Sono loro che stanno conducendo la lotta contro il regime teocratico degli Ayatollah. Loro a mani nudo e con i capelli sciolti. A rischio della vita. E quante ne sono state uccise: 3? 15? 38? 100?
Come i talebani o mullah e gli ayatollah hanno paura delle donne. L’ho visto con i miei occhi. Sanno.che la intelligenza è femminile, che loro. Monaci e funghetti sono una razza in via di estinzione. Sono destinati a soccombere anche se aumentano la violenza.
Ho parlato con il.meraviglioso popolo iraniano. Sono orgogliosi, vogliono che la loro liberazione sia causata da loro stessi.
Da noi vogliono solo che l’attenzione rimanga alta, che non si spengono i riflettori, che la loro protesta non diventi un routinario fatto di cronaca nei TG.
Negli anni ci sono state altre proteste ma ora è diverso, come mi spiegava una attivista iraniana. Le proteste erano state sempre portate avanti dalle donne che, forti di una piena scolarizzazione, mal sopportavano la condizione di sottomissione al maschio imposta dagli ayatollah. Le proteste precedenti sono fallite perché ai corti delle donne non si univano i cortei di protesta dei maschi, che non subivano vessazioni dal regime. Ora è diverso: anche i maschi hanno preso piena coscienza dello stato di sottomissione in cui viene tenuto il popolo, eclatante ai mondiali di calcio del Qatar il non cantare l’inno nazionale, protesta poi rientrata per le minacce trasversali del Regime alle famiglie dei calciatori.
Insomma il popolo ora è unito e, forse, nonostante la ritrosia occidentale, timorosa di perdere le forniture di petrolio, siamo arrivati allo showdown: il forte orgoglio iraniano, pari forse solo a quello argentino non permetterà ulteriori esecuzioni.
La causa scatenante è stata l’arresto, e la susseguente esecuzione di Masa Amini, ragazza curdo-irachena accusata, pensate un po’, di non portare correttamente il velo. Vedete le foto di questo posto e ditemi chi porta correttamente il chador.
Lì mi dicevano che , in genere, non ci facevano caso, ma se un Basij che magari ha litigato con la fidanzata ed è incavolato vede una coppia che si tiene per mano, scatta la repressione. I giovan iraniani delle città, Teherana, Esfahan, Tabriz, Schiraz in nulla si differenziano dai ragazzi europei ed americani: ascoltano la stessa musica, mangiano lo stesso cibo, vestono in jeans e cmicia, nel 30% dei casi – per le donne – coperti dal Chador. Ma portato in modo molto sportivo. Il Cahador integrale, in Iran, sopravvive solo nei piccoli paesi montani, come mostrato nel bellissimo film “Gli orsi non esistono” del regista dissidente (e imprigionato) Jafan Panahi.
In Iran e autorità temono molto le donne, perché più ribelli alle rigide regole islamiche. Da loro partirà (ed è partita) la rivoluzione contro il regime teocratico.
Ricordo un episodio a QOM, la città santa. Chiunque arrivi a QOM ha diritto ad una guida gratuita che spiega la religione e i simboli della stessa. Ci fu assegnato un “funghetto” (come lì chiamano i monaci) che cominciò ad urlare perché la parte femminile del nostro gruppo si era messa a parlare (e scambiare informazioni) con le donne iraniane, Grande pericolo la commistione!!!! Per i “funghetti” potevano essere scambiate informazioni pericolose per il regime teocratico. “Questa è QOM, la città sacra, non si parla, si prega”, era l’urlo del regime.
A questo punto mi piace ripubblicare un aricolo dle 2018, scritto proprio i Iran, durante un viaggio di piacere. Ve lo consiglio, Andate in Iran: avrete sorprese su sorprese:
Se li chiamare arabi si offendono, Sono iraniani, parlano la lingua farsi.
Non c’è niente di arabo: tutto pulitissimo, L’insalata si mangia senza lavalrla, cos’ come i denti,
Il popolo è pronto al confronto; ti cerca, uno sguardo alla donna in chador non è declinati, bensì è un invito.
Gli schemi mentali sono quelli nostri.
Mi piace ripubblicare un articolo del 2018, scritto mentre ero in Iran dove ho incontrato un Grande Popolo, soprattutto le donne.
Kerman. IRAN, novembre 2018 Scrivo da Kerman, in Iran. Sono in vacanza con un gruppo di Avventure nel mondo e caso ha voluto che, per i previsti lunghi voli e tragitti in bus, fra gli altri Ebook, mi sia portato l’ultimo libro di Federico Rampini “Quando inizia la nostra storia” preso da Amazon il giorno prima di partire. Ho usato un po’ il primo capitolo, dedicato all’Iran, come guida.
Forse perché Rampini è giornalista ed è anche americano, all’aeroporto le formalità del visto in arrivo (Teheran) sono state per molto più veloci, non più di 5 minuti: l’addetto al quale abbiamo mostrato la Email di riscontro della richiesta di visto in arrivo ha stampato il “visto” e ci ha restituito il mucchietto di fogli insieme ai passaporti senza neppure accoppiarli.
La gentilissima addetta alla assicurazione sanitaria ci ha chiesto se la avevamo e, alla nostra risposta positiva, non ha voluto neppure guardarle.
Polizia quasi inesistente.
Cambio. Confermo che sia all’aeroporto, sia nelle banche non siamo riusciti a cambiare i nostri Euro con i Ryals al cambio ufficiale di 47.000 Ryals per Euro. Più che di mercato “nero” (ossia nascosto) della valuta, parlerei di mercato “parallelo”. Sulle vie di Teheran ci sono, alla luce del sole, negozi di cambio che espongono, sui display elettronici, il tasso praticato: siamo sui 163.000 Ryals per euro. (Dopo 15 gg a Shiraz era circa 150.000 Ryals per euro) Il gasolio 3.000 Ryals, la benzina 10.000 Ryals.
Una abbondante cena per 7 in un buon ristorante ci viene sui 4 milioni di Ryals. Una camera doppia in un albergo 3 stelle sui 12 euro 25 euro se l’albergo era quattro stelle.
La rivoluzione partirà dalle donne e non solo da quanti centimetri di capelli lascia scoperto il jihab. A Teheran e a Eshfan ormai lo portano solo sulla nuca o appeso allo chignon alto.
Sono le donne ad avvicinarci a chiedere e a voler avere contatti. Spinto da questa novità, ho provato un gesto che mai avevo tentato in un paese musulmano, anche tollerante, come il Ladakh o il Kashmir: sorridendo ho guardato fisso negli occhi ogni donna. Nessuna ha abbassato lo sguardo. Quelle con il chador (30%) magari rispondevano solo ricambiando il sorriso. Quelle vestite normalmente, solo con il foulard, rispondevano (rispondono, visto che sono ancora in Iran) al sorriso e allo sguardo diretto. Come fosse un segnale, la maggior parte si fermava per un saluto, per una foto, per un selfie, per un semplice “da dove venite?”.
E il clero ha paura delle donne. A Qom la guida obbligatoria (il funghetto, così chiamano lì gli esponenti del clero) ci stava radunando ed aspettava con impazienza che due donne del nostro gruppo si avvicinassero. Appena ha compreso che si stavano scambiando i biglietti di visita con alcune ragazza iraniane, è andato su tutte le furie ed è corso a rincorrerle riportandole indietro bofonchiando ad alta voce “Questo è un luogo sacro, non un posto per scambiarsi informazioni!”. Non ci ha più lasciati e, dopo una visita frettolosa della moschea ci ha negato il permesso di rimanere da soli all’ interno, quasi cacciandoci fuori. Non ha avuto paura di trasgredire le regole che vietavano di fotografare all’interno della moschea (ci ha permesso di usare le nostre reflex), ma ha avuto paura del contatto fra una iraniana e una forestiera. Non ho trovato uguale curiosità per l’occidente nei maschi iraniani.
Sì, la rivoluzione verrà dalle donne.
Anche la nostra guida, una iraniana di un quarantina d’anni, pur svicolando con un sorriso, le domande più scabrose sullo Stato teocratico, non ha avuto alcuna esitazione a illustrare i rapporti omosessuali e le libagioni nei dipinti della residenza dello Scià a Esfahan.
Ci ha detto che un insegnante guadagna 13 milioni di Ryals, un alto dirigente il doppio e che le sanzioni hanno portato una quadruplicazione dei prezzi.
Ci ha raccontato che nei paesi se un ragazzo e una ragazza si parlano, subito i genitori si incontrano e il matrimonio non combinato si celebrerà non oltre due settimane. A Teheran e a Esfahan o a Shiraz la situazione è molto simile alla nostra con fidanzamento e libere frequentazioni (sempre che un religioso non li prenda di mira) . Per la crisi economica l’età del matrimonio si è spostata in avanti: 25/28 anni per le donne, oltre i 30 per gli uomini. Bisogna pur mettere i soldi da parte per la casa…
Ci ha anche raccontato che a Teheran e Esfahan esistono diversi casi di convivenza more uxorio, ma sono molto malvisti.
Vige l’aurea regola “dell’occhio non vede, cuore non duole”.
Purtroppo le rigide regole sussistono ma sono sempre meno applicate. Ma, purtroppo, qualche guardiano della rivoluzione o guardiano della fede quando litiga con la moglie o con il capo, magari ha voglia di rifarsi con una povera coppia che si tiene per mano.
Bello il ponte dei poeti dove ci hanno invitato a cantare, sfruttando la perfetta acustica delle arcate, “o sole mio”. Peccato che il fiume non c’è più, deviato per portare le sue acque ai campi agricoli riarsi.
Di Trump e delle sanzioni ho parlato con un ex-dipendente ENI (faceva lo interprete inglese/farsi),.Era molto preoccupato perché la Europa è debole e non osa contraddire Trump. Fra l’America e l’Iran, sosteneva, l’Europa preferisce sempre l’America. Era informatissimo. Ho parlato con lui il giorno dopo le elezioni di midterm. Era molto deluso del risultato non brillantissimo dei democratici, ma fiducioso che fra due anni Trump vada a casa. “Intanto il petrolio lo venderemo alla Cina, anche se non ci piace.
Per le strade la polizia praticamente non si vede, solo qualche militare nei bazar.
Un po’ asfissianti i controlli sulle strade, non per noi, però: ogni 50/100 km. Il nostro autista deve fermarsi e portare i suoi documenti alla stazione di polizia. Sul nostro bus privato non è mai salito un poliziotto.
Gli iraniani ci coccolano e sono il popolo più affettuoso che abbia mai visto; e di popoli ne ho visti tanti.
La pulizia regna sovrana. Primo paese dell’oriente (medio o estremo) dove si beve l’acqua del rubinetto e si mangia tranquillamente la verdura cruda.
Le strade, almeno quelle di grande comunicazione, fanno invidia alle nostre migliori.
In Iran stanno accadendo disordini provocati dalla uccisione di una ragazza curdo-iraniana che, mentre era in vacanza a Teheran con la famiglia, è stata arrestata dalla polizia morale con l’accusa di non portare bene il velo. È ricomparsa cadavere 48 ore dopo ma con profonde ecchimosi. È morta di infarto dicono le autorità. Un caso Cucchi iraniano.
In Iran e autorità temono molto le donne, perché più ribelli alle rigide regole islamiche. Da loro partirà la rivoluzione contro il regime teocratico.
Mi piace ripubblicare un articolo del 2018, scritto mentre ero in Iran dove ho incontrato un Grande Popolo, soprattutto le donne.
Kerman. IRAN, novembre 2018
Scrivo da Kerman, in Iran. Sono in vacanza con un gruppo di Avventure nel mondo e caso ha voluto che, per i previsti lunghi voli e tragitti in bus, fra gli altri Ebook, mi sia portato l’ultimo libro di Federico Rampini “Quando inizia la nostra storia” preso da Amazon il giorno prima di partire. Ho usato un po’ il primo capitolo, dedicato all’Iran, come guida.
Forse perché Rampini è giornalista ed è anche americano, all’aeroporto le formalità del visto in arrivo (Teheran) sono state per molto più veloci, non più di 5 minuti: l’addetto al quale abbiamo mostrato la Email di riscontro della richiesta di visto in arrivo ha stampato il “visto” e ci ha restituito il mucchietto di fogli insieme ai passaporti senza neppure accoppiarli.
La gentilissima addetta alla assicurazione sanitaria ci ha chiesto se la avevamo e, alla nostra risposta positiva, non ha voluto neppure guardarle.
Polizia quasi inesistente.
Cambio. Confermo che sia all’aeroporto, sia nelle banche non siamo riusciti a cambiare i nostri Euro con i Ryals al cambio ufficiale di 47.000 Ryals per Euro. Più che di mercato “nero” (ossia nascosto) della valuta, parlerei di mercato “parallelo”. Sulle vie di Teheran ci sono, alla luce del sole, negozi di cambio che espongono, sui display elettronici, il tasso praticato: siamo sui 163.000 Ryals per euro. (Dopo 15 gg a Shiraz era circa 150.000 Ryals per euro) Il gasolio 3.000 Ryals, la benzina 10.000 Ryals.
Una abbondante cena per 7 in un buon ristorante ci viene sui 4 milioni di Ryals. Una camera doppia in un albergo 3 stelle sui 12 euro 25 euro se l’albergo era quattro stelle.
La rivoluzione partirà dalle donne e non solo da quanti centimetri di capelli lascia scoperto il jihab. A Teheran e a Eshfan ormai lo portano solo sulla nuca o appeso allo chignon alto.
Sono le donne ad avvicinarci a chiedere e a voler avere contatti. Spinto da questa novità, ho provato un gesto che mai avevo tentato in un paese musulmano, anche tollerante, come il Ladakh o il Kashmir: sorridendo ho guardato fisso negli occhi ogni donna. Nessuna ha abbassato lo sguardo. Quelle con il chador (30%) magari rispondevano solo ricambiando il sorriso. Quelle vestite normalmente, solo con il foulard, rispondevano (rispondono, visto che sono ancora in Iran) al sorriso e allo sguardo diretto. Come fosse un segnale, la maggior parte si fermava per un saluto, per una foto, per un selfie, per un semplice “da dove venite?”.
E il clero ha paura delle donne. A Qom la guida obbligatoria (il funghetto, così chiamano lì gli esponenti del clero) ci stava radunando ed aspettava con impazienza che due donne del nostro gruppo si avvicinassero. Appena ha compreso che si stavano scambiando i biglietti di visita con alcune ragazza iraniane, è andato su tutte le furie ed è corso a rincorrerle riportandole indietro bofonchiando ad alta voce “Questo è un luogo sacro, non un posto per scambiarsi informazioni!”. Non ci ha più lasciati e, dopo una visita frettolosa della moschea ci ha negato il permesso di rimanere da soli all’ interno, quasi cacciandoci fuori. Non ha avuto paura di trasgredire le regole che vietavano di fotografare all’interno della moschea (ci ha permesso di usare le nostre reflex), ma ha avuto paura del contatto fra una iraniana e una forestiera. Non ho trovato uguale curiosità per l’occidente nei maschi iraniani.
Sì, la rivoluzione verrà dalle donne.
Anche la nostra guida, una iraniana di un quarantina d’anni, pur svicolando con un sorriso, le domande più scabrose sullo Stato teocratico, non ha avuto alcuna esitazione a illustrare i rapporti omosessuali e le libagioni nei dipinti della residenza dello Scià a Esfahan.
Ci ha detto che un insegnante guadagna 13 milioni di Ryals, un alto dirigente il doppio e che le sanzioni hanno portato una quadruplicazione dei prezzi.
Ci ha raccontato che nei paesi se un ragazzo e una ragazza si parlano, subito i genitori si incontrano e il matrimonio non combinato si celebrerà non oltre due settimane. A Teheran e a Esfahan o a Shiraz la situazione è molto simile alla nostra con fidanzamento e libere frequentazioni (sempre che un religioso non li prenda di mira) . Per la crisi economica l’età del matrimonio si è spostata in avanti: 25/28 anni per le donne, oltre i 30 per gli uomini. Bisogna pur mettere i soldi da parte per la casa…
Ci ha anche raccontato che a Teheran e Esfahan esistono diversi casi di convivenza more uxorio, ma sono molto malvisti.
Vige l’aurea regola del ;occhio non vede, cuore non duole”.
Purtroppo le rigide regole sussistono ma sono sempre meno applicate. Ma, purtroppo, qualche guardiano della rivoluzione o guardiano della fede quando litiga con la moglie o con il capo, magari ha voglia di rifarsi con una povera coppia che si tiene per mano.
Bello il ponte dei poeti dove ci hanno invitato a cantare, sfruttando la perfetta acustica delle arcate, “o sole mio”. Peccato che il fiume non c’è più, deviato per portare le sue acque ai campi agricoli riarsi.
Di Trump e delle sanzioni ho parlato con un ex-dipendente ENI (faceva lo interprete inglese/farsi) .Era molto preoccupato perchè la Europa è debole e non osa contraddire Trump. Fra l’America e l’Iran, sosteneva, l’Europa preferisce sempre l’America. Era informatissimo. Ho parlato con lui il giorno dopo le elezioni di midterm. Era molto deluso del risultato non brillantissimo dei democratici, ma fiducioso che fra due anni Trump vada a casa. “Intanto il petrolio lo venderemo alla Cina, anche se non ci piace.
Per le strade la polizia praticamente non si vede, solo qualche militare nei bazar.
Un po’ asfissianti i controlli sulle strade, non per noi, però: ogni 50/100 km. Il nostro autista deve fermarsi e portare i suoi documenti alla stazione di polizia. Sul nostro bus privato non è mai salito un poliziotto.
Gli iraniani ci coccolano e sono il popolo più affettuoso che abbia mai visto; e di popoli ne ho visti tanti.
La pulizia regna sovrana. Primo paese dell’oriente (medio o estremo) dove si beve l’acqua del rubinetto e si mangia tranquillamente la verdura cruda.
Le strade, almeno quelle di grande comunicazione, fanno invidia alle nostre migliori.
Comincio oggi una serie di post dove voglio raccontare le più esilaranti balle elettorali, ossia le mirabolanti promesse che i leader e candidati alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 cominciano a diffondere agli elettori pensando che questi siano come Pinocchio davanti al Gatto e la Volpe che gli promettono il Paese di Bengodi. Cercherò di pubblicare un nuovo post, ogni volta che leggerò una di queste colossali fandonie. Continuate a seguirmi.
Per doveri di età cominciamo da Berlusconi. Ieri 22 agosto 2022, il vecchio leader di Forza Italia ha promesso che in caso di vittoria – per abbassare il carico fiscale e per permettere a tutti l’acquisto di una casa – abbatterà al 2% l’aliquota dell’imposta di registro per l’acquisto della prima casa. Illusione? NO!!! Il fatto è che l’aliquota al 2% per l’acquisto della prima casa esiste, ed è legge, ormai da decenni. Non solo, ma l’aliquota del 2% non è calcolata sul prezzo reale della compravendita, ma sul valore catastale, notevolmente più basso. Promessa facile, anzi, già realizzata!!!.
Continuiamo con Salvini. Ieri sera, 22 agosto, nella trasmissione di Paolo Celata su La7, ha tentato di spiegare l’arcano della Flat Tax che non è Flat, ma progressiva. Salvini, controllate il video che ho linkato, afferma che già oggi alle partite IVA con introiti inferiori a 65.000 auro annui si applica una tassa fissa del 15%. La prima fase dell’introduzione della nuova Flat Tax consisterà nell’alzare questo limite a100.000 euro. Così le partite IVA che hanno introiti fino a 100.000 euro annui pagheranno, al massimo 15.000 euro invece dell’aliquota marginale del 43% secondo la tabella progressiva valida per tutti noi comuni mortali e che riporto qui sotto:
Visto che anche ad occhio, con tale proposta si provoca una diminuzione di entrate fiscali per lo Stato, i giornalisti presenti hanno chiesto a Salvini con quali risorse intendesse coprire il “buco”.
La risposta è stata esilarante. Potete sentirla nel video che ho linkato, ma, nella sostanza è questa e degna del festival della barzelletta: “Non c’è alcun bisogno di coperture ,si paga da sola, perché gli interessati, che pagheranno meno tasse saranno invogliati a lavorare e produrre di più e quindi il gettito fiscale si alzerà da solo!!”.
Io posso capire che i Leader politici non siano addentro alle questioni tecniche (e perché no?), ma queste uscite denotano soprattutto una scarsissima competenza a scegliersi i collaboratori e consulenti, competenza principe di chi vuol governare.
Mah, ne vedremo delle belle. Continuate al leggermi sul blog e io continuerò ad informarvi. E, se vi piace diffondete. Non vogliamo essere come Pinocchio con il Gatto e la Volpe.
La campagna elettorale è appena cominciata. Mattarella ha sciolto le Camere il 21 luglio, si vota il 25 settembre e già fra gli schieramenti cominciano i distinguo e i litigi.
Vogliamo ricordarli per i posteri?
Andiamo in ordine sparso.
Fino ad ora Salvini aveva liquidato la questione del Candidato premier con una battuta “chi prende un voto in più sarà Premier!” forte del quasi 35% dei sondaggi, a, ora che quel 35% è un sogno, scavalcato sia da Fratelli d’Italia che dal PD, vuole cambiare le regole, anteponendo l’anzianità del suo partito.
Poi, in questi giorni ha tenuto banco il bacio di Giuda: l’alleanza fra Calenda e Letta durata lo spazio di un mattino. I due politici sottoscrivono un patto, scritto da Calenda, per una alleanza elettorale che comprenda anche i partiti di Fratoianni e di Bonelli, ossia Sinistra italiana e Verdi. Però, dopo 24 ora, accampando scuse poco credibili [il patto l’aveva scritto lui] se ne va con chi, fin ora era il suo peggior nemico, ossia Matteo Renzi per un tezo polo che mai, da Fini a Monti, ha portato fortuna. Attenzione elettori tentati dai due “moderati”: il sistema elettorale in vigore, il vituperato Rosatellum ha il 33% di collegi uninominali “invisibili”: lì chi prende un voto in più prende tutto. La matematica, non la politica, dice che se in un collegio si presenta un candidato di destre e cinque che vanno dal centro alla sinistra, è matematico che quel collegio sarà appannaggio del candidato di destra. Nei collegi uninominali, lo dice la parola stessa non c’è il riparto secondo le proporzioni dei voti. Erto il loro programma è ambizioso: forti dei sondaggi che danno loro un 2,5% a testa vogliono “formare un grande centro per favorire il ritorno di Draghi”!!!!. Ma, forse, Renzi che è un po’ più furbetto di Calenda ZTL, qualcosa ha capito e ha concesso al nuovo amico di fare il front runner nella campagna elettorale (= se va bene guadagniamo in due, se va male sei tu che ti sputtani)
il bacio di Giuda
I Cinquestelle, che, forse – per bocca dell’avvocato del Popolo Conte, ancora si autodefiniscono la prima forza politica parlamentare con il 33% dei seggi [sì, il 4 marzo 2018, poi discesa libera] vogliono continuare a fare i puri e correranno da soli, forti di quell’8% che i sondaggi ancora accreditano loro. Solo che non comprendono che vanno da soli non perché sono “i Puri”, ma perché nessuno li vuole più. Hanno girato la frittata (Travaglio è un ottimo affabulatore), come i Puritani, padri pellegrini del Mayflower che andarono via dall’Europa per continuare ad esser puri (secondo loro) ma in effetti scapparono perché rompevano le scatole e tutti gli altri minacciavano di ucciderli. E ora Conte continua a sostenere che la crisi non è stata provocata dai Cinquestelle, bensì da Draghi che se ne è voluto andare.
Conte accusa Draghi per la caduta del Governo
Ma c’è qualcosa che non cambia mai nei programmi della Destra (ah, come ci vorrebbe una Destra seria in Italia: ne ho scritto qui): il ponte sullo stretto di Messina. Ponte sullo stretto: tre magiche paroline che, ad onta della continua proposizione nell’impossibile opera pubblica, fruttano milioni di consensi fra gli elettori calabresi e siculi e milioni di introiti (pubblici) per studi, consulenze e progetti). Non dico che sia un opera irrealizzabile o inutile, ma sottopongo a voi questi dati: in treno da Napoli a Reggio Calabria ci vogliono dalle 4 ore e 48 minuti alle 6 ore e 5 minuti; da Messina a Trapani ci vogliono oltre 9 ore con almeno 3 cambi. Non sarebbe meglio, con spesa molto inferiore affrontare il rifacimento della linea ferroviaria per consentire un tempo di viaggio accettabile prima dispensare, come una ciliegina sulla torta, al ponte sullo stretto. Ma va così: il ponte sullo stretto è un sogno, la linea ferroviaria da rifare è cosa concreta. I voti si danno ai sogni.
il Ponte sullo Stretto
La favorita, da tutti i sondaggi è la Meloni con i suoi Fratelli d’Italia che hanno capitalizzato milioni di intenzioni di voti stando all’opposizioni e criticando tutte le misure impopolari del Governo Conte II e del Governo Draghi, specialmente quelle sui vaccini, sul Green Pass e sui ristori alle categorie svantaggiate, La critica, senza proporre misure alternative, aiuta, e molto. I vaccini sono una dittatura sanitaria, non funzionano e, se funzionano, bisogna stare attenti alle categorie ai quali viene somministrato. Il Green pass è sicuramente una limitazione della libertà, ma è stata utile a spingere milioni di italiani a vaccinarsi.
La Lega, con Salvini, aveva fatto della Flat TAX (una sola aliquota per tutti) un suo cavallo di battaglia, smentendo in tutti i modi che fosse una tassa per ricchi. Ne aveva parlato, fino a ieri, come la panacea in di tutti i mali, insieme alla cd. “pace fiscale” (ossia all’ennesimo condono). Oggi, dice La Repubblica.it che, altro che flat tax ad aliquota unica. Salvini propone, senza tema di esser ridicolo, una flat tax con ben 18 aliquote un costo di 18 miliardi e senza alcuna copertura. BAH!!!
Salvini e la flat tax
E Letta? Perso nei “GRANDI TEMI” che stanno a cuore alla sinistra, come il DDL ZAN o come lo ius soli che alla maggioranza degli italiani, alle prese con le super bollette del gas, della elettricità, al caro alimentari, alla inflazione adue cifre che si mangia i risparmi (se ci sono ancora) importano come il due di picche.
Oltretutto Enrico Letta è attualmente impegnato a ridurre il PD ad entità subatomica, visto che prometteva seggi a destra e a manca a tristi figuri come Calenda, Bonelli, Fratoianni ed anche la Bonino, ben felici di attingere alla sempre più scarsa mangiatoia del PD per rimpinguare le attese percentuali di voti dell’1-2%; senza contare le diverse e contrapposte correnti del PD che continuano a farsi la guerra. Ma lui sta sereno.
Letta, stai sereno
Abbiamo detto tutto?.
No ci sono altre due cose importanti.
Vi ricordate di Gianlugi Paragone, quello della trasmissione televisiva “La Gabbia”. Da un po’ di tempo ha fondato un gruppo dal nome “italexit” dal conseguente programma di uscita dall’Unione europea. Pochi consensi, ma Paragone sta facendo scouting. Intorno a se ha aggregato tutta una galassia di novax, nopass, gilet gialli. Prendo un pezzo dell’articolo di Repubblica.it di oggi “Tra i candidati già annunciati ci sono Stefano Puzzer, animatore dei no green pass di Trieste, e Giovanni Frajese, medico contrario al «dogma dei vaccini». Ma c’è anche un pezzo di destra radicale che si sta saldando con Italexit. Tra le proposte del partito. Sempre sul fronte sovranista, ma spostato più a “sinistra”, c’è Italia sovrana e popolare. Tra i promotori ci sono Partito comunista, Patria socialista, Ancora Italia, Riconquistare l’Italia, Azione Civile di Antonio Ingroia e la ex leghista Francesca Donato. Il tentativo è quello di unificare battaglie in comune tra mondi altrimenti distanti: contro la Nato, contro l’euro, contro l’obbligo vaccinale e il Green pass. Lo slogan, anzi il nome originario, era Uniti per la costituzione. «Venerdì (domani, ndr) dovremmo aver raggiunto le 40 firme sul territorio nazionale, ci stanno aiutando centinaia di militanti», racconta il senatore Emanuele Dessì”.Persone – a mio giudizio – molto pericolose, perché non hanno alcun programma, sono solo “contro”. Pensate a Sara Cunial parlamentare (espulsa) dai Cinquestelle che continua a contestare l’efficacia dei vaccini e a convincere della loro pericolosità. E questi sono naturali alleati di Lega e Fratelli d’Italia che, a loro, più volte hanno strizzato l’occhio.
Stefano Paragone
Ma anche all’estrema sinistra personaggi ormai squalificati come Ingroia e De Magistris tentano l’aggregazione degli scontenti e degli “arrabbiati”: A sinistra-sinistra c’è la corsa alle firme anche di Unione popolare, promossa da Rifondazione comunista e Potere al popolo, guidata da Luigi De Magistris, il cui nome è stato apposto nel simbolo assieme all’arcobaleno pacifista. Oltre 600 banchetti in tutta Italia e alcune candidature già pronte: gli storici Piero Bevilacqua e Angelo d’Orsi, la giornalista del Tg2 Chiara Prato, la ex assessora della giunta Raggi a Roma Pinuccia Montanari. Tra le proposte: salario minimo a 10 euro l’ora e blocco del costo delle bollette. L’ex sindaco di Napoli potrebbe candidarsi nel collegio della sua città ma pure in Calabria, dove lo scorso anno, in solitaria, aveva preso il 16 per cento come candidato presidente.
Ingroia e la eurodeputata novax Donato
Ultima notazione che non riguarda l’Italia, bensì la politica internazionale ma i cui esiti ci riguarderanno da vicino:
L’FBI ha perquisito gli uffici di Trump alla ricerca di carte nascoste al Congresso su fatti internazionali e sulle sue tase non pagate: tutti gli agent sono stati minacciati di morte dai supporter di Trump che, a prima vista, sta organizzando la prossima campagna elettorale come una guerra civile.
Sono solo quei quattro pennivendoli di Repubblica, Corriere, Sole24ore, La Stampa, Open, La Nazione, Avvenire e Osservatore Romano che lanciano allarmi a vanvera.
Questa mania della sinistra (sì, è solo la sinistra che vede sempre nero per mettere più tasse) di essere pessimista per rovinarci le vacanze è veramente di pessimo gusto.
Ma di che si dovrebbe preoccupare la gente? È tutto già scritto e preordinato: il banchiere cattivo che non voleva sentirne di scostamenti di bilancio è stato cacciato. Finalmente il popolo sovrano potrà esprimersi liberamente nelle urne (beh, proprio liberamente no, troppa libertà fa male, meglio non lasciargli scegliere i candidati, troppo stress, meglio dargli il pacchetto già chiuso con le liste bloccate. Vuoi mettere? Gli togliamo l’ansia del dover scegliere, di doversi informare su chi sono i candidati etc. etc).
La campagna elettorale sarà sotto l’ombrellone, gente allegramente in spiaggia o in montagna. Che non leggerà i giornali, che non vedrà neppure i talk show politici. Tanto ci sono sempre le stesse facce. Gli togliamo anche questo stress.
Poi la TV e la radio e i giornali, da sempre in mano a quei contafrottole della sinistra, è meglio leggerli il meno possibile: si ci rovina l’umore e l’appetito.
Sempre le solite notizie spaventevoli: le agenzie di rating relegano i nostri btp a spazzatura, il debito pubblico è in veloce risalita, le bollette del gas e dell’elettricità triplicano, l’inflazione e quasi al 10% e si mangerà i nostri risparmi, ma li abbiamo già spesi, quindi di che ci preoccupiamo? È cosa di niente
La siccità ha prosciugato il Po e mandato in malora coltivazioni e allevamenti? Ma ora piove, di che preoccuparsi? Forse piove un pochino troppo e con violenza, provocando frane e allagamenti, ma, via, non sottiliziamo: volevamo la pioggia e la pioggia è arrivata. Troppa? È cosa di niente.
Sì, è meglio che gli italiani non leggano queste brutte notizie
La verità è le belle notizie gliele diamo noi. Li avete visti i programmi dei partiti che vinceranno le elezioni, cioè noi?
Niente più mascherine, niente più vaccini (i giovani se la cavano con tre giorni di febbre, i vecchi hanno già fatto la loro vita, morire è cosa di niente), mai più green pass. E, poi, vogliamo affrontare i grandi temi economici? Via il reddito di cittadinanza che ha prodotto solo sfaccendati; perché lavorare fino a 67 anni? Tutti in pensione a 60 anni, o anche a 59 per chi si fa raccomandare.
La sinistra cattivona vuole finanziare il lavoro dei giovani con una tassa sulle grandi successioni. Che porcata! Basta abbassare tutte le tasse, anzi lasciarne una sola al 15% oppure al 22% secondo l’umore di chi la propone. Così i ricchi pagheranno meno tasse e potranno reinvestire quanto non pagato in nuovi posti di lavoro. I poveracci pagheranno un pochino di più, ma non c’è da preoccuparsi: tanto neppure prima avevano soldi. È cosa di niente.
Sì, vabbè, l’unione europea farà la voce grossa, minaccerà sfracelli, ma ci sarà un nuovo whatever it takes che ci salva. Ah, no? Le regole sono cambiate? L’ombrello protettivo si apre solo per chi ha i conti in ordine?
Di che preoccuparci? Minacceremo di andarcene dalla UE e cambieranno registro. Ah, no? Non c’è da preoccuparci. Ce ne andremo davvero da euro e Unione. Come, prima di andar via dovremo restituire tutti i prestiti avuti, da ultimo i 200 miliardi del Recovery Fund? E che vuoi che sia, non li restituiamo e ce ne andremo sbattendo la porta.
Cosa? La sinistra cattivona dice che così facendo ci isoletebbero peggio di Putin? E che vuoi che sia? A parte che Putin, il grande stratega, anzi Putin il grande (sia lode a lui) sta benissimo e in ottima forma, la autarchia l’abbiamo già sperimentata. È cosa di niente!
Non abbiamo gas per riscaldarci e cucinare? Ma metteremo un maglione in più e mangeremo dietetiche insalate; le docce fredde, poi, tonificano il corpo. Freddo? È cosa di niente.
Non abbiamo petrolio per le auto? Saremo tutti atleti correndo a piedi.
Utilizzeremo piacevolmente il tempo libero coltivando un piccolo orticello sul balcone. Vedete che va tutto bene?
Vi mandiamoun caro ed affettuoso saluto dal nostro scranno del Parlamento dove voi ci avete eletti e da dove possiamo guardare, con tutti i privilegi connessi, con sereno distacco alla vita quotidiana di voi poveri servi che vi bevete ogni frottola come se fosse un bicchiere d’acqua.
La maggioranza al governo se la prenderà con l’Europa, minacciando di uscire dall’Unione e dall’euro.
E qui si fermerà perché, per uscire, l’Italia, come è successo per il Regno Unito dovrà prima saldare tutti i suoi debiti. E i nostri debiti sono grossi e tanti.
Insomma, arriverà la tanto deprecabile patrimoniale e i nostri risparmi si azzereranno.
Salvini, Meloni e Berlusconi, dopo essersi riempiti la pancia, lasceranno il solito cumulo di macerie al Monti o al Draghi di turno.
Questi sono fatti facilmente prevedibili con il programma annunciato dalla Destra.
Un bravissimo giornalista, in un suo articolo, ha illustrato i guai economici che sta passando la Cina e che, a cascata, riguarderanno anche noi. Io penso che la Cina risolverà prestissimo i suoi problemi perché, da quando l’attività economica privata è stata liberalizzata, quel Paese è una “macchina da guerra” inarrestabile. Non solo per il Governo, ma anche per l’innata propensione imprenditoriale dei suoi abitanti. Non sono un economista, ma ho un ricordo indelebile del mio primo (e unico) viaggio in Cina nel 1999. Viaggio “istituzionale” a Pechino (dove però ho potuto vedere gli hutong e gli siheyuan ancora abitati) e a Chinguandao ove ci mostrarono la prima area industriale con joint-venture con aziende occidentali, molto più “libero” a Shanghai. In questa città ci muvevamo autonomamente usando i taxi. Erano tutte micro auto Maruti Suzuki guidate da autisti che, a stento, conoscevano l’ubicazione dei siti di interesse e nulla di altre lingue che non fosse la loro. Scoprimmo che erano tutti ex-operai, i primi licenziati da fabbriche improduttive che con prestiti familiari o del villaggio avevano comprato questa piccola utilitaria e si erano reinventati un mestiere. Dovevano lavorare quasi 20 ore al giorno per mettere insieme la somma occorrente per ripagare il debito contratto. Venendo da fuori, ogni pochi metri si fermavano per chiedere indicazioni per raggiungere la meta indicata dal cliente, ovviamente preventivamente scritta in cinese dal receptionist del nostro albergo. Pututtavia, reinventarsi di sana pianta un nuovo lavoro partendo da zero, contraendo un oneroso presto ed aiutandosi sia con lunghi giri inutili per fare camminare il tassametro (che, spesso, non inserivano neppure) mi fece comprendere che non si davano per vinti, che reagivano alla perdita del lavoro con mentalità positiva ed imprenditoriale. Ed era il 1999. Se tutti i cinesi son così, veramente diventeranno i padroni del mondo