Alla vigilia di una possibile doppietta in Lombardia e nel Lazio nelle elezioni regionali cosa è successo di nuovo?
I fuochi artificiali più evidenti sono nella nuova brutta figura europea al vertice dei Capi di Stato e di governo dell’Unione europea del 9 febbraio 2023 (qui il documento finale) dove gli argomenti più scottanti erano la situazione dell guerra in Ucraina e i fenomeni migratori verso l’Unione europea.
La Meloni (e con lei l’Italia) è stata esclusa dal vertice a tre fra Macron, Scholz e Zelensky e “ha recuperato” solo con un brevissimo colloquio al tavolo della discussione plenaria. L’Italia ritorna al suo “piccolo” ruolo fra gli Stati membri nella riunione ove mancava l’ascendente personale di Mario Draghi. Paga il prezzo dei ruvidi contatti con Macron e con il Consiglio Europeo che ha confermato la gerarchia fra i partecipanti al congresso. Si consolerà con l’amicizia con i “generosi” Paesi del gruppo di Visegrad? Secondo me siamo ormai condannati dall’isolamento, nonostante la Presidente del Consiglio continui a manifestare, imitando i leader dell’Europa, tanta amicizia e determinazione negli aiuti a Zelensky. Ma quali armi e di che tipo non lo deciderà la Giorgia, bensì Biden, Macron e Scholz.
Devo dire che una gerarchia fra Gli Stati membri e la trazione franco-tedesca ci sono sempre stati. Ci siamo illusi di essere entrati nell’élite solo grazie alla parentesi e al prestigio personale di Mario Draghi.
Poi la Giorgia nazionale ignora una regola fondamentale della diplomazia: se vedi che i giochi sono fatti, è inutile battere i pugni sul tavolo, fai solo danni. E’ inutile dire che il vertice a tre franco-tedesco-ucraino era una iniziativa sbagliata, dopo che si è svolto, specialmente se non hai niente da offrire: siamo in ritardo col PNRR, abbiamo un debito pubblico che ci avrebbe strangolato se non fosse per gli acquisti europei di nostri titoli, e, già in procedura di infrazione, abbiamo ulteriormente rinviato la cessazione ed il rinnovo delle concessioni balneari. Insomma, se non fai “i compiti a casa” non puoi battere i pugni sul tavolo. Provochi solo ilarità e possibili ritorsioni.
Che sono puntualmente arrivate. Sui temi migratori.
Se leggete il “documento finale” troverete le solite frasi fatte, le solite “buone intenzioni”, i soliti tempi al “condizionale o al futuro” (dovrebbero, studieremo, etc); nessun riferimento specifico all’Italia, nessun riferimento agli sbarchi, nessun riferimento ai ricollocamenti dei migranti salvati in mare, obbligatori o volontari che siano.
Se avete la pazienza di andare a leggere i “documenti finali” degli ultimi “Consigli europei” (qui il link) ne troverete molti che, almeno a parole, formulano promesse e interventi ben più pregnanti di aiuto alla situazione italiana. D’altronde l’Italia non è il Paese UE che, in rapporto alla popolazione, accoglie più migranti.
Ma, se possibile, qui siamo andati ancora più a fondo. In cauda venenum si diceva, ed infatti, al punto 27 del “Documento finale” si legge: “Il Consiglio europeo prende atto dell’intenzione della presidenza di discutere, in occasione della prossima sessione del Consiglio “Giustizia e affari interni”, dell’attuazione della tabella di marcia di Dublino” . Questa frase, un po’ criptica, segna ancor di più la fine delle speranze italiane di sradicare dal “Regolamento di Dublino” il principio cardine che impedisce le redistribuzioni, il principio del “chi li ha se li tiene”. In poche parole, ma lo sapete tutti, Il principio che l’Italia ha sempre aborrito secondo il quale il Primo Stato membro ove il migrante richiedente asilo mette piede, se lo tiene sul groppone per tutta la vita senza che gli altri Stati membri e la “solidarietà europea” siano interessati.
Pare che i Governi di Destra abbiano questa caratteristica: al primo vertice europeo al quale partecipano, peggiorano la situazione della dislocazione dei migranti. Il Consiglio del 9 febbraio 2023 fa il paio con il Consiglio europeo (qui il link alle conclusioni) del 28 giugno 2018, il primo al quale il Governo Conte Salvini partecipò ed approvò conclusioni aberranti per gli interessi italiani quali la volontarietà (punto 6) delle ricollocazioni (dal 2015 erano obbligatorie) e l’approvazione della possibilità di modifica (punto 12) del Regolamento di Dublino “per consenso”, ossia all’unanimità, ossia mai.
Eppure sia Conte (all’epoca) sia la Meloni hanno parlato di un grande successo dell’Italia nella riunione del Consiglio e che “battere i pugni sul tavolo” era pagante per la tutela degli interessi italiani espressa nelle Conclusioni.
Che bel futuro ci si para davanti: il nostro orizzonte in Europa non saranno più Germania e Francia, bensì Repubblica Ceka, Ungheria, Polonia, Slovacchia, ossia la periferia antieuropeista?
L’informazione sarà controllata affinché sia consona al Governo (o dovremmo dire) al regime?
Il Governo Meloni è in carica da (relativamente) poco tempo: ha giurato il 22 ottobre 2022, ma è di gran lunga il Governo che, fin ora (al peggio non c’è mai limite), ha collezionato più figuracce, pastrocchi, retromarce di tutti gli altri. Divisioni interne, si dice. Altri parlano di impreparazione e/o ignoranza e voglia di apparire sui media.
Ho raccolto in questo post solo una serie di provvedimenti a “dir poco” strani che, magari, ne sottintendono altri o sono frutto della fretta o della improvvisazione.
L’elenco è lungo, se non ci sbrighiamo, facciamo notte.
Ve ne racconto alcuni
Il Caso del Rave Party e Ordine pubblico.
Navi ONG.
Questione del Porto sicuro di sbarco.
Medici NOVAX
Aumento del tetto di circolazione del Contante e uso del POS.
Caro benzina.
Estensione della Flat Tax.
Poutpourry di svarioni vari.
IL CASO DEL DECRETO ANTI RAVE
IL governo si è appena insediato e deve dare subito una prova di machismo: legge e distintivo, povero chi ci capita.
Qualche provvedimento ci vuole, anche per dimostrare la forza del nuovo Governo che, tramite il Ministro dell’interno produce un Decreto Legge talmente raffazzonato che avrebbe provocato la bocciatura di qualsiasi studente di giurisprudenza.
La norma Anti rave del Decreto legge 31 ottobre 2022 n. 162 è questa:
“1. Dopo l’articolo 434 del codice penale è inserito il seguente:
Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000.
Per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita.
E’ sempre ordinata la confisca ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione.».
2. All’articolo 4, comma 1, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo la lettera i-ter), è aggiunta la seguente: «i-quater) ai soggetti indiziati del delitto di cui all’articolo 434-bis del codice penale.».
3. Le disposizioni del presente articolo si applicano dal giorno successivo a quello della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.”
Già ad una prima lettura si intende che il Governo accumuni i partecipanti ai rave ai mafiosi, vista l’entità sproporzionata della pena (da tre a sei anni di reclusione, quando chi uccide una persona in auto in stato di ebbrezza rischia “solo” dai 5 ai 10 anni), superiore all’omicidio colposo che permette sempre intercettazioni telefoniche anche a carico di minori e l’inserimento dei partecipanti nel codice antimafia.
A parte il fatto che in un Decreto Legge AntiRave, riferimenti alla musica o al “RAVE Party” non ce ne sono proprio, ingenerando il dubbio che la norma serva anche ad altri scopo come quello di sanzionare raduni studenteschi (vedi le manganellate alla Sapienza del 25 ottobre 2022 oppure le occupazioni di fabbriche) , all’interno del testo c’è un errore marchiano. E scritto: “…allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica…”. Ora, in diritto le parole sono importanti. Con questa dizione “può derivare”, qualsiasi comportamento potrebbe far scattare il reato (una persona che cammina sotto un muro pericolante, una persona che cammina sul cornicione, una persona che si avvicina troppo alla griglia dove arrostiscono gli arrosticini di contrabbando, una persona che – per vedere meglio – si arrampica sul palo.) tutte situazioni che, al limite potrebbero portare ad un pericolo, ma chi giudica queste azioni come possibili di ipotetico pericolo? Un questurino di passaggio? Chissà…. La dizione giusta era “Quando dallo stesso deriva un concreto pericolo per l’ordine pubblico”. Ci vuole la concretezza nell’ipotesi delittuosa.
Fortunatamente a correggere i marchiani errori del Decreto Anti-RAVE ci ha pensato il parlamento: trasformando il folle comma in uno più “onesto”. Dal 31 dicembre 2022 (legge di conversione 30/12/2022 n. 199 la norma “con errori” è diventata questa:
L’articolo 5 è stato così modificato: “1. Dopo l’articolo 633 del codice penale è inserito il seguente: «Art. 633-bis (Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica). – Chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000, quando dall’invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica a causa dell’inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi. E’ sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma, nonché di quelle utilizzate per realizzare le finalità dell’occupazione o di quelle che ne sono il prodotto o il profitto».9
Le pene sono rimaste le stesse ma circondate da severi paletti quali “il concreto pericolo per la salute pubblica”, “l’inosservanza di norme in materia di sostanze stupefacenti” o “in materia di sicurezza degli spettacoli pubblici”. E tutto ciò ovviamente quando si organizza un Rave Party, non una manifestazione qualsiasi come poteva sembrare dalla prima stesura.
E, ovviamente, il Parlamento ha soppresso il comma 2 che inseriva i partecipanti “fra i mafiosi”.
NAVI ONG
Evidentemente questo è un governo cocciuto e impara poco dagli errori che la sua part politica commetteva poco più di 4 anni fa. Allora il ministro dell’interno Salvini, di cui l’attuale ministro dell’interno era il Capo di Gabinetto, per far vedere che era un uomo forte, se la prese, nel 2018/2019 con le navi delle ONG (Organizzazioni non Governative) che – stazionando nel canale di Sicilia prendevano a bordo i naufraghi/profughi provenienti dalla Libia e li sbarcavano in Italia. Anche allora la percentuale di questi naufraghi/profughi era ridicola sulla massa di profughi che arrivavano (non solo via mare) in Italia, circa il 10%. Eppure quello delle navi ong fu il bersaglio scelto dal Salvini e dal Governo giallo-verde. Come tutti si ricordano il risultato fu che andarono a sbattere! Tutti i profughi/naufraghi furono fatti sbarcare, salvo quelli di una nave che, buon cuore, la Spagna si dichiarò disposta ad accogliere. Querele di Salvini contro la Capitana Rakete, vittoria dela Rakete in tribunale. Salvini ha ancora un paio di processi in corso per non aver fatto scendere i profughi/Naufraghi nei porti italiani.
Dalle esperienze negative si prende esempio; qui pare di no. L’attuale ministro dell’interno, forse – chissà – imbeccato dal suo predecessore, ha di nuovo dichiarato guerra alle Navi ONG.
Subito, il 4 novembre 2022, emette un decreto “che vieta alla nave ONG Humanity 1 di sostare nelle acque territoriali nazionali oltre il termine necessario ad assicurare le operazioni di soccorso [non di sbarco] e di assistenza nei confronti delle persone che versino in condizioni emergenziali e in precarie condizioni di salute segnalate dalle competenti autorità nazionali”. Quindi sbarchi selettivi: assistenza medica solo a chi sta male e (forse) ai minori, divisione di famiglie e completo disinteresse per la sorte di chi deve rimanere a bordo e della nave che deve ripartire subito con il suo “carico residuo” [di esseri umani].
Dispositivo breve ma oserei dire spaventoso. Ma qualche chicca si trova anche nel preambolo che occupa oltre il 90% dell’intero decreto: salta agli occhi la citazione del Regolamento (CE) 14 settembre 2016, n. 2016/1624, relativo ala guardia di frontiera europea, che, come è facilmente riscontrabile nella sezione EUR-LEX di Europa.eu al link https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32016R1624&qid=1673607586771 non è più in vigore dal 31/12/2020.
Strana poi tutta la polemica con la Germania , Paese di Bandiera della nave Humaniti1, con richiesta di informazioni, doglianze sul fatto che le operazioni di soccorso siano avvenute al di fuori della zona SAR italiana senza alcun coordinamento italiano, che le operazioni siano avvenute “in contrasto con lo spirito (sic!) delle norme internazionali, europee e italiane in materia di sicurezza dele frontiere [135 profughi/naufraghi sono un pericolo per le frontiere?] e, soprattutto, una asserita responsabilità a prendersi i profughi da parte dello Stato di Bandiera o a far ricevere la domanda di asilo dal Comandante della nave di bandiera, mai citato fra i luoghi esclusivi dove di può presentare dall’articolo 3 della Direttiva Procedure 2013/32/UE del 26 giugno 3013? o, quando è noto che la responsabilità dello Stato di bandiera si limita a fatti successi sulla nave in acque internazionali, tipo omicidi, rapine, questioni amministrative, e, puranche, matrimoni. Pensate un attimo alla questione dei fucilieri di Marina che il 15 febbraio 2012 avrebbero ucciso due pescatori indiani pensando fossero pirati (vedi a questo link: https://it.wikipedia.org/wiki/Caso_dell%27Enrica_Lexie#:~:text=19%20febbraio.,che%20in%20una%20normale%20prigione.) l’India non se l’è mai presa con lo Stato italiano, ha tenuto la nave sequestrata per due mesi perle necessarie indagini e l’ha poi rilasciata, La querelle, poi finita bene, era incentrata sull’accusa personale che l’India faceva ai due Marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girotti pretendendone la messa in stato di giudizio [ma la motivazione non è mai stata esplicitata] e coinvolgendo solo parzialmente l’Italia nell’errata convinzione che, essendo due militari, fossero alle dirette dipendenza dell’Esercito italiano, pensando che fossero due militari in servizio effettivo, ma il coinvolgimento “penale” dell’Italia cessò quando fu spiegato che i due marò erano in missione antipirateria, prestati dalla Marina, un po’ come due guardie giurate. La situazione è confusa, quindi per le norme internazionali la responsabilità dello Stato di bandiera non è certa per l’accertamento dei fatti criminosi avvenuti in acque internazionali e senza coordinamento statuale. La questione fu, in pratica, risolta con un accordo stragiudiziale in denaro che l’Italia – a titolo di risarcimento – versò alle famiglie delle vittime indiane, visto che il risarcimento per gli incidenti dovrebbe essere contemplato nel contratto di ingaggio.
E la polemica Meloni – Macron? Sterile e controproducente. La Meloni estrapolando da un colloquio con Macron la disponibilità di questi a prendersi una nave. Macron negò l’accordo spiegando che avrebbe offerto solo un aiuto.
Ne vale la pena per 300 persone contro le migliaia che sbarcano?
QUESTIONE DEL PORTO SICURO DI SBARCO
C’è una sottigliezza da spiegare, un pertugio ove potrebbe, con grandi perdite, infilarsi il Governo italiano; mi sono studiato la questione e l’ho sottoposta a giuristi e uomini specializzati in legge del mare. Non ne voglio ripetere perché è lunga e complicata. Chi volesse approfondirla la trova su questo stesso blog, all’articolo “Le leggi del mare e i migranti” al link https://sergioferraiolo.com/2022/11/16/le-leggi-del-mare-e-i-migranti/
Riassumo: la competenza è quasi tutta di origine “Nazioni Unite”, di Europa c’è poco (UNCLOS, SOLAS, Convenzioni SAR sono strumenti internazionali extraeuropei e alla quale l’EU aderisce, ma l’egida è delle Nazioni Unite.
Premetto che in tutte le convezioni il soccorso, in caso di naufragio o in caso di pericolo di naufragio (Distress), è sempre obbligatorio da parte di chicchessia, che sia Stato Coordinatore (come noi sempre in Mare nostrum) o che non lo sia. L’obbligo di indicare un porto di sbarco sicuro è più controverso: c’è un buco normativo.
Il casus belli (non previsto dalle convezioni (piuttosto vecchiotte)) è un salvataggio compiuto in una zona SAR (Search and Rescue) di un Paese dove non possono essere sbarcati i naufraghi. Penso alla Libia, da dove scappano e che li tortura, ma penso anche alla Tunisia che non ha ratificato alcune convezioni e restituisce alla Libia o agli altri Paesi dell’Area subsahariana i naufraghi. Insomma una nave privata, non coordinata da alcuno Stato rivierasco come quelle dele ONG che agiscono autonomamente chiedendo il porto sicuro dalle acque libiche, dopo aver compiuto il salvataggio, dopo aver assolto all’obbligo di soccorso, non ha uno Stato rivierasco a cui chiedere un porto di sbarco. In queste condizioni Italia, Grecia, Cipro, Malta, Grecia, Spagna, Croazia sono, sul piano del diritto, sulla stessa linea: hanno gli stessi doveri di indicare il port sicuro di sbarco.
Devo dire però, per verità di narrazione, che qualche anno fa circolava sui tavoli di Bruxelles un documento denominato “COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT For the Council Shipping Working party IMO -Union submission to be submitted to the 7th session of the Sub-Committee on Navigation, Communication and Search and Rescue (NSCR 7) of the IMO in London from 15-24 January 2020 setting out a preliminary draft structure and proposal for a revision of the Guidelines on places of refuge for ships in need of assistance, annexed to resolution A.949 (23)” laddove a pagina 26, (appendice 1 alla sezione 4) si dice che:”Deciding which coastal State’s competent authority to be in the lead. If a PoR is requested when no SAR operation has taken place, the deciding factor should be the Maritime Assistance Service (MAS) declared by the state in whose area of jurisdiction the shipis located. If there is no MAS declared, in the first instance the State with jurisdiction over the waters in 27which the ship is located (eg. through a declared EEZ) should co-ordinate the PoRrequest unless and until an agreement has been reached to transfer coordination to another coastal state”.
Quindi, se la mia traduzione è esatta, quando non c’è una zona SAR di riferimento, il PoR (Place of Refuge) viene spostato allo Stato che ha ricevuto la relativa richiesta e nella cui zona SAR si trova la nave. Pertanto il vuoto normativo sarebbe colmato.
Sinceramente non so se e quando questa “proposta” diventerà norma cogente, o se lo sia già diventata.
Ma la questione è un’altra: conviene politicamente all’Italia, per eliminare il 10% dei profughi/naufraghi, portare avanti tutta questa querelle politico/diplomatica, isolandoci dall’Europa che conta e non ricevendo alcun vantaggio dai Paesi dalla linea dura come Ungheria o Polonia? Non era meglio farli sbarcare e poi affidarsi, come sempre alle loro gambe? Si sa bene che l’Italia è al quarto posto in Europa per domande di asilo: in caso di rilocazione forzata dovrebbe prenderne, non darli. L’Europa è la patria del compromesso: tu ti prendi un po’ di profughi, io dopo un po’ ne lascio entrare qualcuno e non ti rompo le scatole sui tuoi conti pubblici disastrosi.
E, invece no, il 2 gennaio 2023, sulla Gazzetta Ufficiale, compare il “Decreto Legge 2 gennaio 2023 n. 1, recante “misure urgenti per la gestione di flussi migratori” che reca alcune modifiche all’articolo 1 del Decreto legge 21 ottobre 2020, n. 130” (uno dei decreti sicurezza).
Nel testo previgente, nel secondo comma dell’articolo 1 erano inserite le norme “cattive” [divieto di attracco, divieto di transito e sosta nelle acque territoriali etc.]. Il Nuovo decreto legge , invece, le “sospende” se la nave ONG fa la brava e osserva tutta una serie di prescrizioni dettate dal Governo “autorizzazioni al soccorso [ma non era obbligatorio?] , immediata richiesta di porto di sbarco, divieto di soccorrere, durante il tragitto altra imbarcazione in difficoltà [Ma il soccorso non era obbligatorio?], fornire tutte le informazioni e gli elementi richiesti prima ancora dello sbarco. Nei casi di violazione si applica al comandante la sanzione amministrativa [applicata quindi dal prefetto, organo più malleabile, e non penale adottata da un magistrato] da 10.000 a 50.000 euro con responsabilità solidale estesa all’armatore e al proprietario [generalmente ignari dell’accaduto: responsabilità oggettiva?], la nave è sottoposta a fermo amministrativo e alla confisca in caso di reiterazione.
Norme come si vede, quasi inapplicabili che, in alcuni casi configurerebbero il reato di “omissione di soccorso”: “Poverini state già affogando, ma non vi possiamo prendere a bordo perché abbiamo già un altro carico di naufraghi e dobbiamo chiedere l’autorizzazione suppletiva, se sarete ancora vivi quando e se arriverà, potremo prendervi a bordo!”
Lo scopo è perfido: allungare la sofferenza e allungare il tempo in cui la nave starà assente dal canale di Sicilia.
MEDICI NOVAX
Il Decreto Draghi, in piena pandemia, aveva sospeso l’eserizio della professione ai medici che non si fossero voluti far vaccinare. Norma a tempo in attesa che la pandemia COVID svanisse. Il Governo attuale che fa? Invece di starsene buono e aspettare la scadenza naturale del decreto al 31 dicembre 2022, anticipa il loro rientro al 1° novembre 2021: 60 giorni d strizzate d’occhio ai novax. Notate che negli ospedali ci vanno non certo le persone belle sane e forti, ma quelle deboli , bisognose di cure, anche oncologiche e immunodepressi. Si sono presi critiche gratuite molto facilmente evitabili. Ma – si sa – le strizzate d’occhio al mondo antagonista e novax valgono molto di più.
AUMENTO DEL CONTANTE E POS
Fra le primissime misure – attesissime e ritenute indispensabili dagli italiani – c’era l’aumento del limite di circolazione del denaro liquido che quest’anno doveva scendere sotto i 1000 euro. Io non sono un indigente, ma nel mio portafoglio per convenienza o paura di rapine, al massimo girano 3 o 4 pezzi da 50 euro. A chi serve girare “legalmente” con 10.000 euro, come diceva Salvini? Solo a chi non vuole farsi tracciare: chi paga a nero la colf, chi si fa ridipingere a nero una stanza, che si fa aggiustare l’auto senza chiedere fattura (e senza garanzia!!!), ai magnati russi che si fanno belli nelle gioiellerie regalando gioielli alle loro donne senza che ne venga lasciata traccia? Negli altri Paesi, ma i nostri politici sono tutti casalinghi, il contante è quasi scomparso anche al bar: vicino alla cassa, c’è una fessura o un attrezzo dove il cliente infila o appoggia la carte di credito e il caffè è pagato, alla faccia di Salvini che dice “chi vuol pagare il caffè con la carte di credito è un rompiballe!!!, io voglio pagare come mi pare”. Paga pure come ti pare, ma lascia che anche io possa pagare come mi pare. E, infatti, la norma sul contante è stata dimezzata e ritirata quella sulPOS.
E dire che alcune prime giustificazioni del Governo erano che “ce lo chiedeva l’Europa!”. Mica vero! Semplicemente l’Europa aveva chiesto non solo all’Italia, ma a tutti gli Stati membri che volevano rendere obbligatorio l’uso del POS, quali tutele avrebbero adottato nei confronti delle fasce deboli che on potevano permettersi i costi dei conti correnti bancari. Qui in Italia era il contrario: fino ad una certa somma era POS che poteva essere vietato!!!!
Il 24 febbraio 2022 scoppia la guerra fra Russia e Ucraina. Voi tutti sapete che il prezzo delle merci comuni non subito deperibili (grano, olio, petrolio, gas) non lo fa il venditore, ma le Borse (famosa, per il Gas, quella di Amsterdam). Lì gli investitori (raccoglitori di risparmi: sì, nei loro fondi ci sono anche le vostre pensioni) che possono muovere giornalmente migliaia di miliardi hanno scommesso (sulla guerra si scommette facile) che Putin avrebbe, per ritorsione, chiuso i rubinetti del gas vero l’Europa. Allora, per mezzo dei cd. contratti futures, hanno a febbraio comprato a marzo a prezzi da capogiro contratti di futura fornitura di gas, scommettendo sul sicuro rialzo; quando i futures galoppano non si può fermarli: se falliscono, falliscono anche i denari dei contribuenti, pensioni, risparmi che ci sono dentro. Una vota realizzato quello che dovevano realizzare i grandi gruppi speculativi si sono ritirati dal mercato e il prezzo dell’energia (GAS, benzina, petrolio,) è cominciato a scendere.
Il Governo Draghi tentò di metterci una pezza [sappiamo che se aumenta il gasolio su cui tutto viaggia in Italia, tutto aumenta di prezzo] diminuendo le accise sul carburante di 18 centesimi e il prezzo alla pompa scese di 18 centesimi. Il provvedimento era provvisorio e si se bene che, in Italia, quando i prezzi salgono, sono molto restii a salire. Il 31 dicembre – scaduto il decreto Draghi – il prezzo alla pompa è tornato su di 16 centesimi (confermando la lenta discesa dei prezzi) Alte grida di aiuto da parte degli auto trasportatori: il Governo intervenga. La Meloni, ingenua come sempre, ha fatto sapere che non aveva il miliardo al mese per pagare un nuovo abbassamento dele accise. [Ma i soldi per i 12 minicondoni e per l’estensione della flatTax, li aveva e la diminuzione delle accise era scritta nero su bianco nel programma elettorale di Fratelli d’Italia]. Ma si sa, le proteste, specialmente quelle degli autotrasportatori, anche se non siamo in Cile, fanno breccia. Con rapidità il Decreto sulle accise è cambiato: se i prezzi aumenteranno, il Governo ci metterà una pezza.
ESTENSIONE DELLA FLAT TAX
Un’altra mossa singolare del Governo è stata quello di aumentare alle partite IVA fino a 80.000 Euro il regime forfettario del 15% di tasse. Lo so che in questo 15% non c’è la previdenza, ma anche io lavoratore dipendente, oltre a pagare l’IPEF nazionale, regionale e comunale, ogni mese pagavo ben 1.500 euro di previdenza.
Ora, per esempio un geometra assunto regolarmente con contratto a tempo indeterminato paga gli esosi scaglioni dell’IRPEF. Chi è a partita IVA no e paga soli il 15%! Qualcuno mi sa spiegare il perché?
SVARIONI VARI (poutpourry)
L’Italia deve essere digitale: il Governo vuole fermare l’invio delle prescrizioni delle analisi e delle medicine on-line che tanto tempo e assembramenti aveva fatto risparmiare. Poi fa retromarcia.
Salvini se la prende con i biscotti OREO perché contengono carbonato di ammonio, additivo alimentare usato da decenni per l’alcalinizzazione, la lievitazione e la produzione del cacao in polvere sotto il rigido controllo delle agenzie Italiane ed europee. Mai si è levata voce che facesse male.
Paradossi Covid: ogni cinese che entra in Italia viene “tamponato”, ogni italiano, positivo da 5 giorni, se non presenta più sintomi evidenti pi uscire e rientrare nella comunità.
La ministra del Turismo (che con la tutela del mare e delle spiagge non c’entra nulla) esordisce chiedendo che tutte le spiagge libere che siano sporche o in preda a tossicomani vengano recintare ed assegnate a gestori privati [Ma sono mai andati a vedere le splendide spiagge libere francesi o spagnole, dove i servizi privati si limitano al bar, al ristorante a qualche campo di pallavolo o racchettoni ed il resto, pulitissimo, è lasciato alla ibera fruizione dei bagnanti?].
Sempre Salvini si dice inorridito per la strage stradale di Alessandria “non basta la prevenzione se si va in 7 in auto”; peccato che quell’auto fosse effettivamente omologata per sette persone a bordo!!!
Danteha inventato il pensiero di Destra: Il Ministro Sangiuliano oggi ha dichiarato che “Dante è il fondatore del pensiero di destra italiano”. Molte polemiche per tanta ignoranza. Evidentemene nel 1200 non c’erano solo i Guelfi e i Ghibellini, ma anche i fasci e i rossi!!
Chissà perché, ma in questo il Governo non c’entra, vista la mala parata e l’incriminazione del Padre, tutti i figli di Bolsonaro, l’ex Presidente del Brasile, hanno chiesto la cittadinanza italiana. Se si fugge, si va dagli amici.
A Roma passeggiano i cinghiali? Il Governo apre alla possibilità di cacciarli “per motivi di sicurezza stradale anche in aree protette e in città”. L’emendamento sarà attuabile anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto. A coordinare le operazioni sono preposti il Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei Carabinieri, che potrà avvalersi dei cacciatori riconosciuti, delle guardie venatorie e degli agenti delle Polizie locali e provinciali munite di licenza. Con la peste suina in atto è pericoloso uccidere i cinghiali in strada e lasciarne lì la carcassa a disposizione degli altri animali. Il Governo non sembra preoccuparsene.
Ovviamente non è un elenco esaustivo, ma sono provvedimenti di cui il governo va fiero. A me sembra ormai di vivere in una nazione barzelletta. Certo, Monti e Draghi non li aveva eletti nessuno, ma non notate alcuna differenza? Per quanto tempo vogliamo continuare con quest Governo a fare figuracce?
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Pericle – Discorso agli Ateniesi, 431 a.C. (*)
Tratto da Tucidide, Storie, II, 34-36
(*) Errata corrige: inizialmente era stata indicata la data del 461 a.C., riportata da diverse fonti, ma in realtà il discorso, secondo Tucidide, è stato pronunciato all’inizio della Guerra del Peloponneso (431 a.C. – 404 a.C.)
Venditore: Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi? Passeggere: almanacchi per l’anno nuovo? Venditore: Si signore. Passeggere: Credete che sarà felice quest’anno nuovo? Venditore: Oh illustrissimo si, certo. Passeggere: Come quest’anno passato? Venditore: Più più assai. Passeggere: Come quello di là? Venditore: Più più, illustrissimo. Passeggere: Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi? Venditore:Signor no, non mi piacerebbe. Passeggere: Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi? Venditore: Saranno vent’anni, illustrissimo. Passeggere: A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo? Venditore. Io? non saprei. Passeggere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice? Venditore. No in verità, illustrissimo. Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero? Venditore. Cotesto si sa. Passeggere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste? Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse. Passeggere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati? Venditore. Cotesto non vorrei. Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro? Venditore. Lo credo cotesto. Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo? Venditore. Signor no davvero, non tornerei. Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque? Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti. Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo? Venditore. Appunto. Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero? Venditore. Speriamo. Passeggere. Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete. Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi. Passeggere. Ecco trenta soldi. Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.
Sono loro che stanno conducendo la lotta contro il regime teocratico degli Ayatollah. Loro a mani nudo e con i capelli sciolti. A rischio della vita. E quante ne sono state uccise: 3? 15? 38? 100?
Come i talebani o mullah e gli ayatollah hanno paura delle donne. L’ho visto con i miei occhi. Sanno.che la intelligenza è femminile, che loro. Monaci e funghetti sono una razza in via di estinzione. Sono destinati a soccombere anche se aumentano la violenza.
Ho parlato con il.meraviglioso popolo iraniano. Sono orgogliosi, vogliono che la loro liberazione sia causata da loro stessi.
Da noi vogliono solo che l’attenzione rimanga alta, che non si spengono i riflettori, che la loro protesta non diventi un routinario fatto di cronaca nei TG.
Il Governo si è reso conto che, anche se per un puntiglio giuridico ha ragione, la guerra alle ONG è politicamente perdente. Ieri ha dato l’ok per lo sbarco di tre navi ONG in Porti italiani. Tutto bene? Il Governo è rinsavito?.
Manco per niente. Il Governo si vergogna della concessione del Porto sicuro che è stato costretto ad assegnare.
In Particolare per la Geo Barents, la nave di Medici senza frontiere, il Governo, con la stupida scusa che fra i migranti c’erano minori, ha vietato ogni ripresa radiotelevisiva allo sbarco, in modo di non fornire copertura mediatica dell’avvenimento: insomma, lo sbarco c’è stato ma non si è potuto vedere, quindi, NON C’E’ stato. Occultamento della realtà si chiama.
Negli anni ci sono state altre proteste ma ora è diverso, come mi spiegava una attivista iraniana. Le proteste erano state sempre portate avanti dalle donne che, forti di una piena scolarizzazione, mal sopportavano la condizione di sottomissione al maschio imposta dagli ayatollah. Le proteste precedenti sono fallite perché ai corti delle donne non si univano i cortei di protesta dei maschi, che non subivano vessazioni dal regime. Ora è diverso: anche i maschi hanno preso piena coscienza dello stato di sottomissione in cui viene tenuto il popolo, eclatante ai mondiali di calcio del Qatar il non cantare l’inno nazionale, protesta poi rientrata per le minacce trasversali del Regime alle famiglie dei calciatori.
Insomma il popolo ora è unito e, forse, nonostante la ritrosia occidentale, timorosa di perdere le forniture di petrolio, siamo arrivati allo showdown: il forte orgoglio iraniano, pari forse solo a quello argentino non permetterà ulteriori esecuzioni.
La causa scatenante è stata l’arresto, e la susseguente esecuzione di Masa Amini, ragazza curdo-irachena accusata, pensate un po’, di non portare correttamente il velo. Vedete le foto di questo posto e ditemi chi porta correttamente il chador.
Lì mi dicevano che , in genere, non ci facevano caso, ma se un Basij che magari ha litigato con la fidanzata ed è incavolato vede una coppia che si tiene per mano, scatta la repressione. I giovan iraniani delle città, Teherana, Esfahan, Tabriz, Schiraz in nulla si differenziano dai ragazzi europei ed americani: ascoltano la stessa musica, mangiano lo stesso cibo, vestono in jeans e cmicia, nel 30% dei casi – per le donne – coperti dal Chador. Ma portato in modo molto sportivo. Il Cahador integrale, in Iran, sopravvive solo nei piccoli paesi montani, come mostrato nel bellissimo film “Gli orsi non esistono” del regista dissidente (e imprigionato) Jafan Panahi.
In Iran e autorità temono molto le donne, perché più ribelli alle rigide regole islamiche. Da loro partirà (ed è partita) la rivoluzione contro il regime teocratico.
Ricordo un episodio a QOM, la città santa. Chiunque arrivi a QOM ha diritto ad una guida gratuita che spiega la religione e i simboli della stessa. Ci fu assegnato un “funghetto” (come lì chiamano i monaci) che cominciò ad urlare perché la parte femminile del nostro gruppo si era messa a parlare (e scambiare informazioni) con le donne iraniane, Grande pericolo la commistione!!!! Per i “funghetti” potevano essere scambiate informazioni pericolose per il regime teocratico. “Questa è QOM, la città sacra, non si parla, si prega”, era l’urlo del regime.
A questo punto mi piace ripubblicare un aricolo dle 2018, scritto proprio i Iran, durante un viaggio di piacere. Ve lo consiglio, Andate in Iran: avrete sorprese su sorprese:
Se li chiamare arabi si offendono, Sono iraniani, parlano la lingua farsi.
Non c’è niente di arabo: tutto pulitissimo, L’insalata si mangia senza lavalrla, cos’ come i denti,
Il popolo è pronto al confronto; ti cerca, uno sguardo alla donna in chador non è declinati, bensì è un invito.
Gli schemi mentali sono quelli nostri.
Mi piace ripubblicare un articolo del 2018, scritto mentre ero in Iran dove ho incontrato un Grande Popolo, soprattutto le donne.
Kerman. IRAN, novembre 2018 Scrivo da Kerman, in Iran. Sono in vacanza con un gruppo di Avventure nel mondo e caso ha voluto che, per i previsti lunghi voli e tragitti in bus, fra gli altri Ebook, mi sia portato l’ultimo libro di Federico Rampini “Quando inizia la nostra storia” preso da Amazon il giorno prima di partire. Ho usato un po’ il primo capitolo, dedicato all’Iran, come guida.
Forse perché Rampini è giornalista ed è anche americano, all’aeroporto le formalità del visto in arrivo (Teheran) sono state per molto più veloci, non più di 5 minuti: l’addetto al quale abbiamo mostrato la Email di riscontro della richiesta di visto in arrivo ha stampato il “visto” e ci ha restituito il mucchietto di fogli insieme ai passaporti senza neppure accoppiarli.
La gentilissima addetta alla assicurazione sanitaria ci ha chiesto se la avevamo e, alla nostra risposta positiva, non ha voluto neppure guardarle.
Polizia quasi inesistente.
Cambio. Confermo che sia all’aeroporto, sia nelle banche non siamo riusciti a cambiare i nostri Euro con i Ryals al cambio ufficiale di 47.000 Ryals per Euro. Più che di mercato “nero” (ossia nascosto) della valuta, parlerei di mercato “parallelo”. Sulle vie di Teheran ci sono, alla luce del sole, negozi di cambio che espongono, sui display elettronici, il tasso praticato: siamo sui 163.000 Ryals per euro. (Dopo 15 gg a Shiraz era circa 150.000 Ryals per euro) Il gasolio 3.000 Ryals, la benzina 10.000 Ryals.
Una abbondante cena per 7 in un buon ristorante ci viene sui 4 milioni di Ryals. Una camera doppia in un albergo 3 stelle sui 12 euro 25 euro se l’albergo era quattro stelle.
La rivoluzione partirà dalle donne e non solo da quanti centimetri di capelli lascia scoperto il jihab. A Teheran e a Eshfan ormai lo portano solo sulla nuca o appeso allo chignon alto.
Sono le donne ad avvicinarci a chiedere e a voler avere contatti. Spinto da questa novità, ho provato un gesto che mai avevo tentato in un paese musulmano, anche tollerante, come il Ladakh o il Kashmir: sorridendo ho guardato fisso negli occhi ogni donna. Nessuna ha abbassato lo sguardo. Quelle con il chador (30%) magari rispondevano solo ricambiando il sorriso. Quelle vestite normalmente, solo con il foulard, rispondevano (rispondono, visto che sono ancora in Iran) al sorriso e allo sguardo diretto. Come fosse un segnale, la maggior parte si fermava per un saluto, per una foto, per un selfie, per un semplice “da dove venite?”.
E il clero ha paura delle donne. A Qom la guida obbligatoria (il funghetto, così chiamano lì gli esponenti del clero) ci stava radunando ed aspettava con impazienza che due donne del nostro gruppo si avvicinassero. Appena ha compreso che si stavano scambiando i biglietti di visita con alcune ragazza iraniane, è andato su tutte le furie ed è corso a rincorrerle riportandole indietro bofonchiando ad alta voce “Questo è un luogo sacro, non un posto per scambiarsi informazioni!”. Non ci ha più lasciati e, dopo una visita frettolosa della moschea ci ha negato il permesso di rimanere da soli all’ interno, quasi cacciandoci fuori. Non ha avuto paura di trasgredire le regole che vietavano di fotografare all’interno della moschea (ci ha permesso di usare le nostre reflex), ma ha avuto paura del contatto fra una iraniana e una forestiera. Non ho trovato uguale curiosità per l’occidente nei maschi iraniani.
Sì, la rivoluzione verrà dalle donne.
Anche la nostra guida, una iraniana di un quarantina d’anni, pur svicolando con un sorriso, le domande più scabrose sullo Stato teocratico, non ha avuto alcuna esitazione a illustrare i rapporti omosessuali e le libagioni nei dipinti della residenza dello Scià a Esfahan.
Ci ha detto che un insegnante guadagna 13 milioni di Ryals, un alto dirigente il doppio e che le sanzioni hanno portato una quadruplicazione dei prezzi.
Ci ha raccontato che nei paesi se un ragazzo e una ragazza si parlano, subito i genitori si incontrano e il matrimonio non combinato si celebrerà non oltre due settimane. A Teheran e a Esfahan o a Shiraz la situazione è molto simile alla nostra con fidanzamento e libere frequentazioni (sempre che un religioso non li prenda di mira) . Per la crisi economica l’età del matrimonio si è spostata in avanti: 25/28 anni per le donne, oltre i 30 per gli uomini. Bisogna pur mettere i soldi da parte per la casa…
Ci ha anche raccontato che a Teheran e Esfahan esistono diversi casi di convivenza more uxorio, ma sono molto malvisti.
Vige l’aurea regola “dell’occhio non vede, cuore non duole”.
Purtroppo le rigide regole sussistono ma sono sempre meno applicate. Ma, purtroppo, qualche guardiano della rivoluzione o guardiano della fede quando litiga con la moglie o con il capo, magari ha voglia di rifarsi con una povera coppia che si tiene per mano.
Bello il ponte dei poeti dove ci hanno invitato a cantare, sfruttando la perfetta acustica delle arcate, “o sole mio”. Peccato che il fiume non c’è più, deviato per portare le sue acque ai campi agricoli riarsi.
Di Trump e delle sanzioni ho parlato con un ex-dipendente ENI (faceva lo interprete inglese/farsi),.Era molto preoccupato perché la Europa è debole e non osa contraddire Trump. Fra l’America e l’Iran, sosteneva, l’Europa preferisce sempre l’America. Era informatissimo. Ho parlato con lui il giorno dopo le elezioni di midterm. Era molto deluso del risultato non brillantissimo dei democratici, ma fiducioso che fra due anni Trump vada a casa. “Intanto il petrolio lo venderemo alla Cina, anche se non ci piace.
Per le strade la polizia praticamente non si vede, solo qualche militare nei bazar.
Un po’ asfissianti i controlli sulle strade, non per noi, però: ogni 50/100 km. Il nostro autista deve fermarsi e portare i suoi documenti alla stazione di polizia. Sul nostro bus privato non è mai salito un poliziotto.
Gli iraniani ci coccolano e sono il popolo più affettuoso che abbia mai visto; e di popoli ne ho visti tanti.
La pulizia regna sovrana. Primo paese dell’oriente (medio o estremo) dove si beve l’acqua del rubinetto e si mangia tranquillamente la verdura cruda.
Le strade, almeno quelle di grande comunicazione, fanno invidia alle nostre migliori.
Per una volta voglio scrivere di un argomento non serio o, meglio., prendere da un argomento molto serio quello che si chiamano “note di colore”, leggere, lievi, quasi gossip.
Avvenimenti tanti, molti nascosti, non tanto per la loro pericolosità, ma perché mal si adattano ad un avvenimento che coinvolge i Grandi del mondo.
Sono passati trentacinque anni, quasi tutti i protagonisti sono passati a miglior vita ed il termine di secretazione è abbondantemente trascorso, non corro rischi a raccontare qualche aneddoto che più che far sorridere, mostra come i cd. “grandi del mondo” altri non siano che esseri umani come noi.
Per la mia professione sono stato spesso a contatto con i Leader italiani, Europei e mondiali: un po’ di aneddoti li conosco.
Brian Mulroney per il Canada, Francois Mitterrand per la Francia, Helmut Kohl per la Germania, Amintore Fanfani per l’Italia,
Yasuhiro Nakasone per il Giappone, Margaret Thatcher per il Regno Unito, Ronald Reagan per gli USA e Wilfried Martens per la Comunità europea.
I lavori si svolsero fra la Fondazione Cini all’isola di San Giorgio e la Prefettura.
E il Gossip dove è? Comincia ora. Almeno ora anche i diversamente giovani conoscono i personaggi e le location.
Gli alloggi della Polizia
Vi chiederete quale fu il primo problema? La sicurezza? Gli alloggi dei sette Grandi? I tragitti? No, no, il primo problema fu trovare l’alloggiamento per le forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza) che avrebbero dovuto vegliare sulla sicurezza dei Leader. Dove li mettiamo? L’esperienza non serviva perché nel vertice precedente i poliziotti erano ancora militari (la riforma che smilitarizzò la polizia è del 1981) e, come militari, i turni erano allungabili come gomma da masticare. Bisogna tener presente che tutti gli alberghi sulla costa e in prossimità della laguna erano già requisiti dai Leader, dai loro sherpa, dai loro seguiti, dai giornalisti etc. etc. Erano rimasti solo alberghi nell’entroterra veneto abbastanza distanti dai luoghi prescelti per la sorveglianza. Alla distanza si aggiungeva il fatto che il tempo necessario per il percorso “albergo-luogo di servizio”, per i poliziotti ormai civili era computato come tempo di lavoro: si arrivava all’assurdo che, partiti dall’albergo e giunti sul luogo di servizio, il tempo di lavoro era quasi del tutto trascorso. La questione fu risolta da un giovane funzionario che propose di noleggiare navi da crociera da ancorare nei porti limitrofi ai luoghi di servizio in modo da risparmiare tempo e distanza.
Ma il diavolo ci mise la coda: la mattina presto della vigilia del vertice, una delegazione furibonda di sindacalisti della Polizia irrompe in Prefettura per fare forti rimostranze al Prefetto per come erano trattati. Secondo loro la nave era invasa da un puzzo nauseabondo che impediva qualsiasi attività. Strano, la nave era nuova e ben ripulita. Niente, la spiegazione era molto più semplice: i tubi che aspiravano l’aria per il condizionamento della nave attraccata alla banchina erano vicini ad un cumulo di soia fermentata abbandonata lì per caso. Tolta la soia, pulita la banchina, il problema n.1 era risolto.
L’Università americana
Di fronte la Prefettura di Venezia c’era, e c’è, la “fondazione Peggy Guggenheim” la Casa museo dell’artista omonima, morta nel 1979, ora adibita a museo. A fianco della Fondazione sorge l’edificio di una Università privata americana i cui studenti, spesso, per pagarsi la retta, fungono da guide e sorveglianti del museo. Dalle finestre della Prefettura, separata solo dal Canal Grande, si gode una ottima vista degli edifici del Museo e dell’Università. Da qualche giorno prima del Vertice, stranamente, le imposte delle finestre dell’Università erano sempre serrate, come se non ci fosse alcuno, ma, quando si aprivano per far cambiare l’aria, l’interno era pieno di computer schermi e materiale elettronico. CIA? NSA? DIA? Chi lo sa? Unica cosa visibile erano le antennine puntate direttamente verso la nave militare USA [senza oblò: guerra batteriologica e informatica] ancorata alla fonda proprio davanti San Marco.
Un ulteriore aneddoto: vedevo le classiche barche coperte veneziane che entravano nel canale prospiciente l’Università. “Sa cosa portano?” mi chiese l’ufficiale italiano di collegamento. “No, non armi o strumenti difensivi: ma patatine, popcorn, coca-cola, le fanno venire dalla loro base di Vicenza, non si fidano di quelle acquistate in loco”. Mi venne da ridere.
La sera era in programma la cena in Prefettura. Una semplice cena? No, Una cena piena di problemi.
Già la mattina si rivelò foriera di angustie: mentre i camerieri stavano approntando i tavoli tondi con finissime tovaglie di pizzo bianco, Andreotti e Fanfani chiesero un caffè. Il solerte cameriere arrivò con il grande vassoio di argento, ma i due Leader presero le tazzine e, senza piattino, le posarono sulla candida tovaglia. La faccia del cameriere (e la mia) sbiancò, ma i danni furono – per fortuna – quasi irrilevanti.
Dal caffè mi distrassero problematiche informatiche e telefoniche. Dovete sapere (eravamo nel 1987, non c’erano i telefonini) che il Presidente USA, ovunque si trovasse, doveva avere a portata di mano un vero e proprio centralino che gli permettesse, tramite ponte radio con la nave militare alla fonda davanti San Marco, di comunicare con l’intero mondo. Il Palazzo della Prefettura, Cà Corner, costruito a metà del ‘500 su un fabbricato preesistente, era attrezzato più per concerti da camera e balli in maschera che per ospitare sofisticati centralini telefonici. Il bello è che i marines non riuscivano a far funzionare l’antidiluviano modem allora in uso con grande divertimento dell’ufficiale di collegamento italiano che conosceva la soluzione, ma li lasciava friggere per un bel po’. Eppure, per i meno giovani la cosa era banale: bastava aggiungere un ATX3. (Se volete sapere cosa sia cliccate qui). Anche qui gli americani si dimostrarono superbi e ignoranti su qualsiasi tecnologia non fosse la loro.
Vergogna
Il tempo della cena stava arrivando e due episodi mi toccarono: la Sicurezza americana perquisì tutti i presenti, compreso il Prefetto, i funzionari, i poliziotti. Poi chiese chi dei poliziotti fosse armato e ad essi distribuì una strana spilla ottagonale dorata: “Se vedo un’arma in mano a chi non ha la spilletta, spariamo a vista!Se c’è una sparatoria tutti i poliziotti si mettano il berretto in modo da indentificarli!”. Per avere Reagan in Prefettura dovemmo sopportare questa scena vergognosa che mi risparmiai perché – unico ad avere il badge per circolare fuori dalla Prefettura – ero andato, con un motoscafo guidato da un poliziotto a prendere l’allora Presidente della Camera Nilde Iotti.
Il “nuclear football”
Ero il più giovane, masticavo un po’ di inglese e mi fu affidato un compito che si rivelò alquanto complesso. Come sapete il Presidente USA è sempre seguito da un Ufficiale dei Marines che porta la “nuclear football”, ossia la famosa valigetta per attivare i codici delle armi nucleari. Il mio compito era convincere l’alto (in tutti i sensi) Ufficiale a deviare dal suo percorso in scia a Reagan, entrare in una stanza dove, comodamente seduto su un divano del ‘600, rimaneva a contatto con il Presidente, separato solo da un muro di cartongesso e da un’altra porta facilmente apribile. Più facile a dirsi che a farsi. Innanzitutto la distanza verticale: il Marine era alto almeno due metri, io sono alquanto bassino: far arrivare il mio scarno inglese all’orecchio del Marine che comprendeva solo lo slang americano non fu impresa facile. Beh, mi attaccai alla valigetta (che era alla mia altezza) e cominciai a tirare verso la stanza assegnata: ci capimmo con lo sguardo. Ebbi modo di osservare bene la valigetta: bruttarella, una 48 ore di finta pelle avvolta in una copertura di tela grigia come se ne vedono tante ai check-in degli aeroporti. Chiesi se potevo ammirarne l’interno, ma – ovviamente – mi fu negato. Almeno feci amicizia con il gigantesco Marine.
All’inizio tutto filò liscio, tranne un “incidente voluto” dalla Thatcher. Il protocollo le imponeva di arrivare in posizione intermedia ma, si sa, le persone più importanti arrivano per ultime. Chissà perché la Thatcher si sporse un po’ troppo dal bordo del motoscafo che la portava in Prefettura e…. si bagnò il vestito con conseguente cambio di abito e conseguente provvidenziale ritardo che le consentì di arrivare ultima.
La cena iniziò in una atmosfera surriscaldata dai vetri blindati serrati e dall’assenza dell’impianto di condizionamento, vietato in un palazzo del ‘500.
La toilette
E qui inizia l’odissea del bagno, sì della toilette. Un palazzo del ‘500 non ha un numero di bagni sufficiente per tutti: al piano ove si svolgeva la cena c’erano tre bagni. Il primo, inagibile per gli ospiti, era occupato da Fanfani e dalla sua terribile moglie; il secondo era proprio dietro al nugolo di marines che accudivano il centralino di cui ho parlato; rimaneva il terzo, un po’ nascosto, proprio a fianco della stanza dove mi trovavo io.
Gli ospiti avevano una certa età e quando si ha una certa età il ricorso al bagno è piuttosto frequente e visto che l’unico bagno disponile non era proprio in vista, immagino che gli augusti ospiti si scambiassero le necessarie indicazioni per arrivarci. Dalla mia postazione sentivo infatti un discreto viavai fino a che “il telegrafo sena fili” commise un errore. Vedo aprire la porta della stanza nella quale mi trovavo e comparire nienteopodimenoche Ronald Reagan con la mano già sulla patta dei pantaloni a significare l’urgenza della bisogna. Aveva sbagliato porta pensando che quella ove mi trovavo era proprio il bagno. Ci fu un attimo di sorpresa: ci guardammo, ricordo la maschera di cerone del Presidente USA che quella di Berlusconi era da dilettante, ma subito la scena cambiò. I due giganteschi agenti del Secret Service si accorsero che la stanza non era vuota, scostarono Reagan bruscamente, mi si pararono davanti con le armi puntate. Altro momento di sorpresa. Lo sguardo, meglio delle parole, chiarì l’equivoco “Oh, Mr. President, you’re looking for the lavatory, aren’t you? You follow me please, I’ll show you!”. Nell’attesa che Reagan espletasse Ie sue necessità feci amicizia con i due giganteschi marine che mi fecero i complimenti per la location.
I NOCS
La cena volgeva al termine, ma dalla sicurezza giunse l’ordine di ritardare perché c’erano movimenti sospetti sui tetti prospicienti. Ma c’era anche il personale della Prefettura che doveva rientrare a casa, passando la laguna e non avevano di certo il motoscafo a disposizione. Si era fatta anche una certa ora e per dar loro conforto cerco un orario di traghetti ed autobus che, mi dicono, si trovava in una stanza al piano inferiore. Scendo una scalinata, entro nella stanza e, siccome ara buio, accendo la luce. Un urlo belluino precedette la visione di un NOCS (Nucleo operativo centrale di sicurezza) che, in piedi, tuta nera e mephisto di ordinanza puntava il fucile a cannocchiale attraverso la finestra aperta verso l’esterno: gli avevamo rovinato l’appostamento e la mimetizzazione. Fortunatamente i “movimenti sospetti” si rivelarono innocenti veneziani che, incuriositi dall’evento, cercavano di sbirciare l’interno della Prefettura con i suoi augusti ospiti.
E Nakasone?
Come Dio volle la stressante cena finì. Noi superstiti, stanchi, affamati (non avevamo mangiato nulla) cercavamo gli avanzi; qualcuno, stravaccato su di una poltrona, fumava la sua agognata sigaretta, prima vietata. Anche io ero seduto su un puff addentando un tramezzino quando una gentile mano guantata di bianco mi fece toc toc sulla spalla. Mi giro e un compunto giapponese, in perfetto italiano mi disse “Mr. Nakasone vorrebbe sapere se può andar via e se il suo motoscafo è pronto”. Ce lo eravamo dimenticato! Certe volte mi sorprendo: faccio un rapido calcolo: Sì, Nakasone è l’ultimo dei sette Grandi ad andare via, così come l’onnipotente Protocollo aveva deciso; i motoscafi si accostavano alla banchina nello stesso ordine; quindi – se il diavolo non ci aveva messo ancora una volta lo zampino – il motoscafo di Nakasone era giù a dondolarsi in laguna attraccato al molo. “Certo che Mr. Nakasone può andare via. Il suo motoscafo lo sta aspettando nel medesimo luogo in cui l’ha lasciato. Ora l’accompagno”. Superando gli innumerevoli ringraziamenti a mani giunte tipici dei nipponici mi dirigo verso Nakasone, lo invito a scendere, con la sua scorta e i suoi sherpa per lo scalone e mi precipito, per una scaletta di servizio a controllare che tutto fosse a posto. Mi ritrovo con Nakasone come se nulla fosse al bordo del motoscafo, lo aiuto a salire e lo saluto affettuosamente. Era veramente finita.
I fogli dei posti a tavola
Dovete sapere che una cosa complicata è stabilire i posti a tavola: Di solito si parte dal Padrone di casa e poi, alternativamente a destra e a sinistra, vengono posti i commensali secondo l’ordine alfabetico internazionale dei Paesi che rappresentano. Ma stavolta il pranzo del giorno dopo era un po’ più complicato e l’ordine a tavola subiva qualche eccezione secondo gli affari bilaterali da discutere.
La posizione al tavolo per la colazione di lavoro che si sarebbe dovuta svolgere all’isola di San Giorgio alla Fondazione Cini fu stabilita dagli sherpa durante la cena in Prefettura della sera prima.
Noi eravamo tranquilli: la colazione di lavoro all’isola di San Giorgio era sotto l’egida del Cerimoniale Diplomatico degli Esteri e a noi sarebbe toccata una giornata di riposo, salvo imbarcare Fanfani che alloggiava in Prefettura e accontentare la terribile moglie che ne aveva sempre una.
Ma……qualcosa andò storto. Telefonata concitata: all’isola di San Giorgio non riuscivano a trovare il foglio dei posti a tavola. Era rimasta una copia in Prefettura? Da portare velocemente all’isola che la colazione stava per iniziare. La copia c’era. La prendo, faccio un cenno ad un motoscafista e mi ritrovo, in barba a tutti i limiti di velocità lagunari, in una corsa sfrenata nel bacino di San Marco sollevando nuvole d’acqua con il mezzo nautico. Arrivo al pontile di San Giorgio, salto giù, corro dentro la Fondazione Cini verso la sala da pranzo quando una montagna mi si abbatte sulle spalle. Prima che tutto diventi nero faccio a tempo a consegnare il prezioso foglietto ad un funzionario degli Esteri e vedere la faccia rubiconda di una delle guardie del corpo di Reagan che mi aveva salutato con una pacca sulle spalle usando quell’arma impropria della sua mano.
Mi riprendo insegnando alla squadra del secret service come si fa un vero spritz alla veneziana.
Il ritorno in motoscafo in prefettura fu dedicato a sincronizzare le onde della laguna con l’ondeggiamento dovuto alla leggera sbronza.
Cossiga, il rovinapiani.
Finalmente arriva l’ultimo giorno. E, nell’ultimo giorno è tradizione che il Capo dello Stato offra un pranzo agli ospiti stranieri che si sarebbe svolto in un Grande albergo sul Canal Grande. Alle dieci, il Presidente Francesco Cossiga si presentò in Prefettura dove lo attendevano il Presidente del Consiglio dei Ministri Fanfani ed il ministro degli esteri Andreotti. I tre motoscafi per le tre personalità erano già pronti attraccati alla banchina della Prefettura. Ma Cossiga, al solito, aveva altri piani. Entrò nella sala dove lo attendevano Andreotti e Fanfani sventolando i quotidiani del giorno che titolavano sulle proteste dei veneziani stufi di vivere in una città blindata dalle forze dell’ordine italiane e straniere. Con il suo simpatico accento sardo, arringò i presenti: “Basta, non si può continuare così, i veneziani hanno ragione, non ci sono pericoli imminenti, diamo un esempio ché fra poco ci sono le elezioni. Sono solo 200 metri, è una bella giornata di sole, ANDIAMO A PIEDI!!!”; prese sottobraccio Fanfani ed Andreotti e si diresse, spedito, verso le scale.
Altro che “Houston, abbiamo un problema!”: Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Ministro degli esteri soli per le affollate calli di Venezia senza protezione, visto che quell’itinerario non era contemplato!!! Allarme Rosso!!!!
La solita ripida scaletta di servizio mi fece guadagnare metri preziosi rispetto l’augusta discesa per lo scalone d’onore preso dal trio.
Arrivati trafelato alla prima pattuglia, mi qualificai e li pregai di diffondere via radio la notizia del passaggio dalla prefettura al grande albergo del trio di Stato e di “proteggerli”. Fortunatamente il tragitto era molto breve e la sorpresa dei veneziani fece il resto. Il Trio VIP arrivò sano e salvo al Grande Albergo.
Epilogo
Tutto sommato il Vertice andò molto bene, lontanissimo dai fattacci di Genova e dalle contestazioni in altri Stati, non ci furono incidenti, salvo una barca di Mario Capanna che voleva tenere un comizio elettorale nell’isola di San Giorgio e alcune lamentele dei poliziotti e carabinieri che si lamentavano per il ritardo del cambio turno.
Anche se giovane, imparai molto e feci molto e soprattutto….. mi divertii parecchio.
Un Insegnamento? Mai fidarsi a lasciare un incombenza ad altri: chi fa da se fa per tre.
Il ministro della #Giustizia #Nordio ha oggi presentato le linee guida del suo Dicastero: separazione delle carriere, forte riduzione delle intercettazioni, abolizione dell’obbligatorietà dell’ azione penale. L’obbligatorietà dell’azione penale è uno dei capisaldi del nostro sistema giudiziario E’ ovvio, come dice Nordio, che se le “pratiche” sono 20 milioni e i magistrati 18.000, molti reati andranno in prescrizione, col pericolo, dice sempre Nordio, che qualche pratica di qualche “amico” venga messa sotto la pila. Basterebbe assumere più magistrati e cancellieri.
Ma Nordio dimentica (?) di dire una cosa molto importante (chissà perché questa gente dice le cose solo a metà). E’ vero che l‘obbligatorietà dell’azione penale , per esempio, in USA non esiste,ma ha un forte contrappeso. Se le confessioni di un criminale “pentito” possono arrecare maggiore giovamento al sistema sociale, il Procuratore può astenersi dall’esercitare l’azione penale. Insomma, un bilanciamento di interessi, che nelle parole di Nordio non si è proprio sentito.
Separazione delle carriere. In buona sostanza chi fa il giudice non potrà mai fare il pubblico ministero. Sembra una riforma neutra. Lo è almeno per i giudici, non altrettanto per i pubblici ministeri (o procuratori). Per questa ultima categoria il vertice non sarà più la legge come sancito dall’articolo 101 della Costituzione, bensì il ministro della Giustizia che forte della citata non obbligatorietà dell’azione penale, potrà indirizzare politicamente l’azione della magistratura.
Intercettazioni. Sono sempre state uno strumento dibattuto per la loro certa pervasività nella vita privata anche di soggetti innocenti e non indagati, ma ad ascoltare i magistrati, sono uno strumento insostituibile, sono come una rete in cui si impigliano i criminali. Significa rinunciare ad un efficace mezzo di contrasto alla malavita, specialmente unito alla non obbligatorietà dell’azione penale che toglie di mezzo le “inchieste scomode”.
Ma non è solo questo. Per ogni mezzo di indagine c’è il modus in rebus, ossia non esiste solo il bianco o il nero; è possibile trovare una giusta contemperazione di interessi, Solo che è difficile e, soprattutto, non adatta al sentore politico di questo governo.
E’ quindi molto più facile trovare una piccola magagna nel sistema attuale e, con la scusa di renderlo migliore, stravolgerlo adattandolo al mutato scenario politico che ha già prodotto mostri come il Decreto legge cd. Antirave (dove il rave non è nominato e le pene sono estremamente alte), l’innalzamento dell’uso del contante a beneficio dei riciclatori e operatori al nero, la possibilità di evitare il POS per transazioni superiori a 60 auro (l’80% delle transazioni in negozio), incidenti diplomatici con la Francia per 234 migranti a fronte delle decine di migliaia che sbarcano indisturbati in Italia.
Non mi illudevo su questo Governo, ma non pensavo che fosse di così basso livello
Con l’appellativo di Maschio Alfa si designa, in ogni comunità, che sia animale o umana, il maschio dominante, il leader, il capobranco. Tutti devono stare ai suoi ordini, lui comanda e gli altri obbediscono. Negli animali la cosa è più marcata. [Per migliorare la razza] tutte le femmine tendono ad accoppiarsi con il Maschio Alfa che diventa, così, il padre di tutta la comunità.
Senza arrivare a questi casi limite il modello si riproduce anche fra gli umani che declinano l’appellativo anche in altri modi come “pesce pilota” o, ultimamente, “influencer”. Insomma, negli umani, il Maschio Alfa, uomo o donna che sia, detta la linea, è sempre sotto i riflettori, ogni sua mossa è vista al microscopio, attira fortemente [e sessualmente] le componenti del gruppo di genere complementare, in breve, è il capo riconosciuto.
Ma…. Ma ci sono risvolti più che negativi. Nei gruppi animali, come in quelli umani, il Maschio Alfa è continuamente soggetto alle sfide di altri aspiranti Alfa che ne vogliono prendere il posto. E, per mantenere l’ascendente, non può rifiutare la sfida. E dai oggi e dai domani, dopo un po’ perde e un altro Maschio Alfa si insedia. Negli animali è un fatto solo fisico, negli umani entrano sentimenti come l’invidia, le campagne di fango, gli interessi di chi punta sul ricambio. Sia fra gli animali sia fra gli umani i Maschi Alfa devono perdere tempo e denaro per curare il loro aspetto esteriore.
Negli animali il Maschio Alfa ha anche la funzione di difesa avanzata del branco: a lui tocca sia battersi contro nemici esterni sia contro altri Maschi Alfa che vogliono sottomettere il branco.
Al Maschio Alfa tocca anche condurre il branco fuori dai pericoli, che siano carestia, siccità, eventi atmosferici. Negli umani, nei momenti di crisi, ai maschi Alfa è imputato ogni genere di colpa è di responsabilità. Insomma non è facile né comodo essere un maschio Alfa.
La scienza, gli etologi, stanno ora puntando l’obiettivo sul Maschio Omega, ossia chi, nel branco, non manifesta alcuna intenzione di prendere il posto del Maschio Alfa. Posizione comoda: usufruisce dei vantaggi della protezione del Maschio Alfa di cui gode una certa benevolenza perché “giudicato inoffensivo”, consola tutti gli esemplari di genere complementare rifiutati dal Maschio Alfa, non ha l’ansia del dovere perché nessuno si aspetta qualcosa da lui, non è mai sotto i riflettori. Vita grama? Macchè? Ha tempo per pensare, per elaborare strategie, per migliorare il suo pensiero e quello del gruppo, riuscendo spesso a migliorare lo status della collettività. È un po’ come la differenza fra i soldato eroi al fronte che si coprono di medaglie, ma, spesso, muoiono e di cui sopravvive la memoria nei libri e sulle targhe stradali e gli oscuri strateghi, di cui nessuno conosce il nome, ma che riescono, manovrando le truppe, a vincere non la singola battaglia, ma la guerra. Ecco, ritengo che la figura del Maschio Alfa sia come il bersaglio che serve ad attirare gli strali lasciando più liberi e sereni i Maschi Omega di pensare per il bene comune.
Poveri Maschi Alfa, io, Maschio Omega, non li invidio proprio.