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La lunghe ore di viaggio (nove) sul bus diretto a Barcellona mi fanno riflettere sui possibili errori commessi quest’ anno e che mi hanno fatto interrompere il Cammino dopo solo 120km, mentre lo anno scorso con notevole facilità ne ho percorsi oltre 200 da Irun a Santanter.
Vediamo.
Abbigliamento. Praticamente identico a quello dello scorso anno. Stesso zaino. Stesso modello di scarpe, stesso numero di pantaloni, di magliette, mutande, un paio di calzini in più. Un plile in più (settembre invece di agosto) ma il sacco a pelo leggero in meno, sostituito dal sacco lenzuolo. Stessa busta per la toilette. Forse qualcosa in più fra i medicinali, una mantella nuova, più seria di quella comprata di corsa lo scorso anno a Lourdes.
Peso. Sì lo zaino, un litro di acqua e bastoncini veleggia sui 10kg, giusto uno in più dello scorso anno.
Allenamento: perfettamente comparabile con quello dello scorso anno.
E allora perché? Perché è andata storta? Sì, vabbè, io sono innamorato dei Paesi Baschi, dei loro boschi e dei sentieri di montagna.In Cantabria e Asturie tanto, troppo asfalto, meno panorami e meno paesi allegri.
Ma questo non basta a spiegare le gambe che mi facevano male e i piedi indolenziti e di piombo la sera. Ho dovuto prendere un’aspirina a sera.
Neppure i 390 giorni in più di età:gli esami clinici fatti prima di partire mi hanno confermato la buona forma anche a 64 anni passati.
Non lo so, forse la gran differenza fra la parte fini a Santanter e quella dopo? La mancanza di entusiasmo? Le catastrofiche previsioni meteo viste in Asturie? Non cerco giustificazioni, cerco risposte.
Potevo prendere un bus fino alla fine della costa asturiana e fino a che il Cammino non avesse lasciato la costa sulla quale il Cammino non c’è.
Forse odio il concetto di tappa: devi partire da qui ed arrivare lì. Taluni peregrini, che lo avevano percorso, mi hanno detto che sul francese non esiste il concetto di tappa. Gli ostelli, o le case private che offrono ospitalità, sono uniformemente distribuiti sul percorso così da permettere una sosta notturna ogni pochi chilometri al peregrino che, da quelle parti avesse esaurito le energie.
Non lo so.
Staremo a vedere per lo anno prossimo, magari mi studio il francese.
Ultreya

Verso Barcellona

Pare di no, è una deformazione di un nome pregresso. Wikipedia dice:”Santander fu fondata dai Romani come Portus Victoriae. Successivamente cambiò nome in Portus Emeterii, cambiamento legato ad una leggenda secondo la quale a Santander giunse una barca che portava le teste di due legionari romani, Emeterio e Celedonio, decapitati a causa della loro fede cristiana, le loro reliquie sono state trovate nel secolo scorso nel sottosuolo della cripta della chiesa di San Martin. I due martiri, fatti santi, divennero i patroni della città e dal nome Portus Emeterii si passò a Sant’Emeterio, poi a Sant’Emeter, Santemeter e, infine, all’attuale toponimo Santander.”
Le altre notizie sulla città cliccando qui
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Santander
insomma oggi giornata di riposo.
Vi ho detto della albergatrice un po’ pazzarella.
La mia camera, la stessa dello scorso anno, completamente ridipinta con il bow window sul mercato, ha un lavandino e la doccia. I gabinetti sono in comune.
La mattina, come ogni pergrino (o, ormai, ex peregrino) che si rispetti mi alzo presto e mi tuffo nella doccia in camera. Acqua fredda, aspetto, acqua fredda, aspetto ancora, acqua fredda. Prendo lo asciugamano e vado nei bagni comuni. Acqua calda. All’uscita incontro la albergatrice. Piuttosto offeso (pago i 70 euro/giorno anche per la acqua calda) le faccio notare la mancanza. Lei per tutta risposta, garrula e felice, ridendo mi dice “non ti preoccupare, se l’acqua calda non arriva nella tua doccia, puoi tranquillamente andare nei bagni comuni!, Non c’è alcun problema”. E se ne va, lasciandomi basito.
Oltre la colazione, nel bar a fianco, la prima cosa che un peregrino deve fare quando arriva in un paese non piccolo è la sosta alla lavanderia a gettoni. Fra limpiadora e secadora,in 40 minuti il mucchio di vestiti umidi e puzzolenti si trasforma in profumato bucato.
E poi in giro per Santanter.
C’è l’hodavani alla finestra e voglio visitare il mercato de la ESPERANZA. Grosso fabbricato a due piani. Sotto il pesce, sopra la carne. Soprattutto per il pesce ogni ben di Dio. Dai mariscos, vongole, ostriche, molluschi vari a tonni interi, spigole, ombrine, scorfani. Avrei comprato tutto. Una giovane e carina banchisa, moto spagnola: occhi e capelli nerissimi, sguardo fiero, si accorge del mio entusiasmo e mi chiede se voglio e che voglio comprare. Con rammarico le dico che sono in albergo e che non posso cucinare. Comprende e mi regala due ostriche da mangiare lì sul posto, bagnate di limone.
Giro un po’ il centro commerciale, compro il giubbino rosso che avevo visto all’andata e con il sole pieno vado ai giardini di fronte al mare. Vedo che stanno preparando l’allesty della “festa del mare”che inizia stasera: due velieri sono attraccati, uno è la riproduzione di uno di quei galeoni spagnoli che tanto oro portarono dalle Americhe.
Ancora qualche foto all’opera in bronzo di José Cobo che riproduce quattro “raqueros” , sorta di scugnizzi napoletani.
A pranzo non possono mancare i soliti pinxos, stavolta con maiale, una buona insalata mista e…la gagna di cerveza. Un buon locale “la cathedra” in calle del medio.
E, stasera, ultima sera a Santander, via a tutta Fiesta del mare. Divertiamoci ché domani ci attendono nove ore di bus per Barcellona!

Il mio balconcino bow window con vista sul mercato
Mercato
Molluschi al mercato
Galeone spagnolo

Los raqueros

Notte agitata, non so se per la zuppa di pesce di ieri sera condita con due Estrella Galizia e patatine fritte oppure per il senso di colpa di abbandonare l’impresa. Ci ho pensato e ripensato, talvolta mi imponevo di proseguire, magari fermandomi un giorno in più, ma le previsioni annunciano maltempo non breve. Poi, quest’anno non ho ritrovato lo entusiasmo dello scorso anno, complici i molti chilometri sull’asfalto e il maggior peso dello zaino.
Mi dicono che più avanti è meglio, ma il risveglio mi riporta alla realtà: 13 gradi, cielo nero e pioggia a catinelle. A colazione l’albegatrice mi conferma che con quelle nuvole nere dall’oceano si convive non poco.
Decisione presa, dal taxi verso Llanes vedo i peregrini nelle loro nere mantelle che barcollano sotto l’acqua scrosciante.
Chissà poi perché hanno quasi tutti la mantella nera o, comunque, scura. La mia è rosso scarlatto e la giacca antipioggia è giallo fluorescente. Mi piacciono i colori accesi e allegri.
Autostazione di Llanes. Un’altra colazione non ci sta male. Arriva un pullman dalla Cantabria. Scarica una ventina di pellegrini bagnati come pulcini, con mantelle, ombrelli e tutto l’armamentario antipioggia in funzione. Evidentemente raccolti sul percorso. Ma qui non è che troveranno miglior tempo.
Arriva, finalmente, il bus ALSA per Santanter/Irun con 40 minuti di ritardo per via del maltempo.
Bus di lusso con Wi-Fi e vari canali di musica da ascoltare con le cuffiette.
Il tempo fa veramente paura, cielo nero e pioggia fitta. Ogni tanto il bus sbanda in po’, forse per il vento.
Mi sento un po’ in colpa per i peregrini che, nonostante tutto questo, sono sul Cammino. Un pensiero per loro, per il loro sacrificio, per il loro eroismo…..o per la loro follia?
Quest’anno non ho fatto granché strada, circa 120 km in quattro giorni, mi son sembrati tanti, ma il pensiero si relativizza subito pensando che il bus, pur con cinque fermate, mi riporta Santander in poco più di due ore.
E piove. Piove talmente tanto che non riesco a capire come l’autista possa vedere dove va.
Santander. Torno alla mia pensione dello scorso anno, Hospedaje Botin, vicinissima a Plaza de Ayuntamento, in pieno centro. Ritrovo la signora che la gestisce, una pazza squinternata, incasinata che sbaglia le prenotazioni e vuole darmi la stanza per una sola notte. Poi si ricorda, trova la prenotazione e mi dà la stessa stanza dello scorso anno con un delizioso balconcino bow window  che dà sul mercato. È ora di pranzo e qualche pinxos e una gagna di birra non me la leva nessuno. Dovrei portare i panni sporchi nella lavanderia a gettoni qua di fronte. Se ne parla domani.

Ingresso dell’hotel di Póo
Pinxos e cerveza
Mercato di Santander

Beh, sì, lo avevo lasciato intendere che c’era in vista una decisione da prendere. Avevo scelto oggi come giorno di riposo in un posto ameno, con bella spiaggia (con doccia), non affollatissimi:più rinomata la vicina Llanes di cui Póo è una frazione.
Il riposo, il buon pesce, l’ottima cerveza, fanno riflettere e maturare le decisioni.
Il peregrino fa una conversione.
No, San Paolo e Damasco non c’entrano proprio, non fraintendete.
È una conversione a U sul Cammino.

Il tempo di sta guastando, il Cammino non è spettacolare come nei Paesi baschi, i paesi son carini ma turismo marino familiare che non entusiasma. Mi dicono che sulle montagne troverò pioggia e freddo
Insomma, domani me ne torno indietro e in due ore di mezzo meccanico rifarò, al contrario, tutta la distanza che, ora, mi separa da Santander.
In effetti ho lasciato gli occhi si uno splendido giubbetto in saldi in una boutique sul paseo principale.
Ma, ovviamente, mica posso finire qui la vacanza….sto tormentando il telefonino da ieri per orari, coincidenze e prenotazioni.
Da Santander me ne vado a Barcellona sperando che il gran caldo di quella città sia in po’ calato. Ci manco dal 1987, ci saranno cose nuove da vedere.
Ora capisco bene perché, con lo stupore di Salvini che ne attribuiva il possesso ad una ingiustificata ricchezza, tutti i migranti hanno un telefonino di ultima generazione.
Col mio mi son programmato le tappe del Cammino, valutato le distanze, prenotato alberghi, voli e bus. Se lo perdessi ora avrei sei problemi a recuperare le prenotazione mi che in esso sono contenute.
Ma volete sapere qual è stata la cosa più difficile?
Non certo Santander-Barcellona o trovare una pensione economica in quella città. È stato come arrivare a Santander, non perché manchino i mezzi pubblici (c’è il treno o il bus), ma per la incertezza delle risposte degli umani.
Vi spiego.
In questo momento sono in un albergo a Póo che è una frazione della più importante e alla moda località di Llanes da cui la separano un chilometro e mezzo e circa il 40% di prezzi in meno.
Orbene, come prima opzione ho visto il treno, la cui stazione è a due minuti dal mio albergo. Vedo dall’orario esposto che Póo è una stazioncina non  presidiata (la ferrovia è a scartamento ridotto e binario unico) e la fermata è “a richiesta” . Un cartello esplicativo suggerisce di farsi vedere bene sulla piattaforma dal macchinista affinché fermi il convoglio, nonché fornisce un numero di telefono da chiamare per avere informazioni se il treno dovesse ritardare di più di dieci minuti.
La cosa mi lascia un po’ perplessi e comincio a chiedere in giro. Un tizio del bar vicino alla stazione mi dice che il treno non ferma più e che devo andare a Llanes. La albergatrice mi dice una cosa ancora più strana. Il treno non sempre passa. È preferibile che io vada alla stazione di Llanes ove, all’ora prevista, mi diranno se il treno c’è e lì si ferma o c’è un bus sostitutivo.
Seconda opzione il bus. C’è chi mi dice che il bus ALSA si ferma a richiesta anche a Póo, c’è chi mi dice di no e che parte da Llanes.
Scopro che molte di queste incertezze dipendono dal fatto che ieri, domenica 8 settembre qui è ufficialmente finita l’estate con relativi cambi di orario e servizi.
Stamattina, 9 settembre, la giornata si presentava uggiosa e, non avendo di meglio da fare, vado a visitare Llanes. Così scopro l’arcano dei treni e bus a Póo.
Llanes è carina, quasi una bomboniera, con un porto interno (fluviale o da fiordo non so) pieno di barche da turismo, piena di pasticcerie e ancora addormentata perché ieri sera grande festa per la Vergine di Guya protettrice del paese.
Atmosfera tipica di località marina di vacanza in giornata di tempo ottimale. Una sosta al bar per un biscocho (Pan di spagna) da tocciare nel cappuccino guardando la vita che scorre e vado alla stazioncina ferroviaria. L’addetto.mi conferma che il treno per Santander di ferma a richiesta a Póo e sempre a Llanes e quella del possibile bus sostitutivo è una bufala. Ma mi dice anche che, essendo il marciapiede ferroviario (chiamarlo stazione è troppo) di Póo in curva, talvolta il macchinista non vede il viaggiatore in attesa. Ah!
Vado anche alla estacion de autobus (50 metri più avanti) : tutto serrado, tutto chiuso anche se l’orario di apertura era trascorso da oltre due ore.
Il cartello confermava l’apertura dalle 8.00 alle 18.00 da lunedì a venerdì, tranne i festivi. Che oggi sia un lunedì festivo di “trascinamento” della festa de La Virgin de Guya?
Comunque cartelli e macchinette automatiche confermavano la presenza della corsa Llanes-Santander praticamente alla stessa ora di quella ferroviaria.
Vista la assenza di umani, nulla ho potuto chiedere sulla eventuale fermata a Póo.
Insomma domani DEVO andare a Llanes a piedi o con taxi se piove.
Poi sceglierò quale mezzo, alternativo alle gambe, mi porterà a Santander.
Per intanto, visto che è spuntato un pallido sole, sto scrivendo queste note dal ristorante sulla spiaggia: un ottimo piatto di fagioli e vongole, mentre i passerotti fanno man bassa del mio pane.


La “stazione ferroviaria” di Póo
La stazione ferroviaria di Póo
I passeri che fan man bassa del mio pane

La notte nel dormitorio è passata tranquilla, anzi… Per quanto possa aver sentito quando ero sveglio, gli altri sette nani, Ops, gli altri sette nasi di son messi d’accordo e, forse seguendo un invisibile direttore di orchestra, hanno iniziato un concerto non sgraziato, ma alquanto armonico, quasi da cullare il sonno.
Mi spiace ieri sera non aver fatto grande comunella con gli altri, ma svedesi e tedeschi se ne sono andati per fatti loro. Gli altri, tranne un velo che parlava solo la sua lingua, erano solo spagnoli che parlavano a tavoletta incuranti dell’italiano che capiva poco la lingua di Cervantes.
Alle sei, odo l’attempato svedese che di alza. Mi alzo anche io. Lo zaino quasi fatto, giro nel bagno, alle sei e quaranta, buio pesto, esco dal cancello insieme ad un giovane spagnolo che nei trecento metri illuminati del paese, mi sopravanza di duecento. Lo vedo fermo: l’illuminazione pubblica è finita, io Cammino scende per uno scivoloso ripido buio sentiero erboso. Io ho la torcia frontale, lui no. Mi cede il passo. Illumino il Cammino fino alla solita Carretera, ma qui mi fermo perché, udite udite, di domenica, intorno alle sette e trenta, c’è un bar aperto. Colazione si impone.
E poi riprende il Cammino, monotono sulla Carretera. Invero ogni tanto una freccia gialla segnala un sentiero sulla destra che si inerpica sulle colline sulla destra della Carretera, ma dopo un paio di chilometri vedo un sentiero che scende sulla Carretera con il solito cartello di “Attenzione, congiunzione con strada con traffico di autoveicoli” tipico del Cammino quando fa percorso comune con strada.
Chiedo ad un pellegrino che scende da uno di questi sentieri cosa abbia visto; mi risponde con un gesto che indica dolore alle estremità inferiori.
Mi dispiace aver perso i “bufones” sorta di cascate di acqua all’incontrario provocate dalla marea che si infila con forza nelle fessure delle rocce, ma la deviazione era non breve e non avevo idea dell’orario delle maree.
L’unica emozione paesaggistica me la dà Google Maps al quale mi ero affidato per il tratto lungo la Carretera che, nei pressi della marina di Poó, la mia metà, corre abbastanza distante dalla costa.
Fedele al suo motto “la strada più breve è la migliore”, ad un certo punto mi fa svoltare su una strada più piccola che in breve diventa sterrata, poi viottolo terroso in mezzo al bosco, fitto come quello di Biancaneve o di Cappuccetto Rosso. No, il lupo non l’ho trovato, ma la freccia di Google Maps andava sicura e mi ha fatto tagliare la distanza fra la Carretera e il mare a 90 gradi forse nell’unico tratto pianeggiante. Mi domando quale mostruoso database debba avere Google per considerare anche questi viottoli che domani ditetri anche a chiamare tali.
Sempre qualche sottile goccia di pioggia che non dà fastidio e, con il sole, verso le 14 arrivo a Poó.
Ho prenotato due notti (un po’ di riposo ci vuole) all’international hotel, in camerate da quattro. Per ora siamo in due, poi chissà.
Esco, vado sulla spiaggia, quasi una conca separata dall’oceano da un fiordo. Bar e ristoranti affollatissimi. Riesco a mangiare un piatto di mariscos. Torno in stanza, doccia e riposino a scrivere queste righe.
Ma…ma dovrei prendere una decisione.
Il Cammino da queste parti non mi piace granché.
Da martedì è prevista una ondata di maltempo con pioggia continua e abbondante. Camminare ore sotto l’acqua non è piacevole. Poi arriveranno i monti e lo zaino è un po’ pesante e, se il maltempo dura, la vedo male.
Devo decidere qualcosa. Ci penso domani. L’albegue è carino e pulito, ma non solo non ha il Wi-Fi, ma nella piccola camerata da quattro che occupo non prende proprio la rete.
Ora dormo un po’.

Il Cammino sulla Carretera
La playa de Poó
La mia stanza nel dormitorio di oggi

La hospitalera della Loma Bonita è proprio gentile. Mi aveva chiesto a che ora uscivo perché potessi ridarle la chiave. Forse non si fidava a che la lasciassi nella toppa. Le avevo detto che sarei partito alle 7.00 ma, in verità, visto che era buio pesto e, da naso fuori la finestra, anche molto umido e freddino, sono uscito alle 7.20. La signora era lì, ferma, che mi aspettava.
E mi ha indicato una scorciatoia che, come l’ipotenusa rispetto alla somma dei cateti, mi ha fatto risparmiare un bel po’ di tempo e di strada.
Ecco, la strada, la Carretera. Brutta tappa quella di oggi, da Comillas a Colombres, praticamente tutta sul ciglio di una strada con le auto che ti passano vicino.
Gli arabeschi alternativi proposti dalla guida sono una strada alta un po’ più vicina al mare nel parco di Oyambre o  soliti pascoli con mucche e vitelli. Lo scotto da pagare è sempre il 20% in più di strada.
Dalla Carretera, specialmente vicino San Vicente de la Barquera si cammina ammirando le vette dei Picos di Europa.
Molto carina San Vicente, collocata su un colle alla confluenza di due fiumi. Per accedere al paese bisogna passare di un lunghissimo ponte di una laguna che ricorda il ponte della libertà fra Mestre e Venezia.
Molti negozi, ristoranti e bar pieni di gente che di diverte.
Poco dopo San Vicente vedo assembramento e mola Guardia Civil in moto o in auto. Chiedo: deve passare la Vuelta. Mi fermo aspetto e applauso anche io al gruppo compatto.
Mi chiedo come possano fare un centinaio di persone a correre in gruppo compattissimo a quasi 60km orari senza urtarsi e senza cadere.
Il sole è caldo, una Coca Cola fa riprendere i sensi , arrivo a Unquera, altro posto carino di villeggiatura marittima, passo un ponte, lascio la Cantabria ed entro in Asturie.
Subito dopo il ponte una stradina lastricata stretta, in forte pendenza, salire, sempre salire sotto il sole affinché ti siano rimessi i peccati, mi porta all’albergo juvenil Cuntu di Colombres (12 euro in camerate da 8. Discreto. L’acqua calda e il giardino ci sono e c’è pure il Wi-Fi, ma non funziona. In camerata per ora, oltre me, una coppia di giovani che mi sembrano tedeschi e una attempata coppia di svedesi.
Vedremo chi russa più forte.

Ah, lo sapevate che il Pan di Spagna in Spagna si chiama Sobaos?

Il Cammino sulla Carretera
San Vicente de la Barquera
Dormitorio nell’Albergue juvenil di Colombres

Sono neppure le 7.00, è ancora buio e dopo la colazione all’albegue, esco nella Santillana ancora buia e addormentata. Frontalino acceso e lampeggiante rosso appeso allo zaino: è prevista pioggia in zona e voglio allontanarmi presto dal pericolo.
Ripenso all’albergo che mi ha ospitato. Le piccole stanzette erano realmente celle di suore di clausura che abitavano questo Convento edificato nel XVII secolo.
Ora la struttura è gestita da una organizzazione religiosa che ha il fine di procurare lavoro a giovani disoccupati. Infatti, oltre all’albergo vero e proprio, ci sono giovani occupati nel baretto e nel piccolo negozio di commercio equo e solidale e di prodotti tipici di zona.
Prima di cena è previsto un momento di incontro e di preghiera tenuto da una suora e da una laica. Ci vado, il bello di queste cose è l’incontro con persone di nazionalità, idee, esperienze diverse.
Infatti eravamo un italiano (io), un americano giovane di New York, una coppia danese, una ungherese al suo settimo Cammino e una canadese con occhi a mandorla, non so se immigrata o hinuit.
La prima parte, molto interessante ha fatto parlare ognuno di noi delle proprie origini e delle motivazioni che ci hanno spinto sul Cammino. La suora insisteva sulla spiritualità, io sul turismo e sul lavoro su di me circa l’adattamento e la fatica.
Ero anche in condizione privilegiata perché le conversazioni si tenevano in inglese, poi la suora traduceva in spagnolo per l’amica: quello che mi perdevo con lo inglese lo recuperavo con lo spagnolo.
Sorvolo sulla seconda parte di preghierine e canzoncine.
Comunque la principale ragione che ha spinto ognuno sul Cammino è risultata la voglia di stare solo con sè stesso.

La cena tutti insieme

Beh, la giornata inizia di buon cammino e finisce dopo venti kilometri con le gambe di legno.
A questo proposito devo riproporvi una riflessione immaginifica: la linea che congiunge due punti sul Cammino di Santiago non è la retta, bensì l’arabesco.
Ripeto lo esperimento già compiuto lo scorso anno. Riporto su Google Maps (cammino a piedi) tutte le località toccate dal Cammino durante una tappa. Il numero di kilometri riportato da Google Maps è sempre inferiore di un buon 20% a quello riportato dalla guida. Certo, Google Maps preferisce sempre il percorso più breve, in genere sulla Carretera asfalta, il Cammino è più bucolico e predilige le interpoderali.
Bisogna quindi stare attenti e confrontare: se la differenza, come nella prima parte di oggi è fra Carretera di scarso traffico, ma molto più breve del Cammino che pure segue una stradetta asfaltata fra gli ormai arcinoti pascoli, è meglio abbreviare. Però, magari, si perde un percorso alto sulla scogliera, immensamente più bello anche se più lungo.
Bisogna sempre scegliere, come anche l’albergo. Ieri mi è andata di lusso, in una cella con letto a castello occupata solo da me.
Sapevo però che Comillas, dove sono oggi, è una rinomata località di villeggiatura e stasera inizia il weekend. Tutto soldout. Ho provato con Booking e l’unico posto non da nababbo era l’hospedaje loma bonita a 2,5 kilometri dal centro di Comillas. Dalla mappa sembrava quasi sulla spiaggia ed invero la distanza orizzontale dalla spiaggia è minima. Ma non quella verticale. L’albergo, pulitissimo e carino è in una frazione di Comillas, Trasvia, sul cocuzzolo di una collina, un minuscolo paesino medioevale, bellino, ma isolato. Meno male che domani, la ripida salita dovrò farla in discesa e he il timbro (sello) sulla Credenziale me lo son procurato prima, passando davanti la attedrale. L’albergatrice ha voluto 45 euro per la stanza con bagno e due letti e, con un sorriso mi ha detto “se portava sua moglie sempre 45 euro pagava,” Le ho risposto che, quindi, le donne non hanno alcun valore….non penso abbia gradito.
Il ristorante si chiama “El mirador” nome ben giustificato dalla stupenda vista della collina rapidamente degradante sulla spiaggia. Non ho voglia di camminare ancora. Mi son messo nell’amaca in giardino a godere il sole calante. Bello godersi il sole senza morire di caldo.

Hospedaje Loma Bonita

Il peregrino parte presto, ma la Spagna è particolare: ha la stessa ora italiana ma è spostata molto più ad occidente. Fa notte più tardi, ma alle 7 di mattina è ancora buio.
Comunque, ben consigliato dalla guida e fa altri peregrini, da Santander fino a Mogro (12 km) me li faccio in Metro. Evito la periferia industriale di Santander e attraverso sul ponte solo ferroviario un fiume che, altrimenti mi avrebbe costretto ad una lunghissima deviazione.
Sceso dal treno, la strada si snoda attraverso i dolci colli cantabrici con paesaggi bucolici di mucche al pascolo e il profumo del mare che si vede in lontananza.
Dura poco, però. Iniziano kilometri e kilometri di brutta sterrata che procede dritta fra canneti da una parte e due immense condotte di acqua dall’altra. Poi su una normale carrozzabile. No buono. Ci si  mette anche un quarto d’ora di pioggia fine fine ma fastidiosa.
Raggiungi abbastanza presto Santillana. L’albegue municipale è proprio all’ ingresso del paese. Carino. Camere (sono le celle del vecchio convento) a due posti con letto a castello. Pulito e molto economico: posto letto, cena e prima colazione di domani 26 euro. Doccia. Non ho voglia di tornare nel paese finto di Santillana. Ha anche ripreso a piovere. Boh, per ora riposo, i 23 km si fanno sentire.
Nei soggiorni spagnoli odo parole strane ma familiari, radici latine, ovvio, spesso conservate nel nostro dialetto.
Esempi? Ospedaje non ha nulla a che fare con la sanità: è invece una struttura che ospita, un albergo; noi abbiamo oste, ostello etc….
Ancora, il cerotto in rotolo di chiama sparatrappo: ricorda qualcosa?
Ieri stavo facendo una foto. Un bambino mi passa davanti, la mamma “non stroppiare la foto”, non rovinarla..
Insomma, radici comuni….

4 settembre 2019. L’ansia fortunatamente è durata solo venti secondi. Il terzo bagaglio scodellato dal nastro trasportatore era il mio zaino ancora con la sua protezione casalinga con il domopack.
Sì stavolta mi sono voluto fidare e ho messo tutto nello zaino imbarcato (c’erano i bastoncini!). Per la prima volta ho volato in libertà senza alcun bagaglio a mano.
Metro A fino a Subagusta, poi il 520 e a gratis (ho l’abbonamento ATAC) sono a Ciampino. Un altro salto e Santander mi accoglie nel caldo e assolato primo pomeriggio. Albergo in centro, carino e pulito, e via in giro.
Prima cosa farsi mettere il timbro sulla credenziale del pellegrino. Buona occasione per rivisitare la bellissima Cattedrale di nostra Signora dell’assunzione.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Cattedrale_di_Santander
Edificio in stile gotico del XII secolo con una basilica alta ed una bassa. Due chiese in una.
I lavori durarono circa 200 anni.
Molto bello il chiostro gotico.
Acquisito il timbro (sello) me ne vado in giro sul Paseo Calvo Sotelo, arteria chic di fronte al mare.
Obbligatorio un passaggio accanto al Centro Botin di Renzo Piano, spazio espositivo che sembra un’astronave, e alle numerose sculture in bronzo a grandezza naturale che ritraggono persone, in particolare l’equivalente spagnolo degli scugnizzi partenopei.
L’aria è calda e piacevole; il paseo, i giardini e i bar sono pieni zeppi di persone che se la godono. Eppure oggi è un giorno feriale.
Quello che mi sorprende è l’allegria, le risa, l’assenza di becero chiasso.
Abituato allo sfracelli di Roma non posso fare a meno di notare come tutto sua curato e pulito.
Ecco, la cosa pubblica è sentita come cosa propria.
Molto verde, bei palazzi.
Mi piacerebbe vivere qui.
Mi concedo un piatto di polpo alla galiziana (un po’ piccante con patate) e un bicchiere di Estrella Galizia, una ottima birra di queste parti.
Come primo giorno può bastare.
A domani

Centro Botin
Cattedrale di Santander

Sì, il Camino di Santiago chiama. Sono iniziati i preparativi.

Preparazione delle cose da portare (vediamo di stare sotto i 7 chili)

Scansione dei consigli dei peregrini sui vari gruppi FB dedicati al Cammino.

Approntamento di una una road map con i numeri telefonici di locande economiche in caso di pieno degli ostelli.

Ma la cosa più difficile è preparare io cervello ad un periodo lungo, in solitario, senza certezze se non quelle delle difficoltà. Ci avviciniamo al tramonto della vita: bisogna allenarsi.

Per un paio d’ore tappe farò il riassunto su WhatsApp, poi solo qui su https://sergioferraiolo.com

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