Archivi per il mese di: agosto, 2019

Devo ammettere che sono abbastanza sconcertato. Che l’Europa potesse interferire con le faccende interne nazionali è risaputo. Che l’Europa non amasse molto Salvini è noto. Non lo ama, non perché “sovranista” o uso a “chiudere i porti”. L’Europa non ama Salvini perché portatore di turbolenze e di disparità fra dichiarazioni e azioni: mai ha detto “usciamo dall’Europa”, ma sempre ha sostenuto di andare a Bruxelles (invero quasi mai) a “battere i pugni su tavolo”. Mai Salvini detto di voler uscire dall’Euro, ma ha sempre detto di voler usare una politica in deficit, molto molto contraria ai patti sull’Euro sottoscritti dal nostro Paese. Insomma, il succo di Salvini sull’Europa è: Noi stiamo bene in Europa purché l’Europa giochi con le nostre regole, forse dimenticando che gli attori europei son 27 + Commissione + Consiglio + Parlamento.

VI ricordate la manovra dello scorso anno? Sforeremo al 2,4%!!!!! Dicevano, poi, con la coda fra le gambe scesero al 2,04%. E la procedura di infrazione? “minaccino quanto vogliono, noi la manovra correttiva on la faremo mai!!!” . Poi la fecero.

E questo “stress” all’Europa, e ai mercati non sta bene. La prima regola per i mercati è la stabilità. Possono accettare un fatto dirompente come la Brexit purché condotta con le modalità annunciate fino alla fine. E, fin ora queste modalità sono state quelle imposte dalla Unione europea.

Anche le giravolte sull’immigrazione: prima approvi, il 28 giugno 2018, le conclusioni del Consiglio europeo in cui vien detto chiaramente che i singoli Stati membri possono accedere a prendersi i migranti sbarcati in Italia solo in regime di volontarietà e che il Regolamento di Dublino verrà modificato solo “per consenso” ossia all’unanimità e poi fai la voce grossa contro i partner europei che non si prendono i migranti e non modificano Dublino.

Insomma, ci vuol poco a capire che le cancellerie europee, la Commissione  il Parlamento abbiano fatto il tifo pe rl’uscita di scena di Salvini, considerano non un fascista, non un antidemocratico, ma un frte perturbatore  della scena comunitaria.

Però… però non immaginavo una festa e un tripudio cos’ grande per l’ancora “annunciata” nascita di un Governo “Conte-bis” ancora tutto da fare e che si annuncia un po’ come un “pastrocchio” con un Segretario PD che non lo voleva e che voleva le elezioni, con un senatore dello stesso partito, Renzi, che, il 20 agosto, subito prima dell’annuncio delle dimissione del Conte 1, tende la mano agli odiati “cinquestelle” in nome del comune interesse di non andare al voto per mantenere la poltrona, fortemente minacciata da una consultazione popolare. Con lo stesso segretario PD, trascinato al nuovo Governo, che, in nome di una discontinuità, chiedeva che cambiasse almeno il Presidente del Consiglio. Nulla: da Trump all’Unione europea, allo stesso PD, conte veniva imposto di nuovo.

Anche dall’altra parte le cose non sono molto limpide. Il Capo politico dei Cinquestelle, dopo aver affermato che non rinnega alcunché dell’azione del precedente Governo (sic!) vuole rimanere come vice premier, come ministro di peso e mantenere la sua squadra. Meno male che l’hanno zittito, sennò avrebbe preteso anche Viale dei Giardini, piazza della Vittoria e l’invio di cinque armate (pentastellate?) dall’Alaska alla Kamciacta. Poi ha preteso che alla fine, dopo il giuramento da Mattarella, tutta la squadra dei ministri venga sottoposta al giudizio della fantomatica “Piattaforma Russeau”, moderna sibilla che risponde, docile come un cagnolino, confermando il quesito posto dai capi.

Il povero Conte, accontentato il figlio che voleva un telefonino nuovo, sta ora impazzendo per  trovare la quadratura del cerchio e nulla si sa con precisione del programma.

Eppure…. Eppure, qualcosa è accaduto: il sovranista Trump elogia Conte, il commissario Ue uscente al bilancio Gunther Oettinger, notorio “falco” della stabilità e della austerità, elogia il nascente Governo e, udite udite, che Bruxelles “”è pronta a fare qualsiasi cosa per facilitare il lavoro del governo italiano quando entrerà in carica e per ricompensarlo”, ha aggiunto, affermando che “ci sarà più spazio per una politica sociale, anche se i socialdemocratici sanno bene che il debito illimitato nell’eurozona è un danno per tutti”. Per ricompensarlo, capite?

Queste sono persone e le persone, si sa, esprimono giudizi di convenienza, come le agenzie di rating (Fitch, Moody’s, Standard e Poor..).

Ma anche i mercati, i cui indici non sono fatti da persone, ma da fredde medie sule quantità di titoli scambiati, dati quindi oggettivi, festeggiano: oggi lo spread è a 167, quota che non si vedeva dal Governo Gentiloni e anche la borsa festeggia. L’asta dei Btp ha reso agli investitori solo l’1% contro il 3% al quale eravamo abituati: le casse del tesoro respirano.

Non capisco questo sbilanciamento su un progetto di governo che, forse, non è ancora nemmeno un progetto.

Ma capita a volte di trovare un tesoro in mezzo alla strada. Non mi faccio domande perché so che, se questo tripudio, e il nascente Governo, dura fino a Natale avremo:

  1. una manovra più semplice, senza attriti con Bruxelles,
  2. più soldi per gli investimenti
  3. Una deroga dagli impegni sul finanziamento in deficit

Insomma, più soldini che, se spesi bene, potrebbero rilanciare la nostra asfittica economia.

Non mi sembra poco e, date le premesse, ancora non mi sembra vero.

Post scriptum delle 18.20 che conferma la necessità di stabilità e di coerenza che hanno l’Europa e i mercati: dopo le esternazioni dei Di Maio che raddoppia i suoi “punti ineludibili” del programma e minaccia la possibile mannaia del voto sulla piattaforma Russeau, lo spread balza su di dieci punti e la borsa brucia tutti i guadagni accumulati.

Per favore, toglietelo di mezzo!

Ma, alle 20.50 una agenzia AdnKronos riporta l’irritazione di Conte per le esternazioni di Di Maio. Insomma sculaccia il bambino che vuol prendersi il pallone e giocare solo con le sue regole..

Conte dopo essersi affrancato da Salvini cerca di affrancarsi anche da Di Maio?

Speriamo….

Vuoi vedere che è lui l’uomo della provvidenza?

A Roma, oltre al più famoso Colosseo, il monumento più visitato al mondo, c’è un altro Colosseo, detto il Colosseo quadrato. È il palazzo della civiltà del lavoro, stupendo nelle sue linee semplici. Una armonia di rette e curve.

Sì, il Camino di Santiago chiama. Sono iniziati i preparativi.

Preparazione delle cose da portare (vediamo di stare sotto i 7 chili)

Scansione dei consigli dei peregrini sui vari gruppi FB dedicati al Cammino.

Approntamento di una una road map con i numeri telefonici di locande economiche in caso di pieno degli ostelli.

Ma la cosa più difficile è preparare io cervello ad un periodo lungo, in solitario, senza certezze se non quelle delle difficoltà. Ci avviciniamo al tramonto della vita: bisogna allenarsi.

Per un paio d’ore tappe farò il riassunto su WhatsApp, poi solo qui su https://sergioferraiolo.com

Uno dei punti chiave per la formazione del nuovo governo è l’approvazione o meno del disegno di legge costituzionale che riduce drasticamente il numero dei parlamentari.

Il disegno di legge attende solo l’ultima (la quarta) approvazione dall’Aula della Camera ove è calendarizzata per il 9 settembre.

Il Disegno di legge (n. 214 al Senato e n.1585 alla Camera) prevede (qui il testo) che il numero dei deputati scenda da 630 a 400 ed il numero dei senatori da 315 a 200.

La motivazione, posta dai presentatori, a base della proposta è la seguente: “Coerentemente con quanto previsto dal programma di governo, si intende pertanto riportare al centro del dibattito parlamentare il tema della riduzione del numero dei parlamentari, con il duplice obiettivo di aumentare l’efficienza e la produttività delle Camere e, al contempo, di razionalizzare la spesa pubblica. In tal modo, inoltre, l’Italia potrà allinearsi agli altri Paesi europei, che hanno un numero di parlamentari eletti molto più limitato.”

Quindi efficienza e riduzione della spesa, ma a scapito della funzione più importante, direi quasi sacra, della rappresentatività del popolo italiano.

Beh, io non sono per nulla d’accordo e vi spiego perché.

Riduzione della spesa: ben poca cosa. Si ridurrebbe solo la spesa per gli stipendi dei parlamentari, una goccia nel mare dei costi della politica. Non si ridurrebbero i costi delle strutture del Parlamento che rimarrebbero identiche. Pensate voi che si licenzierebbero funzionari, commessi  o si ridurrebbero gli Uffici solo perché sono diminuiti i parlamentari? Non penso proprio.

Efficienza: l’efficienza del Parlamento è bassa, lo sappiamo, ma la colpa non è certo nel numero dei parlamentari, bensì va ricercata nei regolamenti delle due Camere. Un esempio? Come sapete i disegni di legge vanno prima discussi delle Commissioni parlamentari competenti per materia e, poi, una volta approvate da queste Commissioni, affrontano di nuovo l’iter di approvazione in Aula con, ancora una volta, proposizione di emendamenti, discussione etc.

I lavori fra Aula e Commissioni non sono coordinati: capita spesso che le Commissioni (formate dagli stessi parlamentari che potrebbero o dovrebbero esser presenti in Aula) lavorino in contemporanea con l’Aula o che i lavori delle Commissioni debbano essere interrotti per il contemporaneo succedersi di votazioni in Aula. Sarebbe più facile organizzare il lavoro per sessioni. Ad esempio, nelle prime tre settimane del mese si riuniscono solo le Commissione, nell’ultima solo l’Aula. Il contrasto svanirebbe nel nulla.

Oppure, un’altra proposta semplice semplice per aumentare l’efficienza: il disegno di legge viene discusso ed approvato in Commissione di merito (ove, si presume, siedano parlamentari competenti nella materia trattata) e l’Aula sarà chiamata solo ad approvarla o a bocciarla senza iniziare di nuovo il percorso di merito.

Quindi non è il numero dei parlamentari ad intralciare il lavoro, bensì i regolamenti delle Camere.

Anche il confronto, tanto sbandierato, con gli altri Paesi europei non dà cifre molto dissimili: In virtù della Costituzione attuale, in Italia abbiamo 945 parlamentari, di cui 630 deputati e 315 senatori. A questi, in realtà, vanno aggiunti i senatori a vita (al massimo 5) e i senatori di diritto a vita, cioè i presidenti emeriti della Repubblica e quelli nominati dal Presidente della Repubblica. Ciò significa che, senza includere nel calcolo i senatori a vita, nel nostro Paese abbiamo 1,6 membri del Parlamento per ogni 100mila abitanti.

In Francia per ogni 100mila abitanti ci sono 1,4 parlamentari, in Germania 0,9, in Spagna 1,3 e in Polonia 1,4. In numeri assoluti, a fronte dei nostri 945 parlamentari, il Parlamento tedesco contempla 699 membri e quello francese 925.

Cifre, quindi, simili. Anche se bisogna considerare che la Germania è uno Stato federale ed ogni Land ha già il suo Parlamento. Discorso analogo per un altro esempio preso a modello da chi vuole ridurre i Parlamentari: gli USA. Negli Stati Uniti d’America, il Senato è composto da 200 membri e la Camera dei rappresentanti da un massimo di 435 membri. Anche gli Stati uniti sono uno stato federale con i suoi propri organi di governo e le due Camere sono chiamate ad esprimersi solo su limitati argomenti.

La nota negativa, troppo negativa, che la riduzione del numero dei parlamentari pone è la drastica caduta di rappresentatività del Parlamento. E la rappresentatività de popolo italiano è la massima funzione del Parlamento sancita dall’art.1 della Costituzione: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” Ossia tramite il Parlamento.

Ed il Parlamento DEVE essere il più rappresentativo possibile. In Italia, gli elettori per la Camera, alle ultime politiche erano 46.505.350.  Quindi un deputato alla Camera ogni 73.818 elettori. Sempre alle ultime politiche de 2018, gli elettori per il Senato (età maggiore di 25 anni) erano 42.780.033, quindi un senatore ogni 135.809 elettori.

Ora, in un Paese che si rispetti, il candidato deve raccogliere, con l’aiuto del suo partito, il consenso del maggior numero di elettori, per cui, prima di tutto, deve farsi conoscere dal maggior numero possibile di persone.

Se la riforma proposta andasse in porto ci sarebbe un deputato ogni 116.263 elettori ed un senatore ogni 213.900 elettori.

Il mio ragionamento sarà pure una grande semplificazione, perché esistono le circoscrizioni, i collegi etc., ma il risultato ed il senso del ragionamento non cambia. Pensate voi sia più facile per un candidato alla Camera farsi conoscere da 73.818 elettori o da 116.263 elettori?

E’ chiaro che, per il singolo candidato, l’impresa si fa molto più difficile ed aumenta a dismisura il ruolo del Partito che, con la sua organizzazione sul territorio, può facilmente supportare un candidato piuttosto che un altro. E’ poi facilissimo da comprendere che questa riforma sbarra la strada a qualsiasi candidato indipendente.

Se, poi, come purtroppo succede ora, le liste sono bloccate, senza voto di preferenza, ben si comprende come, riducendo il numero dei parlamentari non si persegue il disegno di razionalizzarne il lavoro e di ridurre le spese, bensì di aumentare a dismisura il ruolo e l’importanza dei partiti politici.

Questo è il vero effetto della riforma proposta dal cosiddetto Governo del Cambiamento: aumentare a dismisura il potere dei partiti sugli eletti, candidando e supportando solo quelli fedeli alla oligarchia dei segretari di partito.

Perdonatemi, ma io non ridurrei il numero dei parlamentari ed otterrei gli stessi risultati con una profonda revisione (a costo zero) dei regolamenti di Camera e Senato.

Ai partiti non la dò vinta.

Vediamo di capirci qualcosa e di capire se questa crisi di governo ha in senso o ancora non ce l’ha.
A dire il vero non è neppure una crisi di governo perché il Governo di Giuseppe Conte, bicolore fra Cinquestelle e Lega è nella pienezza dei poteri.
Oltre i litigi di Facebook e Twitter c’è solo una presentazione, da parte della Lega, di una mozione di sfiducia verso “il Governo presieduto dal prof. Giuseppe Conte”.
Richiesta un po’ tafazziana in quanto, visto che la Lega è parte del governo, diretta anche contro il partito presentatore della mozione di sfiducia.
Mozione che, comunque, non appare nelle convocazioni di Camera e Senato.
Il Senato è convocato martedì 20 agosto alle ore 15.00 per “Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri”.
La Camera dei deputati è convocata mercoledì 21 agosto alle ore 11.00 per “Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla situazione politica”.
Cosa comunicherà Conte martedì o mercoledì?
Probabilmente la sua intenzione di salire al Colle per dimettersi.
Solo in tal caso potrà parlarsi di crisi di Governo.
Se la intesterà Conte, visto che, almeno formalmente, la mozione di sfiducia non verrà neppure discussa.
Nel caso di dimissioni formali la parola passa a Mattarella che ha tre opzioni:
1) Rinviare Conte al Parlamento per fare votare la fiducia o la sfiducia al Governo. Ma non penso che questa sia la scelta perché potrebbe verificarsi la ipotesi che parte della vecchia maggioranza (Lega) voti la sfiducia e parte della vecchia opposizione sia costretta a votarla per poi governare insieme (PD).
2) Accogliere le dimissioni e sciogliere le Camere
3) Accettare le dimissioni e esplorare la situazione dando mandato a Mr.X di esplorare la situazione per vedere se esiste, in questa legislatura, una maggioranza in grado di dare la fiducia ad un Governo.

Questa è la ipotesi più probabile, ammesso che in questo guazzabuglio sia ancora possibile formulare una previsione.
Se Mattarella persegue questa scelta Mr. X potrà ottenere la fiducia e governare o non ottenerla ed allora le nuove elezioni saranno la strada obbligata.
In tal caso sarà Mr.X a gestire le elezioni e lo scioglimento delle Camere travolgerà anche la legge costituzionale di riduzione dei Parlamentari cara ai Cinquestelle che è calendarizzata alla Camera per il 9 settembre.
I Cinquestelle hanno ripetutamente affermato che intendono anticiparne la discussione al 21 agosto.
Sarà possibile?
Molto difficile se Conte martedì si dimette. Di solito, appena formalizzate le dimissioni le Camere vengono sconvocate e riconvocate solo per atti urgenti come approvazione dei decreti legge.
Nessun problema alla approvazione della legge tagliaparlamentari, invece, se domani Conte non si dimette.
Già, ma se non si dimette, che succede? Se si limita a stigmatizzare i problemi sorti con la Lega? La Lega ritirerebbe la mozione di sfiducia e il teatrino proseguirebbe come prima, con grande scorno di quella parte del PD che sostiene l’accordo con i grillini.
Insomma, quasi sicuramente la mozione di sfiducia che ha dato origine a questa “pre-crisi” non verrà discussa nè votata.
Ma come si mette con la probabile vera crisi di governo, un governo PD-Cinquestelle e la proposta di legge tagliaparlamentari?
Se Conte domani si dimette, i Cinquestelle senz’altro vorranno anticipare la discussione della proposta. C’è bisogno di una riunione dei Capigruppo per variare il calendario e la Capigruppo decide all’unanimità. Quali sono gli schieramenti? I numeri dei partiti alla Camera li trovate in un post di qualche  fa.
Non è facile, purtroppo, prevedere – con governo dimissionario ma in carica per gli affari correnti e una possibile nuova maggioranza – come si comporteranno i deputati chiamati a votare una legge che limita di molto le possibilità di rielezione.
Secondo me lo spettacolo non è finito.

Oggi Salvini, dopo che ieri sera a Pescara aveva invocato dal suo popolo “i pieni poteri”, ha presentato al Senato una mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Già è strano che un membro del Governo presenti una mozione di sfiducia al proprio Presidente (che, se approvata, travolge tutto il Governo quindi, masochisticamente, anche sé stesso), ma lo scopo qual è?

Probabilmente, visto che Conte non intende dimettersi senza “parlamentizzare” la crisi, ossia senza un ritiro esplicito della fiducia che il Parlamento gli diede il 5 e 6 giugno 2018, Salvini intende impegnare il Parlamento a tale revoca.

Quasi sicuramente ci riuscirà, visto che, sommando i voti dei suoi senatori con quelli dell’opposizione che ha sempre chiesto le dimissioni del Governo, i numeri ce li ha.

Ma questo lo leggete sui giornali.

Vorrei solo attirare la vostra attenzione su alcuni aspetti fin ora trascurati.

Le c.d. opposizioni fin ora hanno sempre votato contro il Governo, non contro Conte. In particolare il PD (51 senatori) e alcuni del Misto (15 senatori) a Questi numeri bisogna ovviamente aggiungere i 107 senatori del Movimento Cinquestelle.

Giuseppe Conte ha un alto grado di popolarità e fiducia, (58%) ben superiore a quello del più strutturato Salvini (54%) e del più sprovveduto Di Maio (34%). Insomma, il Carneade Conte, pian piano, si è conquistato un posto rilevante, oserei dire bipartisan, nella fiducia degli italiani.

Un altro fatto da considerare è la comprensibile voglia dei parlamentari di non andare a casa. Con la previsione di una mezza rivoluzione, solo i parlamentari leghisti sarebbero abbastanza sicuri di una loro rielezione. Non penso proprio che i senatori voteranno a cuor leggero una sfiducia che aprirebbe le porte alle elezioni e al loro addio al Parlamento.

Bisogna considerare anche la situazione di due ex-grandi partiti, il PD e Forza Italia che, ad onta delle bellicose dichiarazioni dei leader, certo non sono pronti ad una campagna elettorale, dilaniati l’uno da una scissione in fieri, l’altro da una scissione conclamata: per ambedue i partiti le elezioni anticipate saranno un tragico appuntamento.

Berlusconi è poi così sicuro che Salvini lo vorrà come partner di Governo?

Che dire dei Cinquestelle? Sanno perfettamente che un passaggio elettorale sarà un taglio pesantissimo alla loro compagine parlamentare.

Analogo discorso si può fare per le schegge della sinistra che i sondaggi condannano senza appello ad un risultato inferiore alla soglia di sbarramento.

Salvini comincia a fare paura con le sue dichiarazioni razziste e fomentatrici d’odio, per i suoi comportamenti che ricordano ormai troppo da vicino quelli di un leader della prima metà del secolo scorso, per i suoi programmi anti europei e anti euro, per i suoi “supposti” amici di Visegrad. Dico supposti perché mai gli hanno dato una mano.

Beh, avrete capito dove voglio andare a parare: visto che il Governo giallo verde non c’è più, potrebbe essere possibile una “santa alleanza” contro Salvini. I numeri ci sarebbero.

Risultato: un Conte-bis, sostenuto dai volenterosi che avrebbe una vita molto lunga, visto che se il 9 settembre viene approvata definitivamente la legge costituzionale sul taglio dei parlamentari (clicca qui per saperne di più) di elezioni, complice il possibile referendum confermativo, prima del 20 agosto 2020, non se ne potrà parlare e, fino ad allora….. è come buttare il pallone in tribuna.

Qui sotto i numeri dei gruppi parlamentari di Senato e Camera: divertitevi a fare un po’ di conti.

Ah, intanto lo Spread vola: alle 12.30 del 9 agosto è balzato a 238 punti, 25 in più di ieri sera e stasera attendiamo il giudizio dell’agenzia di rating FITCH. La  Borsa è a -2,38%

Senato
Camera

Si fa un gran parlare, in questi giorni di possibile rottura fra gli alleati del Governo che – fra le possibili conseguenze – potrebbe portare ad elezioni anticipate.

Non è così.

Questa legislatura durerà a lungo ma non per calcoli politici degli alleati (per ora) di Governo, né per eventuali governi tecnici.

Durerà molto perché non sarà possibile sciogliere le Camere. No, non sarà proprio possibile.

Perché? Perché a settembre sarà approvata la legge di riforma costituzionale di dimezzamento (o quasi) di deputati e senatori.

Il Disegno di legge A.S. 214 recante “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” (clicca qui per la scheda Senato), ora Atto Camera 1585-B (clicca qui per la scheda Camera) prevede la riduzione da 630 a 400 dei Deputati e da 315 a 200 dei Senatori.

Tralascio qui il merito della legge che – secondo me – consegnerebbe veramente il Parlamento in mano ai segretari di partito e sul quel ho scritto più volte (clicca qui e qui e qui e qui).

Vediamo le conseguenze tecniche. Il Disegno di legge in parola è un disegno di legge costituzionale che segue la procedura descritta nell’articolo 138 della Costituzione:

  1. “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione [cfr. art. 72 c.4].
  2. 2.       Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare [cfr. art. 87 c.6] quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata [cfr. artt. 73 c.1, 87 c.5 ], se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
  3. 3.       Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”

L’11 luglio 2019 il Senato ha approvato in seconda lettura il testo della legge ma non con la maggioranza di due terzi dei propri componenti come descritto nel terzo comma dell’articolo 138 della Costituzione sopracitato.

Quindi anche se la Camera dovesse (pare a settembre) approvare all’unanimità il Disegno di legge, potrebbe scattare quanto disposto dal secondo comma sempre dell’art. 138 della Costituzione.

Se un disegno di legge di revisione costituzionale non è approvato da ciascun ramo del parlamento con la maggioranza dei due terzi, esiste la possibilità di chiedere un referendum abrogativo.

Il Referendum può esser chiesto da Cinque consigli regionali, oppure, da 500.000 elettori oppure da un quinto dei membri di una Camera (ossia 126 deputati o 63 senatori).

Reputo altamente probabile che tale ipotesi si avveri: 500.000 firme son facili da trovare e un buon numero di parlamentari che sa di non poter contare su una rielezione farà di tutto per portare alle lunghe questa legislatura.

La richiesta di referendum bloccherebbe le elezioni anticipate: non perché ciò sia vietato, ma perché non si saprebbe quanti deputati o senatori eleggere.

I tempi sono dettati dalla legge 25 maggio 1970 n. 352,

L’articolo 3 di tale legge dispone che una legge di revisione costituzionale non approvata con la maggioranza dei due terzi non sia promulgata e non entri in vigore, ma:

  1. Qualora l’approvazione sia avvenuta con la maggioranza prevista dal primo comma dell’articolo 138 della Costituzione, il Ministro per la grazia e la giustizia deve provvedere alla immediata pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale con il titolo «Testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera», completato dalla data della sua approvazione finale da parte delle Camere e preceduto dall’avvertimento che, entro tre mesi, un quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o cinque consigli regionali possono domandare che si proceda al referendum popolare.
  2. La legge di cui al comma precedente è inserita nella Gazzetta Ufficiale a cura del Governo, distintamente dalle altre leggi, senza numero d’ordine e senza formula di promulgazione.

Quindi bisogna aspettare tre mesi per vedere se Regioni, cittadini o parlamentari, nelle dovute forme chiedano il referendum abrogativo.

Se viene chiesto, l’articolo 12 della legge 352/70 dispone che la Corte di Cassazione abbia 30 giorni per decidere se la richiesta sia conforme al disposto dell’art. 138 della Costituzione- Se verifica positivamente la richiesta, l’articolo 15 della legge dispone che il referendum è indetto con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza che lo abbia ammesso.

La data del referendum è fissata in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all’emanazione del decreto di indizione.

Ricapitoliamo i tempi.

Facciamo conto che la legge sia definitivamente approvata dalla Camera il 30 settembre 2019. Facciamo conto che la legge sia pubblicata, senza entrare in vigore, in attera di richiesta di referendum il 1° ottobre 2019, i 3 mesi terminano il 1° gennaio 2020. La Cassazione dovrà esprimersi entro il 1° febbraio 2020. Il presidente della Repubblica ha tempo per indire il referendum fino al 1° aprile 2019.

Il referendum si svolgerà fra il 20 maggio e il 10 giugno 2020.

Solo allora sapremo definitivamente quanti sono i Parlamentari della Repubblica.

Solo allora il presidente della Repubblica, se lo riterrà necessario, potrà sciogliere le Camere.

E qui detta legge l’articolo 61 della Costituzione:

  1. “Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni [cfr. art. 87 c. 3].
  2. Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti.”

Fin ora dallo scioglimento alle elezioni è sempre trascorso il massimo del tempo. Se sarà così anche stavolta, le elezioni delle nuove Camere (col numero attuale o ridotto di parlamentari) non potranno tenersi prima del 10 agosto 2020. Data improponibile.

Settembre? No, c’è la legge di bilancio.

Se ne riparlerà forse a primavera 2021.

Il Governo questo lo sa bene: per questo litiga, ma non rompe. Sa benissimo che, se dovesse andare in crisi, dietro l’angolo non ci sarebbero le elezioni anticipate, bensì più di un anno di “Governo tecnico”.

A meno che….. a settembre la legge di riforma costituzionale non venga, bocciata o archiviata per permettere lo scioglimento delle Camere prima della sua approvazione. Con lo scioglimento, il Disegno di legge di riduzione dei parlamentari decadrebbe e non se ne parlerebbe più. Molto meglio.

sergioferraiolo

Uno sguardo sul mondo

Short Cuts America: il blog di Arnaldo Testi

Politica e storia degli Stati Uniti

photohonua

constantly trying to capture reality

Nomfup

Only connect

B as Blonde

Fashion enthusiast,Music addicted,tireless Traveler,Arts lover

Steve McCurry Curated

Steve's body of work spans conflicts, vanishing cultures, ancient traditions and contemporary culture alike - yet always retains the human element.

Briciolanellatte Weblog

Navigare con attenzione, il Blog si sbriciola facilmente

Occhi da orientale

sono occhi d'ambra lucida tra palpebre di viole, sguardo limpido di aprile come quando esce il sole

ARTFreelance

Photo the day

simonaforte.wordpress.com/

Simona Forte photographer

Edoardo Gobattoni photographer

artistic photography

ALESSANDRA BARSOTTI - FOTOGRAFIE

L'essentiel est invisible pour les yeux

TIRIORDINO

Uno sguardo sul mondo

WordPress.com News

The latest news on WordPress.com and the WordPress community.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: