Chi frequenta internet lo sa benissimo. Quasi tutti le edizioni online dei quotidiani hanno (o avevano) una graduale forma di fruizione: Potevi leggere gratis un certo numero limitato di articoli, praticamente tutti i titoli della cronaca o di gossip; ma, spesso, dopo il titolo e quattro/cinque righe, ti appariva la scritta “contenuto riservato agli abbonati”; potevi – pagando un certo canone (sui 9 euro al mese) – aver accesso ad un maggior numero di articoli online; infine, pagando una cifra superiore, potevi aver accesso all’intero quotidiano in versione integrale e in formato .pdf.
Non dimentichiamo che la visione gratuita di qualche articolo è gratuita per il lettore, ma remunerativa per il giornale che riceve il canone per le numerosissime (ed invasive) inserzioni pubblicitarie presenti sulle pagine online e sugli articoli cd. “clickbait” veri e propri articoli esca pieni zeppi di pubblicità. Numerosi siti (anche di informazione, come Open e Il Post) si reggono solo su questi introiti.
Tanto e vero che Repubblica.it, pagando una ulteriore somma aggiuntiva al canone di abbonamento, ti fa “sparire” la pubblicità, ma non gli articoli clickbait.
Tutto ciò fino a pochi giorni fa.
Da un paio di giorni appena apri il sito di Repubblica.it, o de La Stampa.it o del Corriere.it, subito un “cartello” ti impedisce di leggere i contenuti.

Il cartello dice:
“Ti segnaliamo che l’accesso ai nostri contenuti senza abbonamento è soggetto al consenso per l’utilizzo dei cookie. Se accetti i cookie potremo erogarti pubblicità personalizzata e, attraverso questi ricavi, supportare il lavoro della nostra redazione che si impegna a fornirti ogni giorno una informazione di qualità. Se, invece, vuoi rifiutar e il consenso o personalizzare le tue scelte, con la sola eccezione di cookie tecnici, devi acquistare uno dei nostri abbonamenti.”
Fuori da linguaggio “accattivante”, cosa significa questo?
Significa che, se vuoi leggere anche solo alcuni articoli gratuitamente (salvo ovviamente la gran parte riservata agli abbonati e, comunque, sorbendoti la pubblicità e i clickbait) devi dare il consenso a subire i cookie profilanti, ossia l’inserimento nel tuo computer di quei mini programmini che registrano la tua attività (quali siti visiti, quali pagine leggi, etc.) in modo da costruire un tuo profilo adatto a mostrarti pubblicità consona ai tuoi interessi.
Ovviamente non hai alcuna garanzia che questi profili non siano venduti ad altre società che li rivendono a loro volta; quindi il tuo profilo, la tua identità, il tuo modo di essere diventa prezzo per leggere “gratis” una piccola parte del giornale, ma diventa mezzo di entrare nella tua privacy.
Quindi, altro che giornale gratis. Il prezzo sei tu, la tua vita, le tue abitudini, la tua vita privata: se vai su un sito porno, lo sapranno, se vai sui siti di una squadra di calcio, conosceranno i tuoi interessi da tifoso, se vai su un sito di un certo partito, conosceranno i tuoi orientamenti politici, con tutti gli errori che ne conseguono. Se vai con frequenza sui siti di una certa religione, sei un fanatico, uno studioso, o un agente della polizia postale?
Avrei preferito un atteggiamento più limpido da parte degli editori: “il mio giornale è online solo a pagamento e senza cookie, io ti fornisco un servizio che tu paghi”.
Oppure, è il caso di Open e de “Il Post”, ti consentono di leggere gratuitamente il sito reggendosi solo sulle inserzioni pubblicitarie.
Non a caso oggi è obbligatorio per i siti che usano cookie indicare, oltre i tasti “accetto” o “non accetto” anche il tasto dove cliccare “continua senza accettare”.
Ho segnalato la cosa al Garante della Privacy, che (vedi qui) si è già attivato per esaminare questa iniziativa denominata “cookie wall”.
Questo il comunicato del Garante della privacy:
Attendiamo sviluppi. E, attenzione, di questa questione non leggerete mai nulla sui giornali e nulla sarà detto in TV. Visto che è una cosa voluta dagli editori (quasi tutti gli editori), nessun TG o giornale di proprietà di questi editori (o di editori amici: cane non mangia cane) ne parlerà mai.
P.S.: spesso mi chiamano “rompipalle” o, peggio, “cacacazzo”, ma sono del parere che il cittadino deve rimanere vigile di fronte ai soprusi. I mezzi ci sono, le Autorità di controllo, spesso imposte dall’Unione europea, ci sono, basta tampinarle un poco. E’ un piccolo sforzo, ma i risultati li dà. Posta certificata e firma digitale sono le armi del cittadino che vigila e denuncia. La posta certificata (PEC) deve essere obbligatoriamente messa a protocollo dalle autorità preposte che, se no provvede, se ne assume la responsabilità.
Non facciamo come la rana messa in pentola in acqua fredda che pian piano sale di temperatura, non se ne accorge e rimane lessa senza protestare. Protestiamo: facciamo argine ai soprusi.
