Archivi per il mese di: agosto, 2018

Tappa lunga quella fra Santoña e Guemes. Lunga per me vecchietto, quasi 64 anni di vita per nulla sportiva. Sulla guida son 24km. Bisogna partir presto.

Ma la lunghezza della tappa è una variabile. Mi convinco sempre più che il Cammino sia solito congiungere due tappe non con una linea che si avvicini ad una retta, bensì con un arabesco.
Nel b&b di Santoña avevo provato con Google map a sbirciare il percorso suggerito fino a Guemes. Beh, non ci crederete, per Google, se voglio andare da Santoña a Guemes, prendo una certa carretera (strada) e con 15/17km me la cavo.
Ovviamente scelgo di seguire le frecce gialle.
Alle 7 precise (è ancora buio) esco dal b&b con in corpo solo un caffè della macchinetta e due biscotti. Le luci cittadine rischiarano il cammino. Passo davanti al carcere, passo dietro la spiaggia vista piena di sole e di (pochi) bagnanti il giorno prima e arrivo alla base del monte (no, monte è troppo, chiamiamolo colle) Brusco. Qui frecce gialle a destra, verso la spiaggia, frecce gialle a sinistra verso la carretera. Quale via scegliere? Vedo davanti a me pellegrini che si consultano e vanno verso la carrettera. Che volete, io sono una pecora nera, non seguo il gregge. Avevo letto di una biforcazione per le biciclette (i bicigrini) in quel punto e, senza esitare, nella luce incerta dell’alba, prendo a destra verso la spiaggia.
Il sentiero scende in spiaggia, poi fa una strana conversione a U (con tanto di frecce gialle) e comincia a salire sul colle Brusco.
Non faccio in tempo a maledire la soffice sabbia che copre il sentiero che questo bruscamente (di nome e di fatto) prende a salire vertiginosamente…..stupore… ho sbagliato strada? Sollevo lo sguardo e vedo sulla parete rocciosa ben sopra di me una freccia gialla che tende al cielo.
Un po’ rincuorato ma anche un po’ spaventato dall’erta, mi spingo su. Il sentiero è quasi verticale. Appesantito dallo zaino mi devo aiutare con le mani.
Il sentiero sale, sale, sale e si stringe fra due pareti di piante, spesso rovi, che ti fanno passare a stento.
Salgo. Salgo. Ad un certo punto, la magia.
Arrivo su un punto esposto, stranamente senza vegetazione e…. voi umani non avete mai visto le cose… a destra il sole che sorge sulla spiaggia di Santoña, a sinistra la spiaggia di Noja che riceve i primi raggi di sole…
Immagini stupende. Fotografo a ripetizione. Ma la fotografia non rende la magia di quei posti a quell’ora con quel tempo.
Estasiato comincio la discesa anche essa molto ripida, spesso mi devo sedere e cercare appigli. Passato il punto più brutto, vedo un ciclista con la sua bici in spalla che inizia l’avventura in senso inverso. Lo sconsiglio caldamente. Tanto l’alba magica è passata. Noja è a due passi.
Degno di nota è l’incontro sul Cammino di due pellegrini spagnoli, padre e figlio, il padre, della mia età, era al suo ennesimo Cammino e procedeva di gran carriera.
Il figlio (30 anni?) arrancava .
Si fermano per mangiare. Io proseguo, voglio arrivare presto perché un tarlo mi rode nel cervello.
Incontro un pellegrino toscano. Iniziamo a chiacchierare. È al suo secondo cammino. Due anni fa era sul percorso francese e mi conferma quanto altri pellegrini hanno raccontato.
Secondo lui (e gli altri pellegrin
i) sul Cammino francese non c’è la corsa del leone e della gazzella per cui ogni mattina, prima che sorga il sole, il pellegrino deve alzarsi dal dormitorio dell’albergue per peregrinos e correre se vuol arrivare al successivo albergue per peregrinos prima degli altri pellegrini se vuol trovare un letto nel dormitorio comune.
Secondo lui (e gli altri) sul Cammino francese c’è più disponibilità di posti/letto e più distribuiti lungo il percorso. In più, mi dice, quasi ogni casa offre un posto letto, oltre al banchetto dove puoi acquistare “generi di conforto”.
Mentre parliamo, il tarlo si fa più forte e chiaro. Riprendo la guida e vedo che ho commesso un errore.

Mi ero ripromesso di non far più la corsa del leone e della gazzella e anche per lo arrivo a Guemes ho prenotato un b&b. Ma era mia intenzione far visita anche alla comunità lì creata da padre Ernesto Burstio che gestisce l’albergue per i pellegrini.
Ecco l’errore: la comunità non è a Guemes paese, ma sul colle vicino a quasi due chilometri di distanza.
Mah, arrivo presto al mio b&b, il tempo è buono, fin troppo caldo e la curiosità è tanta.
Doccia e, sotto il sole caliente, riparto e arrivo alla “Cabaña de l’abuelo Peuto” (la capanna di nonno Peuto). È un coloratissimo villaggio, interamente gestito da volontari, creato da padre Ernesto partendo dalla primitiva costruzione edificata da suo nonno (detto Peuto). Accoglie non solo i pellegrini del Cammino, ma chiunque voglia sostare.
Ci sono intere casette con letti a castello, spazi comuni, lavanderia, biblioteca, refettorio grande per la cena comune della sera. La ricettività supera i cento posti.
Non si paga. Chi vuole lascia quanto può.
Veramente un bel posto, pieno di ragazzi da ogni nazione. Allegro, pieno di vita.
Peccato, mi perderò il momento più coinvolgente, la cena comune, ma la stanchezza comincia a farsi sentire e tornare di notte mi fa un po’ paura.
Non si sa mai nella vita. Si può sempre tornare; come quest’anno che tornerò, dopo trentadue anni a Santillana del mar, il borgo medioevale vicino alle grotte di Altamira.

Spiaggia di Santoña all’alba

Spiaggia di Noja all’alba

Arrivo per caso a Santoña. Decido di fermarmi due notti, son stanco e vecchietto. Prenoto un b&b su Booking.com, alla cieca. Tanto sarà piccolissimo, mi dico.
Scopro una realtà strana, molto piacevole.
Santoña è un borgo peschereccio, fonda la sua economia sulla pesca delle alici e del tonno e della loro conservazione. In questo mi ricorda molto Cetara, vicinissimo a Salerno, da dove provengo.
Lì come qui, o qui come lì, l’odore delle alici e della loro salatura è immanente, fa parte del luogo.
E i “santoñesi” non sono per nulla presuntuosi, anzi. Sulla meravigliosa baia “piccola” c’è il Paseo dedicato ai “salatori italiani” . Nei primi anni del secolo scorso vennero qui molti siciliani e campani e misero su aziende conserviere insegnando ai santoñesi l’arte della conservazione delle alici, del tonno e della carne.
Molto pragmatici, i santoñesi poco hanno conservato del dimenticabile borgo antico. Oggi Santoña è un paese moderno che inizia a fare affari con il turismo. Non ci sono grandi alberghi come nella vicina Laredo (che sembra Rimini), bensì solo piccole strutture, locande e b&b.
La piazza Sant’Antonio, rettangolare, è il centro del paese. Il 90% dei negozi che si affaccia sulla piazze è costituito da bar/ristoranti e la sera è tutto un vociare allegro di gente che si concede il rito dello aperitivo. Aperitivo ricco, quasi cena, con tanti pintxos.
Peccato che il pesce serio (spigole, grigliata,etc) venga servito in poche strutture (due, monumentali, moderne e brutte sul porto) e….dopo le 21.30, troppo tardi per un pellegrino.
Due bellissime spiagge, una sulla laguna, una, dal lato opposto, larghissima e stupenda, poco affollate, libere, ma con parecchie docce messe dal comune. Spiagge dorate, pochissimo affollate, vista la recentissima propensione al turismo del paese.
Prezzi abbastanza bassi. Un posto per una tranquilla vacanza di mare.

 

Gentilezza.
In Spagna sono più avanti, quasi mi vergogno a dirlo, più civili.
Piccole cose, ma importanti. Se vedono che sei in procinto di attraversare, le auto si fermano, se vedono che stai puntando la fotocamera verso un monumento, si fermano finché non hai finito. Nei bar ti ringraziano sempre anche se hai preso solo un caffè e lo hai pagato con una banconota da 50 euro.
Sarà solo questa zona della Spagna? Non so, ma identica gentilezza e civiltà l’ho rinvenuta sia nei Paesi Baschi, sia in Cantabria.
I bambini, come tutti i bambini giocano a palla o a rincorrersi; quello che manca sono le urla delle mamme.
A proposito delle urla, una situazione che mi ha stupito parecchio. A Bilbao era Settimana Grande: per una intera settimana, la città si trasforma in un enorme ristorante all’aperto e, soprattutto, in una immensa birreria. I negozi, quelli non in ferie, aprono solo la mattina, tutta la popolazione (350mila abitanti) più le decine e decine di migliaia di turisti e abitanti della regione già dal primo pomeriggio si riversano in strada a passeggiare, chiacchierare e, soprattutto, a bere. Passano da un tendone ad un altro, ascoltando musica e canti, ballando e bevendo. Tutti con il proprio grande bicchiere di plastica legato al collo con una cordicella. Solo birra alla spina, quindi niente tappeto di vetro rotti. Nessun urlo, nessuno schiamazzo; certo non si sta in religioso silenzio, ma solo vociare e risate. La musica non è assordante, i gestori dei bar e ristoranti non urlano all’altoparlante per invitare i clienti magnificando l’attrazione proposta. E dire che, già dalle sette di sera, il tasso alcolico in vena è già parecchio alto.
Pulizia. Tutto è generalmente molto pulito. Sistema di raccolta della spazzatura in cassonetti, simili ai nostri. Mai visto sacchetti o residui alla base dei contenitori. La mattina presto, accanto ai runner, gli addetti alla nettezza urbana spazzano e innaffiano le strade ed i marciapiedi.
Prezzi. Generalmente un 10% più bassi che in Italia (e sono località turistiche). Al ristorante non ti rapinano. Il menù del día (fra i 12 e i 16 euro) è più che buono e sufficiente.
C’è tanta cura dei disabili. I paesi e le città non hanno praticamente barriere architettoniche. Mai visto un’auto parcheggiata sulle strisce (grandi parcheggi sotterranei), marciapiedi larghi e da dove si va dappertutto. Il risultato è che i disabili o le persone con ridotta mobilità come gli anziani scorrazzano sulle carrozzelle godendosi l’ estate come i normodotati. Non solo: in diversi paesi ho visto tante persone in carrozzella accudite e assistite da, non so esattamente, chiamiamoli così “servizi sociali”.
I marciapiedi e i luoghi di passeggiate, accanto a parchi attrezzati per bimbi, offrono gli attrezzi meccanici per il fitness. Mi sono avvicinato a guardarli. Dalla targhetta risultano messi lì da diversi anni: non uno rotto o vandalizzato.
Niente che, a prima vista, non va? Sì, i writers imbrattatori esistono anche qui, ma è una delle poche similitudini con l’ex Belpaese.

Mi domando solo una cosa. Certo, la mia analisi è condotta con metodi “spannometrici”, non posso assicurare che sia sempre tutto e come l’ho descitto, ma…..PERCHÉ ANCHE IN ITALIA NON È COSÌ?

Pioggia
24 agosto, pioggia.
Beh, ieri bel soggiorno in un lussuoso albergo palacio di Portugalete. Oggi piove e piove di brutto. A stento un caffè alle 7.30 nello albergo e si parte. Niente sentieri, una insulsa interpoderale con due alte ali di vegetazione ai lati che impedisce di vedere alcunché. Sempre sopra l’asfalto, sempre sotto la pioggia.
Stop ad Onton, 7 km dopo Pobena, ,16 km in tutto.
Ma ottima scelta l’albergo del pellegrino, “il tu Camino”, ottima per la figura del gestore, Giuseppe, vercellese trapiantato in questo primo lembo della Cantabria e da sua moglie. Gentilissimi. Accolgono con vero affetto i pellegrini bagnati che arrivano e li accompagnano uno per uno nella grande camerata con letti a castello. Per quelli che superano il numero dei letti, ci sono materassi per terra e addirittura escon fuori un paio di canadesi: “non si possono mandar via pellegrini con questo tempo” dice. Non lo fa certo per arricchirsi: 6 euro per dormire, 2 euro per la prima colazione. Pranzo e cena a donativo. Però i pellegrini apparecchiano e lavano i piatti.
Tutti ragazzi max 25/30 anni: tanti spagnoli, austriaci, tedeschi, australiani. Solo 2 italiani. Si intrecciano discorsi in varie lingue. Forse è anche questo il Cammino, il riposo in compagnia di persone che non hai mai visto, che non vedrai mai più, ma per una sera son quasi la tua famiglia.

Negli anni ’90 gli albanesi venivano da noi con i barconi.

Oggi mandiamo in Albania i profughi che arrivano qui…..

Bilbao è alla estremità di un fiordo.
Il Cammino di Santiago quasi la salta, passa subito sulla costa sinistra del fiordo, verso Barakaldo, Portugalete per dirigersi decisamente verso la costa cantabrica.
Ma ci hanno detto che la costa a sinistra del fiordo, verso Getxo è molto interessante e patrimonio dello UNESCO.
Quindi, dopo un altro giorno di riposo a Bilbao, con visita al Museo delle belle arti (peccato le mostre stabili siano chiuse per restauro locali), giro ancora intorno al Guggenheim e visita al nuovo Azkuna Zentroa di Philip Stark e nuovo assaggio serotino di fiesta con pintxos e birra, c’è una idea alternativa.
Metropolitana (stazione a fianco lo albergo) con la linea 1 fin quasi al capolinea a Larrabastera e poi a piedi per 13 km lungo la costa est del fiordo fino a Portugalete dove un albergo attenderà il pellegrino. Il giorno dopo ci si ricongiungerà al Cammino.
Niente male la metropolitana di Bilbao. 3 linee che in un tempo massimo di mezza ora congiungono il vertice inferiore del fiordo alle località sull’oceano aperto. Moderna, pulita, veloce, efficiente, esattamente come quella di Roma..
Da Laparestella, 4 chilometri ci dividono dal mare che non si lascerà più.
Dapprima un sentiero dal mare ci porta a mezza costa e un magnifico panorama ci accoglie.
Dopo tanti giorni in montagna con abeti, mucche paciose e pecore, ecco sua maestà l’oceano.
Dal sentiero ammiriamo le larghissime spiagge dove gruppi di surfisti aspettano l’onda giusta ma, almeno a quest’ora (sono le 9.30), non penso arriverà. Cielo e oceano sono entrambi bigi uniformi; le nuvole e le onde si muovono in parallelo senza alcuna fretta. Fa caldo, ma la assenza di sole rende piacevole il cammino. Ad in certo punto la pioggia sta per arrivare, ma basta la scaramanzia di applicare il coprizaino impermeabile per allontanare la minaccia.
Dalla larga spiaggia la costa si alza improvvisa e quasi verticale con falesie anche esse bige. Grandi cartelli spiegano qualcosa in basco. Dalle figure riesco a capire che spiegano la origine delle falesie e la loro “data di nascita” nelle varie ere geologiche, ma non di più.
Sono, al solito, più interessato all’antropizzazione del territorio che al territorio stesso.
L’impressione è quella di un luogo di vacanza. Dapprima, vicino al faro, in pieno oceano, i parcheggi son tutti occupati dai camper dei surfisti.
Poi, girato l’angolo ed entrato nel fiordo di Bilbao, diversi villaggi con tipiche seconde case, restaurate con molto uso della pietra grezza, ma con i contorni delle porte e delle finestre segnati a colori vivaci.
C’è anche un campo di golf
Lungo la costa un mulino a vento come quello delle favole. Non ho visto don Chisciotte.
Scendo al livello del mare.
Particolare il villaggio di Portovecchio, vero posto per turismo non povero con villette con architettura ricercata. Tutte restaurate, tutte con una insegna dipinta con un nome (della villetta? Della famiglia?) e una data: 1768. (Fondazione?).
Dopo Portovecchio, senza soluzione di continuità, la cista del fiordo gira e il “paseo de las grandes villas” (pare facile lo spagnolo) mostra al viandante ville opulente e super restaurate. Davanti alle più importanti un cartello sul lungofiordo ne racconta la storia.
Ormai Portugalete è dalla altra parte del fiordo che si attraversa con il ponte di Bitzkaia, un ponte in ferro davvero strano costruito nel 1893, alto 63 metri e lungo 160.
Come ogni ponte deve contemperare gli opposti interessi delle navi che vogliono la altezza necessaria per passarci sotto e dei veicoli che tale altezza non vogliono per passarci sopra.
La soluzione è particolare.

Il ponte è formato di due torri di acciaio di oltre 60 metri poste sulle due rive e di una unica campata orizzontale appoggiata sulla loro estremità superiore.
Ovviamente nessun veicolo o pedone potrà salire in verticale (anche se ho visto un ascensore) e poi farsi 160 metri su una passerella e poi riscendere per un’altra colonna di ferro.
Hanno escogitato un sistema particolare: alla campata orizzontale hanno attaccato con funi una navetta che sta a livello strada; la navetta si riempie di persone, biciclette e auto e un sistema di carrucole la trasporta dall’altra parte.
Resta da vedere che tipo di navetta esisteva quando fu costruito il ponte.

Bilbao
Non mi andava di fare oltre 15 km per scalare un monte e camminare poi nella grande periferia di Bilbao. Allora un bus da Larrabetzu in mezz’ora ha coperto la distanza con la città. Bilbao alle 8 dorme ancora. Nei bar i reduci della nottata brava (a Bilbao è settimana grande, una settimana di fiesta continua) a prender caffè, nelle strade gli addetti alla nettezza urbana a pulire e lavare strade e marciapiedi e addetti ai giardini ad innaffiare e potare aiuole. Mi domando da quando non vediamo tutto questo fervore di pulizia nelle nostre città.
Due giorni senza Cammino. Riposo e turismo. Albergo nella città vecchia, il Casco Viejio, il nucleo originario di Bilbao con le sette calli (kalea) storiche, vicino alla Cattedrale del ‘300, bella e imponente. Però lo ingresso in chiesa è a pagamento, 5 euro. Ma per i peregrinos è gratuito ed ho un altro timbro (sello) sulla credenziale de pellegrino.
Bilbao, con i suoi viali larghi, i palazzi storici incute rispetto. Segni di uno splendido, orgoglioso passato. Poi la decadenza. La città non riusciva ad espandersi, stretta fra le pareti del “fiordo” in cui è costruita e la cintura industriale ormai quasi tutta dismessa.
Certo un buon punto per la rinascita fu, nel 1997, l’inaugurazione dell’allora avveniristico museo Guggenheim, sorto al posto di un morente insediamento industriale. Una costruzione tutta curve ricoperta di lastre di titanio che riflettono ogni raggio di luce ricevuta. Solo curve senza una forma definita, quasi l’immagine simbolo di creature marine che piroettano sott’acqua.
Il museo, il botxo (=buco, come lo chiamano qui) cominciò ad attrarre turisti da tutto il mondo aiutando la rinascita di Bilbao.
Però, come tutte le grandi opere architettoniche moderne, forse il contenitore sovrasta e comprime il contenuto. La costruzione è bellissima, con le sue curve che eliminano qualsiasi forma predefinita, ma dentro non c’era moltissimo a parte una temporanea di Chagall (bella e accurata) e una mostra sull’arte cinese dopo il 1989.
Per tutta la settimana è fiesta grande. Gruppi di cittadini girano col fazzoletto blu al collo, simbolo di appartenenza alla città che si prepara per la sera. Enormi ristoranti all’aperto con banconi pieni di pintxos e barili di birra, posti lungo il fiume, si preparano a placare la fame e la sete dei festaioli.
Ma, nel frattempo, sono andato a mangiare al mercato coperto. Mi dicono sia una caratteristica spagnola. Il grande mercato coperto, dove le massaie si riforniscono di verdure, pesce, carne, etc, ha un’area dove questi prodotti vengono cucinati e venduti. Tripudio di pintxos, boccadillos, cerveza, paella e via dicendo. Ognuno prende un piatto, sceglie quello che vuole, paga, si cerca un tavolo e mangia.
E che la fiesta sia.
Il sole non è ancora calato che le strade sono gremite, i locali affollati, gli artisti di strada, e sono tanti, iniziano i loro spettacoli: chi suona strumenti strani, chi balla, chi canta languide canzoni. Intorno la folla sciama allegra, tutti con il fazzoletto blu al collo. Dal collo, legato con una cordicella, pende un capiente bicchiere di plastica: così è più facile farsi versare la birra ed il recipiente è sempre pronto. Solo birra alla spina. Quindi niente bottiglie o bicchieri per terra.
Il passaggio dei piccoli bobcat della nettezza urbana è continuo. La folla si sposta allegra per farli passare.
Band improvvisate, ma brave, fanno rullare i tamburi e si confondono con i pifferi degli anziani dello “orgoglio basco”.
Nei grandi tendoni, oltre la birra, corrono e ballano persone di ogni età.
Ogni via è adornata di luminarie. Alle 22.30 quasi mezz’ora di fuochi artificiali.
Non si sentono urla, ma solo vociare e risate.
E si andrà avanti così, ogni sera, fino a domenica prossima.
Bella gente i baschi. Tanto di cappello, anzi, di basco.

Continua il Cammino di Santiago. Oggi partenza all’alba da una tristissima Gernika. Non è troppo presto: la Spagna ha il nostro fuso orario ma è molto più a ovest, quindi, rispetto all’Italia, il sole sorge e tramonta un’ ora più tardi.
Pensavo che il Cammino del Nord, quello “marino” fosse….al livello del mare, quindi abbastanza pianeggiante. Non avevo fatto i conti con la alta e frastagliata costa basca. Ho scoperto che il Cammino del nord è il più montagnoso, con dislivelli anche di quasi novecento metri. Insomma più escursione montana che pianeggiante. Il percorso è veramente bello: su e giù per le colline e in mezzo ai boschi, fra fattorie, campi, pascoli e paciose mucche che brucano o ruminano. Tante grosse lumache e fare attenzione a non calpestarle. Piu simile alle alpi che ad un posto vicino al mare. Nei giorni scorsi abbiamo avuto parecchia pioggia, spesso lo stretto sentiero e allagato o pieno di fango: le scarpe, anche in goretex, han cambiato colore.
Spesso la mattina si attraversano nuvole basse e allora il pellegrino che procede innanzi a te diventa uno schizzo colorato nel bianco.
Solo oggi lungo il percorso davanti ad una casa c’era un banchetto che vendeva caffè e frutta.
Il Cammino è per un andamento lento: unisce due punti con un arabesco. Se la strada asfaltata è di due chilometri. Il Cammino è di sei. Così ti capita di vedere sulla collina vicina la chiesa (il Cammino le congiunge tutte) dove ieri, e parecchi chilometri prima, ti eri fermato per farti apporre il timbro sulla credenziale del pellegrino e un prete basco ti aveva spiegato che, in questa zona piovosa, tutte le chiese sono circondate dal porticato per permettere le processioni anche con tempo avverso.
E te lo spiega in perfetto italiano perché svolge la sua missione a Parma e ora è a casa per le vacanze.
Meno male che c’era lui, perché la lingua basca è totalmente incomprensibile. Inutile tentare anche solo di leggere i cartelli. Forte la voglia di indipendenza. Anche se l’ETA ha deposto le armi, numerosi sono i murales che inneggiano alla secessione…. ma scritti in inglese, forse per renderli comprensibili al viandante e per non usare la odiata lingua spagnola. Il vessillo basco è ovunque esposto: ho letto una targa in più lingue “la Spagna ci obbliga ad esporre la bandiera gialla e rossa nei luoghi pubblici, ma non è la nostra.
Peccato per la scarsa ricettività della zona. Partendo da Gernika il termine normale della tappa è a Lezama, dopo circa 26km, ma lì esiste un solo albergo del pellegrino con poco più di 20 posti. Per non rischiare di trovare pieno, faccio tappa a Larrabetzu, 5km prima dove c’è un altro albergo del pellegrino con altrettanti posti. Arrivo alle 13 e sono già l’undicesimo.
L’albergo apre alle 14 e la fila di zaini posta davanti la porta chiusa segna lo ordine di priorità di ingresso. Se un pellegrino vede che gli zaini in fila sono in numero pari alla capacità dell’ostello farà bene a non fermarsi.
Insomma, non si può tardare. Andamento lento, ma non troppo.
Gli alberghi del pellegrino sono a offerta libera (5/10 euro) , camerate con letti a castello e servizi comuni. È compresa la prima colazione. A volte c’è la cucina a disposizione, sempre (o quasi) una lavatrice e gli stendini.
Giustamente, per igiene, le scarpe rimangono fuori dall’ingresso e gli zaini non entrano nella/e camerata/e.
Si tratta di organizzarsi con un minizaino per il ricambio e la roba per la notte. Si ce la può fare.
Oggi, come quello di ieri, l’ostello è pulito e lo “hospitalero” (un volontario) molto gentile. Fra una doccia e una lavatrice si scambiano chiacchiere con gli altri pellegrini, da tutto il mondo, ormai facce note che incontri ogni giorno sul sentiero e la sera nello ostello fino da Irun.
Insomma una filosofia diversa. Può piacerti o meno, ma sei tu a dover accettare il Cammino e le sue regole. Non viceversa. Se vuoi altro, non fai il Cammino.

Alle 15 arrivo a Gernika (sì, Guernica, quella del quadro di Picasso. Giornata stupenda di sole, non afosa. 24 km di saliscendi nei boschi fra Markina e Gernika. Tanti saliscendi. Tanto sali, tanto scendi. Ma se sommi tutte le salite, il percorso è impegnativo. Circa 3km/ora di media con una sosta per uno spuntino a metà percorso. Però percorso stupendo, bucolico, fra fattorie, mucche, pecore, colline, abetaie, ruscelli, sempre accompagnati dalla ormai familiare freccia gialla che ti guida.
Ma quella della velocità media è un argomento da affrontare. La ricettività degli alberghi del pellegrino (dove si paga ad offerta, fra i 5 e 10 euro), è un po’ limitata. La mattina alle 5.30/6 (è ancora buio pesto, in Spagna albeggia un’ora più tardi rispetto alla Italia) la gente si alza e comincia a correre. (È un po’ come la storia del leone e della gazzella in Africa). Deve partire prima degli altri, correre più degli altri per arrivare all’albergo del pellegrino prima degli altri, per prendere prima degli altri il numeretto di prenotazione, per essere in fila prima degli altri quando (verso le 15-apre lo ostello) per fare la doccia prima degli altri, per occupare un posto alle lavatrici prima degli altri.
Fortunatamente a Gernika la ricettività è molto ampia. Quasi 140 posti fra albergo del pellegrino (a donativo) e un altro albergo a 15 euro compresa la prima colazione. Il prezzo non deve illudere. I due auberge sono riservati a chi può esibire la “credenziale del pellegrino” con i timbri (sellos) giusti di tutte le tappe precedenti. No turisti, quindi.
Ho preferito quello a pagamento. È, comunque, una fabbrica a catena di montaggio. Entri, presenti la credenziale del pellegrino, paghi, ti danno un foglio con tutte le indicazioni (dalla password wifi agli orari della prima colazione) e in sacco tipo spazzatura, devi lasciare scarpe e bastoncini nello ingresso, lo zaino in un armadietto con chiave a pian terreno. Devi mettere la roba che ti serve nel sacchetto tipo spazzatura. Poi puoi salire al primo piano. Grandi stanzoni con 6 letti a castello ognuno (dodici persone), una sola presa per caricare le nostre diavolerie elettroniche (meno male che ho una multipla). Doccia. Mi cambio.Ora al bar a scrivere queste note. Poi cercherò di infilarmi in un turno di lavatrice ed essiccatrice. Poi finalmente cena (ho visto un ristorante con menù del pellegrino per 9,50 euro) poi qualche saluto alle persone che incontri da una settimana lungo il Cammino, poi a dormire….perché domani ricomincia il leone e la gazzella!

In questi giorni agostani tiene banco la disputa fra Trump ed Erdogan. Gli Usa hanno aumentato i dazi sulle merci provenienti dalla Turchia. . La lira turca crolla (un capro espiatorio ogni estate deve esserci per far guadagnare gli speculatori che godono nei periodi di scambi ridotti come qullo estivo)  ed Erdogan si appella ad Allah.

Cose serie o baruffe chiozzotte di goldoniana memoria?

Non lo so, ma so che Trump non può tirare troppo la corda perché Erdogan ha da sempre un asso nella manica verso gli USA.

Se la situazione dovesse precipitare, Erdogan potrebbe chiudere la base aerea di Incirlik, la più grande base aerea di attacco USA in Europa con ben 100 testate nucleari. Base strategica per gli interessi americani in Europe ed in medio oriente. E’ servita per la Guerra del Golfo, è la più vicina ai nemici Putin ed Iran ed all’alleato di ferro Israele. Gli USA semplicemente non ne possono fare a meno.

Fino a che nella quereel fra USA e Turchia non verrà pronunciata la parola “Incirlik”, possiamo stare tranquilli che nulla di veramente grosso verrà a capitare…

 

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