Proseguo dopo la prima puntata di “Cronache Paesane“
La casetta che occupo è proprio di fianco alla chiesa. Ci deve esser stato un accordo fra sindaco e parroco: le campane suonano ogni ora con rintocco ogni 15 minuti, ma solo dalle sette della mattina. In tre giorni ci si abitua: si scopre la vita come era prima degli ultraorologi da polso, il tempo scandito dal campanile. Bong, bong, bong, bing, bing: sono le tre e mezzo, di pomeriggio, si intende.
Fervono i preparativi per la festa del Santo Patrono, San Donato, il 7 agosto. Nella via principale un negozio sfitto è adibito a sede del Comitato festeggiamenti con tanto di lotteria per ricavare fondi: primo premio una crociera nel Mediterraneo. Nel manifesto celebrazioni civili e laiche si mescolano: alla fine del programma religioso sono annunciate le “acerniadi di San Donato”, giochi a sorpresa per Bambini, Giovani e Adulti (fino a 99 anni!!!) con, al termine, “anguria fresca per tutti”.
Il programma civile prevede l’esibizione di famose stelle TV come “The Black ‘n White”, Anna Tatangelo, Daniele Ciniglio e i “Made in Italy”; a seguire spettacolo pirotecnico a cura della Ditta Mansi di Maiori!!!
Ma, nel frattempo, già ieri sera, su un palchetto a latere spettacolino di cabaret autoprodotto.
Il Paese comincia a riempirsi. La ricorrenza di San Donato è un richiamo per i tanti emigrati: le case aprono le persiane, il corso principale la sera si anima. Tutto un vociare di saluti, di “paesani” che si ritrovano, si abbracciano. Una quantità enorme di passeggini: Acerno non pare toccato dalla crisi demografica. Alle 21:00 la famosa (e ottima) pasticceria “Lucia” chiude; rimangono aperti fino a notte inoltrata i locali con i cornetti caldi alla cioccolata, il bar Jolly con la sua famosa cremolata di fragole alla panna. Si attende con ansia l’arrivo del caldarrostaro: sì, Acerno è circondato da boschi di castagni e riescono a cuocere le caldarroste che rimangono morbide e saporite. Ovviamente, il golfino è d’obbligo dopo le 20:00, fa freschino.
Come dappertutto non si contano le “vasche” serali avanti e indietro per il Corso, divenuto di sera isola pedonale: dalla “Piazza” alla Cattedrale con il suo portale di bronzo con bassorilievi di Santi, ma sovrastati dalla riproduzione del monte “Accellica” che domina il Paese.

C’è attesa, ma non ansia, per la festa. E’ un rito che si ripete ogni anno: noto, invece molta serenità: come la festa di compleanno o il Natale, feste che, se non ci si mette la sfiga, ritorneranno uguali gli anni prossimi. I bambini ora in carrozzino, cammineranno, le mamme un capello bianco in più, i padri – forse – qualche centimetro di pancia in più; ma – bene o male – saranno tutti ancora presenti per un altro San Donato.
Non vedo la leopardiana
Or la squilla dà segno
Della festa che viene;
Ed a quel suon diresti
Che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
Su la piazzuola in frotta,
E qua e là saltando,
Fanno un lieto romore.
E, ritengo, passata la festa che le fanciulle non ricorderanno quanto scriveva il poeta recanatese:
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli
prendi riposo; e forse ti rimembra
in sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
piacquero a te: non io, non già ch’io speri,
al pensier ti ricorro.
Vedo molta più serenità e voglia di divertirsi: per parlare del destino c’è tempo e un altro San Donato verrà.

