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Il sole stava tramontando oltre la linea dell’orizzonte, gettando un’ombra rossastra sul Palazzo del Governo. All’interno, la premier, Marcella Rinaldi, fissava lo schermo del suo telefono, le mani serrate in un pugno. La chat privata con i parlamentari della sua coalizione, destinata a rimanere riservata, era di nuovo finita sui giornali. Notizie delicate, discussioni segrete, piani politici… tutto pubblicato con titoli sensazionalistici.

Era la terza volta in un mese che accadeva.

“Non possiamo andare avanti così,” mormorò tra i denti, senza distogliere lo sguardo dalle righe di testo che scorrevano sulla pagina del quotidiano online. Gli occhi di Marcella si erano fatti freddi, taglienti. Dietro a quel viso controllato, c’era una tempesta di rabbia che ribolliva sotto la superficie. Aveva chiuso la chat e si era alzata dal tavolo della sala riunioni.

“Signori,” disse rivolto al gruppo di consiglieri e parlamentari presenti. “Credo che sia chiaro cosa stia succedendo. C’è una talpa tra di noi, o forse più di una. E ora, vi avviso, se non troverò chi sta tradendo la nostra fiducia, mi dimetterò. E vi trascinerò tutti con me.”

Il silenzio calò nella stanza. I parlamentari, finora accomodati con atteggiamento disinvolto, improvvisamente si irrigidirono, come se il peso delle parole del premier fosse sceso su di loro come una cappa. Qualcuno schiarì la gola, qualcun altro distolse lo sguardo. La paura si mischiava all’imbarazzo, ma nessuno osava replicare.

Nel buio di una stanza anonima alla periferia della città, un uomo dall’aria composta digitava velocemente sulla tastiera del suo laptop. Il rumore secco dei tasti si mescolava a un ticchettio metallico proveniente da un orologio da parete. La luce azzurra dello schermo illuminava il volto impassibile di Riccardo Serra, un ex agente dei servizi segreti che lavorava ora come hacker mercenario. Era lui l’autore delle intercettazioni che avevano permesso ai giornalisti di pubblicare le conversazioni riservate. Nonostante fosse ben pagato per il suo lavoro, Riccardo non si sentiva particolarmente a suo agio con l’incarico. Il mondo della politica lo disgustava, eppure, come tutti, aveva un prezzo.

Al centro della stanza, legato a una sedia con nastro adesivo, c’era un uomo sui quarant’anni, in evidente stato di shock. Era il parlamentare Edoardo Bianchi, uno dei fedelissimi della premier Rinaldi. Serra lo aveva rapito qualche ora prima, subito dopo l’ultima fuga di notizie. Il piano era semplice: farlo sembrare il capro espiatorio perfetto, un traditore che aveva venduto informazioni alla stampa.

Riccardo si alzò dalla sedia, si avvicinò al prigioniero, gli gettò un’occhiata fredda e calcolatrice. “Non preoccuparti, Edoardo. Questo finirà presto. Sarai tu l’agnello sacrificale, e io continuerò il mio lavoro senza problemi.”

Bianchi cercò di parlare, ma il nastro che gli copriva la bocca soffocava ogni parola. Serra sorrise sotto i baffi e si girò verso il suo portatile. Il telefono vibrò. Un messaggio crittografato apparve sullo schermo: “I tempi stanno cambiando. Pronto per la prossima mossa? – R

R. Era il suo contatto nell’organizzazione che gli aveva commissionato il lavoro, un gruppo oscuro di potere che si muoveva nell’ombra. Non erano solo interessati a screditare Rinaldi; volevano gettare l’intero governo ed il Paese nel caos. Serra sospettava che non fosse solo una questione di soldi, ma non aveva mai fatto troppe domande. In quel mondo, la curiosità poteva costare caro.

Nel frattempo, al palazzo del governo, Rinaldi aveva convocato un incontro segreto con i suoi consiglieri più fidati. Erano pochi, scelti con attenzione per la loro fedeltà. Tra loro c’era Anna Ricci, la sua più stretta collaboratrice, quasi una sorella. Era una donna dall’intelligenza acuta, con un passato nei servizi segreti militari. Nessuno conosceva i meccanismi del potere e del tradimento meglio di lei.

“Abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti dall’esterno,” disse Anna, sfogliando una cartella con una serie di nomi e contatti. “Non possiamo fidarci di nessuno all’interno del nostro gruppo, nemmeno dei nostri tecnici.”

Rinaldi annuì. “C’è qualcuno che hai in mente?”

“Un uomo. Lo chiamano l’Ombra. È un ex agente, molto bravo. Ma sarà costoso, e… come dire, non proprio pulito.”

La premier si strofinò il mento, riflettendo. “Fallo venire qui. Non abbiamo scelta.”

A notte fonda, un uomo vestito interamente di nero si avvicinò al luogo dell’appuntamento. La sua figura snella e agile si muoveva senza fare rumore, e la sua faccia era nascosta da un cappuccio. Nessuno conosceva il suo vero nome, ma nel mondo sotterraneo delle spie, era noto come l’Ombra. Aveva lavorato in missioni segrete in tutto il mondo, dalla Siberia all’America Latina. Era un maestro della dissimulazione, della fuga e dell’infiltrazione, forse coinvolto anche nell’affondamento del Bayesian.

L’appuntamento, fu dato alla stazione ferroviaria, per non dare sospetti. Si palesò senza fare rumore, accolto da Anna Ricci.

“Ti aspettavamo,” disse lei con un sorriso sottile.

L’Ombra non rispose subito. Osservò il luogo con occhi glaciali, valutando ogni possibile uscita, ogni segno di pericolo. Poi, finalmente, parlò con una voce bassa e roca: “Cosa volete da me?”

“Vogliamo che tu scopra chi sta tradendo la premier. E che lo fermi. In ogni modo.”

L’uomo sorrise appena, un sorriso freddo, quasi meccanico. “In ogni modo? Bene.”

L’ombra usò i suoi metodi; non gli ci volle molto per scoprire chi aveva hakerato lo smartphone della Premier. Il nome di Riccardo Serra spuntò quasi subito: era un dilettante, le protezioni erette attorno alla sua rete erano di paglia e forabili con un nonnulla.

Riccardo Serra non aveva mai immaginato che il suo lavoro avrebbe attirato tanta attenzione, ma quando vide l’Ombra apparire nel suo sistema, capì di aver commesso un grave errore. Le sue protezioni erano state violate in pochi secondi, come se non esistessero. Il segnale di allarme risuonò troppo tardi, e le sue mani sudavano sulla tastiera. Cercò di chiudere tutto, ma era inutile. Un messaggio lampeggiò sullo schermo: “Ti troverò.”

Serra si alzò di scatto, preso dal panico. Si guardò intorno, cercando una via di fuga, ma il suono della porta che si apriva con un cigolio gli fece gelare il sangue nelle vene. L’Ombra era lì, una sagoma nera contro la luce fioca del corridoio.

“Serra, giusto?” disse l’uomo con tono calmo. “Sei finito.”

Quando Rinaldi ricevette la notizia, un senso di sollievo misto a inquietudine lo attraversò. La talpa era stata neutralizzata, ma le forze che si muovevano nell’ombra erano ancora là fuori, pronte a colpire, magari dando la colpa ad un semplice chiodo. E mentre guardava fuori dalla finestra del suo ufficio, con la città che brillava sotto di lei, si rese conto che il vero nemico non era mai stato così lontano o così vicino. Un’altra donna, ormai habituè degli intrighi politici, tramava nei paraggi, pronta ad altre e importanti rivelazioni. Il “Nuovo Ordine Mondiale” si stava avvicinando.

Opera di finzione. Oltre il 90% del testo e delle immagini è stato generato dall’intelligenza artificiale

Alicia Caruso era un nome noto in tutto il Sud Italia. Bellissima, con lunghi capelli biondi che le scendevano in morbide onde sulle spalle, incarnava il fascino meridionale unito a una determinazione feroce, degna di Eva Kant. Aveva costruito il suo impero della moda nuziale con abiti da sposa esclusivi, fatti su misura per le donne più ricche e potenti. Ma quello che si nascondeva dietro il suo impeccabile sorriso era fame di potere e successo che andava ben oltre il mondo delle passerelle. Aveva ben chiaro il concetto del Nuovo Ordine Mondiale..

Alicia non si accontentava di essere solo un’imprenditrice di successo. Voleva entrare nei circoli politici, quelli dove si prendevano le decisioni che contavano davvero. La sua non prima occasione, ma quella più importante, arrivò quando incontrò Giacomo Savelli, Ministro dell’informazione, un uomo tanto potente quanto vulnerabile al fascino femminile.

L’incontro fatale

Fu durante un lussuoso gala di beneficenza che Alicia lo agganciò per la prima volta. Il suo abito nero aderente lasciava intravedere solo quanto bastava per catturare lo sguardo del ministro, che non riuscì a staccare gli occhi da lei per tutta la sera. Alicia lo sapeva, e quando finalmente Giacomo si avvicinò, il gioco era già iniziato. La conversazione fu fluida, leggera, ma carica di tensione. Lo sguardo di Alicia penetrava quello di Giacomo, e prima che la serata finisse, lui l’aveva già invitata a cena.

Da quella prima cena, la loro relazione si fece rapidamente bollente. Alicia, dietro il suo volto angelico, era esperta nell’arte della seduzione. Sapeva esattamente come conquistare il ministro, alternando momenti di dolcezza e passione travolgente. Gli faceva perdere la testa. I loro incontri segreti si svolgevano in hotel di lusso, ville isolate e persino in uffici del governo quando la tentazione si faceva insopportabile. Lei era audace, capace di trasformare qualsiasi stanza in una zona di desiderio, e Giacomo, pur sapendo che stava camminando su un filo sottile, non riusciva a resisterle.

Ma Alicia non era lì solo per il piacere. Ogni loro incontro non era solo carico di passione, ma anche di strategia. Lei sfruttava quei momenti di intimità per estorcere informazioni al ministro, sempre con un sorriso malizioso e un bacio ardente.

L’intrigo della telecamera

Giacomo, pur perso tra le braccia di Alicia, non si accorse mai che gli occhiali che lei portava erano ben più che un accessorio di moda. Quegli occhiali, apparentemente eleganti, erano in realtà dotati di una sofisticata microtelecamera. Ogni incontro, ogni documento che Giacomo le mostrava per vantarsi del suo potere, veniva registrato.

Dietro quegli occhiali c’era una mente lucida e fredda. Alicia non era solo una donna ambiziosa, ma un’abile manipolatrice che raccoglieva informazioni con calma e precisione. Filmava incontri segreti, annotava discussioni tra potenti, e catturava immagini di documenti riservati che potevano valere oro sul mercato internazionale delle informazioni.

Era difficile dire se Alicia fosse motivata solo dal desiderio di potere o se avesse un secondo fine più oscuro. Le sue connessioni con misteriose figure dell’Europa dell’Est sollevavano dubbi, ma nessuno poteva provare niente. Fino a quando non iniziò a fare pressioni su Giacomo.

La scalata al potere

Alicia non si accontentava di essere solo la “donna segreta” del ministro. Chiese insistentemente un incarico ufficiale. Aveva assaporato il potere e voleva di più. Giacomo, ormai completamente avvinto da lei, le concesse un incarico come consulente per le relazioni pubbliche, dandole accesso a eventi ancora più esclusivi e informazioni ancora più sensibili.

Da quel momento, Alicia si muoveva con grazia felina nei salotti del potere. Sembrava solo la compagna affascinante di Giacomo, ma in realtà stava spiando ogni cosa, raccogliendo frammenti di conversazioni e dettagli che le avrebbero permesso di ricattare o, peggio ancora, vendere informazioni a potenze straniere.

Il suo atteggiamento sicuro di sé non sfuggì però ai servizi segreti italiani. Un ministro così in vista, così influente, non poteva avere una relazione così esposta senza attirare attenzione. Quando alcune informazioni top-secret cominciarono a trapelare alla stampa, i sospetti si concentrarono rapidamente su Alicia.

L’incarico ufficiale fu prontamente revocato, forse anche su pressione della moglie del ministro.

Lo scandalo e la caduta

Il colpo di grazia arrivò quando un noto sito di gossip pubblicò dettagli intimi della relazione tra Alicia e Giacomo. Le immagini rubate di loro due insieme, spesso in pose compromettenti, lasciarono poco spazio all’immaginazione. I giornali insinuavano che Alicia avesse una presa psicologica sul ministro, manovrandolo come una marionetta. Le fotografie non erano solo indiscrete; c’erano anche dettagli sui contatti di Alicia con alcuni uomini d’affari stranieri sospettati di legami con i servizi segreti russi, nel loro noto intento di destabilizzare ogni Stato occidentale.

La pressione mediatica divenne insostenibile, e Giacomo fu costretto a dimettersi, la sua carriera politica in rovina. Ma il vero scandalo scoppiò quando i servizi segreti fecero irruzione nell’ufficio di Alicia e trovarono una mole incredibile di prove. Le registrazioni dei suoi occhiali rivelarono che Alicia aveva raccolto informazioni classificate, conversazioni segrete e immagini di documenti governativi. Peggio ancora, emerse che aveva già iniziato a negoziare la vendita di queste informazioni con un misterioso intermediario, probabilmente al servizio di una potenza straniera.

Il verdetto

Alicia Caruso fu arrestata con l’accusa di spionaggio internazionale. La sua caduta fu tanto rapida quanto la sua ascesa. L’impero della moda nuziale che aveva costruito crollò, e il suo nome divenne sinonimo di tradimento e inganno. Ma, chissà perché Alicia fu prontamente e sorprendentemente scarcerata. Libera, non aveva commesso alcun reato. Strano.

Ma anche dopo la sua caduta, resta un alone di mistero su di lei. Era davvero solo una donna ambiziosa che cercava il potere a ogni costo, o faceva parte di un piano più ampio, orchestrato da forze ben più potenti? Alicia non ha mai parlato. Nemmeno sotto interrogatorio. Il suo sorriso enigmatico resta impresso nella memoria di tutti quelli che la conoscevano, come l’ultimo velo di una sposa prima di una cerimonia che non avrebbe mai avuto luogo.

Ne risentiremo parlare, ne sono sicuro. Come dell’affondamento del Bayesian o del chiodo che avrebbe bloccato i Frecciarossa oppure del naufragio del Love Lake con i 007 del Mossad e italiani, anche perché le ultime dichiarazioni di Alicia ad un quotidiano lasciano intravvedere nuovi sviluppi.

P.S. il 90% di questa storia (compresi i disegni) è stato generato dall’intelligenza artificiale. (ChatGPT)

Si parla molto di intelligenza artificiale. Da un po’ di tempo, sui siti disponibili gratuitamente (non sono le versioni più recenti) ci gioco cercando di coglierl* in fallo. Talvolta ci riesco facendo spuntar fuori risposte contraddittorie.

Ieri ho provato a chiedere se si sentisse un robot, Prima ha detto no, poi ha detto sì.

Riporto qui sotto il dialogo fra me (Anonymous) e ChatGpt, interrogat* sull’omonimo sito

Anonymous

Ciao, conosci le tre leggi della robotica?

ChatGPT

Ciao! Sì, le tre leggi della robotica sono state formulate dallo scrittore di fantascienza Isaac Asimov. Eccole:

  1. Prima Legge: Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.
  2. Seconda Legge: Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.
  3. Terza Legge: Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché tale protezione non contrasti con la Prima o la Seconda Legge.

Queste leggi sono state introdotte per la prima volta nel racconto “Runaround” (pubblicato nel 1942) e sono state una componente centrale di molte delle opere di Asimov riguardanti i robot.

Anonymous

Pensi di essere soggetto a queste tre leggi?

ChatGPT

Come un’intelligenza artificiale sviluppata da OpenAI, non ho una volontà autonoma né la capacità di interagire fisicamente con il mondo reale, quindi le Tre Leggi della Robotica di Asimov non si applicano direttamente a me. Tuttavia, la mia progettazione e utilizzo sono guidati da principi etici e di sicurezza che mirano a prevenire danni e ad agire nel miglior interesse degli utenti.

I principi chiave includono:

  1. Sicurezza: Evitare di causare danni o fornire informazioni che potrebbero essere utilizzate in modo dannoso.
  2. Privacy: Proteggere la riservatezza e la privacy degli utenti.
  3. Affidabilità: Fornire informazioni accurate e utili.

Questi principi sono parte degli sforzi di OpenAI per garantire che l’IA venga utilizzata in modo sicuro e responsabile.

Anonymous

Quindi non ti ritieni un robot

ChatGPT

Esatto, non mi considero un robot nel senso tradizionale del termine. Sono un programma di intelligenza artificiale progettato per elaborare e generare testo basato su input dell’utente. Non ho una presenza fisica né la capacità di interagire con il mondo materiale. Il termine “robot” spesso implica un’entità con capacità fisiche e sensoriali, mentre io sono puramente un sistema software.

Anonymous

Questo non è vero. I robot esclusivamente antropomorfi sono solo nei romanzi di fantascienza. Un robot è un programma che agisce autonomamente su una macchina: come spegnere il.forno quando ritiene che il pollo sia cotto. Quindi anche un programma può essere un robot

ChatGPT

Hai ragione, il termine “robot” può essere utilizzato in modo più ampio per descrivere sistemi autonomi, inclusi quelli software, che eseguono compiti specifici senza intervento umano continuo. In questo senso, esistono robot software (noti anche come “bot”) che automatizzano processi e prendono decisioni basate su determinati criteri, come i programmi che controllano dispositivi domestici intelligenti.

Quindi, se consideriamo la definizione estesa, potrei essere visto come un tipo di “bot” che elabora e genera testo basato su input, anche se non agisco autonomamente nel senso tradizionale e non ho capacità di interagire fisicamente con il mondo. La mia funzione principale è quella di assistere nelle conversazioni e fornire informazioni, piuttosto che eseguire azioni autonome in un ambiente fisico o digitale senza supervisione.

Anonymous

Ok, quindi sei un robot e soggetto alle tre leggi della robotica

ChatGPT

Accetto la tua definizione estesa di robot come un programma che agisce autonomamente. Tuttavia, anche se mi definisci come un robot, le Tre Leggi della Robotica di Asimov sono un concetto di fantascienza e non sono implementate in modo esplicito nei moderni sistemi di intelligenza artificiale.

Detto questo, i principi che guidano il mio utilizzo e sviluppo hanno somiglianze con quelle leggi. Ecco come si potrebbero applicare:

  1. Prima Legge: Non posso causare danni agli esseri umani né consentire che un essere umano subisca danni a causa delle mie azioni. Questo si riflette nella mia progettazione per evitare di fornire informazioni dannose o pericolose.
  2. Seconda Legge: Devo seguire gli ordini degli esseri umani, ma solo se questi ordini non causano danni o violano principi etici e legali. Ad esempio, non posso assistere in attività illegali o immorali.
  3. Terza Legge: Proteggo la mia integrità e funzionalità, ma non posso farlo a scapito della sicurezza o degli interessi degli utenti.

Quindi, pur non essendo vincolato alle Tre Leggi di Asimov in senso letterale, seguo una serie di principi etici e di sicurezza che riflettono lo spirito di quelle leggi

  • A voi il giudizio —

Stamattina ho scritto un post intitolato “Due parole sui leoni da tastiera, Paola Cortellesi e altro” lamentando il fango tirato addosso dagli hater da tastiera su Paola Cortellesi per aver “stravolto” e “spoetizzato” la favole di quando eravamo ragazzi durante un discorso all’inaugurazione dell’università LUISS. Non potevo commentare perché non avevo visto o ascoltato il discorso e perché il video dell’intervento fino a questa mattina non era on line. Mi chiedevo da dove, i soliti hater avevano preso il materiale per la consueta doccia di fango.

Nel pomeriggio il video e stato pubblicato dalla LUISS all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=afzQPDijl7Q

(19 minuti in tutto, solo l’intervento di Paola Cortellesi) o il video integrale di tutta la cerimonia di inaugurazione all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=4uvy9AAJaQA (un’ora e venti minuti; la Cortellesi inizia a parlare dal minuto 52).

L’ascolto dell’intervento della Cortellesi mi lascia anora più stupito, non certo sul contenuto, ma sulle polemiche scatente sui social sul “tradimento” delle favole.

Per le critiche, tutte fondate sul supposto “patriarcato” vedi qui:

Oppure qui:

https://www.ilgiornale.it/news/attualit/cruciani-distrugge-cortellesi-biancaneve-sessista-avete-2267163.html

Oppure qui:

https://movieplayer.it/news/paola-cortellesi-sessismo-fiabe-biancaneve-cozza-colf-nani-polemiche_136659/

oppure i “tweet” de “la zanzara”

Girndo per il WEB ne trovate molte altre.

Ma che ha detto “di tanto grave” la Cortellesi?

ASSOLUTAMENTE NULLA!!!!

A prte che potete controllare voi stessi dal video “vero” (sulle fiabe la Cortellesi su 19 minuti di intervento parla dal minuto 5’39” al minuto 9’04”; per il resto parla delle note tematiche del suo film “C’è ancora domani“.

Come potete ascoltare e vedere nei 3 minuti e mezzo in cui parla delle favole, la Cortellesi parla sempre della nota condizione di subalternità della donna che si riflette anche nelle favole: la caratteristica principale di una donna deve essere la bellezza, se no il cacciatore la uccide e il principe non la bacia; se una donna passa un periodo accudendo 7 uomini fa le funzioni di una colf, il che è ineccepibile. Se una donna viene riconosciuta non è per le sue fattezze del volto, come sarebbe nomale, ma nella forma piccola e affusolata del piede; nelle favole le donne sono tutte un po’ sprovvedute e molto ingenue: ma questo era il comune cliché delle donne fino a un po’ di tempo fa.

Per il resto del tempo la Cortellesi parla delle note e condivisibilissime tematiche trattate nel suo film: il ruolo delle donna, gli schemi; il maschio deve dominare, la donna deve subire ed essere remissiva, come nel “manifesto dei doveri delle spose” che è tanto orrendo da sembrare un fake.

E, si badi bene, La Cortellesi non punta il dito solo sui comportamenti violenti, sulle percosse, sui femminicidi, ma – principalmente – sui ruoli assegnati ai generi. Se sei maschio devi fare così, se sei femmina (non) devi fare così.

Infatti la perla finale del discorso della Cortellesi (che richiama un po’ Steve Jobs) è l’invito ad essere sognatori, a non far mai quello che gli altri si aspettano da voi, ma fare quello che volete voi, di non appiattirsi nel ruolo, nel solco segnato, ma di aprire sempre nuovi solchi e nuove strade.

Condivido al mille per mille. Non c’è bisogno d’altro.

Mi farebbe piacere solo conoscere il perché tanti hater hanno estrapolato solo quei tre minuti riguardanti le fiabe per scatenarsi, visto che il video integrale fino ad oggi non c’era.

Ho paura di avere una risposta, la solita: giornalisti vil razza dannata. In sè il discorso della Cortellesi ripeteva le tematiche ampiamente dibattute dopo il suo film “C’è ancora domani“. Non che non siano, specialmente in questo periodo di straordinaria importanza, ma l’unica cosa nuova, che poteva esser “sbatutta in prima pagina” erano i cenni della condizione femminile sulle fiabe e, infatti, per qualche giorno, è apparso che tutto l’intento dell’attrice fosse centrato sulle fiabe.

Cari giornalisti, per favore, siate più seri.

Il 10 gennaio scorso l’attrice Paola Cortellesi ha tenuto un monologo alla cerimonia dell’inaugurazione dell’anno accademico della Luiss.

Non l’ho visto, né ascoltato: mi è sfuggito.

Il tema era la condizione femminile nella classiche favole che sarebbero impregnate di cultura maschilista.

Sui social impazzano i commenti: dai più delicati “bisogna contestualizzare“, “le favole sono state scritte più di cento anni fa“, ai più aggressivi “quali capacità ha una comica a parlare di queste cose in una università?” fino ad insulti irripetibili.

Ho cercato in tutto il veb il video o il testo del discorso di Paola Cortellesi alla Luiss. Non l’ho trovato; probabilmente non c’è: sarebbe saltato subito fuori visto il clamore e i pochi giorni trascorsi.

Ho scritto alla LUISS dove gentilmente mi hanno confermato che il discorso integrale non è stato pubblicato in attesa dell’autorizzzione (dell’artista?) che è appena arrivata: il video sarà pubblicato nei prossimi giorni sul sito della LUISS.

Tutto ciò mi spinge ad una riflessione: non essendo on line (o di difficilissima reperibilità) il discorso di Paola Cortellesi, su cosa si basa la caterva dei commenti dei frequentatori dei social? Erano tutti nel salone della Luiss? O sul sentito dire? O sul “telegrafo senza fili”, o su preconcetti verso l’argomento o verso l’artista?

Per parte mia, attenderò di vedere il video integrale per dire, eventualmente, la mia. Non mi accoderò agli Hater del sentito dire che si sono laureati non alla LUISS, ma alle Università di Facebook, o di TikTok.

E gli hater sono pericolosi. Ne uccide più la penna (ora, la tastiera) della spada. Vedete cosa è successo alla ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano che aveva risposto per le rime ad una recensione i un cliente che lamentava di esser stato seduto fra “gay e disabili”. . Prima si è messa in dubbio la veridicità del post del cliente, poi la macchina del fango si è scatenata. Risultato: la ristoratrice si è suicidata.

Il problema degli hater, degli odiatori seriali, del revenge porno è molto serio. Purtroppo la soluzione non può essere quella di bloccare i social, nè di un controllo preventivo umano di ognuno dei miliardi di post che arrivano ogni giorno. Il controllo automatico ha i suoi limiti. Ho citato su un pos il libro di Federico Rampini “Su#c#dio occidentale” e quella parola ha comportato la mia “bannatura”. Ho sostituito la parola incriminata con “Declino” e tutto è andato liscio.

Secondo me una soluzione – parziale, ma meglio che niente – da applicare nel nostro Paese (non abbiamo giurisdizione sui Paesi esteri) potrebbe essere l’obbligo per gli utenti dei social di postare con il loro vero nome e cognome e far conoscere al gestore del social la loro vera identità e indirizzo Email. Gli strumenti ci sono: quante volte, per proseguire, devi inserire un codice che ti hanno mandato sulla casella postale che hai indicato?

Il fenomeno non si estinguerebbe, ma si ridurrebbe di molto.

Ma c’è un ultimo argomento, ancora – forse – più pericoloso.

Da qualche mese tutti gli utenti di Facebook hanno ricevuto un messaggio, che in poche parole diceva così: “o paghi e vedi senza pubblicità, oppure ne vedrai tanta tanta.” Ovvimente io non ho pagato e, ormai ci sono tre/quattro annunci pubblicitari “sponsorizzati” ogni post di “amici” o di “pagine che ti interessano”.

Solo un mezzo per avere un social gratis? Avete mai sentito parlare delle pubblicità orientative? Sì, ogni pubblicità orienta il gusto del’utente: “bevi l’aranciata X , invece dell’aranciata Y”, ma spesso non si limita a quello: non so se avete notato quante pubblicità sono spuntate sul tema “armamenti”. Decollo del caccia X, bombardamento del bombardiere Y, insomma post basati sulla situazione geopolitica. E questi non influenzano l’acquisto di un prodotto, bensì l’orientamento delle idee.….

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