Archivi per il mese di: ottobre, 2024

La situazione dei nuovi centri di permanenza in Albania per migranti irregolari sembra complessa e destinata a creare conflitti a più livelli, sia interni che a livello europeo. Partiamo da due aspetti chiave:

1. Centri di detenzione in Albania: La decisione dell’Italia di trattenere migranti in Albania, lontano dal proprio territorio, presenta molte criticità legali e pratiche. Se le autorità giuridiche italiane (magistrati e commissioni esaminatrici) devono decidere sul destino di migranti trattenuti fuori dai confini nazionali, questo pone difficoltà di giurisdizione, di rispetto dei diritti legali e di coordinamento tra i due Paesi. L’assenza di una presenza fisica delle istituzioni italiane in Albania rende ancora più arduo rispettare le normative italiane e internazionali sui diritti umani e sulle procedure d’asilo.

2. Sentenza della Corte di Giustizia Europea (CGUE): La sentenza del 4 ottobre aggiunge un altro livello di complessità, poiché afferma che anche se solo una parte del paese d’origine di un migrante è considerata pericolosa, non è possibile deportare il migrante verso quell’intero paese. Questo vincola fortemente i governi, compreso quello italiano, a garantire che non venga espulso nessuno verso paesi che presentano aree di rischio. Tale decisione crea inevitabili tensioni tra le politiche nazionali di espulsione e le norme europee sui diritti umani, aumentando il rischio che queste espulsioni vengano bloccate dai tribunali.

Come si può evolvere la situazione:

1. Tensioni con l’Albania: Se i centri di detenzione diventano operativi ma ci sono ostacoli legali significativi (a causa di sentenze europee o problematiche giurisdizionali), l’Albania potrebbe essere riluttante a continuare la collaborazione, non volendo gestire un flusso continuo di migranti non espellibili o trattenuti per lunghi periodi.

2. Contrasto con le istituzioni europee: L’Italia, già sotto pressione per la gestione dei flussi migratori, potrebbe trovarsi in conflitto con le direttive europee se decidesse di ignorare o aggirare la sentenza della CGUE. Questo potrebbe portare a multe o sanzioni a livello UE, accentuando la tensione tra chi vorrebbe una linea più rigida sull’immigrazione e chi invece chiede il rispetto delle normative comunitarie.

3. Impasse legale: Con la CGUE che vieta espulsioni verso paesi con aree pericolose e le difficoltà di coordinamento con l’Albania, potrebbe crearsi una situazione di stallo in cui i migranti restano bloccati nei centri, senza che si trovino soluzioni né per il loro rimpatrio né per la loro integrazione o espulsione.

In sintesi, la situazione rischia di diventare insostenibile sia per l’Italia che per l’Albania, creando un corto circuito legale e politico che potrebbe richiedere l’intervento della Commissione Europea o l’adozione di nuove misure condivise a livello continentale.

Anche se l’Italia farà ricorso contro la sentenza della CGUE alla Grande Chambre (tasso di accoglimento dei ricorsi 3%) la situazione, togliendo dai “deportati” quelli provenienti dai Paesi parzialmente sicuri, non cambia poi di molto.

Il Governo Meloni  per non fare l’ennesima brutta figura, per un po’ di tempo, manterrà il punto con gran dispendio di denaro pubblico.

Poi…poi i migranti in Albania cominceranno a crescere come a Lampedusa, il malcontento albanese crescerà e il premier Edi Rama potrebbe ripensarci.

Io sono vecchio

O mi sento vecchio.

Ma cosa significa sentirsi vecchio (o, secondo il politically corrrect) diversamente giovane? Avere acciacchi? Malattie? Non riuscire più a compiere una escursione di venti chilometri? No, non è un fatto fisico; è una situazione mentale in cui tutti i capisaldi, i fermi capisaldi in cui sei cresciuto, ad uno ad ud uno crollano e vengono sostituiti da altri, per lo più opposti.

Cerco di dare a qualcuno dei miei cinque lettori (citazione manzoniana) un quadro della situazione per capire meglio il mio disagio.

Sono un boomer”, ossia della generazione nata fra il 1955 (secondo dopoguerra e il 1960, inizio del boom economico.)

Infanzia molto diversa da quella attuale: si ci incontrava – anche fra sconosciuti – per strada e si giocava a nascondino, uno, due tre,,,STELLA!, Guardie e ladri, Si stava insieme per ore, si giocava, c’era tutto, tranne i soldi: le tasche erano vuote. Ma il nostro percorso verso l’età adulta cominciava di lì: giardino pubblico, compagni sconosciuti, giochi, vittoria o sconfitta. I genitori non c’erano [come non ci sono oggi] ma ce la gestivamo noi. Era impensabile ricorrere al genitore se un compagno occasionale compiva una entrata un po’ dura sulla nostra caviglia.  Avevamo i pantaloncini corti [all’inglese] e le ginocchia perennemente sbucciate. Ma non era un problema. Anzi era quasi un piacere sado/masochista levarsi le croste quando indurite,

Come riportato nei post “come eravamo” su Facebook, si beveva dalla pompa, si mangiavano le noccioline, le abrasioni da caduta erano un nonnulla.

Poi crescemmo, la scuola e, soprattutto il Liceo. Sono cresciuto in una medio-grande città di provincia. Botte da orbi fra fasci e gente di sinistra, Forse troppa ideologia e troppa divisione di ruoli, come lo sciopero per Angela Davis che, a malapena, sapevamo chi fosse, con la Fiat 850 del “polizia politica” a sorvegliarci..  La polarizzazione, nel ridotto ambito in cui vivevamo, aveva anche risvolti strani. Un omicidio, etichettato fra elemento di destra e di sinistra che, poi, scandagliando le cause, fu provocato da una gelosia per una ragazza. Eppure i genitori furono, recentemente convocati al Quirinale nella “giornata di riconciliazione politica” quando, nell’omicidio, di politico c’era poco o nulla.

Vedo che, per spiegare ho fatto una introduzione da paura.

Vado al sodo.

Sentirsi vecchio prescinde dal fisico; prende i capisaldi del proprio pensiero; prende le certezze che uno aveva acquisito in una vita. Le certezze vanno via una ad una e non vengono sostituite da nuove: per un vecchio l’ordine mondiale viene sostituito da qualcosa di nuovo e non perfettamente comprensibile.

Quando mangiavo pane e politica [o, meglio Geopolitica] le cose erano molto più semplici: c’erano due blocchi: uno costituito dagli USA che – in cambio dell’acquisto dei suoi prodotti – ci proteggeva con il suo ombrello atomico; l’altro costituito dai “cattivi” [secondo la propaganda dell’epoca] costituito dall’URSS e dai suoi satelliti che ci minacciavano ad ogni ora del giorno.

Allora, dagli anni ’60 in poi, tutto ciò che proveniva dall’URSS era cattivo e malvagio.

Ma noi, magari per la protezione dell’ombrello atomico USA, eravamo relativamente tranquilli [qualcuno nel 1963 è stato seriamente preoccupato della crisi de missili URSS a Cuba?]. Nel mondo esterno la situazione non era diversa. Interi Paesi con conflitti interni si dividevano, senza fare un chiasso che arrivava da noi, in Stato del Nord e Stato del Sud, uno che faceva riferimento agli Usa e uno all’URSS: capitò con la Corea, con il Vietnam, con lo Yemen e non so a quanti altri..

Allora l’ONU o, più precisamente, l’UN, era una certezza, una camera di compensazione dove i conflitti venivano risolti senza minimamente mettere in dubbio l’autorità delle Nazioni Unite, del suo Consiglio di Sicurezza, organizzazione super partes alla quale tutti dovevano rispetto.

In quegli anni, poi, si stava concretizzando il sogno di Altiero Spinelli: l’Europa! Che in pochi anni passò da unioni settoriali (CECA, EURATOM) pian piano ad una vera unione politica fino ad arrivare all’odierna Unione europea, con il corollario della moneta unica [peccato che non si sia riusciti ad eliminare l’unanimità dalle decisioni de Consilio europeo.]

Un mondo ideale, insomma, corrispondente alle aspettative di una persona nata nel secondo dopoguerra e affamato di geopolitica.

Ma non si può sperare che la situazione ottimale rimanga tale per molto. Oggi le cose sono di molto mutate e, quando dico di molto, parlo eufemisticamente.

Partiamo dall’Unione europea. Ormai questa organizzazione è tutt’altro che una Unione. Nessuno Stato vuole più uscirne, ma tutti vogliono cambiarla per farla diventare solo un tavolo in cui si scambiano le esigenze nazionalistiche: ossia si va avanti solo se sono tutti d’accordo. E l’accordo è molto diverso da quello di 15 anni fa, Niente migranti, omicidio del vento di Tampere, dazi, volontà dei singoli Stati che prevale sul senso comune. Le ultime elezioni europee hanno premiato i partiti sovranisti, quelli che, più o meno, riecheggiano il trumpiano MAGA.

La nuova Commissione non si è ancora insediata, anche perché il Parlamento europeo, unico Orgnano eletto a suffragio universale ha già trovato problemi nella maggior parte dei candidati Commissari proposti dagli Stati membri.

Non vanno meglio le Nazioni Unite: una volta una risoluzione del Consiglio di Sicurezza era Vangelo e una telefonata del “padrone” dell’ONU, il Presidente USA, era un ordine.

Oggi Israele sbeffeggia Biden e, addirittura, fa sparare i suoi carrarmati contro le missioni ONU [UNIFIL].

Un mondo alla rovescia? No, non voglio imitare Vannacci, ma è indubbio che le cose siano cambiate.

A meno che….

A meno che le cose siano state predeterminate dai soliti noti.

Ci sono alcuni elementi da prendere in considerazione;

  1. Gli Stati del Golfo, una volta meri produttori di petrolio, ora devono investire i petrodollari;
  2. l’instabilità del Medioriente è un serio ostacolo all’espandersi dei commerci e degli affari degli Stati del Golfo,
  3. i “poveri” palestinesi sono [sfiga del destino] invisi da tutti e tutti i Paesi dell’area circostante sarebbero felici di una loro scomparsa,
  4. La maggioranza dei paesi del Golfo è sunnita, la parte più progressista dell’Islam. Hezbollah, Hamas e Iran sono sciiti, la minoranza.
  5. I progetti faraonici dell’Arabia Saudita: apertura al turismo , costruzioni di megalopoli in scatola, hanno bisogno di investimenti occidentali e cinesi, ché i fondi sovrani sono ormai alla frutta;
  6. La Russia, checché ne dica Zelensky sta vincendo e gli Stati donatori sono sempre più riluttanti a fornire armi sofisticate all’Ucraina;
  7. la Cina pensa solo al commercio, a far soldi e ad annettersi economicamente l’Africa.

 Possiamo pensare che in questa situazione di vuoto politico [USA sotto elezioni, Europa alle prese con la difficile formazione della nuova Commissione] a Netanyahu sia stato assegnato il compito ”sporco” di ripulire il Medioriente dai criminali di Hamas e di Hezbollah e di dare un sonoro ceffone all’Iran?

In cambio Netanyahu riceverebbe un salvacondotto che lo metterebbe al riparo dalle pendenze giudiziarie e Israele coronerebbe il suo sogno “dal fiume al mare”.

In questo disegno rimarrebbero fuori i palestinesi, orrendamente decimati dagli israeliani, ma in ogni Nuovo Ordine Mondiale qualcuno dovrà pur perdere……

Mica noi reclamiamo la Libia, La Somalia, Pola e l’Istria….

Era una fredda sera d’autunno e Francesco Ruggeri, seduto nel suo ufficio, fissava lo schermo del computer. L’orologio segnava le 22:37, il silenzio intorno era palpabile, spezzato solo dal ronzio degli apparecchi elettronici. Il sistema di sicurezza della banca era stato superato con una facilità inquietante. Cliccò su un nome: Marcella Rinaldi, la Presidente del Consiglio dei Ministri. Sullo schermo apparvero cifre enormi, trasferimenti che lasciavano intuire operazioni molto più delicate della semplice gestione del denaro privato. Francesco provò un brivido lungo la schiena, ma il sudore sulle sue mani rivelava eccitazione, non paura.

Quello che non sapeva era che un uomo dall’altro lato del mondo, in una stanza tappezzata di schermi, osservava ogni sua mossa. Dante, l’enigmatico capo di un’organizzazione criminale che operava nell’ombra, aveva scelto Francesco per la sua capacità di restare invisibile. Un uomo comune, senza traccia di insubordinazione, il cui volto insignificante sarebbe stato dimenticato da chiunque. La mente di Dante, invece, era tutto fuorché insignificante. Conosceva i segreti dei potenti e sapeva come usarli.

Il complotto si intensifica

Francesco continuava a entrare nei conti di figure politiche di alto profilo: ministri, parlamentari, alti gradi dell’Esercito, addirittura capi di multinazionali, di ogni orientamento politico, scoprendo movimenti strani o inspiegabili. Quello che era iniziato come un semplice atto di curiosità divenne presto un’ossessione. Ogni nuova scoperta lo faceva sentire più potente e più vicino alla causa di tali strani movimenti di danaro. Ma non si rendeva conto che stava scivolando in una trappola letale: i dati scovati fluivano veloci come un fiume dal suo computer a quello degli uomini dell’organizzazione di Dante che ben ne conoscevano le cause.

Fu quella notte che ricevette il messaggio da Alicia, una donna mai vista prima, né sentita che in poche frasi gli fece capire che sapeva tutto della sua “attività” di spia e lo invitava ad un incontro ove, gli disse, gli avrebbe spiegato come mettere a frutto la sua attività. Si incontrarono in un hotel di lusso fuori città. Alicia Caruso era alta, di una bellezza meridionale, elegante, con lunghi capelli biondi e labbra rosso scarlatto che lasciavano un segno indelebile nella sua mente.

Non appena la vide, Francesco si sentì prigioniero del suo sguardo. Indossava un abito attillato che esaltava la sua figura, e il profumo che emanava sembrava ipnotico. Lei gli fece capire che non solo approvava le sue azioni, ma che lo avrebbe guidato verso qualcosa di più grande.

“Ti sei mai chiesto quanto vale davvero questo tuo potere e i dati che hai raccolto sui movimenti di denaro di questi uomini potenti?” sussurrò Alicia mentre avvicinava il suo corpo al suo, lasciando che le sue dita sfiorassero leggermente il petto di Francesco.

Francesco, affascinato, la abbracciò con foga, ma mentre le sue mani percorrevano la sua schiena, Alicia gli infilò un piccolo dispositivo nella tasca della giacca. Un localizzatore. Ogni sua mossa sarebbe stata monitorata da lì in poi. Francesco non poteva sapere che Alicia era più pericolosa di quanto immaginasse, un’arma letale nella rete di Dante. Seduzione e morte erano le sue specialità.

Intrighi e tradimenti

Mentre Francesco cadeva sempre più sotto l’influenza di Alicia, Valeria, una giornalista investigativa, era sulle tracce del complotto. Le sue ricerche la portarono a scoprire una serie di omicidi mascherati da suicidi, legati a personaggi che avevano avuto accesso, come Francesco, a informazioni sensibili sul governo ed ai relativi movimenti di denaro. Valeria sapeva che Francesco era solo un tassello del puzzle, ma c’erano forze oscure in gioco, e il suo fiuto per il pericolo non la deludeva mai.

In un incontro con Lorenzo, un hacker che aveva disertato l’organizzazione di Dante, Valeria scoprì quanto fossero profonde le radici del complotto. In un bar malfamato e fumoso, Lorenzo le rivelò che Dante aveva un piano per destabilizzare il governo. “Non sono solo movimenti di denaro, Valeria. Stiamo parlando di un colpo di stato invisibile. Vogliono fare a pezzi il sistema dall’interno, le disse con uno sguardo spaventato.

Ma il prezzo di quella verità era alto. Prima che potesse rivelare tutto, Lorenzo fu colpito da un sicario. Il suo corpo crollò ai piedi di Valeria, con una macchia di sangue che si allargava sul pavimento. Lei fuggì, il cuore che batteva come un tamburo, sapendo che da quel momento in poi la sua vita sarebbe stata in pericolo.

Passioni pericolose

Nel frattempo, Francesco ed Alicia trascorrevano giorni appassionati insieme. Ogni incontro diventava più intenso e più pericoloso. Il confine tra passione e violenza si faceva sottile, e Francesco era ormai prigioniero di quel gioco letale. Alicia lo controllava con la promessa di un amore che lo avrebbe salvato dai pericoli del gioco in cui si era infilato, ma in realtà lo stava spingendo sempre più vicino all’abisso.

Una notte, dopo una feroce lite, Francesco la afferrò per le spalle, cercando di capire chi fosse veramente. “Chi sei, davvero?” le urlò. Ma Alicia si limitò a sorridere, accarezzandogli il viso con una delicatezza quasi perversa. “Sono la tua unica via d’uscita, Francesco.”

Quella sera, i loro corpi si unirono come se fosse l’ultima volta, ma nella mente di Francesco si accese una nuova consapevolezza: “stava per essere sacrificato”.

La resa dei conti

Il giorno del confronto arrivò velocemente. Valeria, decisa a fermare il complotto, scoprì il rifugio di Francesco e lo raggiunse in un piccolo appartamento alla periferia della città. Francesco la accolse con un volto segnato dal rimorso. “Non c’è via di scampo, Valeria,” mormorò con gli occhi colmi di terrore “ora ti racconto tutto!”.

Ma mentre i due parlavano, Alicia fece irruzione nella stanza, accompagnata da una squadra di uomini armati. Il tradimento era evidente. Alicia non avrebbe mai permesso che tutto sfuggisse al suo controllo. Il sangue scorreva veloce nelle vene di Valeria quando capì che la sua unica possibilità di sopravvivenza era fuggire.

Francesco, con un ultimo gesto disperato, cercò di difendere Valeria, ma fu colpito da uno dei sicari. Il proiettile lo trapassò, lasciando una scia di sangue che schizzò sul volto di Alicia. Il suo sorriso glaciale non vacillò nemmeno per un secondo. La passione, l’inganno e il potere si intrecciavano in un unico, fatale momento.

Valeria riuscì a fuggire dalla scena, ma sapeva che la sua vita era ormai compromessa. Eva era svanita nel nulla, e Dante restava un’ombra inafferrabile.

Conclusione

Il giorno successivo, la stampa riferì della morte di Francesco Ruggeri, l’uomo che aveva tentato di spiare il governo. La verità riportata era quella di un semplice impiegato di banca che per curiosità si sentiva “potente” se spiava i conti correnti degli uomini politici o dei grandi manager, senza poi far nulla dei dati acquisiti. Ma solo pochi sapevano la verità: dietro quella morte c’era un complotto che aveva radici molto più profonde. Valeria lasciò il Paese, portando con sé segreti che non avrebbe mai potuto rivelare.

Alicia? Era libera, il suo piano ancora intatto, ma non avrebbe mai dimenticato quella notte. Perché anche il potere più grande ha un prezzo, lei sapeva che, presto, avrebbe fatto i conti con Dante. Ma sorrise al pensiero di avere ancora molti assi nella manica, con i suoi contatti più che amicali con molti politici.

Il Nuovo Ordine Mondiale si stava avvicinando sempre di più, accompagnato caduta delle certezze che avevamo, come l’intangibilità delle Nazioni Unite e delle sue missioni di Pace.

Contenuto di fantasia. il 99% del testo e le immagini sono generate dall’intelligenza artificiale.

Cosa faresti se ti fosse garantito che non fallirai.

La garanzia di un non fallimento è un forte disincentivo per ogni impresa.

Ogni attività ogni impresa è iniziata non tanto per la impresa stessa, bensì per testare se stessi, per mettersi alla prova.

Se sapessi in anticipo che ogni mia intrapresa sarà un successo, mi mancherebbe ogni stimolo.

Il sole stava tramontando oltre la linea dell’orizzonte, gettando un’ombra rossastra sul Palazzo del Governo. All’interno, la premier, Marcella Rinaldi, fissava lo schermo del suo telefono, le mani serrate in un pugno. La chat privata con i parlamentari della sua coalizione, destinata a rimanere riservata, era di nuovo finita sui giornali. Notizie delicate, discussioni segrete, piani politici… tutto pubblicato con titoli sensazionalistici.

Era la terza volta in un mese che accadeva.

“Non possiamo andare avanti così,” mormorò tra i denti, senza distogliere lo sguardo dalle righe di testo che scorrevano sulla pagina del quotidiano online. Gli occhi di Marcella si erano fatti freddi, taglienti. Dietro a quel viso controllato, c’era una tempesta di rabbia che ribolliva sotto la superficie. Aveva chiuso la chat e si era alzata dal tavolo della sala riunioni.

“Signori,” disse rivolto al gruppo di consiglieri e parlamentari presenti. “Credo che sia chiaro cosa stia succedendo. C’è una talpa tra di noi, o forse più di una. E ora, vi avviso, se non troverò chi sta tradendo la nostra fiducia, mi dimetterò. E vi trascinerò tutti con me.”

Il silenzio calò nella stanza. I parlamentari, finora accomodati con atteggiamento disinvolto, improvvisamente si irrigidirono, come se il peso delle parole del premier fosse sceso su di loro come una cappa. Qualcuno schiarì la gola, qualcun altro distolse lo sguardo. La paura si mischiava all’imbarazzo, ma nessuno osava replicare.

Nel buio di una stanza anonima alla periferia della città, un uomo dall’aria composta digitava velocemente sulla tastiera del suo laptop. Il rumore secco dei tasti si mescolava a un ticchettio metallico proveniente da un orologio da parete. La luce azzurra dello schermo illuminava il volto impassibile di Riccardo Serra, un ex agente dei servizi segreti che lavorava ora come hacker mercenario. Era lui l’autore delle intercettazioni che avevano permesso ai giornalisti di pubblicare le conversazioni riservate. Nonostante fosse ben pagato per il suo lavoro, Riccardo non si sentiva particolarmente a suo agio con l’incarico. Il mondo della politica lo disgustava, eppure, come tutti, aveva un prezzo.

Al centro della stanza, legato a una sedia con nastro adesivo, c’era un uomo sui quarant’anni, in evidente stato di shock. Era il parlamentare Edoardo Bianchi, uno dei fedelissimi della premier Rinaldi. Serra lo aveva rapito qualche ora prima, subito dopo l’ultima fuga di notizie. Il piano era semplice: farlo sembrare il capro espiatorio perfetto, un traditore che aveva venduto informazioni alla stampa.

Riccardo si alzò dalla sedia, si avvicinò al prigioniero, gli gettò un’occhiata fredda e calcolatrice. “Non preoccuparti, Edoardo. Questo finirà presto. Sarai tu l’agnello sacrificale, e io continuerò il mio lavoro senza problemi.”

Bianchi cercò di parlare, ma il nastro che gli copriva la bocca soffocava ogni parola. Serra sorrise sotto i baffi e si girò verso il suo portatile. Il telefono vibrò. Un messaggio crittografato apparve sullo schermo: “I tempi stanno cambiando. Pronto per la prossima mossa? – R

R. Era il suo contatto nell’organizzazione che gli aveva commissionato il lavoro, un gruppo oscuro di potere che si muoveva nell’ombra. Non erano solo interessati a screditare Rinaldi; volevano gettare l’intero governo ed il Paese nel caos. Serra sospettava che non fosse solo una questione di soldi, ma non aveva mai fatto troppe domande. In quel mondo, la curiosità poteva costare caro.

Nel frattempo, al palazzo del governo, Rinaldi aveva convocato un incontro segreto con i suoi consiglieri più fidati. Erano pochi, scelti con attenzione per la loro fedeltà. Tra loro c’era Anna Ricci, la sua più stretta collaboratrice, quasi una sorella. Era una donna dall’intelligenza acuta, con un passato nei servizi segreti militari. Nessuno conosceva i meccanismi del potere e del tradimento meglio di lei.

“Abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti dall’esterno,” disse Anna, sfogliando una cartella con una serie di nomi e contatti. “Non possiamo fidarci di nessuno all’interno del nostro gruppo, nemmeno dei nostri tecnici.”

Rinaldi annuì. “C’è qualcuno che hai in mente?”

“Un uomo. Lo chiamano l’Ombra. È un ex agente, molto bravo. Ma sarà costoso, e… come dire, non proprio pulito.”

La premier si strofinò il mento, riflettendo. “Fallo venire qui. Non abbiamo scelta.”

A notte fonda, un uomo vestito interamente di nero si avvicinò al luogo dell’appuntamento. La sua figura snella e agile si muoveva senza fare rumore, e la sua faccia era nascosta da un cappuccio. Nessuno conosceva il suo vero nome, ma nel mondo sotterraneo delle spie, era noto come l’Ombra. Aveva lavorato in missioni segrete in tutto il mondo, dalla Siberia all’America Latina. Era un maestro della dissimulazione, della fuga e dell’infiltrazione, forse coinvolto anche nell’affondamento del Bayesian.

L’appuntamento, fu dato alla stazione ferroviaria, per non dare sospetti. Si palesò senza fare rumore, accolto da Anna Ricci.

“Ti aspettavamo,” disse lei con un sorriso sottile.

L’Ombra non rispose subito. Osservò il luogo con occhi glaciali, valutando ogni possibile uscita, ogni segno di pericolo. Poi, finalmente, parlò con una voce bassa e roca: “Cosa volete da me?”

“Vogliamo che tu scopra chi sta tradendo la premier. E che lo fermi. In ogni modo.”

L’uomo sorrise appena, un sorriso freddo, quasi meccanico. “In ogni modo? Bene.”

L’ombra usò i suoi metodi; non gli ci volle molto per scoprire chi aveva hakerato lo smartphone della Premier. Il nome di Riccardo Serra spuntò quasi subito: era un dilettante, le protezioni erette attorno alla sua rete erano di paglia e forabili con un nonnulla.

Riccardo Serra non aveva mai immaginato che il suo lavoro avrebbe attirato tanta attenzione, ma quando vide l’Ombra apparire nel suo sistema, capì di aver commesso un grave errore. Le sue protezioni erano state violate in pochi secondi, come se non esistessero. Il segnale di allarme risuonò troppo tardi, e le sue mani sudavano sulla tastiera. Cercò di chiudere tutto, ma era inutile. Un messaggio lampeggiò sullo schermo: “Ti troverò.”

Serra si alzò di scatto, preso dal panico. Si guardò intorno, cercando una via di fuga, ma il suono della porta che si apriva con un cigolio gli fece gelare il sangue nelle vene. L’Ombra era lì, una sagoma nera contro la luce fioca del corridoio.

“Serra, giusto?” disse l’uomo con tono calmo. “Sei finito.”

Quando Rinaldi ricevette la notizia, un senso di sollievo misto a inquietudine lo attraversò. La talpa era stata neutralizzata, ma le forze che si muovevano nell’ombra erano ancora là fuori, pronte a colpire, magari dando la colpa ad un semplice chiodo. E mentre guardava fuori dalla finestra del suo ufficio, con la città che brillava sotto di lei, si rese conto che il vero nemico non era mai stato così lontano o così vicino. Un’altra donna, ormai habituè degli intrighi politici, tramava nei paraggi, pronta ad altre e importanti rivelazioni. Il “Nuovo Ordine Mondiale” si stava avvicinando.

Opera di finzione. Oltre il 90% del testo e delle immagini è stato generato dall’intelligenza artificiale

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