La campagna elettorale per le politiche 2022 è appena iniziata e la Destra (più o meno compatta) lancia la prima pietra nello stagno: cambiamo la Costituzione e mutiamo il nostro sistema in Repubblica presidenziale, “così sappiamo chi ci governa”.

Non ho nulla contro il sistema presidenziale, in cui il Capo dello Stato è anche Capo del Governo. Gli Stati Uniti d’America ne sono un esempio e nessuno dice che non è un sistema democratico. Nel Regno Unito è più o meno lo stesso, solo che lì – ma solo formalmente – il Re o la Regina sono il Capo dello Stato. In Francia vige il semi presidenzialismo, democratico anche esso, ma che talvolta – quando le elezioni politiche premiano compagini diverse da quelle che sostengono il Presidente – diventa un po’ problematico.
Già da queste poche righe vediamo che non esiste una forma univoca di “presidenzialismo”, bensì una per ogni Paese che lo applica.
Esiste un minimo comun denominatore? Non certo l’elezione diretta come fanno intendere Meloni e soci. Nel Regno Unito, infatti, il Capo del Governo non è il Candidato più votato, bensì il leader del Partito vincitore delle elezioni che -come è successo recentemente a Boris Johnson – può anche sfiduciare il Capo del Governo e sostituirlo con un nuovo leader del partito.

Negli USA il Capo del Governo accumuna in sé anche la carica di Presidente della Repubblica, in Francia e nel Regno unito no.
L’importante – per garantire la democraticità del sistema – è una rigida separazione di poteri. In Italia il Governo può emanare vere e proprie leggi, generali e astratte (decreti legge), sia pur soggette alla ratifica parlamentare. Nei sistemi presidenziali, questa facoltà è negata al Presidente e riservata esclusivamente al Parlamento. Negli USA il Presidente può emanare “ordini esecutivi”, ma essi sono ordini specifici (valenza amministrativa) rivolti ad una specifica autorità di compiere una specifica azione, ben diversi quindi dalla generalità ed astrattezza richiesta alle leggi o ai decreti legge. Comunque anche gli “ordini esecutivi” sono soggetti ad impugnative giudiziarie.

Nei sistemi presidenziali il Capo dello Stato è Capo di tutto l’esecutivo, ma deve guardarsi bene dall’intromettersi nel sistema giudiziario. Trasponendo queste facoltà nel sistema italiano, il Presidente “presidenzialista” rafforzerebbe il suo potere sulle “forze armate” (Consiglio supremo di difesa) , ma dovrebbe lasciare la carica di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.

IL Presidente “presidenzialista” non avrebbe bisogno del voto di fiducia del Parlamento perché ne ha avuto uno più ampio dal popolo ma, come succede in USA, sarebbe soggetto all’impeachment qualora si ritenga che abbia commesso determinati illeciti (diversi da Stato a Stato) nell’esercizio delle sue funzioni. Si noti che, almeno nel Paese ove è più noto, gli USA, l’impeachment ha un valore giudiziario e non politico.
Una facoltà comune al Presidente “presidenzialista” è quella di scegliere in assoluta libertà e di dimissionare i suoi ministri, i quali, pertanto, non vivono di luce propria, bensì di quella riflessa del presidente.

Anche la figura del Primo ministro non è essenziale in una Repubblica presidenziale: Argentina, Brasile, Cile, USA, Turchia, Uruguay, Venezuela, Sudafrica non ce l’hanno.
Francia, Perù, Corea del Sud, Namibia ce l’hanno.

Una caratteristica del Presidente “presidenzialista” è quella di avere una serie di cariche pubbliche che può nominare a suo piacimento “spoil system”, ma il numero e le caratteristiche delle cariche da nominare variano da Stato a Stato.
Da quanto sopra emerge che la volontà della Destra italiana di “fare il Presidenzialismo” non è del tutto facile ed è piena di difficili scelte per formare una carica Presidenziale che sommi più poteri, ma con tutta una serie di pesi e contrappesi non trasformi una Democrazia in una Democratura o, peggio, in una Dittatura.
Non so che intenzioni abbiano Meloni e soci, ma sarà un lavoro improbo mutare tutta la parte seconda della Costituzione (tutti gli articoli dal 55 al 100) e buona parte degli altri che riguardano i rapporti politici dei cittadini e la Magistratura.
Non si potrà certo chiamare i cittadini e dir loro “beh, votate il nuovo Presidente della Repubblica” che, una volta eletto, abbia gli stessi poteri che oggi ha Mattarella.
Quello che voglio dire è che imboccare la strada del “presidenzialismo” non è imboccare una strada netta e già tracciata in maniera univoca. Tante, troppe, sono le variabili da affrontare.
Spero che la differenza principale Meloni e soci l’abbiano ben presente quando dicono “così sappiamo chi ci governa”. In una Repubblica Presidenziale, il Presidente è sì il capo della Pubblica amministrazione, molto pervasiva in Italia, ma nella formazione delle leggi non mette becco perché riservata al Parlamento e tutti sappiamo le pene del Presidente USA quando ha il Parlamento appannaggio di un’altra parte politica.
Staremo a vedere.
