolvere il dilemma del comma 22 [chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo] entra in tilt: dice che non è specificato a quale legge si riferisce il comma 22; che è un discorso troppo specificamente giuridico; che ha pochi elementi, etc.

Anche la sua versione grafica finché le istruzioni sono semplici e attuali [vedi arresto di Trump o Papa Francesco col piumino] gli basterà fare un pochino di Photoshop virtuale fra le tante immagini in circolazione sul web di Trump, di poliziotti all’inseguimento di qualcuno, di Papa Francesco e di piumini ed il gioco è fatto: immagini che sembrano vere.

Quando, invece, gli descrivi a parole, anche compiutamente, la venere di Botticelli, il risultato sembra uscito da un incubo di Picasso.

Gli [o le] manca la astrazione. Provate a chiedere, come ho fatto io, un giudizio sul comportamento di Winston Churchill a Monaco nel 1938 e quali conseguenze potevano venir fuori dalle varie opzioni sul tavolo, la risposta di Chatgpt sarà solo una cronistoria degli accadimenti avvenuti.

Anche con tutti questi limiti, Chatgpt sarà utilissima in tutti quei campi dove c’è ripetitività e necessità di descrivere compiutamente gli accadimenti.  Pensate ad una sentenza della Cassazione o della Corte costituzionale: l’80% del testo è dedicato ad una puntuale ricostruzione dei fatti, delle ragioni addotte da ricorrente e convenuto, dall’analisi dei giudizi e convinzioni dei giudici dei livelli di giudizio inferiori. Se ben istruita, la intelligenza artificiale può benissimo compiere questa parte, lasciando alla intelligenza umana il compito di trarre le conclusioni.

Ci dovrebbe [e c’è] una corsa a studiare e migliorare questa risorsa: chi fa più a mente le radici quadrate quando c’è la calcolatrice? Chi copia a mano 10 volte un documento quando c’è la fotocopiatrice? Impieghiamo il tempo in cose più utili.

Quanti informatici italiani potrebbero lavorare allo sviluppo della intelligenza artificiale?

E il garante della privacy, invece di occuparsi di contrastare il dilagante uso di telefonate commerciali indesiderate, blocca Chatgpt sul territorio italiano.

Vietare, vietare, vietare, c’est plus facile!

Blocco stupido, poi, e inutile. Basta inserire (c’è l’hanno tutti gli antivirus) una VPN che faccia risultare il mio IP proveniente dalla Francia o dalla Germania e, oplà, accedo nuovamente a Chatgpt.

Le motivazioni, poi, sono ridicole: non è chiaro l’uso che Chatgpt  fa delle informazioni che gli diamo.

Ma perché,  Facebook, Twitter, TikTok et similia sono più trasparenti? Anche aziende (pseudo)serie come i quotidiani on line per l’accesso esigono lo abbonamento o la liberatoria sulle informazioni raccolte dai cookie che ti vengono inoculati.

Miopia. Tanta miopia. Tanta pelosa pigrizia ad esser curiosi, a cercare opportunità.  Vietare è meglio.

Non è finita.

La nostra Presidente del Consiglio ha affermato che gli istituti tecnici agrari sono quelli più adatti agli italiani.

A parte la libertà di scelta, questa affermazione mi ricorda un pochino Pol Pot che deportò milioni di cambogiani nelle risaie con il pretesto che la ancestrale vocazione dei cambogiani era quella di coltivare il riso e non di imbottiti di pericolosa cultura nelle scuole cittadine.

Le riscritture della Storia non si contano. Forse cercando di superare i revisionisti americani, la seconda carica dello Stato, in pubblico, ha affermato che le vittime di via Rasella non erano soldati nazisti ma una banda musicale di semipensionati tedeschi.

Sulla stessa linea un esponente di FdI, per dare la carica ai suoi dipendenti, copia pari pari il discorso con cui Mussolini si attribuì la responsabilità politica dell’omicidio di Matteotti.

Un altro esponente di FdI, invece di spingere affinché gli italiani conoscano un pochino di più l’inglese, propone di vietare tutte le parole inglesi [classico retaggio del fascismo. Ricordate che nel ventennio l’ananas doveva chiamarsi ananasso?]. Peccato che proprio questo Governo abbia ufficialmente denominato un ministero del “made in Italy“!

Sulla stessa linea, Massimo Bitonci (Lega) presenta il disegno di legge per trasmissioni TV in dialetto veneto.

Se il Presidente dell’Autorità contro la corruzione, Giuseppe Busia, fa il suo dovere, ossia rileva che il nuovo codice degli appalti favorisce la corruzione, il Governo,  nella persona di Salvini, ne chiede le dimissioni. Vietare, vietare, vietare anche le critiche.

Bartolomeo Amidei (FdI) propone la istituzione dell’albo dei pizzaioli.

Dalla Lega arriva il disegno di legge per l’”Istituzione della Giornata dedicata alla memoria dei caduti del “Grande Torino” che porta la firma di Alessandro Giglio Vigna.

Quella delle giornate e celebrazioni sembra una passione per la destra al governo. Sono in Commissione le proposte di legge di istituire la “Giornata della vita nascente”, per “promuovere la consapevolezza del valore sociale della maternità”. Portano la firma della senatrice Isabella Rauti, nel frattempo nominata sottosegretaria alla Difesa, Maurizio Gasparri di Forza Italia, Carolina Varchi di Fratelli d’Italia e Massimiliano Romeo, Lega. Data prescelta? Il 25 marzo (giorno nel quale la Chiesa cattolica fa memoria dell’Annunciazione a Maria) perché, spiegano i proponenti, “ha un respiro internazionale”.

Ancora Lega e Fratelli d’Italia puntano ad aggiungere altre due feste nazionali. Eugenio Zoffili della Lega ha depositato una proposta di legge alla Camera per valorizzare e divulgare la produzione artigianale dei lievitati che utilizzano lievito madre fresco. La proposta prevede inoltre l’istituzione della Giornata del lievito madre [si può fare anche senza lievito padre?] fresco.

 È stato incardinato nella Commissione Affari costituzionali del Senato, presieduta da Alberto Balboni (FdI), il disegno di legge per ripristinare la festività nazionale del 4 novembre, Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate. Come ha spiegato il senatore Paolo Tosato (Lega), vicepresidente della Commissione e relatore del provvedimento: «A inizio legislatura il presidente Balboni ha chiesto di indicare alcuni provvedimenti ritenuti prioritari e il gruppo di Forza Italia ha chiesto venisse incardinata la proposta, d’iniziativa del senatore Gasparri, per reintrodurre la festività del 4 novembre. Altri gruppi avevano presentato proposte simili, ma più sintetiche, e dunque la discussione avverrà sulla base di questi testi».

Mentre è il deputato Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia a presentare la proposta di legge che chiede di istituire il 17 marzo come festa nazionale dell’unità d’Italia: «Speriamo di calendarizzarla in tempo per celebrare la data già il prossimo anno» ha aggiunto durante la conferenza stampa di presentazione, circondato dai colleghi Lucio Malan e Tommaso Foti. Sollecitati sul perché non sia sufficiente, come festa nazionale, quella del 25 Aprile, è Foti a rispondere: «Una festa non esclude l’altra, così come il 4 novembre non esclude le feste del 17 marzo e del 25 Aprile».

Tutte feste. O miei signori.

Da Fratelli d’Italia ai “figli d’Italia“. Approda a Palazzo Madama il disegno di legge targato FdI per l’istituzione della “giornata nazionale dei figli d’Italia“. L’idea è del senatore Andrea De Priamo, che figura come primo firmatario del ddl depositato lo scorso 28 dicembre. «L’intenzione è quella di dedicare una giornata ai figli, sulla scia della festa del papà e della mamma». La giornata nazionale viene istituita per il 15 giugno. E chissà se riguarderà anche i figli delle coppie omogenitoriali.

Tutti provvedimenti inutili, tutte occasioni per mostrarsi in qualche TG, tutti provvedimenti in cima alla lista dele priorità degli italiani, tutti provvedimenti che ci fanno orrore. Tutte castronerie che, se non fissate da qualche parte, andranno presto perdute come lacrime nella pioggia. [Scusate la citazione]

La nostra Presidente del Consiglio mostra una grande soddisfazione per l’atteggiamento dell’Unione europea, per le sue promesse in tema di aiuto all’Italia nello spinoso campo dell’immigrazione.

Medesima soddisfazione ha mostrato dopo  l’ultimo Consiglio europeo, dove, per il nostro premier l’immigrazione nel mediterraneo, grazie all’Italia, è stata rimessa al centro della discussione.

Peccato che le Conclusioni del Consiglio europeo (visionabili cliccando qui) pongano il tema migratorio fra le “varie ed eventuali” e le liquidino con cinque righe: ”La presidenza del Consiglio e la Commissione hanno informato il Consiglio europeo in merito ai progressi compiuti nell’attuazione delle sue conclusioni del 9 febbraio 2023 in materia di migrazione [cioè: nulla. N.d.a.]. Ricordando che la migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea, il Consiglio europeo chiede la rapida attuazione di tutti i punti concordati. Riesaminerà tale attuazione nel mese di giugno”.  Insomma un ennesimo rinvio dopo anni di rinvii.

Altro che “battere i pugni sul tavolo”, altro che “Il Governo di Destra ha convinto l’Europa ad aiutarci!”. Per come sono andate le cose negli ultimi anni è lecito prevedere che l’unica cosa che – in sede europea – sarà decisa sarà un ennesimo rinvio o, al massimo, qualche contributo economico.

Vogliamo chiederci perché?

La storia è lunga, lunghissima, parte da Tampere nel 1999 e arriva fino ai giorni nostri (per una esauriente panoramica, ma troppo lunga per un articolo di blog, consiglio il mio libro “Da Tampere alla Sea Watch” (reperibile su Amazon cliccando qui)

Chi decide in Europa? Decide il Consiglio europeo che può modificare e ribaltare anche le decisioni della Commissione. E la maggioranza degli Stati membri ha altro da pensare che “aiutare l’Italia”. Per molti motivi.

Innanzitutto, gli Stati più grandi hanno accolto molti più richiedenti asilo di noi (Vedi qui Openpolis  e qui Vita su dati Eurostat). In sintesi nel 2022 in Italia sono state presentate 77.195 richieste di protezione internazionale, a fronte delle 217.735 presentate in Germania, delle 137.505 registrate in Francia e delle 116.140 in Spagna. Nel nostro Paese, quindi, sono state presentate poco più di un terzo (il 35%) delle domande d’asilo presentate in Germania, il 56% di quelle presentate in Francia e il 66% di quelle presentate in Spagna.

Anche gli altri Paesi hanno una gran parte dell’elettorato che vede gli immigrati come il fumo negli occhi, figuriamoci se bramano di andarsi a prendere quelli provenienti da un altro Stato membro.

Né la Meloni può aspettarsi alleanze dai suoi “alleati sovranisti” come Ungheria e Polonia che, come abbiamo visto non hanno mosso un dito per “prendersi i migranti sbarcati in Italia.

Le recenti vittorie della Destra in Svezia e Finlandia non aiutano certo, così come la precaria condizione politica di Macron.

Nessuno Stato membro accetterebbe “a gratis” in nome della supposta solidarietà europea, di scontrarsi con l’opposizione interna per aiutare un Paese, come il nostro” che “non sa difendere i suoi confini”. Che poi respingere i migranti sul confine terrestre sia una cosa e respingerli in mare sia un’altra, è cosa che nelle dichiarazioni politiche conta ben poco.

Un altro motivo per il quale la Meloni on può aspettarsi aiuto è che gli altri Stati membri, secondo le norme che ci siamo dati in Europa, “stanno bene”: il peso di chi arriva, sia richiedente asilo o meno, deve essere sostenuto dallo Stato di primo arrivo. Quindi l’onere della procedura di riconoscimento della protezione internazionale, quello del sostentamento del richiedente protezione e del protetto, dell’eventuale espulsione, sono tutti a carico del Paese di primo approdo, in questo caso l’Italia che non vede, come gli altri Stati, il richiedente asilo bussare alla porta ma, per le leggi del mare (vedi qui quali sono) deve anche andare a salvarli.

Ho scritto delle espulsioni. Ultimamente la percentuale di diniego della protezione si è ancora più abbassata e si allarga la forbice fra migranti arrivati e richiedenti asilo. Questo significa che, ad oggi, su oltre 23.000 migranti sbarcati sulle nostre coste 23 dal 1° gennaio 2023 la percentuale di quelli che chiedono protezione si è abbassata. Molti, quasi tutti sanno di Dublino e cosa comporta. Preferiscono aspettare l’espulsione [che ormai, stante la quasi impossibilità di rimpatrio fisico] si è ridotta ad un pezzo di carta e tentare la fortuna in un altro Paese europeo dove, sempre da irregolari, si vive meglio che in Italia.

E, ricordo, le espulsioni son cosa difficile non solo per l’Italia, ma per tutti gli Stati europei [Valga per tutti la storia di Anis Amri, espulso dall’Italia che la Germania, sia pur avvertita non riuscì ad espellere e provocò la strage del mercatino di natale a Berlino]

Anche le ricollocazioni, o rilocazioni, ossia il trasferimento obbligatorio di migranti dall’Italia (e Grecia) in altri Paesi europei indipendentemente dal precorso riconoscimento della protezione internazionale, sancito nel 2015 dalla Commissione europea) aveva dei paletti: potevano esser trasferiti solo le persone provenienti da Paesi in guerra come Siria, Iraq, Somalia. Il numero di rilocazioni “obbligatorie” non fu mai completato e la pietra tombale fu messa dal Consiglio europeo del 28 giugno 2018 [per la cronaca il primo al quale partecipò il Governo Conte-Salvini che, come la Meloni, dichiararono un “grande successo”] che sancì la volontarietà delle rilocazioni (punto 6), quindi non più obbligatorie.

Per la cronaca, il medesimo Consiglio (al punto 12) deliberò che “È necessario trovare un consenso sul regolamento Dublino per riformarlo sulla base di un equilibrio tra responsabilità e solidarietà, tenendo conto delle persone sbarcate a seguito di operazioni di ricerca e soccorso”. Nel criptico linguaggio Brussellese approvare un atto “per consenso” significa approvarlo all’unanimità. Tale “paletto”, che significa, in poche parole, che il Regolamento di Dublino non verrà mai modificato, fu “reso necessario” dalla proposta di modifica approvata dal Parlamento europeo che, con rivoluzione copernicana assegnava la responsabilità del richiedente asilo non più allo Stato di primo approdo, bensì alla volontà del migrante. Con quel “paletto” grosso come una sequoia, della proposta approvata dal Parlamento europeo non se ne è sentito più parlare.

Un altro, ma non meno importante, motivo di diniego di aiuto è la cattiva fama che ci siamo fatti perché non tratteniamo i migranti; è cosa nota che tre migranti su quattro, dopo pochi mesi, passano il confine per arrivare in un altro Stato membro.

Da ultimo è arrivata (30 marzo 2023) la condanna dell’Italia (qui il link al Consiglio d’Europa) per trattamenti inumani e degradanti verso alcuni migranti nell’Hot Spot di Lampedusa e nel successivo rimpatrio.

Secondo voi con questo panorama è possibile parlare di grande successo nell’ultimo Consigli europeo? È possibile che gli altri Stati membri, nonostante l’opposizione interna, vogliano favorire l’Italia prendendosi, oltre quelli che scappano, altri migranti che non sempre sfuggono da guerre e persecuzioni ma, spesso, come gran parte dei tunisini ed egiziani voglio solo una vita migliore? Evidentemente no.

Quello che manca, e in cui l’Europa – per i Trattati – non può intervenire, è una via legale all’immigrazione economica. Noi siamo ancora fermi alle quote, ai clic day, all’impossibilità di una preventiva conoscenza fra datore di lavoro e lavoratore.

Il Governo ha sbandierato ai quattro venti il GRANDE SUCCESSO dell’ultimo “Decreto flussi” i cui 83.000 posti sono andati esauriti in poche ore con oltre 230.000 domande. Poi andiamo a vedere nel dettaglio: la maggior parte dei posti offerti è nel settore agricoltura per lavori a tempo determinato. I “chiamati”, prima di entrare in Italia dovranno munirsi di visto che verrà loro concesso dietro presentazione della “chiamata” e previa verifica che altri italiani o europei non vogliano quel posto; qualche mese, insomma. Quando, magari, l’interesse del futuro datore di lavoro si sarà parecchio affievolito.

Ma questo è un altro discorso.

Rimangono solo le bugie della Meloni sul “Grande successo dell’Italia all’ultimo Consiglio Europeo che ha riportato la questione dell’immigrazione al centro dell’agenda europea”. Lo dissero anche Conte e Salvini dopo il Consiglio europeo del 28 giugno 2018.

C’è solo l’imbarazzo della scelta nel riferire le ultime “perle” di questo pseudogoverno

Da dove iniziamo? Dalle gite turistiche imposte alle navi ONG per arrivare al più lontano porto sicuro?

Dalla guerra su tutto l’orbe terracqueo agli scafisti o presunti tali, visto che ci siamo accorti che parecchi “scafisti” che abbiamo arrestato altro non sono che poveri diavoli messi con la forza al timone dai veri trafficanti?

Oppure dal nuovo nemico, il nuovo responsabile degli sbarchi che siamo noi, perché gli sbarchi avvengono perché l’opinione pubblica è favorevole agli sbarchi e ai salvataggi?

Oppure dalle vittime delle fosse ardeatine, uccisi, secondo la premier, “solo perché italiani”. A parte la pratica impossibilità per i tedeschi di compiere la turpe rappresaglia contro cittadini spagnoli, britannici o tedeschi, la premier “dimentica” di dire che le liste non furono compilate da tedeschi, bensì da italiani fascisti che vi inserirono ebrei e antifascisti.

Neppure sui rapporti con l’Europa so da dove cominciare.

Forse dalla manifesta soddisfazione della nostra Presidente del Consiglio per le conclusioni del Consiglio europeo sull’immigrazione? Peccato che il documento ufficiale del Consiglio europeo releleghi l’immigrazione fra le “varie ed eventuali” con cinque righe ove rimanda tutto a giugno. Rinvio ormai di prassi.

Oppure dell’isolamento in cui siamo stati posti o dalle valle sulla comunicazione? Il Governo ha sostenuto che l’Europa rivedrà la posizione italiana sul PNRR fra un mese, modo elegante di riferire l’amara verità: LA Commissione ha bloccato I trasferimenti PNRR perché non abbiamo raggiunto gli obiettivi programmati e, secondo il Ministro Fitto non li raggiungeremo.

Oppure vogliamo raccontare della contrarietà espressa sulla fine dei motori a scoppio entro il 3035 con la scusa che la filiera della automobile è il perno dell’industria italiana? Forse una volta. Oggi non esistono più case automobilistiche italiane. Stellantis, ex Fiat con sede in Olanda si è già schierata per il passaggio all’elettrico. Siamo ancora forti nella componentistica, ma, caro Governo, le auto elettriche, come quelle tradizionali hanno anche esse i freni, gli interni, i cruscotti etc. etc. Perché allora assumere questa posizione perdente e continuare a spendere I soldi delle bollette elettriche degli italiani per montare colonnine di ricarica a bassa intensità che impiegano 7 ore a ricaricare una autovettura? Roba inutile.

Parliamo sempre di falsità della comunicazione. Ieri il Consiglio dei ministri, prima nazione al mondo, ha votato il divieto di produzione, commercializzazione e assunzione di “alimenti” artificiali, che proprio artificiali non sono: è ormai prassi medica comune per curare gravi ed estese lesioni, prendere alcune cellule staminali (indifferenziate) del paziente, farle riprodurre e applicare la nuova pelle, identica alla precedente sulla parte ustionata. Ecco, il procedimento della “carne artificiale” è proprio questo, con cellule staminali prese da un muscolo di un bovino e fatte riprodurre, molto meno traumatico di quello descritto dall’attuale maggioranza come derivato direttamente da Frankstein o da Maga Magò.

Per carità di patria accenno solamente ad alcune uscite parecchio infelici come dichiarare che la procreazione eterologa è peggio della pedofilia. Oppure sviare l’attenzione da un problema attuale e urgente come la trascrizione nei registri dello stato civile di bambini già nati all’estero da genitori del medesimo sesso con l’aiuto del seme o dell’utero altrui ad una lotta senza senso contro le unioni omosessuali.

O il nuovo codice degli appalti? Draghi aveva dato al Consiglio di Stato il compito di scriverlo per rientrare, entro il 31 marzo 2023, nella tempistica del PNRR. Il Consiglio di Stato ha terminato la sua opera nel dicembre scorso. Il Governo ha impiegato questi 3 mesi per liberalizzare del tutto u subappalti, per elevare la soglia oltre la quale è vietato l’affidamento diretto. Sì, andrà tutto più veloce, ma si sono dimenticati di aumentare i controlli, almeno quelli a posteriori. Corruzione e cemento depotenziato a gogò.

Ovviamente i gestori di stabilimenti balneari e gli “ambulanti” continuano a svolgere tranquillamente la loro attività incuranti dell’infrazione (che pagheremo tutti noi) per violazione alle regole della concorrenza.

Io la vedo male.

Carico residuale,
Mancanza di richiesta di soccorso,
Non hanno chiesto aiuto,
In quelle condizioni di mare non si sale su una barca malmessa,
Non si rischia la vita dei figli col mare mosso,
Io sono stato educato alla responsabilità,
Mi chiedo cosa posso fare io per il mio Paese o per il Paese che mi accoglie,
Fermatevi,
Non partite, vi veniamo a prendere noi,
Daremo la caccia agli scafisti in tutto il globo terracqueo,
Faremo entrare 500.000 migranti in un anno,
Ricorreremo ai corridoi umanitari,
È stato un incidente: può succedere,
Balliamo cantando la canzone di Marinella una ragazza che annega.

Probabilmente lo avrete sentito. C’è il rischio che ad aprile 2023 lo Spid, il sistema di identità digitale vada in pensione. Ma come, dopo gli anni di disastroso rodaggio, ora funziona bene e il Governo vuol toglierlo di mezzo?

I motivi sono noti. I nove gestori ai quali lo Stato ha appaltato lo Spid (qui la storia: https://it.wikipedia.org/wiki/SPID) battono cassa. I ricavi dell’incremento di traffico derivante dall’essere gestore non compenserebbero i costi.

I contratti scadono il 22 aprile 2023, ma è improbabile che Spid si fermi, almeno fino a giugno: non si possono lasciare in braghe di tela 23 milioni di italiani che lo usano con soddisfazione.

Ma – a quanto si legge (https://www.corriere.it/economia/lavoro/23_marzo_01/spid-arrivo-proroga-ma-giugno-parte-svolta-il-sistema-unico-11347c10-b84a-11ed-8bae-9fdc85b635ee.shtml) – il Governo è orientato a chiudere comunque lo Spid (entro giugno?) per sostituirlo con un altro sistema basato sulla Carta di identità elettronica (CIE) e sulla Carta Nazionale di servizi (CNS).

Voci vere? Proclami? Intenzioni destinate, come tante, a perdersi?

Chissà. Vediamo intanto come funziona ora la identità digitale. Già oggi siamo abituati a vedere sui nostri computer la richiesta “vuoi entrare con SPID, con la CIE, o con la Carta Nazionale dei Servizi (CNS)?”.

Scelta multipla, ma non sempre la sovrabbondanza è sintomo di efficienza.

Partiamo dal più conosciuto, lo SPID. Ci sono nove gestori che, con varie modalità, rilasciano le credenziali. La parte del leone la fa Poste italiane, con circa il 72% di rilasci, fra cui il mio. Per questa ragione, quando parlo di SPID mi riferirò sempre a quello rilasciato da Poste italiane.

Ovviamente, in questo post, non mi occuperò delle modalità di rilascio, bensì solo del suo funzionamento.

Per entrare nei siti delle Pubbliche amministrazioni che lo richiedono, con SPID c’è bisogno solo del telefonino, uno smartphone e non è necessario che sia di ultima generazione, e dell’APP “poste id”, oppure del telefonino dotato di lettore QrCode e del Computer.

Le modalità sono, infatti, diverse se si chiede l’accesso in mobilità dal telefonino o , a casa, davanti al computer.

Primo caso, siamo fuori casa e abbiamo solo il telefonino. Il sito che vogliamo aprire (es. Agenzia delle entrate, INPS etc.) ci chiede come vogliamo entrare (SPID, CIE, CNS), indichiamo SPID, e scegliamo, dall’elenco che si apre, il nostro gestore. Io scelgo Poste italiane e mi viene chiesto l’indirizzo di posta elettronica e la password SPID rilasciata da poste, ovvero di procedere con l’app “poste id”. Con l’app si salta un passaggio, ma il risultato è lo stesso: si apre l’app e devi inserire il “codice poste id” che ti fa autorizzare l’accesso al sito richiesto.

Se, invece stai a casa, davanti al tuo desktop, hai una ulteriore possibilità: la richiesta di accesso tramite Poste italiane provoca l’apertura di una pagina ove, sulla sinistra, c’è la consueta richiesta di user id (indirizzo di posta elettronica) e di password; sulla destra c’è un QrCode, che inquadrato con il lettore inserito nell’app “poste id” provoca la richiesta di inserimento del “codice poste id” e l’accesso al sito richiesto.

Come si vede, abbastanza comodo e funziona, senza tralasciare che Poste italiane ha “integrato” lo Spid con altri servizi ed App, come BancoPosta, Postepay, Ufficio postale.

L’unica cosa è ricordare, se si è utenti di Poste italiane, la differenza fra tre “password”: la password per accreditarsi nel sito di Poste Italiane, la password per chiedere l’attivazione dell’accesso con SPID e il “codice poste id”. Tre password diverse che (solo le prime due) per ragioni di sicurezza Poste Italiane ti chiede di cambiare ogni qualche mese.

Diverso è l’accesso con la Carta di identità elettronica (CIE). Innanzitutto bisogna averla. La CIE è ancora il sogno proibito di molti italiani. Per richiederla bisogna prenotarsi presso il sito del ministero dell’interno (https://www.prenotazionicie.interno.gov.it/) e qui il primo intoppo. Sulla pagina di spiegazioni (https://www.cartaidentita.interno.gov.it/cittadini/rilascio-e-rinnovo-in-italia/#:~:text=Il%20cittadino%20dovr%C3%A0%20andare%20in,formato%20utilizzato%20per%20il%20passaporto.) è chiaramente prescritto che “La Carta di Identità Elettronica può essere richiesta presso il proprio Comune di residenza o dimora a partire da centottanta giorni prima della scadenza della propria carta d’identità o in seguito a smarrimento, furto o deterioramento.” lasciando quindi fuori chiunque abbia una carta di identità cartacea con scadenza posteriore ai 180 giorni e ricordo che in Italia i documenti valgono ormai dieci anni.

Ma anche deteriorando artificialmente la carta di identità cartacea (attenzione: è reato!) non si è certi del risultato: la lista di attesa per un appuntamento, in alcuni Comuni, è lunga anche diversi mesi.

Abbiamo ora la CIE. Come si entra con questo mezzo? Anche qui in modo differente a seconda se si stia davanti ad un desktop o si sia in movimento con lo smartphone.

Primo caso: oltre al computer e alla CIE, abbiamo bisogno di un lettore di schede da collegare via USB al computer. Il lettore di schede è particolare, non basta un comune lettore di smart card, ma uno apposito a tecnologia di identificazione a Radio Frequenza (RFID) (costo ca. 40 euro su Amazon) e scaricare un software, denominato Middleware dal sito indicato (https://docs.italia.it/italia/cie/cie-middleware-windows-docs/it/bozza/installazione-del-middleware-cie.html#:~:text=Per%20installare%20il%20Middleware%20CIE,it%2C%20sezione%20%C2%ABCIE%C2%BB.) con le avvertenze indicata da quel sito per il critico primo utilizzo.

Compiuta questa impresa, il resto è più semplice: quando si sceglie come metodo di ingresso nei siti della Pubblica amministrazione quello tramite CIE, basta inserire la CIE nel lettore e “si entra!”.

Se si vuole usare lo smartphone il percorso è diverso: la scelta di entrare con la CIE provoca l’apertura sullo schermo del telefonino di una pagina che chiede  di inserire le ultime 4 cifre (di otto) del PIN che vi hanno dato (cartaceo) quando vi hanno consegnato la CIE e, poi, completata con successo questa operazione, di poggiare la CIE sul retro dello smartphone e muoverla fino a che si sente una vibrazione, segno che la CIE ha “incontrato” l’antenna NFC.  Eh, sì, il vostro telefonino deve avere l’opzione Near Field Communication (NFC) compresa nel suo “motore” ed attivata. Anche se il vostro telefonino è dotato di questa opzione (ma solo quelli più vecchi di cinque anni non ce l’hanno) è probabile che se la cover del telefonino e/o la custodia in cui conservate la CIE siano troppo “isolanti” dovrete toglierle ritrovandovi fra le due mani telefonino, CIE, cover e custodia CIE.

Non è finita: dopo aver avvertito la vibrazione (il segno di contatto) bisogna mantenere ferma la CIE sul retro dello smartphone per circa venti secondi per completare l’identificazione. Alla fine sarete trasferiti alla pagina della P.A. richiesta.

Un po’ più complicato dello SPID, non trovate?  Oltretutto, rispetto allo SPID che si usa anche con il solo telefonino, qui avete bisogno sempre di un altro elemento materiale (la CIE), di un lettore di card specifico e della presenza dell’NFC sullo smartphone. Forse più sicuro? Non lo so.

La terza modalità di ingresso, la Carta nazionale dei servizi (CNS), ossia la tessera sanitaria che tutti abbiamo, deve considerarsi ormai superata. Da settembre del 2022 il ministero dell’Economia, stante la crisi dei semiconduttori la rilascia senza microchip, rendendo quindi impossibile qualsivoglia suo utilizzo per collegamenti informatici. Anche quella con il microchip, per essere utilizzata come CNS doveva essere “attivata” dalla ASL di competenza dopo una via crucis burocratica.

Questo è il panorama attuale, con la stragrande maggioranza degli italiani che ogni giorno usa lo SPID ed una piccola minoranza usa la CIE. Con tutti i problemi che abbiamo, lo smantellamento di una identità digitale che funziona (lo SPID) per sostituirla con chissà che cosa era proprio in cima alla lista delle priorità italiane?

Certo i furti di identità aumentano e costituiscono un bel problema, ma – nella maggior parte – derivano da incuria e sbadataggine degli utenti che, senza ritegno, pubblicano sui social anche le cose più intime.

Da quello che ho scritto e da quello che constatate ogni giorno, anche utilizzare il facile SPID fu, in principio, complicato, ma ormai ci abbiamo fatto l’abitudine e i milioni di accessi giornalieri lo confermano. Certo, tutto può esser migliorato, ma perché iniziare da qualcosa che funziona? So che bisogna spendere i soldi del PNRR dedicati alla digitalizzazione, ma perché non impiegarli in qualcosa che di miglioramenti – specie in alcune regioni – ne ha bisogno, come il fascicolo sanitario elettronico (FSE)? Uno strumento che dovrebbe rendere al medico tutta la vita sanitaria del paziente, ma che, ancora – per molte prestazioni – ha bisogno dell’inserimento dati da parte dell’utente e che non serve a nulla se l’utente ha bisogno di una prestazione di urgenza (pensiamo ad un incidente stradale) fuori dalla sua regione, in quanto consultabile solo dai medici della regione dell’utente?

Ho paura che sia solo unmodo per gestire appalti. Questione di soldi, insomma.

Certo che questo Governo appare alquanto strampalato. Alcuni suoi provvedimenti sono privi di logica o perseguono una logica tragica per la Nazione. Non parliamo poi delle dichiarazioni dei suoi esponenti che farebbero minor danno a tacere.

Ne avevo parlato già qui (https://sergioferraiolo.com/2023/01/16/governo-meloni-chi-ben-comincia/) e qui (https://sergioferraiolo.com/2023/02/12/che-fa-il-governo-meloni/).

Ma la realtà supera la fantasia con provvedimenti che dicono e non dicono, e, nel silenzio, lasciano intravvedere qualcosa di molto pericoloso. Ricordate il testo del Decreto legge sui Rave Party dove i Rave Party non erano nominati ma poteva applicarsi anche alle manifestazioni (e botte) delle università?

A proposito delle università…. A Firenze il 18 febbraio si pestano studenti di idee politiche contrapposte: non è chiaro chi abbia iniziato, se quelli di sinistra per impedire un volantinaggio di quelli di destra o quelli di destra a cui non piacevano quelli di sinistra. Quelli di sinistra hanno avuto la peggio. Chi, come me, ha i capelli bianchi, di scene come questa, negli anni ’70, ne ha viste tante: botte per motivi politici ci son sempre state. Che i ragazzi si interessino di politica è cosa buona e giusta, che si trascenda in forme violente è sbagliato. La violenza va sempre condannata. Una preside fiorentina ha scritto ai suoi studenti stigmatizzando la violenza, ma ancor di più il silenzio del Governo sull’accaduto. Ha, in pratica, ricordato che il fascismo iniziò non con la marcia su Roma, ma con i manganelli e l’olio di ricino mai condannati da chi allora era al Governo.

Era una buona occasione per il Governo di un Paese che, nella Costituzione, contiene il bando del fascismo di uscire dal silenzio e appoggiare la preside nel suo sforzo educativo.

E il ministro dell’istruzione parlò. Ma parlò per condannare la lettera della preside, giudicata inopportuna e minacciando provvedimenti contro di lei se avesse continuato. Tipico discorso dei tempi andati, quello di minacciare chi esprime le proprie idee. Se stava zitto avrebbe fatto miglior figura: sono partite svariate petizioni che hanno raccolto migliaia di firme a sostegno della preside e il caso è diventato nazionale accrescendo di molto il clamore.

L’Italia, lo sappiamo, ha quasi ottomila chilometri di coste e spiagge alle quali ambiscono indigeni e turisti. E – ovviamente – nel nostro Paese c’è una anomalia tutta nostra. Ho visitato le spiagge francesi, spagnole, greche, tutte spiagge libere. Gli “stabilimenti” ci sono, ma limitati ad una piccola fetta di spiaggia in prossimità della strada costiera dove offrono i loro servizi come ristoranti, spogliatoi, bar. Il resto è spiaggia libera. Da noi, invece, lungo la strada costiera una lunga fila di stabilimenti contigui, senza alcuno spazio fra di essi per accedere alla spiaggia: la loro concessione arriva fino ai canonici cinque metri dalla battigia nei quali non è permesso sostare. Un affare da milioni di euro; sapete benissimo quanto costi un giorno di lettino e ombrellone. Ma da questo “grande affare” lo Stato ricava solo pochi spiccioli perché i canoni delle concessioni sono bassi e fermi da anni favorendo in modo abnorme chi la concessione la ebbe a suo tempo.

Esiste una direttiva europea che impone di mettere a gara periodicamente le concessioni, ampiamente scaduta e mai applicata. C’è una sentenza del Consiglio di Stato che impone la cessazione delle concessioni al 31 dicembre 2022. Tutto disatteso e, nel Decreto milleproroghe il Governo rinvia la necessaria messa a gara delle nuove concessioni, provocando l’ira di Mattarella e la procedura (molto onerosa) di infrazione dal parte della Commissione europea.

Per accontentare chi li ha votati, il Governo costringerà tutti noi a pagare per l’infrazione comunitaria come successe per le quote latte.

Poi ci sono gli svarioni. Il Governo ce l’ha a morte col reddito di cittadinanza. Non mi esprimo sul merito. Ma, nella sua furia iconoclasta cosa fa il Governo? Nella legge di Bilancio 2023, al comma 318 dell’articolo 1, dispone “318. A decorrere dal 1° gennaio 2024 gli articoli da 1 a 13 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sono abrogati.” Bene. Abrogato il reddito di cittadinanza, ma abrogando gli articoli da 1 a 13, il Governo ha abrogato anche le sanzioni per i “furbetti” che hanno ottenuto il beneficio senza averne i requisiti. Un gigantesco condono. Abrogate le norme (articoli 7, 7bis e 7ter,  non ci sono più le sanzioni per chi ha imbrogliato. E non è finita. Nella sua costruzione il reddito di cittadinanza, assumendo il nome di pensione di cittadinanza (art.1 del D.L.), sostituiva quello che una volta si chiamava pensione sociale. Abrogato anche quello: i vecchietti indigenti non avranno più un sostegno dallo Stato.  Vedremo che farà il Governo.

Sabato notte 25 febbraio, a 100 metri dalla costa crotonese un barcone con a bordo un numero imprecisato di migranti si infrange su una secca. Vengono recuperati oltre 60 corpi. Il nostro ministro dell’interno esprime il suo cordoglio, ma va oltre “Non solo colpa degli scafisti, ma anche dei genitori: non si mettono i figli su barche non sicure. La Disperazione non giustifica questi viaggi pericolosi!”, “L’unica cosa che va detta e affermata è: non devono partire. Non ci possono essere alternative. Noi lanciamo al mondo dei territori da cui partono queste persone questo messaggio, etico prima di tutto: in queste condizioni non bisogna partire”. Dichiarazioni molto forti, come se migranti che vengono da Siria, Afghanistan, Pakistan, terremotati, perseguitati, possano scegliere il barcone o partire solo con il tempo bello. Apriti cielo, benzina sul fuoco per aver calpestato l’articolo 10 della Costituzione.

Ma non è finita qui. Sull’assenza di assistenza al barcone prima dell’impatto, il Governo si è trincerato dietro le condizioni del mare forza 6/7 che avrebbero impedito l’uscita dei mezzi SAR della Capitaneria di porto. Valutazioni discrezionali. Ma c’è un ex medico della Polizia, ora impegnato nelle associazioni di volontariato e soccorso che la pensa diversamente: “abbiamo compiuto salvataggi con condizioni di mare peggiori!”. Che fa il ministro? Usa il metodo Valditara. Un giornale riporta, virgolettate, le sue dure parole desunte da una agenzia: «il Viminale sottoporrà all’Avvocatura dello Stato le gravissime false affermazioni diffuse da alcuni ospiti in occasione della trasmissione “Non è l’Arena” al fine di promuovere in tutte le sedi la difesa dell’onorabilità del governo, del Ministro Piantedosi, di tutte le articolazioni ministeriali e di tutte le istituzioni che sono da sempre impegnate nel sistema dei soccorsi in mare». Il Giornalista Enrico Mentana sottolinea “A me queste sembrano minacce!”.

Oggi è più moderato: “le mie parole sono queste: fermatevi, verremo noi a prendervi! Questo è il senso dei corridoi umanitari”. Peccato che dal 2016 ad oggi con i corridoi umanitari siano arrivate meno di seimila persone (fonte: S.Egidio) e che, nei soli primi due mesi del 2023, siano sbarcati 14.400 migranti.(Fonte: Ministero dell’interno)

Sull’argomento, altra esternazione del Governo col ministro Lollobrigida: “Stiamo lavorando per far entrare legalmente quest’anno 500.000 migranti in Italia”. Poi subitanea retromarcia, ma quello che ha realmente detto è ascoltabile qui (https://video.repubblica.it/politica/lollobrigida/439224/440189?ref=RHLF-BG-I389984017-P2-S1-T1)

Ho paura che queste “cronache” continueranno, perché la nostra memoria è sempre più corta ed è meglio che certe cosse vengano fissate per esser ricordate, nel bene e nel male.

A Roald Dahl, in nome del “politically correct”, la casa editrice Penguin ha censurato alcune frasi sostituendole con altre più consone alle nuove tendenze inclusive e non discriminatorie.

Mi sono divertito a immaginare cosa possa pensare un editore che segua questa follia del riscrivere la storia nel ripubblicare il celebre racconto di Hennerst Hemingway “Il vecchio e il mare”.

No, “Il vecchio e il mare” di Hernest Hemingway non va. Il titolo non è politically correct.  Nella prossima ristampa bisognerà  cambiarlo.

Usare il termine “vecchio” è discriminatorio.
Potrebbe essere “Il meno giovane e il mare”.
Hmmmm. “Il meno giovane” pure è divisivo: presuppone una scala di valori fra più e meno giovani.
Io direi “l’uomo e il mare..” . No, è maschilista: senti, poi, quello che diranno quelle di “Me Too”…

Ecco: “La persona e il mare” .

Ma  nemmeno questo è inclusivo perché  esclude laghi e fiumi.

Potremmo titolarlo “La persona e l’acqua”,

Non si opporranno i sostenitori della montagna?

Facciamo così: “La persona e quella parte della Terra coperta di acqua”.


Sì così può andare (forse)

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