La polemica sulla opportunità di rimuovere o meno i simboli di un passato negativo non è solo in America (ne ho scritto diverse volte: “La storia non può essere cancellata”, ”C’era una volta l’America”, “Non guardiamo ieri con gli occhi di oggi”) ma, complici le elezioni politiche del 25 settembre 2022 che – a dire di alcuni – potrebbero riportare il fascismo in Italia, è approdato anche nel nostro Paese.
Crescono i fautori della cancellazione dei simboli di quel ventennio oscuro di dittatura, come se i simboli, da soli, potessero decidere l’orientamento politico italiano o la sopravvivenza o meno della nostra democrazia.
Ci pensavo ieri, durante una passeggiata in montagna, in Campania, fra Montella e Acerno c’è una cascata, una chiusa e un ponte che chiaramente riporta ancora le insegne dei fasci littori. Più precisamente si tratta del “Sentiero dello Scorzella a Montella” che parte dal Km.40,800 della S.S: 164 (sentiero CAI 141) e corre – dopo la chiusa – lungo un torrente che, in estate, si percorre con scarpette da fiume e costume da bagno. Ieri il tempo era pessimo, ma in una bella giornata estiva, piena di sole, il percorso in acqua, ombroso, è molto invitante.
Vicino alla chiusa si trova un ponte, costruito chiaramente durante il ventennio fascista, come si vede chiaramente dai fasci littori ai lati e dalla scritta A. XVII (ossia anno 17° dell’era fascista)


È un quadro magnifico di un’opera idraulica costruita in Italia fra il 28 ottobre 1938-e il 27 ottobre 1939. E’ datata secondo un calendario diverso da quello consueto (per noi) che parte dalla (presunta) nascita di Cristo. Ci sono tanti calendari sulla terra.
Ma, ovviamente, il punto non è questo. Il punto è che – secondo alcuni – quei simboli debbono essere rimossi.
Mi domando se quei simboli debbano scontare una colpa per il solo fatto di esser nati, ossia di esser stati scolpiti. Mi domando se quei simboli abbiano davvero il magico potere di influenzare il corso della politica italiana, di riportarci verso il fascismo o di favorirne la rinascita.
Per me è solo un ponte che, come il Colosseo o la Basilica di San Pietro porta su di sé i segni dell’epoca in cui fu edificato. Togliere quei simboli vorrebbe dire deturpare inutilmente un manufatto che ha un suo indubbio fascino del tutto indipendente dal periodo politico in cui fu costruito.
Scommetto che pochissimi fra i lettori di questo post ne conosce l’esistenza e che nessuno verrebbe influenzato da tale opera nell’espressione del voto.
Ma in Italia di simboli che richiamano quel periodo buio ce ne sono a bizzeffe e che solo le persone che ragionano per ideologia e non con razionalità vorrebbero abbattere.
Ne voglio citare due esempi, uno eclatante e famosissimo e un altro diffusissimo per quantità ma completamente sconosciuto nella specifica particolarità.
Partiamo da un obelisco. Roma è la città degli obelischi, moti trasportati dall’Egitto, altri edificati ai tempi dell’Impero. Uno, famosissimo, si trova al Foro Italico proprio vicinissimo allo Stadio Olimpico e per tutta la sua lunghezza, oltre 17 metri, porta incisa, in caratteri cubitali, la scritta “MUSSOLINI DUX”. È lì da 1932; talvolta qualcuno, da ultimo Laura Boldrini, quando era Presidente della Camera, propose di togliere via la “frase incriminata”. Non ci fu seguito dopo le giuste obiezioni di storici ed architetti. Posso citare lo storico Vittorio Vidotto che non può essere certo tacciato di vicinanza al Fascismo.
Vidotto, in una intervista al quotidiano “il Foglio”, spiega perché non bisogna abbatterei simboli della nostra Storia, buona o cattiva che sia, e che non sono i simboli a fare la storia, tanto che il Partito Comunista Italiano celebrò proprio al Foro italico, sotto quell’obelisco, la festa per il ritorno all’attività politica di Palmiro Togliatti dopo l’attentato, dimostrando che le scritte del ventennio, di cui Roma è piena, non smuovono voti.

L’obelisco, poi, entra anche nel campo dell’esoterismo. Due studiosi, Bettina Reitz-Joosse dell’università di Groninga e Han Lamers dell’università di Lovanio hanno rivelato qualche anno fa, come riporta questo articolo di Repubblica, che hanno studiato e tradotto il cosiddetto “Codex Fori Mussolini” sepolto sotto la base dell’obelisco. Gli studiosi, prendendo dati e scritti da altre fonti, hanno rivelato un messaggio non diretto ai contemporanei, bensì una specie di “capsula del tempo” destinata a raccontare la Genesi del Foro italico e del fascismo una volta che l’obelisco, e quindi il Regime, fosse stato abbattuto.

L’altro esempio è sotto i nostri occhi, da anni ed anni ed anni; ci camminiamo letteralmente sopra. Fateci caso, allora: quando mettete i piedi su una delle pesanti chiuse in ghisa dei tombini stradali: quanti di essi hanno , sopra, simboli fascisti? Tanti, ve lo assicuro. Nessuno ha mai pensato di buttare via i soldi per sostituire quelle chiuse finché svolgono il loro dovere. Ma non solo tombini, anche fontane, come i celebri “nasoni” di Roma.



Secondo voi la permanenza di queste chiuse o di queste fontane può spostare voti o indirizzare la nostra democrazia verso il ritorno del fascismo?
Ritengo proprio di no. La democrazia l’hanno riconquistata i nostri padri e i nostri nonni e tocca noi, a noi persone, difenderla. I simboli sono innocenti, a meno di non fare come nel celeberrimo romanzo di George Orwell, 1984, in cui la Storia veniva continuamente riscritta per adattarla alle contingenze del regime.
I simboli sono parte di noi, della storia della nazione, dell’umanità. Fungono da ricordi, perché il ricordo di quanto è accaduto serva da esempio se buono, da monito se cattivo.
Stiamo già assistendo ad una profonda manipolazione della Storia (sì, con la S maiuscola) e non ce ne accorgiamo. Quando non sappiamo qualcosa, ci rivolgiamo ad internet ed alla sua sterminata memoria e non ci accorgiamo che, se non sono copie e/o riproduzioni, su internet la grandissima massa di documenti non è più anziano del 1991, perché, prima, internet era appannaggio solo delle università e di un ristretto numero di professori, studenti e ricercatori.
Pochi sanno che il prefisso www. (= world wide web) che, ora, Google ha anche tolto di mezzo nelle ricerche perché si dà per scontato, era solo uno – ed il più recente – prefisso degli indirizzi di internet. Parole come Gopher, Archie, WAIS , Veronica e BBS sono nomi che agli attuali utilizzatori di internet dicono poco e nulla, eppure essi erano internet prima dell’avvento del web.
Se a questa carenza aggiungiamo anche l’abolizione di simboli che ci ricordano il nostro passato, allora avremo un eterno presente in cui una esperienza passata viene subito dimenticata e non potrà poi servire al progresso dell’umanità che proprio sulle esperienze si basa.
Se un simbolo ricorda una esperienza negativa (negativa per l’epoca attuale, per quella passata non lo era, per quella futura non si sa), basta citarla, basta contestualizzarla, come, per esempio ponendo una targa che ricordi quanti crimini furono allora commessi e come siamo orgogliosi di aver superato quell’epoca.
Vengono stravolte anche parole neutre che mai avremmo pensato avessero una connotazione negativa.
Fino a pochi anni fa, in corretto italiano, una persona dalla pelle scura era detto “negro” senza alcuna connotazione negativa. Parola neutra. Oggi, dall’altra parte dell’Atlantico, da quell’America impazzita ci vien detto che, da loro, la corrispondente parola inglese “nigger” è una parola vietata perché razzista e neppure noi dobbiamo usarla.
Si rischia il ridicolo come in quella partita internazionale in cui al “quarto uomo” dell’UEFA, un rumeno fu chiesto chi avesse commesso il fallo. Lui , innocentemente rispose, in rumeno rispose ,” quello lì col numero x, quello negro”, senza alcuna connotazione razzista. L’hanno sospeso.
Come dico spesso, cerchiamo di ragionale con la testa e non con la pancia, di pensare col nostro cervello prima di parlare e non scimmiottare i post interessati dei social.
Io la penso come Umberto Eco:

I simboli non spostano voti.