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Prendendo a prestito il titolo di un film di Albanese, direi che ci risiamo.

Roboanti promesse elettorali. Tassa fissa o flat tax al 15% per tutti. (in barba alla Costituzione che prevede la progressività del prelievo.

Pensioni minime a 1000 euro per tutti.

Età pensionabile drasticamente ridotta.

Ovviamente i propalatori di queste balle si guardano bene dal precisare con quali soldi queste mirabolanti misure verranno coperte.

Oppure con la magica frase “scostamento di bilancio” che, fuori dai tecnicismi significa DEBITO PUBBLICO.

Sappiamo già cosa succederà: debito alle stelle, spread impazzito, agenzie di rating che indicheranno come spazzatura i nostri bot e cct.

Ma stavolta non ci sarà il whatever it takes. Le nuove regole della BCE promettono l’ombrello protettivo SOLO SE l’aumento del debito deriva da contingenze esterne e non da sciagurati provvedimenti interni.

La maggioranza al governo se la prenderà con l’Europa, minacciando di uscire dall’Unione e dall’euro.

E qui si fermerà perché, per uscire, l’Italia, come è successo per il Regno Unito dovrà prima saldare tutti i suoi debiti. E i nostri debiti sono grossi e tanti.

Insomma, arriverà la tanto deprecabile patrimoniale e i nostri risparmi si azzereranno.

Salvini, Meloni e Berlusconi, dopo essersi riempiti la pancia, lasceranno il solito cumulo di macerie al Monti o al Draghi di turno.

Questi sono fatti facilmente prevedibili con il programma annunciato dalla Destra.

Ve la sentite voi di essere ancora più poveri?

Nella mia vita professionale mi sono spesso occupato di immigrazione e asilo, dalla Turco-Napolitano in poi, viaggiando fra le stanze di Bruxelles a negoziare le Direttive e i Regolamenti e le patrie stanze ministeriali per dare attuazione a quelle norme discusse a Bruxelles. Insomma, sono stato un “civil servant” e uno “sherpa”.

L’asilo e l’immigrazione sono materie complesse, piene di mille sfaccettature e coinvolgono gli aspetti più disparati, da quelli professionali, dell’istruzione, dell’accoglienza, del lavoro, dei diritti e doveri di chi arriva da noi a quelli transnazionali degli affari della cooperazione allo sviluppo, dei grandi giacimenti di preziosi siti in luoghi dove la gente vive con un dollaro al giorno, fino – fatti propri dalla politica – a mutare la percezione che abbiamo dell’altro.Ed è una materia volubile, non solo in Italia, ma soprattutto in Europa, alla quale è rivolto questo libro: siamo passati dal “vento di Tampere” che apriva lo spazio di uguaglianza e giustizia a tutti alla “fortezza Europa” chiusa e attorcigliata in sé stessa, incapace di trovare una direzione, una qualsiasi direzione.Ho vissuto in prima persona gli ultimi venti anni di vita europea e della sua azione, spesso incerta e titubante verso questo fenomeno.

Quello che mi preoccupa è la memoria corta: parliamo senza problemi dei nostri emigrati di due secoli fa, ma abbiamo molta difficoltà a ricordare cosa è successo in Europa negli ultimi venti anni. Spesso accusiamo l’Europa delle incapacità nazionali o ci rassegniamo ad un “lo vuole l’Europa” senza sapere perché.I fatti e la realtà sono stati spesso coperti dalle urla dei media, così assordanti da non farci percepire quanto realmente avviene.

Ho scritto già tre libretti, tre Ebook per Amazon, sull’azione dell’Europa.Con soddisfazione, ho visto che i tre libretti sono stati utili e ho pensato di aggiornarli (nei limiti in cui si può aggiornare la storia senza incorrere nell’Orwelliano 1984) riunendoli in uno solo.

Del libro ho predisposto due versioni, la prima, come al solito, un Ebook ipertestuale, corredato da centinaia di link che portano il lettore alla spiegazione o all’approfondimento dell’argomento trattato, e una versione classica cartacea, nella quale – ovviamente – i link vanno persi ma spesso sostituiti da note a piè di pagina che riportano i link stessi. Scopo di questo libro è fissare nella memoria gli avvenimenti, le politiche succedutesi in Europa su asilo e migrazione; costituire uno strumento veloce per ricordare gli avvenimenti passati che, già oggi, vengono confusi e artatamente adattati al presente. Troverete molta “storia”, molto spazio dedicato all’esame degli strumenti normativi europei magari non più vigenti e poco spazio all’esame di quelli vigenti. Ma lo scopo di questo libro non quello di essere il manuale del diritto europeo vigente: ci sono libri specifici per questo. Lo scopo è solo quello di raccontare cosa è successo, come è successo, come è cominciato tutto questo. Raccontare le frizioni fra le vedute “aperturiste” della Commissione” e quelle “conservatrici” degli Stati membri, raccontare i “perché” di certe decisioni e non le decisioni stesse.La lettura della discussione sulle diverse Direttive è illuminante, non solo per le norme ivi contenute, magari oggi non più in vigore e sostituite da altre più recenti, ma per comprendere il continuo braccio di ferro che c’è sempre stato fra la Commissione e gli Stati membri. E, come, questi ultimi, sono sempre riusciti a trasformare queste norme aperte verso gli immigrati in norme sempre più restrittive.

In compenso, ho dato parecchio spazio agli strumenti normativi in itinere, quelli che sono sui tavoli di Bruxelles, pronti per essere approvati, modificati o meno, appena gli organi comunitari si saranno ricostituiti dopo le elezioni di maggio 2019.

Alcune riflessioni sul “peso netto” e “peso lordo” dei migranti e sul ruolo delle ONG, completano il libro.

La versione cartacea (245 pagine) è reperibile qui: https://www.amazon.it/dp/1080713832/.

La versione Ebook è reperibile qui: https://www.amazon.it/dp/B07V6B84W3

La copertina

Il Governo preannuncia una dura lettera a Bruxelles. L’Italia farà la voce grossa, dicono in coro Salvini, Di Maio e il loro maggiordomo Conte.

l’Europa è il nemico da combattere perché non ci permette di aumentare il deficit.

Ma stasera il TG LA7 ha presentato un sondaggio in cui, nella popolazione, scende il gradimento del Governo e sale quello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Quando ciò succede è sintomo che i cittadini prevedono tempi bui e si stringono intorno alla massima istituzione.

Successe così anche nel 2011 con Napolitano e Berlusconi.

È arrivata la bufera? Chiudete i boccaporti e allacciate le cinture!

https://youtu.be/zYK0VdOzbZE

Non possiamo conoscere il pensiero di Mattarella, ma a giudicare dalle dichiarazioni dei partiti vediamo un muro contro muro provocato da chi doveva essere escluso.

 

Comincia il PD: indisponibile a governare sia con i Cinquestelle sia con la Lega, ma disponibile a vedere le carte con un ruolo attivo. Che significa? Che cambiamento di posizione è? Certo, se sei all’opposizione, le carte le vedi dagli atti di un governo ci cui non fai parte. Per vedere le carte prima, devi acconciarti a partecipare alle trattative, che non significa, poi, partecipare al Governo. Ma un passo avanti lo devi fare, se no subisci tutto.

 

Poi è la volta del centrodestra. Va da Mattarella “unito e compatto”, ma quando esce – a parte la Meloni che poco o nulla conta  – il più agitato è Berlusconi, che come un padre nobile dà l’incipit a Salvini specificando che tutta la coalizione ha formulato il comunicato stampa, pesato parola per parola. Salvini comincia la lettura. Si dichiara pronto all’abbraccio con Di Maio, non esige nemmeno più di essere il leader di Governo che deve essere, comunque, indicato dalla Lega. Ma, poi, ecco che Berlusconi, finita la lettura del comunicato “concordato parola per parola” afferra il microfono e spara a zero sul senso della democrazia dei grillini. Salvini e la Lega si arrabbiano e la Lega fa partire comunicati di fuoco contro Berlusconi, rassicurando i grillini che quello espresso dal Cavaliere non è il pensiero della Lega. Lampante esempio di concordia e mazzata di Berlusconi sull’alleanza Lega-Cinquestelle che sembrava ormai andata in porto.

 

Poi arriva Di Maio e, dopo aver rivolto parole di elogio per i “passi avanti di alcuni esponenti PD” si dice pronto all’abbraccio con la Lega, ma senza Berlusconi che invita ad un passo di lato e si trattiene molto sul commento su quella che definisce una battutaccia.. Poi si dilunga in un complesso discorso poco chiaro sull’affidamento ad un Professore (non alla Casaleggio associati?) delle linee programmatiche del “contratto di Governo” da offrire a chi ci sta. Ovviamente siccome Lega e PD hanno anime diverse si tratterà o di qualcosa di molto vago che indichi cosa fare, ma non come farlo. Oppure un prestampato con ll’illusione che, chi ci sta, apponga solo la firma senza fiatare.-

 

L’unica concordia che si ritrova, concordia facile visto che è un argomento che agli italiani interessa poco e di cui, anzi, hanno paura, è la assicurazione di fedeltà alle alleanze internazionali, ma la contrari assicurazione che l’Italia non interverrà in Siria.

A domani a mezzogiorno quando Mattarella farà sapere cosa ha deciso.

Io voto Emma Bonino e la sua lista +Europa perché non sopporto gli estremisti. Io voto Emma Bonino e la sua lista perché sono stanco di promesse mirabolanti che non verranno mai mantenute. Io voto Emma Bonino perché è una persona seria e competente. Io voto Emma Bonino perché è l’unica candidata che sia riuscita ad otto e mezzo dell’8 febbraio a zittire Sallusti.

Io voto Emma Bonino perché è sempre rimasta fedele ai suoi ideali di preminenza dei diritti civili. Io voto Emma Bonino perché lei e tutti quelli del partito radicale non sono mai stati inquisiti per malversazioni, turbativa d’asta, abuso di Ufficio, contiguità mafiose etc. Etc.

Io voto Emma Bonino perché ho letto il suo programma e mi piace. Più Europa, meno egoismi nazionalistici. Una Europa unita, quasi uno stato federale, come gli USA, il Canada, l’India, il Brasile, la Russia: un grande spazio comune dove unire le specialità e fornire opportunità ai cittadini.

Con il nostro immenso debito pubblico non possiamo permetterci di fare a meno dell’Europa. Vedi le occasioni sprecate con il Quantitative Easing che ha preservato il nostro spread e consentito di tenere bassi i tassi di interesse sui titoli di stato, risparmiando non pochi miliardi.

Io voto Emma Bonino perché ha pagato di persone le sue scelte. Si autodenunciò per procurato aborto, f u arrestata e, ora, la legge 194, che ha fatto drasticamente diminuire gli aborti, puntando sulla prevenzione, anche per merito suo, è legge dello Stato.

Tra il 1980 e il 1981, oltre a promuovere diverse campagne per i referendum e per i diritti civili nell’Europa dell’Est, comincia a lavorare per l’istituzione di una Corte Penale Internazionale, oggi arrivata a compimento.

Nel 1981 Emma Bonino promuove un appello contro lo sterminio per fame e contribuisce a fondare l’associazione Food and Disarmement International, con lo scopo di coordinare le attività e le iniziative d’informazione internazionale su questo fronte, di cui dopo qualche anno diventerà segretaria. In tale veste nel 1986 organizza un Convegno Internazionale che lancia il “Manifesto dei Capi di Stato contro lo sterminio per fame e in difesa del diritto alla vita e della vita del diritto”. Nello stesso anno, in occasione di un incontro ufficiale con papa Giovanni Paolo II, illustra in Vaticano le iniziative per combattere la fame.

Nel gennaio 1987 manifesta a Varsavia contro la dittatura comunista del generale Wojciech Jaruzelski e in favore di Solidarnosc. Viene arrestata ed espulsa dalla Polonia.

Nel 1989 diviene presidente del Partito Radicale Transnazionale, carica che ricopre fino al 1993.

Nel novembre 1990, per denunciare la legge degli USA che richiede la prescrizione medica per la vendita di siringhe, si fa arrestare a New York, mentre distribuisce siringhe sterili.

Nel maggio 1991 è la prima firmataria di una mozione che, dopo essere stata approvata dalla Camera dei deputati, impegna il governo ad impedire la proliferazione delle armi non convenzionali e in particolare delle mine antiuomo.

Nel 1993 promuove una campagna a favore dell’istituzione del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia, consegnando al Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros-Ghali un appello firmato da 25 000 persone in tutto il mondo.

Nel 1993 è tra le persone che fondano Non c’è pace senza giustizia. Con tale associazione si dà l’obiettivo di sostenere l’attività del Tribunale ad hoc sulla ex Jugoslavia e di promuovere la creazione di una Corte Penale Internazionale permanente, competente ad accertare e giudicare nel mondo intero “i crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio”.

Sempre nel 1993 incontra il Dalai Lama e con lui tiene una conferenza stampa per il lancio di una mobilitazione per i diritti e la libertà del popolo tibetano e per la democrazia in Cina.

Nel suo incarico di Commissario europeo ha avuto le lodi di tutti. Mai chiacchierata come ministro delle Politiche europee, del Commercio internazionale, come Ministro degli Affari esteri nel Governo Letta.

 

È una persona competente, sicuramente la sua lista supererà, e di parecchio, il 3% ed eleggerà propri deputati e senatori. Una pattuglia di persone competenti che molto potrà fare in un Parlamento che si annuncia pieno di persone che hanno nessuna esperienza.

 

Ieri sera, 14 febbraio, in contemporanea sule reti TV, Renato Brunetta e Silvio Berlusconi hanno deliziato i telespettatori con l’uovo di Colombo, con la bacchetta magica della “FLAT TAX”.

 

L’idea della flat tax è ripresa anche dai Grillini.

E’ una risorsa, è una fregatura? Non lo so. Io cerco di spiegare a me stesso cosa ho capito.

Se ho capito bene, al posto dei 5 scaglioni IRPEF odierni, Berlusconi, Brunetta e Salvini, propongono di inserire una unica aliquota al 23%

 

Scaglioni odierni:

Scaglioni Foza Italia/Lega:

Unica aliquota: 23%.

 

Che l’aliquota sia del 23% l’ho ricavato dalle trasmissioni televisive perché nel programma depositato presso il ministero dell’interno si parla genericamente di una sola aliquota.

 

Io so cosa dice la nostra Costituzione all’articolo 53: ““Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”.

Cosa significa? Significa che se Pinco guadagna 100, pagherà, ad esempio, 20 di imposta (IRPEF), ma se Pallino guadagna 200, non pagherà 40, bensì 50. Ossia, man mano che sale il guadagno, l’imposta da pagare è più che proporzionale.

Questo è quello che dice la Costituzione.

Quindi, a meno di una riforma costituzionale, la flat tax, che progressiva non è, non potrà esistere.

Ma queste sono formalità. Vediamo se ho capito bene.

Nella proposta della Destra, chi ha un reddito fino a 15.000 euro continuerà a pagare il 23% del reddito al fisco.

Chi guadagna di più, vedrà ridursi l’aliquota marginale del 27%, del 38%, del 41%, del 43% al solo 23%!!!!!.

Ossia, i poveri pagheranno lo stesso, i ricchi di meno. Ci sarà un grosso ammanco nelle entrate fiscali.

Come sarà coperta? Ossia con quali maggiori entrate o minori spese si compenserà il minor gettito?

Per prima cosa Brunetta e Berlusconi dicono di voler abolire tutti gli “sconti”, ossia tutte le deduzioni e detrazioni oggi previste.

Infatti, come ognuno sa, abbiamo agevolazioni fiscali per la prima casa, per le  spese mediche, per i  carichi familiari, per i miglioramenti energetici, etc….

Ma queste agevolazioni valgono sia per chi guadagna poco sia per chi guadagna molto. Ci vuol poco a capire che 600 euro di spese dentistiche hanno un diverso peso per chi guadagna 15.000 euro l’anno e per chi ne guadagna 200.000.

Ma il mantra recitato da Belusconi & Company è un altro.

Se riduco le tasse a chi è più ricco ho due vantaggi:

  1. Diventa meno conveniente evadere il fisco, quindi avrò meno evasione fiscale.
  2. I quattrini non versati al fisco dai “ricchi” saranno reinvestiti nelle imprese con un miglioramento dell’occupazione.

 

Personalmente non ci credo. E’ una eventualità per “cittadini onesti”. Scommetto quanto volete che chi evade oggi cento, domani evaderà anche dieci e che i soldi risparmiati non prenderanno la via delle assunzioni o degli investimenti, bensì la via di Zurigo o delle Cayman.

 

Insomma, come si dice a Roma, è una sòla, i poveri pagheranno comunque, i ricchi di meno.

Anche Berlusconi, come i Cinquestelle, annuncia di voler imporre agli eletti del suo partito il “vincolo di mandato”

E’ una emerita bufala. Anche se accettato dal candidato, questo vincolo è nullo perché contrario alla Costituzione. Infatti, l’articolo 67 della nostra Carta costituzionale recita: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato“.

Quindi anche se l’eletto che si è sottoposto al vincolo dovesse, nel corso della legislatura, cambiare partito, nulla dovrà a Berlusconi o ai Cinquestelle, a meno di un cambiamento della  Costituzione.

L’assenza di vincolo di mandato ha, però, una sua logica per la quale i nostri padri costituenti hanno previsto la “libertà” degli eletti..

Se il vincolo di mandato fosse vigente, il Parlamento sarebbe inutile e sarebbe inutile anche il Governo, perché ogni parlamentare sarebbe obbligato a votare solo ed esclusivamente le leggi proposte dal suo partito con il quale ha il vincolo di mandato. Al posto del Parlamento, basterebbe una piccola riunione dei segretari di partito per definire quali leggi proporre e votare.

Nella vita politica della nostra nazione conterebbe solo la volontà dei segretari di partito. Ma forse è questo che vogliono Borlusconi e i grillini.

Anche oggi abbiamo un Parlamento di nominati ma, almeno, essi non hanno l’obbligo giuridico di votare secondo il volere del segretario del Partito. Non voglio vivere in un Paese in cui la Carta fondamentale sancisce lo strapotere dei Partiti

Ricordo, infine, che l’unica norma costituzionale che riguarda direttamente i partiti politici è l’articolo 49, secondo il quale tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere “con metodo democratico” a determinare la politica nazionale.

Se siete d’accordo, condividete…

 

Ieri, 6 febbraio, a Radio anch’io su Radio 1 (qui il podcast della trasmissione) è stata dibattuta la questione “migranti” ed il loro numero, a detta di Berlusconi e di Salvini, tanto spropositato da mettere a rischio la pace sociale.

È intervenuta Emma Bonino che ha detto cose sacrosante, tanto sacrosante da meritarsi i rimbrotti di Antonio Polito, giornalista, che le ha rimproverato di fomentare così i rigurgiti xenofobi e antigovernativi.

Cosa ha detto di tanto trasgressivo Emma Bonino? Ha detto la sacrosanta verità: che le 600.000 espulsioni promesse da Berlusconi e “il via tutti e subito per tutti gli irregolari” promesso da Salvini sono emerite BUFALE, impossibili da realizzarsi.

Occorre qui fare un po’ di chiarezza e, pur senza dare i numeri, ricordare quali sono le norme che regolano la materia.

Innanzitutto il numero degli stranieri regolarmente presenti in Italia, di poco superiore ai cinque milioni, rimane stabile da un triennio. Le cause – secondo Franco Pittau – coordinatore del Dossier statistico sull’immigrazione Caritas/Migrantes, anch’egli presente alla trasmissione –  sono da ricercarsi in una stagnazione degli arrivi per lavoro (i decreti flussi annuali sono per pochissimi posti); il loro numero aumenta solo per i ricongiungimenti familiari e diminuisce per l’ottenimento della cittadinanza italiana (200.000 nel 2017).

A questi si aggiunge il numero degli irregolari e di chi ha avuto respinta la domanda di asilo.

Mi spiego. Per non andare troppo lontano, nel 2016 abbiamo subito lo sbarco di 181.436 “profughi”, nel 2017 di 119.369 (fonte: Ministero dell’interno)

Nel 2016, fra questi profughi, abbiamo avuto 123.600 domande di asilo (fonte: Ministero dell’Interno), nel 2017 un numero di poco inferiore. Orbene, per le norme europee, (le Direttiva 2013/32/UE, attuata con Decreto Leg.vo n. 142 del 2015 e Direttiva 2013/33/UE, attuata con il medesimo  Decreto leg.vo  142) ogni domanda di asilo (più correttamente “protezione internazionale”) va valutata dalle Commissioni territoriali competenti; al loro diniego è consentito ricorso e, fino al termine del ricorso giurisdizionale di primo grado, il richiedente asilo ha diritto all’accoglienza e NON può essere espulso.

I tempi, purtroppo, non sono brevi (sei mesi per l’esame da parte della Commissione territoriale e due anni per l’esame del ricorso giurisdizionale.)

A tale stato posto rimedio con il cd. Decreto legge Minniti (D.L. 17/2/2017 n. 13) che velocizza il sistema dell’esame della domanda di asilo immettendo 250 funzionari intervistatori nelle Commissioni territoriali (il concorso si sta concludendo in questi giorni), istituendo sezioni specializzate dei tribunali che devono esaminare il ricorso e abolendo un grado di giurisdizione per gli appellanti denegati.

Nel contempo sono stati stipulati accordi con i Paesi di origine dei migranti che, nel 2017, hanno visto diminuire di oltre il 25% gli sbarchi.

Questi i dati. Il “guaio” è che non tutti i profughi hanno diritto all’asilo. Anzi, le Commissioni territoriali rigettano oltre il 60% delle domande. Questo 60% costituisce l’esercito dei denegati; tutti propongono appello, in quanto ciò, fino ad ora, gli assicurava almeno altri 18/24 mesi di permanenza “legale” in Italia

Molti, nel frattempo, pur potendo lavorare, commettono reati, specialmente nello spaccio della droga, vera piaga in molte città dove gli spacciatori agiscono alla luce del sole nell’apparente inerzia delle forze dell’ordine.

Il fatto è che una riforma del codice penale del 2014 (svuotacarceri) ha disposto l’impossibilità della custodia cautelare dello spacciatore di modiche quantità di stupefacenti fino all’esito del processo. Quindi il Giudice, quando la polizia gli   porta davanti un “modico spacciatore” sia esso italico o straniero, altro non può fare che fissare la data del processo (al quale l’imputato mai si presenterà) e disporne la scarcerazione.

Il migrante che ha chiesto asilo, che è stato denegato e che ha perso il ricorso presso il tribunale deve lasciare il territorio italiano, volontariamente o tramite espulsione.

E qui cominciano i guai.

Espellere un irregolare è impresa difficilissima, e non solo per la nostra Italia.

I rimpatri sono la parte più difficile e gravosa del fenomeno migratorio. Non sempre la questione è compresa dai media e dalla gente.  I migranti non viaggiano con il passaporto e, come gli imputati in tribunale, cercano con ogni mezzo di sottrarsi alla pena dell’espulsione, celando le proprie vere generalità e paese di provenienza.

Ma anche se io conosco nome e nazionalità di uno straniero da rimpatriare, non posso rimpatriarlo effettivamente se non con il consenso espresso ed il “riconoscimento” dell’autorità consolare del Paese di provenienza. Ed è abbastanza agevole da comprendere che il grado di collaborazione delle autorità consolari di alcuni Paesi asiatici o africani non sia altissimo, anzi, spesso non c’è proprio per il manifesto interesse a conservare le rimesse che il migrante fornisce, anche lavorando in nero.

Poi, nel 2008, ci si è messa anche la citata Direttiva 2008/115/CE sui rimpatri la quale fissa paletti molto precisi per l’uso coercitivo delle misure per il rimpatrio:

  • La decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e trenta giorni, per il cittadino non comunitario il cui soggiorno è irregolare. I paesi dell’UE possono prevedere che tale periodo sia concesso unicamente su richiesta del cittadino interessato. In particolari circostanze, il periodo per la partenza volontaria può essere prorogato.
  • Qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio da parte del cittadino entro il periodo concesso per la partenza volontaria, i paesi dell’UE devono ordinare il suo allontanamento. Misure coercitive proporzionate, che non eccedono un uso ragionevole della forza, possono essere usate per allontanare un cittadino non comunitario solo in ultima istanza.
  • Solo In casi specifici, e quando misure meno coercitive (cauzione, ritiro del passaporto, obbligo di dimora) risultano insufficienti, i paesi dell’UE possono trattenere il cittadino non comunitario sottoposto a procedure di rimpatrio quando sussiste un rischio di fuga o il cittadino evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell’allontanamento. Il trattenimento è disposto per iscritto dalle autorità amministrative o giudiziarie e deve essere regolarmente sottoposto a un riesame. Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile e non può superare i sei mesi.

Con questo quadro normativo si comprende che le espulsioni siano anche molto costose.

Interessante, a questo riguardo, è un articolo di Vladimiro Polchi su Repubblica.it del 18 gennaio 2017 che illustra la complessità e i costi (115.000 euro) di una espulsione di 49 migranti verso la Tunisia. Espulsione, oltretutto, facile perché con la Tunisia è in vigore un trattato che regola e semplifica le riammissioni.

Senza contare, poi, che le autorità dei Paesi di rimpatrio, quasi tutti a maggioranza musulmana, chiedono espressamente di limitare i rimpatri di più persone contemporaneamente in quanto ciò solleva le ire degli imam più integralisti che indicano ai loro fedeli queste espulsioni contemporanee come un oltraggio all’Islam con gravi conseguenze in termini di odio verso l’occidente.

Altro fattore da considerare sono gli interessi economici italiani con i Paesi di provenienza. Nessuno lo dimostrerà mai, ma chissà se un massiccio e ravvicinato numero di espulsioni verso la Nigeria influirebbe sulle ricche concessioni petrolifere italiane in quel Paese?

Comunque la difficoltà dei rimpatri non è un problema solo italiano. Ne è un lampante esempio la vicenda di Anis Amri, il terrorista tunisino responsabile del massacro di Berlino del 19 dicembre 2106. Anis Amri passò diversi anni in un carcere italiano perché, arrivato su un barcone nel 2011, durante una rivolta incendiò il centro che lo ospitava. Scontata la pena, nel maggio 2015, l’Italia cercò di espellerlo, ma la Tunisia, certamente non entusiasta di riprendersi una persona che, prima dei reati in Italia, aveva commesso reati nel proprio Paese, ritardò – forse scientemente – la consegna dei documenti necessari per il “riconoscimento” diplomatico e per l’espulsione. La conseguenza fu che ad Amri fu consegnata una espulsione cartacea che gli intimava di lasciare subito il nostro Paese. Amri si autoespelle, ma verso la Germania. Le autorità italiane segnalano a quelle tedesche la pericolosità di Amri. Comincia un balletto fra la Polizia del Land Nord Reno Vestfalia sulla competenza, ma nessun provvedimento viene preso: Amri presenta una domanda di protezione che viene respinta, ma anche la Germania, per gli stessi motivi dell’Italia, non riesce ad espellerlo, con le tragiche conseguenze che conosciamo.

Ciò dimostra che in tutti gli Stati europei esiste il problema del crescente numero di chi, non avendo diritto alla protezione, purtuttavia non è possibile allontanare. Il tasso medio di rimpatri in Europa si aggira sulla sconfortante cifra del 40%.

Questo, in sintesi ha detto a “Radio anch’io” Emma Bonino. Le espulsioni sono poche non perché non si vogliono fare, ma perché son difficili da mettere in pratica.

Probabilmente per questo la Merkel fece il beau geste  di prendersi un milione di profughi, quasi tutti siriani, quindi tutti eligibili per l’asilo con conseguente nessun rimpatrio.

Probabilmente per questo gli altri Paesi UE difendono cn le unghie il principio cardine del Regolamento di Dublino che impone al primo Stato di approdo di tenersi il richiedente asilo; principio contro il quale combatte disperatamente l’Italia e la Grecia, ma in UE si va a maggioranza, e siamo 27 contro 2.

Se la Destra di Berlusconi e Salvini sa fare di meglio, si accomodi. Certo, durante il periodo di governo della Destra, il numero di clandestini calò in modo impressionante, ma non certo per le espulsioni.

Con la Bossi-Fini (legge 30 luglio 2002, n. 189) furono sanati circa 200.000 irregolari. Nel 2009 la sanatoria varata sotto il Governo Berlusconi IV portò alla regolarizzazione circa 700.000 stranieri.

 

Il 10 gennaio scorso ho avuto la fortuna di assistere alla presentazione della riedizione di “Moniti all’Europa” di Thomas Mann, arricchito da una presentazione di Giorgio Napolitano.

Si parlava del grande scrittore tedesco, fuggito all’estero durante il nazismo; si parlava delle sue opere, dei suoi discorsi radiofonici ai tedeschi per metterli in guardia contro gli eccessi del nazismo. Si parlava di Germania, della Repubblica di Weimar, del nazismo, ma si intendeva Italia e prossime elezioni politiche del 4 marzo.

L’età media dei relatori e della platea era di circa ottanta anni, ma che piacere ascoltare un lucidissimo Sergio Zavoli (95 anni) un arcicompetente Paolo Mieli, uno stimolante Massimo Cacciari, un chiarissimo Giorgio Napolitano che spazia, nonostante i 92 anni, da Weimar al concetto di borghesia e di classe operaia; delle differenze di traduzione di dei Romanzi Thomas Mann al suo chiamarsi fuori dal nazismo, ma senza rinnegare le sue precedenti convinzioni.

Ecco, questa è la cultura, due ore di interventi “pesanti”, al di là della cronaca e della storia, ma che affondavano nelle cause e nei perché, volate via come se fossero cinque minuti, pura goduria delle orecchie e del cervello. Ma anche rimpianto perché queste menti, incommensurabilmente superiori a quelle di politici odierni, ben poco potranno fare ancora per il nostro Paese, ormai in balia di semplici mestieranti.

Etica della politica di Mann, o etica della responsabilità, come ricordato da Cacciari: “la politica deve essere realistica e indicare i mezzi per raggiungere gli scopi che ogni partito di prefigge”, se no son chiacchiere.

Meraviglioso e quasi godurioso il duetto fra Napolitano e Cacciari sulla “alleanza fra borghesia classe operaia” unite dal comune scopo di far progredire la nazione, la prima con il cervello la seconda con le braccia. Ambedue scomparse.

 

Ma la cosa che ricordo di più dell’incontro – forse per le similitudini con l’oggi – è il ricordo dello “anno orribile” 1923, quando, in Germania, in piena Repubblica di Weimar, ad agosto, il Governo formato da Gustav Stresemann sembrò risollevare il Paese e porre un argine al nazismo e alle forze populiste che lo sostenevano, ultimo baluardo della legalità democratica. Era un governo di coalizione con il Zentrum e i socialisti.  Ma una scissione della sinistra – e qui ho visto gli occhi dei relatori arrossarsi per lacrime represse – nel novembre dello stesso 1923 portò alla caduta del Governo. Da qui iniziò la caduta libera della Germania verso forze populiste e dittatoriali che fece sprofondare l’Europa nell’olocausto della II Guerra mondiale.

 

Purtroppo i segni, anche oggi, sono evidenti e senza neppure riandare alla Repubblica di Weimar e a Thomas Mann.

Infatti, nell’incontro, è stato evocato anche Max Weber e i suoi discorsi contro l’Uomo forte (allora Bismarck) che esautorava la centralità del Parlamento. Il Parlamento deve essere, invece, un luogo fondamentale della democrazia. Il Parlamento è il luogo deputato a fare emergere le élite: gli uomini migliori si faranno in parlamento. La centralità del parlamento deve essere assoluta: qui si deve svolgere la lotta (pacifica), qui deve venir fuori il leader (il parlamento non è affatto antitetico al carisma). Il parlamento è utile perché, una volta selezionato il leader carismatico, pone comunque i limiti della legalità costituzionale, funzione di controllo del parlamento.

Purtroppo Il popolo è portato affettivamente a sottomettersi al carisma del signore, il quale è dotato di virtù soprannaturali (eroismo, ecc.) che non sono mai esistite se non nella sua autoconvinzione e pubblicità. La sottomissione avviene in maniera emozionale e non razionale. Appena perde le sue qualità, il popolo non obbedisce più all’eroe carismatico che perde di colpo il suo potere; se le masse non percepiscono più come tale il suo potere, questo “duce” cade immediatamente. Viene così meno il concetto razionale della competenza e della democrazia, ossia associarsi attorno ad una idea (vedi articolo 49 della nostra Costituzione) e non attorno al carisma di uomo.

E quanti esempi abbiamo avuto di questa tesi di Max Weber. Da Mussolini a Hitler, fino a Berlusconi e Renzi, senza tralasciare uomini politici che hanno fatto del “carisma personale” il loro biglietto da visita, Grillo prima di tutto, senza altra garanzia che mirabolanti promesse, senza alcuna base giuridica.

 

Questo il quadro politico attuale in cui, per ripicche personali si ci divide e divisi si va alle elezioni con la matematica sicurezza di perdere, contro avversari che, messe da parti le naturali divergenze sulle marginalità, fanno gruppo unico e compatto di fronte all’elettore.

Quale sarà il destino dell’Italia? Weimar o una “democratura”?

Comunque vada, come disse qualcuno più competente di me “prepariamoci alla notte gelida che ci attende”.

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