Comincio oggi una serie di post dove voglio raccontare le più esilaranti balle elettorali, ossia le mirabolanti promesse che i leader e candidati alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 cominciano a diffondere agli elettori pensando che questi siano come Pinocchio davanti al Gatto e la Volpe che gli promettono il Paese di Bengodi. Cercherò di pubblicare un nuovo post, ogni volta che leggerò una di queste colossali fandonie. Continuate a seguirmi.
Per doveri di età cominciamo da Berlusconi. Ieri 22 agosto 2022, il vecchio leader di Forza Italia ha promesso che in caso di vittoria – per abbassare il carico fiscale e per permettere a tutti l’acquisto di una casa – abbatterà al 2% l’aliquota dell’imposta di registro per l’acquisto della prima casa. Illusione? NO!!! Il fatto è che l’aliquota al 2% per l’acquisto della prima casa esiste, ed è legge, ormai da decenni. Non solo, ma l’aliquota del 2% non è calcolata sul prezzo reale della compravendita, ma sul valore catastale, notevolmente più basso. Promessa facile, anzi, già realizzata!!!.
Continuiamo con Salvini. Ieri sera, 22 agosto, nella trasmissione di Paolo Celata su La7, ha tentato di spiegare l’arcano della Flat Tax che non è Flat, ma progressiva. Salvini, controllate il video che ho linkato, afferma che già oggi alle partite IVA con introiti inferiori a 65.000 auro annui si applica una tassa fissa del 15%. La prima fase dell’introduzione della nuova Flat Tax consisterà nell’alzare questo limite a100.000 euro. Così le partite IVA che hanno introiti fino a 100.000 euro annui pagheranno, al massimo 15.000 euro invece dell’aliquota marginale del 43% secondo la tabella progressiva valida per tutti noi comuni mortali e che riporto qui sotto:
Visto che anche ad occhio, con tale proposta si provoca una diminuzione di entrate fiscali per lo Stato, i giornalisti presenti hanno chiesto a Salvini con quali risorse intendesse coprire il “buco”.
La risposta è stata esilarante. Potete sentirla nel video che ho linkato, ma, nella sostanza è questa e degna del festival della barzelletta: “Non c’è alcun bisogno di coperture ,si paga da sola, perché gli interessati, che pagheranno meno tasse saranno invogliati a lavorare e produrre di più e quindi il gettito fiscale si alzerà da solo!!”.
Io posso capire che i Leader politici non siano addentro alle questioni tecniche (e perché no?), ma queste uscite denotano soprattutto una scarsissima competenza a scegliersi i collaboratori e consulenti, competenza principe di chi vuol governare.
Mah, ne vedremo delle belle. Continuate al leggermi sul blog e io continuerò ad informarvi. E, se vi piace diffondete. Non vogliamo essere come Pinocchio con il Gatto e la Volpe.
La campagna elettorale è appena cominciata. Mattarella ha sciolto le Camere il 21 luglio, si vota il 25 settembre e già fra gli schieramenti cominciano i distinguo e i litigi.
Vogliamo ricordarli per i posteri?
Andiamo in ordine sparso.
Fino ad ora Salvini aveva liquidato la questione del Candidato premier con una battuta “chi prende un voto in più sarà Premier!” forte del quasi 35% dei sondaggi, a, ora che quel 35% è un sogno, scavalcato sia da Fratelli d’Italia che dal PD, vuole cambiare le regole, anteponendo l’anzianità del suo partito.
Poi, in questi giorni ha tenuto banco il bacio di Giuda: l’alleanza fra Calenda e Letta durata lo spazio di un mattino. I due politici sottoscrivono un patto, scritto da Calenda, per una alleanza elettorale che comprenda anche i partiti di Fratoianni e di Bonelli, ossia Sinistra italiana e Verdi. Però, dopo 24 ora, accampando scuse poco credibili [il patto l’aveva scritto lui] se ne va con chi, fin ora era il suo peggior nemico, ossia Matteo Renzi per un tezo polo che mai, da Fini a Monti, ha portato fortuna. Attenzione elettori tentati dai due “moderati”: il sistema elettorale in vigore, il vituperato Rosatellum ha il 33% di collegi uninominali “invisibili”: lì chi prende un voto in più prende tutto. La matematica, non la politica, dice che se in un collegio si presenta un candidato di destre e cinque che vanno dal centro alla sinistra, è matematico che quel collegio sarà appannaggio del candidato di destra. Nei collegi uninominali, lo dice la parola stessa non c’è il riparto secondo le proporzioni dei voti. Erto il loro programma è ambizioso: forti dei sondaggi che danno loro un 2,5% a testa vogliono “formare un grande centro per favorire il ritorno di Draghi”!!!!. Ma, forse, Renzi che è un po’ più furbetto di Calenda ZTL, qualcosa ha capito e ha concesso al nuovo amico di fare il front runner nella campagna elettorale (= se va bene guadagniamo in due, se va male sei tu che ti sputtani)
il bacio di Giuda
I Cinquestelle, che, forse – per bocca dell’avvocato del Popolo Conte, ancora si autodefiniscono la prima forza politica parlamentare con il 33% dei seggi [sì, il 4 marzo 2018, poi discesa libera] vogliono continuare a fare i puri e correranno da soli, forti di quell’8% che i sondaggi ancora accreditano loro. Solo che non comprendono che vanno da soli non perché sono “i Puri”, ma perché nessuno li vuole più. Hanno girato la frittata (Travaglio è un ottimo affabulatore), come i Puritani, padri pellegrini del Mayflower che andarono via dall’Europa per continuare ad esser puri (secondo loro) ma in effetti scapparono perché rompevano le scatole e tutti gli altri minacciavano di ucciderli. E ora Conte continua a sostenere che la crisi non è stata provocata dai Cinquestelle, bensì da Draghi che se ne è voluto andare.
Conte accusa Draghi per la caduta del Governo
Ma c’è qualcosa che non cambia mai nei programmi della Destra (ah, come ci vorrebbe una Destra seria in Italia: ne ho scritto qui): il ponte sullo stretto di Messina. Ponte sullo stretto: tre magiche paroline che, ad onta della continua proposizione nell’impossibile opera pubblica, fruttano milioni di consensi fra gli elettori calabresi e siculi e milioni di introiti (pubblici) per studi, consulenze e progetti). Non dico che sia un opera irrealizzabile o inutile, ma sottopongo a voi questi dati: in treno da Napoli a Reggio Calabria ci vogliono dalle 4 ore e 48 minuti alle 6 ore e 5 minuti; da Messina a Trapani ci vogliono oltre 9 ore con almeno 3 cambi. Non sarebbe meglio, con spesa molto inferiore affrontare il rifacimento della linea ferroviaria per consentire un tempo di viaggio accettabile prima dispensare, come una ciliegina sulla torta, al ponte sullo stretto. Ma va così: il ponte sullo stretto è un sogno, la linea ferroviaria da rifare è cosa concreta. I voti si danno ai sogni.
il Ponte sullo Stretto
La favorita, da tutti i sondaggi è la Meloni con i suoi Fratelli d’Italia che hanno capitalizzato milioni di intenzioni di voti stando all’opposizioni e criticando tutte le misure impopolari del Governo Conte II e del Governo Draghi, specialmente quelle sui vaccini, sul Green Pass e sui ristori alle categorie svantaggiate, La critica, senza proporre misure alternative, aiuta, e molto. I vaccini sono una dittatura sanitaria, non funzionano e, se funzionano, bisogna stare attenti alle categorie ai quali viene somministrato. Il Green pass è sicuramente una limitazione della libertà, ma è stata utile a spingere milioni di italiani a vaccinarsi.
La Lega, con Salvini, aveva fatto della Flat TAX (una sola aliquota per tutti) un suo cavallo di battaglia, smentendo in tutti i modi che fosse una tassa per ricchi. Ne aveva parlato, fino a ieri, come la panacea in di tutti i mali, insieme alla cd. “pace fiscale” (ossia all’ennesimo condono). Oggi, dice La Repubblica.it che, altro che flat tax ad aliquota unica. Salvini propone, senza tema di esser ridicolo, una flat tax con ben 18 aliquote un costo di 18 miliardi e senza alcuna copertura. BAH!!!
Salvini e la flat tax
E Letta? Perso nei “GRANDI TEMI” che stanno a cuore alla sinistra, come il DDL ZAN o come lo ius soli che alla maggioranza degli italiani, alle prese con le super bollette del gas, della elettricità, al caro alimentari, alla inflazione adue cifre che si mangia i risparmi (se ci sono ancora) importano come il due di picche.
Oltretutto Enrico Letta è attualmente impegnato a ridurre il PD ad entità subatomica, visto che prometteva seggi a destra e a manca a tristi figuri come Calenda, Bonelli, Fratoianni ed anche la Bonino, ben felici di attingere alla sempre più scarsa mangiatoia del PD per rimpinguare le attese percentuali di voti dell’1-2%; senza contare le diverse e contrapposte correnti del PD che continuano a farsi la guerra. Ma lui sta sereno.
Letta, stai sereno
Abbiamo detto tutto?.
No ci sono altre due cose importanti.
Vi ricordate di Gianlugi Paragone, quello della trasmissione televisiva “La Gabbia”. Da un po’ di tempo ha fondato un gruppo dal nome “italexit” dal conseguente programma di uscita dall’Unione europea. Pochi consensi, ma Paragone sta facendo scouting. Intorno a se ha aggregato tutta una galassia di novax, nopass, gilet gialli. Prendo un pezzo dell’articolo di Repubblica.it di oggi “Tra i candidati già annunciati ci sono Stefano Puzzer, animatore dei no green pass di Trieste, e Giovanni Frajese, medico contrario al «dogma dei vaccini». Ma c’è anche un pezzo di destra radicale che si sta saldando con Italexit. Tra le proposte del partito. Sempre sul fronte sovranista, ma spostato più a “sinistra”, c’è Italia sovrana e popolare. Tra i promotori ci sono Partito comunista, Patria socialista, Ancora Italia, Riconquistare l’Italia, Azione Civile di Antonio Ingroia e la ex leghista Francesca Donato. Il tentativo è quello di unificare battaglie in comune tra mondi altrimenti distanti: contro la Nato, contro l’euro, contro l’obbligo vaccinale e il Green pass. Lo slogan, anzi il nome originario, era Uniti per la costituzione. «Venerdì (domani, ndr) dovremmo aver raggiunto le 40 firme sul territorio nazionale, ci stanno aiutando centinaia di militanti», racconta il senatore Emanuele Dessì”.Persone – a mio giudizio – molto pericolose, perché non hanno alcun programma, sono solo “contro”. Pensate a Sara Cunial parlamentare (espulsa) dai Cinquestelle che continua a contestare l’efficacia dei vaccini e a convincere della loro pericolosità. E questi sono naturali alleati di Lega e Fratelli d’Italia che, a loro, più volte hanno strizzato l’occhio.
Stefano Paragone
Ma anche all’estrema sinistra personaggi ormai squalificati come Ingroia e De Magistris tentano l’aggregazione degli scontenti e degli “arrabbiati”: A sinistra-sinistra c’è la corsa alle firme anche di Unione popolare, promossa da Rifondazione comunista e Potere al popolo, guidata da Luigi De Magistris, il cui nome è stato apposto nel simbolo assieme all’arcobaleno pacifista. Oltre 600 banchetti in tutta Italia e alcune candidature già pronte: gli storici Piero Bevilacqua e Angelo d’Orsi, la giornalista del Tg2 Chiara Prato, la ex assessora della giunta Raggi a Roma Pinuccia Montanari. Tra le proposte: salario minimo a 10 euro l’ora e blocco del costo delle bollette. L’ex sindaco di Napoli potrebbe candidarsi nel collegio della sua città ma pure in Calabria, dove lo scorso anno, in solitaria, aveva preso il 16 per cento come candidato presidente.
Ingroia e la eurodeputata novax Donato
Ultima notazione che non riguarda l’Italia, bensì la politica internazionale ma i cui esiti ci riguarderanno da vicino:
L’FBI ha perquisito gli uffici di Trump alla ricerca di carte nascoste al Congresso su fatti internazionali e sulle sue tase non pagate: tutti gli agent sono stati minacciati di morte dai supporter di Trump che, a prima vista, sta organizzando la prossima campagna elettorale come una guerra civile.
Oggi Lega e Cinquestelle si sono incontrati per mettere a punto il “Contratto di Governo”. Prima i programmi e poi le persone, dicono i due leader.
Le indiscrezioni non mancano. Pare che dentro ci siano tutte le promesse fatte durante la campagna elettorale (clicca qui).
Sarebbe un Paese bellissimo se riuscissero a mantenerle tutte: abolizione della Fornero con tutti in pensione prima, flat tax con tutti che pagheranno tante tasse in meno, reddito di cittadinanza con soldi che arrivano senza lavorare, blocco dell’immigrazione, rivisitazione del conflitto di interesse.
Che bello!!!!
Ma perché nessuno ci ha pensato prima?
Ovvio, perché tutte queste meravigliose riforme costano.
Dubbie sono le possibilità di fermare i richiedenti asilo (clicca qui e clicca qui)
Con Berlusconi che fa l’ago della bilancia con il voto determinante della sua piccola pattuglia, ritengo difficile che venga fuori una legge seria sul conflitto di interessi.
A ciò si aggiungono i debiti pregressi come trovare subito i miliardi occorrenti per sterilizzare l’aumento dell’IVA e rispondere alla Commissione UE che chiederà a giorni il conto dei miliardi mancanti nella legge di stabilità dello scorso anno (clicca qui).
Non riusciranno a mantenere tutto, è certo. Allora troveranno un nemico che non ha loro consentito di mantenere le promesse. Facile immaginare quale sarà il bersaglio: l’Europa e l’Euro (clicca qui).
Forse i due neofiti del potere non sanno che in Europa ogni dossier è collegato all’altro: noi accettiamo di prenderci i migranti e la Commissione e la famigerata troika chiude un occhio sui nostri conti disastrati accontentandosi di darci un po’ di soldi per i migranti e di leggi manifesto che, solo sulla carta, correggono il debito pubblico.
Se cominciano ad approvare leggi in deficit e a stringere sui migranti la vedo nera con Bruxelles e, purtroppo, oggi comanda più Bruxelles che i Parlamenti nazionali.
Già la borsa perde e lo spread rialza la testa e il quantitative easing (clicca qui) che fin’ora ci ha protetto è agli sgoccioli.
La mezzanotte non è ancora arrivata. Prepariamoci alla notte gelida che ci attende.
Assistiamo in questi giorni, e fino alla convocazione dei Gruppi parlamentari al Colle per le consultazioni, alle “prove tecniche” per un governo Lega-Cinquestelle con Forza Italia socio di minoranza.
I numeri ci sono, le convergenze pure, ma nubi nere si affacciano all’orizzonte ed avvoltoi cominciano a girare in tondo prima ancora che ci sia alcuna preda e, chissà, forse anche loro lasceranno perdere, magari accusandosi l’un l’altro.
Cominciamo da stamattina. La seguitissima trasmissione radiofonica “Radio anch’io” (cliccando qui la registrazione del programma) ha cominciato ad intervistare economisti a raffica che, all’unisono, hanno sentenziato che l’Italia, con il debito pubblico che ha, non può permettersi di spendere un euro in più. Unica voce dissenziente, uno dei fondatori del partito greco Syriza di Tsipras che ha urlato contro le misure di austerità imposte dall’Unione europea, ma che il suo partito, al Governo in Grecia, segue pedissequamente.
Lo stesso “il Giornale” organo di uno dei partiti vincitori lo riconosce apertamente: (clicca qui) “Tutti lo sanno, ma pochi lo dicono apertamente. Nei prossimi mesi un ipotetico governo dovrà mettere da parte le promesse elettorali per cimentarsi su un unico compito. Difficilissimo. Trovare circa 31 miliardi di euro per evitare l’aumento dell’Iva nel 2019 e nel 2020. Impegno poco gratificante in termini di consenso, visto che si tratta di evitare un danno del passato. Cambiali firmate dal governo Gentiloni, lasciate in eredità agli esecutivi futuri durante la scorsa legislatura e che oggi, né il premier né il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, sembrano volere saldare.
Sono le famose clausole di salvaguardia su coperture incerte che si trascinano dal 2011 e che fino al 2018 sono state evitate. Non nel 2019. Dal prossimo anno l’aliquota Iva ordinaria dovrebbe aumentare dal 23% al 24,2%. Quella agevolata dal 10% all’11,5%. Tradotto, aumenti per la maggior parte dei beni di consumo, dall’abbigliamento agli alimentari”
Non solo, ma altra stampa ha dato la notizia che l’attuale ministro dell’economia (in carica per gli affari correnti) Piercarlo Padoan sarebbe intenzionato a non presentare al Parlamento e all’EUROPA, entro la scadenza del 15 aprile, neppure una bozza light del “documento di programmazione economica e finanziaria o DEF” lasciando tutto l’onere e l’onore al Governo prossimo venturo. D’altra parte, può un ministro in carica per gli affari correnti, impegnarsi in scelte di politica economica per i prossimi due anni?
Partiranno i soliti piagnistei, tipo quelli della Giunta Raggi per la quale ogni guaio che succede oggi a Roma è sempre colpa dei suoi predecessori, nonostante a giugno compia due anni di mandato.
Le scelte di politica economica fatte dai Governi precedenti sono comunque frutto di regole comunitarie che liberamente abbiamo accolto o proposto, come la legge costituzionale sul pareggio di bilancio, proposta dall’allora ministro del Governo Berlusconi Tremonti e poi approvata dal Governo Monti.
Staremo a vedere. Ma l’esito mi pare scontato: occhio al portafogli!!!
E… attenti a quei due. Scemi non sono…. forse si metteranno paura e se ne andranno….
Uno specchietto riassuntivo di tutte le balle sparate in vista delle prossime elezioni lo trovate qui.
La Repubblica e La Stampa da giorni mettono sotto la lente i programmi dei partiti smontandone le false coperture.
Ma è forse un esercizio simpatico, ma non indispensabile.
Sapete tutti che chiunque vincerà (se qualcuno vincerà) non potrà spendere un euro. No, neppure uno.
Sono anni, ormai, che le leggi di bilancio di tutti i Paesi Ue sono passate al vaglio della Commissione europea che vi appone la sua certificazione e, senza la certificazione UE, si va in infrazione e son dolori.
Già ora, prima delle elezioni, sappiamo che la Commissione europea non validerà la legge di stabilità 2018, imponendoci, a maggio, una manovra correttiva da 3-5 miliardi.
Figuriamoci per il futuro con le promesse elettorali da 200 miliardi e passa.
Usciamo dall’Europa, dirà qualcuno. A parte che ora ci siamo e anche se volessimo uscire, devono passare due anni di negoziati durante i quali rimaniamo dentro a pieno titolo. Ma dove andiamo? Uscire dall’Europa non è né facile, né conveniente. La Gran Bretagna sta faticando tanto e non ha il nostro spaventoso debito pubblico. Per Londra, solo il costo monetario dell’uscita si aggira sui 40/50 miliardi di Euro, senza contare che, una volta uscita i prezzi delle merci importate dall’UE saranno maggiorate da dazi vari.
Quindi, nessuna promessa che comporta una spesa sarà mantenuta, ne siamo certi.
Ieri sera, 14 febbraio, in contemporanea sule reti TV, Renato Brunetta e Silvio Berlusconi hanno deliziato i telespettatori con l’uovo di Colombo, con la bacchetta magica della “FLAT TAX”.
L’idea della flat tax è ripresa anche dai Grillini.
E’ una risorsa, è una fregatura? Non lo so. Io cerco di spiegare a me stesso cosa ho capito.
Io so cosa dice la nostra Costituzione all’articolo 53: ““Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”.
Cosa significa? Significa che se Pinco guadagna 100, pagherà, ad esempio, 20 di imposta (IRPEF), ma se Pallino guadagna 200, non pagherà 40, bensì 50. Ossia, man mano che sale il guadagno, l’imposta da pagare è più che proporzionale.
Questo è quello che dice la Costituzione.
Quindi, a meno di una riforma costituzionale, la flat tax, che progressiva non è, non potrà esistere.
Ma queste sono formalità. Vediamo se ho capito bene.
Nella proposta della Destra, chi ha un reddito fino a 15.000 euro continuerà a pagare il 23% del reddito al fisco.
Chi guadagna di più, vedrà ridursi l’aliquota marginale del 27%, del 38%, del 41%, del 43% al solo 23%!!!!!.
Ossia, i poveri pagheranno lo stesso, i ricchi di meno. Ci sarà un grosso ammanco nelle entrate fiscali.
Come sarà coperta? Ossia con quali maggiori entrate o minori spese si compenserà il minor gettito?
Per prima cosa Brunetta e Berlusconi dicono di voler abolire tutti gli “sconti”, ossia tutte le deduzioni e detrazioni oggi previste.
Infatti, come ognuno sa, abbiamo agevolazioni fiscali per la prima casa, per le spese mediche, per i carichi familiari, per i miglioramenti energetici, etc….
Ma queste agevolazioni valgono sia per chi guadagna poco sia per chi guadagna molto. Ci vuol poco a capire che 600 euro di spese dentistiche hanno un diverso peso per chi guadagna 15.000 euro l’anno e per chi ne guadagna 200.000.
Ma il mantra recitato da Belusconi & Company è un altro.
Se riduco le tasse a chi è più ricco ho due vantaggi:
Diventa meno conveniente evadere il fisco, quindi avrò meno evasione fiscale.
I quattrini non versati al fisco dai “ricchi” saranno reinvestiti nelle imprese con un miglioramento dell’occupazione.
Personalmente non ci credo. E’ una eventualità per “cittadini onesti”. Scommetto quanto volete che chi evade oggi cento, domani evaderà anche dieci e che i soldi risparmiati non prenderanno la via delle assunzioni o degli investimenti, bensì la via di Zurigo o delle Cayman.
Insomma, come si dice a Roma, è una sòla, i poveri pagheranno comunque, i ricchi di meno.
Riporto un bell’articolo di Repubblica , con qualche mio commento, sulle roboanti promesse elettorali. La più costosa è la carta dell’abolizione della riforma pensionistica che porta la firma Monti-Fornero, capace di scatenare un ammanco sui conti pubblici a regime (nel 2025) di circa 80 miliardi. Ma anche l’introduzione di una “flat tax” – ovvero di un’aliquota unica sui redditi Irpef – ha un peso non da poco, che oscilla tra i 30 miliardi del “modello Berlusconi” ai 40 miliardi della proposta targata Lega. Al valzer delle promesse che sta caratterizzando questa campagna elettorale in vista del voto del 4 marzo non si è sottratto neppure il Pd di Matteo Renzi, che ha tentato la sortita a effetto con l’abolizione del canone Rai: vale 1,8 miliardi.
Da questa baraonda non si sono sottratti neppure i Cinquestelle, con il loro pallino del rddito di cittadinanza con copertura inesistente e con il rischio di scatenare una guerra fra chi ha una pensione alta (indipendentemente dagli anni di contributi) e chi ha una pensione bassa (indipendentamente dagli anni di contributi) Ecco la tabella, in continuo aggiornamento, delle promesse avanzate dai partiti in vista delle urne e del loro costo per il bilancio pubblico, qualora dovessero diventare leggi del nuovo Parlamento. Ricordo che lo Stato italiano, ogni anno, prima ancora di tirare furori un euro per finanziare qualsiasi cosa, deve trovare 80 miliardi di euro per finanziare gli interessi da pagare sul debito pubblico. Da qui l’evidente impossibilità del mantenimento delle promesse.
Addirittura, i vescovi italiani hanno definito «immorale» un tale modo di agire, il quadro si fa ancor più chiaro. E, meno male che l’ultimo sondaggio SWG ci dice che solo il 25% degli italiani crede a queste promesse.
Il rischio è che si allontani ancra di più la distanza fra i cittadini e i partiti con una colossale autodelegittimazione da parte di questi ultimi.
I PROGRAMMI A CONFRONTO: PROPOSTE E COSTI
Le promesse in campagna elettorale
Chi avanza la proposta?
Quanto costa alle casse dello Stato?
TASSE
Introduzione flat tax
Berlusconi e Lega
40 miliardi nella versione Lega, circa 30 nel modello Berlusconi. Da Notare che sarebbe anche incostituzionale perché non informata a criteri di progressività, come detta la costituzione. La Flat tax significa che i poveri continano a pagare (fino al 20 %o 23% secondo le varie versoni) quello che pagavano prima. I ricchi, la cui aliquota è ore quasi del 50% pagherebbero la metà (sempre il 20 o il 23%). Secondo i promotori, i soldi liberati andrebbero a finanziare nuovi posti di lavoro. Secondo me prenderebbero la via delle isole Cayman.
Abolizione Irap
Berlusconi
23 miliardi. Il gettito è sceso nettamente dopo il 2015, con gli sconti inseriti nella legge di Stabilità di allora (prima si era sui 30 miliardi)
Abolizione tasse su successioni e donazioni
Berlusconi
Oltre 720 milioni di gettito nel 2016, in crescita del 6% fino a novembre del 2017
No-Tax area elevata
Cinque stelle
Elevare l’esenzione dalle tasse da 8.100 a 10.000 euro (circa 2,7 milioni di contribuenti con oltre 20 miliardi di redditi). Il programma prevede anche la riduzione delle aliquote Irpef e abolizione di studi di settore, spesometro, split payment ed Equitalia
PENSIONI e WELFARE
Abolizione Fornero
Lega e Berlusconi
80 miliardi a regime nel 2025. Le semplici correzioni degli “effetti deleteri” come da intesa di Arcore (esenzione precoci e congelamento a 67 anni), circa 12 miliardi
Pensione alzata fino a 1.000 euro per tutti, casalinghe incluse
Berlusconi
7 miliardi
Pensione minima a 780 euro
Cinque stelle
Da finanziare con i tagli alle pensioni sopra 5mila euro (componente retributiva). Anche se molti, troppi economisti per non dar loro ascolto, hanno giurato e spergiurato che anche tagliando a zero le (poche) pensioni sopra i 5.000 euro non si riuscirebbe a coprire la spesa. Verrebbe poi in essere una guerra sociale fra chi ha la pensione bassa perché ha pochi anni di contributi versati (baby pensionati) o perché (quando si poteva) è andato in pensione con 20 anni di contributi e chi, lavorando per oltre 42 anni, ha un apensione alta perché se la è guadagnata (quando vigeva il il sistema retributivo) e non se la è rubata.
Quota 100 e 41 di contributi
Cinque stelle (e Forza Italia in parte)
Pensionamento bloccato: significa 59 anni di età e 41 di contributi. Spesa molto alta
Introduzione redditi anti-povertà
Berlusconi
Cinque stelle
Il reddito di dignità di Berlusconi costerebbe 29 miliardi e investirebbe 2 milioni di famiglie. Stesso costo per il reddito di cittadinanza di M5S che tuttavia contesta le stime e si attesta a 15 miliardi
FAMIGLIA E FIGLI
Assegno universale
Renzi Pd
Assegno collegato ai figli: parte da 250 euro netti mensile fino a 2 anni e scende a 100 euro da 18 a 25 anni. L’assegno universale si riduce gradualmente dopo i 55 mila euro.
Verrebbero aboliti gli attuali assegni familiari e le detrazioni per i figli a carico, oltre ai vari bonus. Costo da finanziare: 9-10 miliardi
Quoziente familiare
Cenni in Forza Italia, Cinque Stelle, Lorenzin
Il sistema francese abbatte l’imponibile familiare in base ai componenti. Costo: 30 miliardi
Natalità
Cinque Stelle
Iva agevolata per i prodotti neonatali e più detrazioni per assumere colf e badanti (con 17 miliardi di risorse sul piatto)
Asili nido gratis
Meloni, Grasso, Cinque stelle, Lorenzin
300 milioni
VARIE
Abolizione canone Rai
Renzi Pd
1,8 miliardi per 20 milioni di utenti che pagano 90 euro l’anno