ORO ALLA PATRIA Sapete che forse si ripeterà quella spoliazione fascista del 18 dicembre 1935 chiamata “Oro alla Patria” in cui gli italiani furono “invitati” a regalare l’oro di proprietà [anche le fedi nuziali] per sostenere la Guerra d’Etiopia e contrastare le sanzioni economiche imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni a partire dal 18 novembre 1935.?
Tutti sapete che l’Italia è terza al mondo per l’ammontare delle riserve auree che sono state il più formidabile strumento di garanzia per ottenere comunque prestiti dagli altri Stati garantendo il rimborso dei nostri CCT e BOT. Infatti, anche nei momenti più bui della nostra economia, con un debito pubblico stratosferico, i nostri titoli di Stato sono stati comprati dagli altri Paesi senza problemi, anche perché rassicurati dall’entità delle nostre riserve auree, custodite dalla Banca d’Italia. Infatti è proprio uno dei principali compiti della Banca d’Italia organismo indipendente, detenere e gestire le riserve valutarie del Paese, che includono valuta estera e oro. E la terzietà e il prestigio di cui gode la Banca d’Italia sono noti da tempo in tutto il mondo. È di oggi, però, la notizia che questo Governo, sempre a caccia di soldi, vuole cambiare le regole del gioco, vuole gestire in proprio le riserve auree sottraendole alla Banca d’Italia. Per farci cosa? Non si sa, ma ovviamente per spenderle. Si nasconde dietro il paravento di “gestirle in nome del popolo italiano” che, ricordiamolo, questo governo rappresenta per meno del 12%, visto l’alto numero di astensioni nelle elezioni del 2022. Quanto dureranno le riserve auree in mano a questo governo? Dove andrà a finire la garanzia per i prestiti che continueremo a chiedere?
Gli Stati Uniti d’America, patria delle armi, ha partorito un ennesimo omicidio politico.
Charlie Kirk, un estremista MAGA, uno che affermava che se sua figlia fosse stata violentata, avrebbe dovuto partorire, perché l’aborto è sempre un omicidio; uno che affermava che il cervello della “nera” Michelle Obama è inferiore a quello di qualsiasi donna bianca, razzista, antitransgender, etc. etc. è stato assassinato ieri, pare da un tizio incensurato, tale Tyler Robinson, un ventiduenne mai coinvolto in fatti politici che, però, a detta degli investigatori USA, è stato capace di colpire a mote con precisione, con un solo colpo da più di 100 metri di distanza, il suo bersaglio, come è meglio degli eroi americani dei film sui cecchini. [mah…].
Ma quello che interessa questo post sono le scritte trovate sui proiettili non usati dal Killer “Bella Ciao, bella ciao” e “prendi questa, fascista!” Ovviamente da qui terreno fertile per Trump per accusare la sinistra dell’efferato crimine e dei suoi accoliti per invocare l’uccisione di tutti i democratici.
Tutto per una canzone che ha sì il titolo con parole nella nostralingua, ma che non ha nulla a che fare con la sinistra.
Mi tocca riproporre un mio post del 23 aprile 2023 che ripercorre le origini di questo canto universale che, lungi da essere esclusivo campo della sinistra, è solo un inno, cantato in tutto il mondo, con ilquale i popoli oppressi anelano alla libertà e alla cacciata dell’oppressore.
C’è tanta gente che considera il canto “Bella Ciao” come un canto di sinistra o, peggio, comunista.
Pare accertato che “Bella Ciao” non era fra i canti partigiani e non fu mai cantato da essi.
Cominciò ad essere famoso solo negli anni ’60.
Nel testo: “«Una mattina mi son svegliato o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor.
O partigiano portami via o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao o partigiano portami via che mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao e se io muoio da partigiano tu mi devi seppellir.
Seppellire lassù in montagna o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao seppellire lassù in montagna sotto l’ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao e le genti che passeranno mi diranno che bel fior.
E questo è il fiore del partigiano o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao e questo è il fiore del partigiano morto per la libertà.»”
Nel testo, dicevo, non c’è alcun riferimento a ideologie politiche, solo un grido per la libertà perduta a causa dell’invasor e la voglia di combattere l’invasore.
Tanto è vero che, almeno alle origini non aveva connotazioni politiche è dato dal fatto che fu cantata anche al congresso che elesse Benigno Zaccagnini alla Segreteria della DC, movimento non certo di sinistra.
Quello che è certo che la Destra, non si sa perché, se l’è presa con questa canzone che, ripeto, è solo un grido di libertà contro l’invasore, e – furia di dire che sia un canto comunista – magari qualcuno ci crede.
E la connotazione politica “a sinistra” di Bella ciao è un fatto tutto italiano. La canzone famosissima nel mondo è cantata sempre quando si lotta contro un invasore, un po’ come il canto degli ebrei in “Và Pensiero” di Giuseppe Verdi:” Saluta le rive del Giordano, E le torri distrutte di Sion! Oh mia Patria, così bella ma perduta, Oh ricordo così caro, ma così doloroso.”
Ma non solo…..
Tra le innumerevoli esecuzioni spicca anche quella del musicista bosniaco Goran Bregović, (non certo uomo di sinistra) che la include regolarmente nei propri concerti, e che ha dato al canto popolare un tono decisamente balcanico (contro l’invasione della Bosnia).
Durante le proteste dell’ottobre 2011, il movimento Occupy Wall Street, gli indignados a stelle e strisce, intonò Bella ciao.[56]
Il candidato socialistaFrançois Hollande ha scelto il canto popolare dei partigiani dell’Emilia-Romagna per concludere un suo discorso in occasione delle elezioni presidenziali 2012, tra gli applausi della folla.[57]
Durante le manifestazioni contro Erdoğan avvenute nella piazza Taksim di Istanbul e in tante altre città turche nel 2013, alcuni manifestanti hanno intonato il motivo della canzone.
Bella ciao, in italiano, è stata anche cantata a Parigi dall’attore comico francese Christophe Alévêque durante le commemorazioni funebri delle vittime della strage avvenuta nella sede del settimanale satirico francese Charlie Hebdo: nel corso di una cerimonia pubblica di sostegno del giornale (trasmessa in diretta l’11 gennaio 2015 da France 2),[60] e durante il funerale del fumettista Bernard Verlhac, detto “Tignous” (trasmesso in diretta da BFMTV).
Nella rivoluzione sudanese del 2018 e 2019 alcuni ribelli hanno intonato la canzone, realizzando anche una cover del brano.[63]
Nel 2019 viene fatta una canzone inglese, Do it now, con un nuovo testo sulle note di Bella ciao per i cambiamenti climatici.
Sempre nel 2019, viene cantata all’aeroporto di Barcellona dai manifestanti per l’indipendenza della Catalogna per protestare contro le condanne inflitte a dodici leader catalani.
Nel 2019 anche i manifestanti cileni cantano e suonano Bella ciao mentre si ritrovano in Plaza Italia per protestare contro il presidente Sebastián Piñera e per chiedere riforme economiche e cambiamenti politici.[65]
Durante l’invasione russa dell’Ucraina del 2022, una versione in lingua ucraina è stata cantata da diversi soldati come forma di resistenza ed opposizione agli invasori russi.
Nel settembre 2022 viene cantata una versione in lingua persiana di Bella Ciao durante le proteste antigovernative in seguito alla Morte di Mahsa Amini.
Come si vede, le occasioni più varie, di destra di sinistra accumunate solo dal desiderio di libertà contro l’invasore.
Per concludere, eccone qualche esempio. Domani cantiamola a squarciagola, non perché siamo comunisti o di sinistra, ma perché il 25 aprile 1945 ci siamo liberati dall’invasore.
E sono fiero che questo canto, spesso in lingua italiana, sia diventata il simbolo della lotta contro l’occupante e contro i regimi totalitari.
Qualcuno ha qualche dubbio che le leadership di USA e di Israele o della Russiasiano diventati regimi totalitari, indipendentemente dai singoli atti, sempre esecrabili, di eliminazione fisica degli avversari politici?
Trump è sempre sulle prime pagine dei giornali e dei TG per il suo atteggiamento apparentemente ondivago e non comprensibile. Eppure era già tutto scritto. Anche se non lo ha mai ufficialmente adottato, Trump sta seguendo pedissequamente il “Project 2025” lanciato nel 2022 dalla Heritage foundation, progetto caro al vice Presidente J.D. Vance e all’ultradestra USA.
Ne ho già scritto nel febbraio di quest’anno quando si vedevano le prime avvisaglie, ma ora è lampante quanto questo programma abbia influenzato i primi sei mesi dell’attività di Trump. E, leggendolo, potrà capirsi perché e dove vuole andare a parare.
Per chi volesse ulteriormente approfondire, segnalo il libro di David A. Graham “The Project”, acquistabile su Amazon a questo indirizzo: https://www.amazon.it/dp/8832967006/
Anche se Trump non ha mai ufficialmente “adottato il “Project 2025” della Heritage foundation, molte delle sue azioni sono basate proprio su questo progetto iper conservatore. Il Project 2025 consta di oltre 1000 pagine. Uno dei migliori riassunti trovati in rete è quello dell’autorevole Istituto per gli Affari Internazionali che vi ripropongo integralmente. Lo articolo è del maggio 2024, prima dell’elezione di Trump. Vedrete bene, leggendolo, quante indicazioni del project 2025 sono state già attuate.
The Project 2025: un’agenda conservatrice per il futuro dell’America Il team di Jefferson 22 Maggio 2024
Nel panorama politico degli Stati Uniti, il 2024 sembra essere un’epoca di déjà vu elettorale. Come nel sequel di un film che ha mantenuto i suoi protagonisti, gli Stati Uniti si preparano a un’altra campagna elettorale presidenziale con gli stessi contendenti del 2020. A cambiare significativamente è invece il contesto sociale americano, ormai molto diverso dallo scenario pre-Covid durante il quale Trump e Biden si sono confrontati per la prima volta. Con le tensioni in corso in Europa e Medio Oriente a complicare il panorama politico internazionale, una crisi migratoria al confine sud degli Stati Uniti e la ridiscussione in atto in molti stati del diritto all’aborto, entrambi i candidati devono procedere con estrema cautela. Da una parte, Joe Biden ha adottato una strategia focalizzata sull’idea di difesa della democrazia dalla minaccia Trump. Dall’altra, il tycoon mette in guardia i suoi sostenitori da altri quattro anni dalle politiche del Presidente in carica, che identifica come le cause del declino americano. La linea d’azione scelta dell’ex-inquilino della Casa Bianca si fonda proprio su un presunto dovere Repubblicano di riportare gli Stati Uniti a godere del benessere economico e sociale che le amministrazioni democratiche hanno distrutto negli anni. In pratica una rielaborazione del “Make America Great Again”, ma aggiornata al quadro politico attuale, con il dito puntato contro Biden e non più contro Obama. Stavolta però, il piano di riconquista del potere ha un nome ben preciso, un manifesto e degli obiettivi da raggiungere. Si chiama “Project 2025”, e sulla pagina ufficiale di questo manuale per la ricostruzione del Paese è illustrato il progetto di transizione dal nocivo Governo liberale, verso un’America conservatrice, che inizia con l’elezione di Trump a Presidente. Il percorso poggia su quattro fondamenta essenziali che lavoreranno sinergicamente per preparare il terreno a un’amministrazione conservatrice di successo: l’agenda politica, la selezione di un personale adeguato, un programma formativo e un piano operativo di 180 giorni. Promosso finanziato e reso possibile da The Heritage Foundation, che vanta un lungo impegno nella storia politica dell’America Repubblicana nello sviluppare una serie di policy note oggi come “Mandate for Leadership”. Queste proposte hanno giocato un ruolo ai vertici presidenziali, fin dall’Amministrazione Reagan, e sono state particolarmente importanti durante il mandato Trump. Al vertice del team dietro “Project 2025” ci sono Paul Dans, ex capo dello staff presso l’Ufficio per la Gestione del Personale (OPM) durante l’amministrazione Trump e attuale direttore del Progetto di Transizione Presidenziale 2025, e Spencer Chretien, ex assistente speciale del presidente e direttore associato del Personale Presidenziale, nonché del progetto. Project 2025:i temi di un’agenda conservatrice Il manuale del “Project 2025” è il frutto del lavoro di un think thank e presenta uno o più autori con una vasta conoscenza in diverse aree, che analizzano approfonditamente un dipartimento o un’agenzia specifica. I temi trattati sono molteplici e generali: dall’economia, al clima, ai diritti. Allo stesso tempo, sono ben applicabili a specifiche questioni in discussione, in questo momento, negli Stati Uniti. Sulle politiche ambientali e l’energia si prevede la cancellazione dell’approccio Biden, ponendo fine all’attenzione rivolta al cambiamento climatico e ai sussidi verdi, abolendo i Clean Energy Corp e il Climate Hub Office, revocandone i relativi finanziamenti. Centrale anche il ritiro dagli accordi sul cambiamento climatico, definiti incompatibili con la prosperità degli Stati Uniti. Per il tema di gestione della salute pubblica si propone un abbandono del ruolo del governo nella promozione della salute pubblica per bambini e adulti americani, facendo riferimento alla gestione della pandemia di Covid-19 in cui il governo federale viene tacciato di una gestione eccessivamente dettagliata, disinformata e politicizzata. Grande attenzione viene riservata alla “Family Agenda”, che promette di riportare l’attenzione verso una struttura familiare ideale, votata al diritto dei bambini di essere cresciuti dagli uomini e dalle donne che li hanno concepiti. Viene enfatizzato il concetto di famiglia tradizionale, con una critica esplicita verso qualsiasi altra forma di genitorialità che vada oltre il concepimento tradizionale. A questi presupposti viene bizzarramente legato il discorso delle malattie sessualmente trasmissibili e le gravidanze non desiderate, che si propone di prevenire rafforzando il concetto di matrimonio come possibile strategia di prevenzione dei rischi sessuali. Per quanto riguarda invece i diritti LGBTQ+, si parla di revocare le normative che vietano la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere, dello stato transgender e delle caratteristiche sessuali. Questo porterebbe a una pericolosa e consequenziale legittimazione del razzismo di genere persino sul luogo di lavoro. Inoltre, si prevede una stretta anche nelle politiche anti-abortiste, con l’obiettivo di garantire una proliferazione delle policy pro-life e una limitazione del diritto di scelta nelle future legislazioni. Grande chiusura mostrata anche nelle proposte sulle politiche migratorie, che prevedono una chiusura dei confini e una gestione rigida dell’enorme flusso di immigrati ai confini messicani.
Tra le tematiche affrontate in questa guida, il punto a cui viene data maggiore importanza, è l’ufficio della Casa Bianca, di cui parla nel primo capitolo Rick Dearborn, ex vicecapo di gabinetto di Trump, focalizzandosi sulla necessità di una concentrazione dei poteri nelle mani del Presidente. Inoltre, si parla del Dipartimento di Stato e del Dipartimento di Giustizia, come organi suscettibili a influenze poco raccomandabili e predisposti a dissentire dalla visione di un presidente conservatore. Il progetto e la campagna Trump Il progetto ha recentemente coinvolto oltre 100 partner della coalizione per il suo consiglio consultivo. Il raggiungimento di questo traguardo consentirà loro di concentrarsi maggiormente sullo sviluppo del piano operativo di 180 giorni di regolamenti e decreti presidenziali che Trump potrebbe attuare una volta insediato in carica. È necessario sottolineare però, che il Progetto 2025 non è vincolato esclusivamente a un’unica figura politica come Trump o alla sua amministrazione. Al contrario, si propone di sostenere qualsiasi candidato o futuro Presidente che abbracci i principi e l’ideologia conservatrice su cui si basa il progetto. Questa flessibilità evidenzia il suo scopo più ampio di promuovere e implementare politiche in linea con i valori conservatori, indipendentemente dall’individuo al potere. Allo stesso tempo, la campagna di Trump ha cercato più volte di prendere le distanze da gruppi come il Project 2025, ma molte delle sue proposte sono basate su reali commenti passati di Trump. Questa dinamica rappresenta dunque una sfida per il team di Trump, che tenterà fino a novembre di non legarsi alle posizioni più controverse, che potrebbero rivelarsi dannose per la campagna.
Quante polemiche, quanti costi, quanta fatica per differenziare a monte la spazzatura.
In Norvegia problema superato. La differenziazione si fa a valle, ed è tutta automatizzata:
Da un articolo di Pino Bruno su Facebook
NORVEGIA, la raccolta differenziata dei rifiuti la fanno le macchine
In alcune città della Norvegia la raccolta differenziata non si fa più nelle case, ma direttamente negli impianti. Plastica, vetro, carta: tutto finisce nello stesso sacco. Nessun bidone colorato, nessun calendario di esposizione, nessuna etichetta da interpretare. I cittadini conferiscono i rifiuti in modo indifferenziato, e il resto lo fa la tecnologia. Sembra controintuitivo, ma i risultati – ambientali, economici, operativi – sono concreti. E superiori a quelli ottenuti nei modelli tradizionali.
A Skedsmokorset, alle porte di Oslo, l’impianto ROAF lavora 40 tonnellate di rifiuti all’ora per sette comuni. È una linea completamente automatizzata, con tamburi rotanti (trommel) e scanner a infrarossi (sorter ottici) che riconoscono i materiali e li separano con soffi d’aria. Ne usano sedici, prodotti dalla norvegese Tomra.
La plastica è suddivisa in cinque sottotipi, l’organico viene captato in sacchi verdi e trasformato in biogas per i mezzi della raccolta. Anche la carta non è più raccolta separatamente. Gli impianti la intercettano direttamente nel flusso misto grazie alla tecnologia ottica, che sfrutta la diversa riflettanza dei materiali (cioè la luce riflessa) per identificarli. Giornali, cartoncini e imballaggi vengono così selezionati, pressati e avviati al riciclo con una purezza superiore al 95 per cento. Nel 2023 ROAF ha recuperato 3.600 tonnellate di plastica (contro le 2.500 del 2014) e oltre 11.500 di organico, con un taglio dei costi logistici vicino al 40 per cento.
Nella regione di Stavanger, l’impianto IVAR IKS applica lo stesso principio su scala più ampia: dieci comuni, 350.000 abitanti, ventidue sorter ottici, linea di lavaggio della plastica e produzione diretta di granuli. Il recupero ha raggiunto l’82 per cento, il riciclo effettivo il 56,4, già oltre gli obiettivi UE. Le emissioni evitate superano le 33.000 tonnellate di CO₂ l’anno. Il costo (40 milioni di euro) è stato in gran parte coperto da fondi pubblici, ma i ricavi arrivano dalla vendita dei materiali e dal minore conferimento in discarica.
Sono impianti operativi, non sperimentali. Superano la logica della separazione domestica e puntano tutto sull’efficienza industriale. Anche in Italia, seppure con un’impostazione diversa, ci sono segnali di trasformazione. A Torino, il nuovo impianto di selezione realizzato da Iren insieme all’azienda tedesca Stadler lavora fino a 100.000 tonnellate di plastica l’anno, utilizzando trommel, separatori balistici e una rete di sorter ottici in grado di riconoscere fino a 17 frazioni diverse. A Milano, presso lo storico impianto di Masotina, è in funzione un sistema robotico basato sull’intelligenza artificiale sviluppato da ZenRobotics, capace di selezionare automaticamente frazioni come il PET chiaro con una precisione superiore a quella manuale.
In entrambi i casi, però, il processo parte ancora da una raccolta differenziata manuale a monte, cioè affidata ai cittadini. La tecnologia utilizzata sarebbe già oggi in grado di gestire flussi misti, come avviene in Norvegia. Per farlo servirebbe però un cambio di paradigma normativo e amministrativo (oltre che di senso civico ed efficienza amministrativa), che in Italia non è ancora stato affrontato.