C’era una volta. C’era una volta ….. e ora non c’è più.

Una volta, anni ’50-’60 del secolo scorso, Acerno era per i salernitani e per i napoletani un luogo alla moda, una località ideale per quella che allora si chiamava villeggiatura: un tempo abbastanza lungo, dai quindici giorni ad un mese da trascorrere in una amena località per sfuggire al caldo agostano.

Le famiglie meno abbienti fittavano una casa dagli abitanti locali. Poi c’erano gli alberghi, dal centralissimo Zi’ Vito all’esclusivo “Castello dei Sogni” del Barone D’Elia. E di quest’ultimo vorrei scrivere, anche se da scrivere c’è poco.

Un albergo alla moda fino agli anni ’60 del secolo scorso, poi il lento declino e la fine con il terremoto del 23 novembre 1980  che qui fece una dozzina di morti e squassò il tessuto urbano.

Il “Castello dei Sogni” ebbe gravissimi danni e un po’ per l’incuria della proprietà, un po’ per l’arrogante speculazione edilizia, quello che tentarono di ricostruire niente aveva a che fare con un albergo di pregio.

Anzi, quello che fu ricostruito era totalmente abusivo, riconosciuto tale – a detta degli abitanti della zona – anche in Cassazione.

Risultato: uno scheletro in cemento armato si erge da oltre 35 anni dove sorgeva il “Castello”. Nessuno lo butta giù. Nessuno ha convenienza, vista la tremenda discesa del paese come meta turistica, ad investire per ricostruire.

E il “Castello”, proprio come un sogno, svanisce anche dalla memoria dei locali e dei turisti che ci andarono. Tanto la memoria è labile che anche il più efficace “trovaroba” del web, ossia Google, alla stringa di ricerca “Castello dei Sogni di Acerno” non fornisce altro che pagine di cartoline d’epoca da collezione e nulla più. Nulla di storia, nulla della lunga agonia, nulla delle traversie giudiziarie; tutte scarne notizie ricavate dagli abitanti della zona, sempre molto restii a parlare, come tutti i montanari.

Il bello che nella profonda opera di distruzione antecedente al tentativo abusivo di ricostruzione sono statti lasciati, a mo’ di memoria storica, alcuni reperti dell’antico splendore, ormai avvinghiati, come le rovine di Angkor Watt in Cambogia dalla forza soverchiante delle piante rampicanti: vendetta della natura.

Non ho più notizie da darvi, anzi se qualcuno dei miei lettori ne sa di più, me lo scriva; sarò lieto di fare un’aggiunta.

Per ora il post prosegue con le foto delle cartoline che mostrano come era il “Castello dei sogni” e le foto, fatte da me, che mostrano quello che ne resta:

Come inizio non c’è male: una naiade che invita ad andare in piscina in un due pezzi che richiama l’epoca in cui fu scattata la foto. C’è anche il trampolino

Ma la piscina e il trampolino o, meglio, i loro scheletri, ci sono ancora, avvinghiati come Laocoonte e figli dalla natura che si è presa la rivincita:

in fondo, a metà del lato corto della piscina, si intravede lo scheletro del trampolino.

E, della piscina, come fantasmi, spuntano altri particolari, come lo “spogliatoio per signore”

Oppure il locale docce maiolicato in multicolore:

Questi alberghi alla moda avevano un luogo per ballare; di solito un gazebo metallico con filari di rampicanti e luci multicolori, dove – in quei tempi un po’ puritani – ragazze e giovanotti facevano conoscenza ballando un fox-trot, un Twist, un rock and Roll, fino ad arrivare, in tarda serata, quando molti ospiti erano andati a dormire, ai languidi lenti guancia a guncia, spesso prodromici ad altri più profondi contatti.

In questa foto si vede ancora il gazebo, dietro il trampolino della piscina:

purtroppo ora ne è erimasto ben poco come di vede dalla foto qui sotto:

Era bello il castello dei Sogni ed era usanza inviare ai propri cari una cartolina del bel luogo ove si trascorreva la villeggiatura. Eccone un paio di esempi:

e questa con dedica:

Facile immaginare quali fossero “i più cari pensieri”…….. da quello che, davvero, sembrava un castello

Anche gli interni erano curati: qui la sala da pranzo con vista sul gazebo da ballo e sulla piscina:

Purtroppo ormai rimane poco, solo ruderi, piloni di cemento che son lì fermi da quasi quaranta anni, ultimi testimoni di un bel tempo che fu.

Quelle qui sotto sono le cucine presso il ristorante, il gazebo e la piscina,

E così Acerno non ha più alberghi (anche Zì Vito è chiuso).

Da località turistica alla moda è tornato ad essere un semplice paese, sempre fresco di estate, ma con zero attrazioni. Mi dicono che c’è una piscina, bella e pronta, ma anche essa chiusa, forse per beghe di paese.

Forse la verità è semplice: agli acernesi va bene così. Vivere un pochino di gente, pochi turisti, molti emigrati di ritorno per qualche giorno di estte e poi richiudersi nel sonno.

Spero che questo posto possa risvegliare la memoria agli antichi fasti.

Il libro da cui è stato estratto questo capitolo è qui:

https://www.amazon.it/dp/B0CHL16C11/