Archivio degli articoli con tag: Giorgia Meloni e Vox

Nella sua continua metamorfosi, Giorgia Meloni ora si proclama europeista, assertrice dell’Unione europea che, però, vorrebbe più incisiva, autorevole ed attenta agli interessi delle “nazioni” che la compongono, citando ad esempio Polonia e Repubblica Ceka.

Se assumiamo a barometro gli interventi di Giorgia Meloni ai raduni del partito postfranchista spagnolo VOX, non possiamo negare che gli accenti del discorso dell’estate scorsa  (link qui e qui) si siano piuttosto sfumati nel discorso di ieri (link qui).

Oltre le parole, però, Giorgia Meloni non si rende conto (oppure, finge di non rendersi conto) che il senso di quanto ha detto (Europa più incisiva, autorevole ed efficiente ma attenta agli interessi delle nazioni che la compongono) contiene una contraddizione insanabile che stravolge, se non chiarita, tutti i suoi discorsi sul tema.

Un qualsiasi consesso, che sia il consiglio di amministrazione di una multinazionale o una assemblea di condominio, può agire con efficienza e rapidità solo quando, rappresentando gli interessi non dei singoli azionisti o condòmini, ma della multinazionale o del condominio, parla con una voce sola senza lunghe e difficili intermediazioni con chi rappresenta gli interessi dei singoli componenti. Questi interessi, come ben comprende chi ha mai partecipato ad una semplice riunione di condominio, all’interno del consesso (multinazionale, condominio o Unione europea), tranne nel caso di una minaccia contingente esterna (vedi l’acquisto in comune dei vaccini anti COVID), non coincidono mai.

Vedi il caso del Price-cap sul gas il cui prezzo non è “fatto” da Putin, bensì dalla borsa di Amsterdam. Gli interessi degli Stati membri su questo tema divergono. Da una parte i Paesi che abbisognano di gas e che sono in crisi economica (vedi l’Italia) e che vogliono un tetto comune al prezzo del gas, dall’altra i Paesi che ci guadagnano (vedi Governo olandese che ricava vantaggi dalla Borsa del gas nel proprio Paese) o che si possono permettere di pagare, senza far “arrabbiare” Putin (vedi Germania che ha stanziato 200 miliardi, cosa impossibile per Paesi come l’Italia) e che, quindi, sono restii a fissare un prezzo massimo comune. Allora, quale sarà la voce unica ed autorevole dell’Unione europea? Non ci sarà. Sarà una vocina flebile frutto di contorcimenti e contrattazioni fra i singoli Stati.

Quello che frena l’azione dell’Europa è quella maledetta clausola dell’unanimità che vige all’interno del Consiglio europeo, massimo organo politico e decisionale dell’Unione. Basta il veto di uno Stato membro per bloccare qualsiasi iniziativa.

Uno Stato membro pone il veto – e spesso lo abbiamo visto proprio con Polonia e Repubblica Ceka – quando la decisione che si sta per assumere a vantaggio dell’intera Unione, confligge con il singolo interesse nazionale.

Giorgia Meloni dovrà decidersi: o europeista o nazionalista. Non può esistere una Unione europea nazionalista, se non nel senso di una Unione europea che faccia gli interessi dell’Unione e non dei singoli Stati membri.

E pur la nostra Costituzione, sulla quale Giorgia Meloni giurerà se Mattarella le affiderà il compito di formare il nuovo Governo, lo dice esplicitamente all’articolo 11: “[L’Italia] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Vedremo cosa farà la probabile Presidente del Consiglio dei ministri per sciogliere e risolvere questa contraddizione.

La campagna elettorale è appena cominciata. Mattarella ha sciolto le Camere il 21 luglio, si vota il 25 settembre e già fra gli schieramenti cominciano i distinguo e i litigi.

Vogliamo ricordarli per i posteri?

Andiamo in ordine sparso.

Fino ad ora Salvini aveva liquidato la questione del Candidato premier con una battuta “chi prende un voto in più sarà Premier!” forte del quasi 35% dei sondaggi, a, ora che quel 35% è un sogno, scavalcato sia da Fratelli d’Italia che dal PD, vuole cambiare le regole, anteponendo l’anzianità del suo partito.

Poi, in questi giorni ha tenuto banco il bacio di Giuda: l’alleanza fra Calenda e Letta durata lo spazio di un mattino. I due politici sottoscrivono un patto, scritto da Calenda, per una alleanza elettorale che comprenda anche i partiti di Fratoianni e di Bonelli, ossia Sinistra italiana e Verdi. Però, dopo 24 ora, accampando scuse poco credibili [il patto l’aveva scritto lui] se ne va con chi, fin ora era il suo peggior nemico, ossia Matteo Renzi per un tezo polo che mai, da Fini a Monti, ha portato fortuna. Attenzione elettori tentati dai due “moderati”: il sistema elettorale in vigore, il vituperato Rosatellum ha il 33% di collegi uninominali “invisibili”: lì chi prende un voto in più prende tutto. La matematica, non la politica, dice che se in un collegio si presenta un candidato di destre e cinque che vanno dal centro alla sinistra, è matematico che quel collegio sarà appannaggio del candidato di destra. Nei collegi uninominali, lo dice la parola stessa non c’è il riparto secondo le proporzioni dei voti. Erto il loro programma è ambizioso: forti dei sondaggi che danno loro un 2,5% a testa vogliono “formare un grande centro per favorire il ritorno di Draghi”!!!!. Ma, forse, Renzi che è un po’ più furbetto di Calenda ZTL, qualcosa ha capito e ha concesso al nuovo amico di fare il front runner nella campagna elettorale (= se va bene guadagniamo in due, se va male sei tu che ti sputtani)

il bacio di Giuda

I Cinquestelle, che, forse – per bocca dell’avvocato del Popolo Conte, ancora si autodefiniscono la prima forza politica parlamentare con il 33% dei seggi [sì, il 4 marzo 2018, poi discesa libera] vogliono continuare a fare i puri e correranno da soli, forti di quell’8% che i sondaggi ancora accreditano loro. Solo che non comprendono che vanno da soli non perché sono  “i Puri”, ma perché nessuno li vuole più. Hanno girato la frittata (Travaglio è un ottimo affabulatore), come i Puritani, padri pellegrini del Mayflower che andarono via dall’Europa per continuare ad esser puri (secondo loro) ma in effetti scapparono perché rompevano le scatole e tutti gli altri minacciavano di ucciderli. E ora Conte continua a sostenere che la crisi non è stata provocata dai Cinquestelle, bensì da Draghi che se ne è voluto andare.

Conte accusa Draghi per la caduta del Governo

Ma c’è qualcosa che non cambia mai nei programmi della Destra (ah, come ci vorrebbe una Destra seria in Italia: ne ho scritto qui): il ponte sullo stretto di Messina. Ponte sullo stretto: tre magiche paroline che, ad onta della continua proposizione nell’impossibile opera pubblica, fruttano milioni di consensi fra gli elettori calabresi e siculi e milioni di introiti (pubblici) per studi, consulenze e progetti). Non dico che sia un opera irrealizzabile o inutile, ma sottopongo a voi questi dati: in treno da Napoli a Reggio Calabria ci vogliono  dalle 4 ore e 48 minuti alle 6 ore e 5 minuti; da Messina a Trapani  ci vogliono oltre 9 ore con almeno 3 cambi. Non sarebbe meglio, con spesa molto inferiore affrontare il rifacimento della linea ferroviaria per consentire un tempo di viaggio accettabile prima dispensare, come una ciliegina sulla torta, al ponte sullo stretto. Ma va così: il ponte sullo stretto è un sogno, la linea ferroviaria da rifare è cosa concreta. I voti si danno ai sogni.

il Ponte sullo Stretto

La favorita, da tutti i sondaggi è la Meloni  con i suoi Fratelli d’Italia che hanno capitalizzato milioni di intenzioni di voti stando all’opposizioni e criticando tutte le misure impopolari del Governo Conte II e del Governo Draghi, specialmente quelle sui vaccini, sul Green Pass e sui ristori alle categorie svantaggiate, La critica, senza proporre misure alternative, aiuta, e molto. I vaccini sono una dittatura sanitaria, non funzionano e, se funzionano, bisogna stare attenti alle categorie ai quali viene somministrato. Il Green pass è sicuramente una limitazione della libertà, ma è stata utile a spingere milioni di italiani a vaccinarsi.

La Giorgia Meloni in questi ultimi mesi si sta rifacendo il trucco: si dichiara atlantista e filo ucraina, ma il discorso fascista al congresso spagnolo di Vox non ce lo siamo dimenticato  dove sfoderò tutta la antologia fascista contro i migranti e i LGBT.

Giorgia Meloni in Spagna dai Vox

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La Lega, con Salvini, aveva fatto della Flat TAX (una sola aliquota per tutti) un suo cavallo di battaglia,  smentendo in tutti i modi che fosse una tassa per ricchi. Ne aveva parlato, fino a ieri, come la panacea in di tutti i mali, insieme alla cd. “pace fiscale” (ossia all’ennesimo condono). Oggi, dice La Repubblica.it che, altro che flat tax ad aliquota unica. Salvini propone, senza tema di esser ridicolo, una flat tax con ben 18 aliquote un costo di 18 miliardi e senza alcuna copertura. BAH!!!

Salvini e la flat tax

E Letta? Perso nei “GRANDI TEMI” che stanno a cuore alla sinistra, come il DDL ZAN o come lo ius soli che alla maggioranza degli italiani, alle prese con le super bollette del gas, della elettricità, al caro alimentari, alla inflazione adue cifre che si mangia i risparmi (se ci sono ancora) importano come il due di picche.

Oltretutto Enrico Letta è attualmente impegnato a ridurre il PD ad entità subatomica, visto che prometteva seggi a destra e a manca a tristi figuri come Calenda, Bonelli, Fratoianni ed anche la Bonino, ben felici di attingere alla sempre più scarsa mangiatoia del PD per rimpinguare le attese percentuali di voti dell’1-2%; senza contare le diverse e contrapposte correnti del PD che continuano a farsi la guerra. Ma lui sta sereno.

Letta, stai sereno

Abbiamo detto tutto?.

No ci sono altre due cose importanti.

Vi ricordate di Gianlugi Paragone, quello della trasmissione televisiva “La Gabbia”. Da un po’ di tempo ha fondato un gruppo dal nome “italexit” dal conseguente programma di uscita dall’Unione europea. Pochi consensi, ma Paragone sta facendo scouting. Intorno a se ha aggregato tutta una galassia di novax, nopass, gilet gialli. Prendo un pezzo dell’articolo di Repubblica.it di oggi “Tra i candidati già annunciati ci sono Stefano Puzzer, animatore dei no green pass di Trieste, e Giovanni Frajese, medico contrario al «dogma dei vaccini». Ma c’è anche un pezzo di destra radicale che si sta saldando con Italexit. Tra le proposte del partito. Sempre sul fronte sovranista, ma spostato più a “sinistra”, c’è Italia sovrana e popolare. Tra i promotori ci sono Partito comunista, Patria socialista, Ancora Italia, Riconquistare l’Italia, Azione Civile di Antonio Ingroia e la ex leghista Francesca Donato. Il tentativo è quello di unificare battaglie in comune tra mondi altrimenti distanti: contro la Nato, contro l’euro, contro l’obbligo vaccinale e il Green pass. Lo slogan, anzi il nome originario, era Uniti per la costituzione. «Venerdì (domani, ndr) dovremmo aver raggiunto le 40 firme sul territorio nazionale, ci stanno aiutando centinaia di militanti», racconta il senatore Emanuele Dessì”.Persone – a mio giudizio – molto pericolose, perché non hanno alcun programma, sono solo “contro”. Pensate a Sara Cunial parlamentare (espulsa) dai Cinquestelle che continua a contestare l’efficacia dei vaccini e a convincere della loro pericolosità. E questi sono naturali alleati di Lega e Fratelli d’Italia che, a loro, più volte hanno strizzato l’occhio.

Stefano Paragone

Ma anche all’estrema sinistra personaggi ormai squalificati come Ingroia e De Magistris tentano l’aggregazione degli scontenti e degli “arrabbiati”: A sinistra-sinistra c’è la corsa alle firme anche di Unione popolare, promossa da Rifondazione comunista e Potere al popolo, guidata da Luigi De Magistris, il cui nome è stato apposto nel simbolo assieme all’arcobaleno pacifista. Oltre 600 banchetti in tutta Italia e alcune candidature già pronte: gli storici Piero Bevilacqua e Angelo d’Orsi, la giornalista del Tg2 Chiara Prato, la ex assessora della giunta Raggi a Roma Pinuccia Montanari. Tra le proposte: salario minimo a 10 euro l’ora e blocco del costo delle bollette. L’ex sindaco di Napoli potrebbe candidarsi nel collegio della sua città ma pure in Calabria, dove lo scorso anno, in solitaria, aveva preso il 16 per cento come candidato presidente.

Ingroia e la eurodeputata novax Donato

Ultima notazione che non riguarda l’Italia, bensì la politica internazionale ma i cui esiti ci riguarderanno da vicino:

L’FBI ha perquisito gli uffici di Trump alla ricerca di carte nascoste al Congresso su fatti internazionali e sulle sue tase non pagate: tutti gli agent sono stati minacciati di morte dai supporter di Trump che, a prima vista, sta organizzando la prossima campagna elettorale come una guerra civile.

supporter di Trump

La Cina prende la palla al balzo delle rivendicazioni russe sull’Ucraina per far soffiare venti di guerra non solo su Taiwan, ma anche sui confini ad alte quote con l’India.

Come finirà? Io l’ho già preconizzato. Non mi piace per nulla. Ma tant’è; è l’ipotesi più probabile e l’ho già esposta qui: https://sergioferraiolo.com/2022/08/09/va-tutto-bene/

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