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Niente è come prima“, “il nuovo ordine mondiale”, “ribaltate le alleanze”, titoli di questi giorni, dovuti al raro allineamento cosmico di un nuovo presidente USA, dal suo braccio destro miliardario e folle, da due fra le tante guerre che dilaniano il nostro pianeta.

Certo, c’è un poco di effervescenza in giro, ma sollevata più dai media che dai reali attori di questa pochade.
Se leggo i giornali o guardo la TV, leggo e ascolto tutto e il contrario di tutto.
Da qui il tentativo di metter giù qualcosa di sensato. Cerco di riportare le posizioni [reali o rappresentate] degli attori presenti oggi sul palcoscenico.

Zelensky ha ammesso ormai di aver perso, non chiede più il reintegro del Donbass o della Crimea. Chiede solo garanzie che Putin non prosegua nell’invasione.
Trump gliele ha negate, o forse no: “prima si sigla la pace e poi si parla di garanzie”. Nuovo amore fra Mosca e Washington? Forse, ma oggi Trump, a fronte dell’intensificarsi dei bombardamenti russi sull’Ucraina, ha dichiarato che manterrà le sanzioni contro Mosca fino ad un “cessate il fuoco”.

Giusto per la cronaca, una garanzia [aberrante e cinica] per l’Ucraina, l’ha fornita giovedì scorso a “Piazza Pulita” il consigliere di Putin, Suslov: “La miglior garanzia per la Ucraina è farsi colonizzare dagli USA. Se sul territorio ucraino ci saranno imprese USA che scavano minerali, ben difficilmente saranno attaccate dalla Russia”. Crudele realpolitik: dalla prona sottomissione alla Russia alla prona sottomissione agli USA. Triste destino.

L’Europa non poteva smentire i tre anni di continue forniture di armi all’Ucraina e la Ursula Von Der Leyen, in tutta fretta, ha esposto un piano pasticciato degno del miglior slalomista.
Il progetto primigenio che è sul tavolo dal secolo scorso è la Difesa Comune Europea, bocciata 60 anni fa dalla Francia. Ma ci sarebbe bisogno di una modifica dei Trattati all’unanimità che molti dei 27 [in primis Slovacchia e Ungheria] avrebbero bocciato. Possiamo pensare ad una Cooperazione rafforzata che non ha bisogno di modifica dei Trattati e che coinvolge solo chi ci sta? Eh, no. La Cooperazione rafforzata in materia di sicurezza e difesa, per esser varata, ha bisogno anch’essa dell’unanimità.
La soluzione scelta è la peggiore possibile: mette un mucchio di soldi a disposizione dei singoli Stati membri che sono liberi di trasferirli, anche in deficit, al di fuori del patto di stabilità, dai fondi di coesione all’acquisto di armamenti.

Quindi non una Europa soggetto forte anche militarmente, ma finanziamenti a pioggia ai 27 eserciti diversi.
In poche parole, oggi per l’Unione europea non si possono spendere soldi per riscaldarsi con energie fossili, ma si possono comprare carrarmati, non si può circolare con una auto Euro2, ma si possono spendere i soldi indispensabili per la sanità e la scuola in missili e pallottole..

Altre soluzioni?


E Trump? Questo balzano signore, che vuole giocare a Risiko con l’intero pianeta [tre armate sul Canada e due sulla Groenlandia] se la prende anche con gli europei che, a suo dire, campano a scrocco sotto l’ombrello difensivo della Nato.

Il Presidente USA minaccia di non intervenire, ai sensi dell’articolo 5 del Trattato NATO, se venisse attaccato uno Stato membro che “spende poco nella difesa” . A parte che l’intervento NATO in questi casi viene deciso dal Congresso e non dal Presidente, bisogna considerare che gli USA, dalla NATO, guadagnano bene. Chi poteva garantire, negli anni della guerra fredda, ogive nucleari così vicine all’URSS se non le basi negli Stati europei? Sapete tutti che la storia della “doppia chiave” per l’attivazione dei missili nucleari nelle basi NATO in Europa è una bella favola. E tutti sapete che all’interno di ogni base NATO in Europa, che sia Napoli, che sia Aviano o Sigonella o Ramstein, c’è una zona interdetta ai militari “locali” e ad uso esclusivo degli USA, vero? E se ripristinassimo il vecchio slogan annii ’70 “Via le basi americane dall’Italia [dall’Europa]? Forse la posizione di Trump si ammorbidirebbe. Chissà?
È vero, nella seconda guerra mondiale, gli americani “ci hanno liberato” e dato i soldi per il Piano Marshall, ma gli abbiamo aperto il mercato più grande e ricco del mondo e tanti di quei soldi sono tornati negli USA in cambio di prodotti abbastanza scadenti, come Cocacola e McDonald.
Quindi il Sig. Trump non si scaldi troppo.

Due delle bandiere di Trump sono “i dazi” e la distruzione delle istituzioni federali.
Con i dazi, in effetti, Trump ha più parlato che fatto. Un passo avanti e uno indietro che ha gettato lo scompiglio nelle Borse: prima 10%, poi 25%, poi si sospende tutto. Forse si è accorto che i pickup che tanto piacciono ai suoi elettori sono assemblati in Paesi diversi con materiali provenienti da Paesi diversi, anche con passaggi multipli delle frontiere USA. Morale della favola, un pickup veniva a costare 10.000 dollari in più.
E ancora non è partito con i dazi strutturali e generalizzati che, visti i sicuri controdazi, generano solo inflazione e debito pubblico.

Poi c’è l’emulo di Milei, Elon Musk, sì quello col pallino dei figli dai nomi impronunciabili e la fissa di andare su Marte “per salvare la umanità”, che ha il compito di distruggere lo Stato federale, ma “non ci prende troppo” a giudicare dai continui ripensamenti, dietro front, e dalle sentenze dei giudici che bloccano gli ordini esecutivi di Trump a cominciare dal ripristino di USAID, agenzia di assistenza, e dalla prossima fine che farà la tanto strombazzata abolizione del ministero dell’istruzione [deve passare al Senato con la maggioranza di 60 senatori e Trump non ce li ha]. Ovviamente questi sovranisti, come i Talebani, vedono l’istruzione come il fumo negli occhi: oggi Trump, dopo aver detto che nelle Università crescono i Democratici, ha tagliato 400 milioni di dollari alla Columbia University con la scusa che non avrebbe protetto gli studenti ebrei durante le manifestazioni pro Palestina.

Poi idee balzane: una Email ad ogni dipendente federale con la criptica domanda con cui Musk chiede cosa abbiano fatto di utile nella precedente settimana, pena il licenziamento.


Oggi, poi, stessa Email anche ai dipendenti italiani delle basi americane in Italia, come Aviano accompagnata dal blocco delle carte di credito (aziendali, spero) di questi dipendenti.
La confusione regna sovrana: i responsabili delle agenzie federali chiedono ai loro dipendenti di non rispondere; Trump, presente Musk, afferma che le richieste del miliardario sono solo consigli e che i responsabili per i loro dipendenti sono sempre i vertici delle agenzie. Ma Musk insiste. Come finirà? Forse come le navicelle per Marte di Musk nei primi due tentativi di lancio: esplose! E anche la Tesla va malissimo.


Previsioni? Se continua così, alle prossime elezioni di midterm del 2026, Trump perderà parecchio, ma già pensa a modificare la Costituzione per correre per “il terzo mandato”.

Vi ricorda qualcuno? Tutto il mondo è paese.

Quindi in Italia? Allora….no non vado avanti, vedo un post con scritto in grande: “tutti in piazza per la pace in Ucraina e la pace fiscale!“. [che cavolo c’entra?]. Mi si intrecciano le dita sui tasti, non ce la faccio a continuare, anche perché la situazione italiana è ancora più complicata di quella americana.


Anche se Trump non ha mai ufficialmente “adottato il  “Project 2025” della Heritage foundation, molte delle sue azioni sono basate proprio su questo progetto iper conservatore.
Il Project 2025 consta di oltre 1000 pagine. Uno dei migliori riassunti trovati in rete è quello dell’autorevole Istituto Affari Internazionali che vi ripropongo integralmente.
Lo articolo è del maggio dello scorso anno, prima dell’elezione di Trump. Vedrete bene, leggendolo, quante indicazioni del project 2025 sono state già attuate.
  

Project 2025: un’agenda conservatrice per il futuro dell’America
Il team di Jefferson
22 Maggio 2024
Il Team di Jefferson


Nel panorama politico degli Stati Uniti, il 2024 sembra essere un’epoca di déjà vu elettorale. Come nel sequel di un film che ha mantenuto i suoi protagonisti, gli Stati Uniti si preparano a un’altra campagna elettorale presidenziale con gli stessi contendenti del 2020.
A cambiare significativamente è invece il contesto sociale americano, ormai molto diverso dallo scenario pre-Covid durante il quale Trump e Biden si sono confrontati per la prima volta. Con le tensioni in corso in Europa e Medio Oriente a complicare il panorama politico internazionale, una crisi migratoria al confine sud degli Stati Uniti e la ridiscussione in atto in molti stati del diritto all’aborto, entrambi i candidati devono procedere con estrema cautela.
Da una parte, Joe Biden ha adottato una strategia focalizzata sull’idea di difesa della democrazia dalla minaccia Trump. Dall’altra, il tycoon mette in guardia i suoi sostenitori da altri quattro anni dalle politiche del Presidente in carica, che identifica come le cause del declino americano. La linea d’azione scelta dell’ex-inquilino della Casa Bianca si fonda proprio su un presunto dovere Repubblicano di riportare gli Stati Uniti a godere del benessere economico e sociale che le amministrazioni democratiche hanno distrutto negli anni.
In pratica una rielaborazione del “Make America Great Again”, ma aggiornata al quadro politico attuale, con il dito puntato contro Biden e non più contro Obama. Stavolta però, il piano di riconquista del potere ha un nome ben preciso, un manifesto e degli obiettivi da raggiungere. Si chiama “Project 2025”, e sulla pagina ufficiale di questo manuale per la ricostruzione del Paese è illustrato il progetto di transizione dal nocivo Governo liberale, verso un’America conservatrice, che inizia con l’elezione di Trump a Presidente. Il percorso poggia su quattro fondamenta essenziali che lavoreranno sinergicamente per preparare il terreno a un’amministrazione conservatrice di successo: l’agenda politica, la selezione di un personale adeguato, un programma formativo e un piano operativo di 180 giorni.
Promosso finanziato e reso possibile da The Heritage Foundation, che vanta un lungo impegno nella storia politica dell’America Repubblicana nello sviluppare una serie di policy note oggi come “Mandate for Leadership”. Queste proposte hanno giocato un ruolo ai vertici presidenziali, fin dall’Amministrazione Reagan, e sono state particolarmente importanti durante il mandato Trump.
Al vertice del team dietro “Project 2025” ci sono Paul Dans, ex capo dello staff presso l’Ufficio per la Gestione del Personale (OPM) durante l’amministrazione Trump e attuale direttore del Progetto di Transizione Presidenziale 2025, e Spencer Chretien, ex assistente speciale del presidente e direttore associato del Personale Presidenziale, nonché del progetto.
Project 2025: i temi di un’agenda conservatrice
Il manuale del “Project 2025” è il frutto del lavoro di un think thank e presenta uno o più autori con una vasta conoscenza in diverse aree, che analizzano approfonditamente un dipartimento o un’agenzia specifica. I temi trattati sono molteplici e generali: dall’economia, al clima, ai diritti. Allo stesso tempo, sono ben applicabili a specifiche questioni in discussione, in questo momento, negli Stati Uniti.
Sulle politiche ambientali e l’energia si prevede la cancellazione dell’approccio Biden, ponendo fine all’attenzione rivolta al cambiamento climatico e ai sussidi verdi, abolendo i Clean Energy Corp e il Climate Hub Office, revocandone i relativi finanziamenti. Centrale anche il ritiro dagli accordi sul cambiamento climatico, definiti incompatibili con la prosperità degli Stati Uniti.
Per il tema di gestione della salute pubblica si propone un abbandono del ruolo del governo nella promozione della salute pubblica per bambini e adulti americani, facendo riferimento alla gestione della pandemia di Covid-19 in cui il governo federale viene tacciato di una gestione eccessivamente dettagliata, disinformata e politicizzata.
Grande attenzione viene riservata alla “Family Agenda”, che promette di riportare l’attenzione verso una struttura familiare ideale, votata al diritto dei bambini di essere cresciuti dagli uomini e dalle donne che li hanno concepiti. Viene enfatizzato il concetto di famiglia tradizionale, con una critica esplicita verso qualsiasi altra forma di genitorialità che vada oltre il concepimento tradizionale. A questi presupposti viene bizzarramente legato il discorso delle malattie sessualmente trasmissibili e le gravidanze non desiderate, che si propone di prevenire rafforzando il concetto di matrimonio come possibile strategia di prevenzione dei rischi sessuali. Per quanto riguarda invece i diritti LGBTQ+, si parla di revocare le normative che vietano la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere, dello stato transgender e delle caratteristiche sessuali. Questo porterebbe a una pericolosa e consequenziale legittimazione del razzismo di genere persino sul luogo di lavoro. Inoltre, si prevede una stretta anche nelle politiche anti-abortiste, con l’obiettivo di garantire una proliferazione delle policy pro-life e una limitazione del diritto di scelta nelle future legislazioni.
Grande chiusura mostrata anche nelle proposte sulle politiche migratorie, che prevedono una chiusura dei confini e una gestione rigida dell’enorme flusso di immigrati ai confini messicani.

Tra le tematiche affrontate in questa guida, il punto a cui viene data maggiore importanza, è l’ufficio della Casa Bianca, di cui parla nel primo capitolo Rick Dearborn, ex vicecapo di gabinetto di Trump, focalizzandosi sulla necessità di una concentrazione dei poteri nelle mani del Presidente. Inoltre, si parla del Dipartimento di Stato e del Dipartimento di Giustizia, come organi suscettibili a influenze poco raccomandabili e predisposti a dissentire dalla visione di un presidente conservatore.
Il progetto e la campagna Trump
Il progetto ha recentemente coinvolto oltre 100 partner della coalizione per il suo consiglio consultivo. Il raggiungimento di questo traguardo consentirà loro di concentrarsi maggiormente sullo sviluppo del piano operativo di 180 giorni di regolamenti e decreti presidenziali che Trump potrebbe attuare una volta insediato in carica.
È necessario sottolineare però, che il Progetto 2025 non è vincolato esclusivamente a un’unica figura politica come Trump o alla sua amministrazione. Al contrario, si propone di sostenere qualsiasi candidato o futuro Presidente che abbracci i principi e l’ideologia conservatrice su cui si basa il progetto. Questa flessibilità evidenzia il suo scopo più ampio di promuovere e implementare politiche in linea con i valori conservatori, indipendentemente dall’individuo al potere. Allo stesso tempo, la campagna di Trump ha cercato più volte di prendere le distanze da gruppi come il Project 2025, ma molte delle sue proposte sono basate su reali commenti passati di Trump. Questa dinamica rappresenta dunque una sfida per il team di Trump, che tenterà fino a novembre di non legarsi alle posizioni più controverse, che potrebbero rivelarsi dannose per la campagna.

Oggi si è scatenato (ancora più del solito)

Due sberle aĺl’Ucraina: mi devi pagare 500 miliardi, magari in terre rare, sconvolgendo il tuo sottosuolo come in Congo, per gli aiuti che ti ho dato. Ma non è detto che fra un po’ la Ucraina non farà parte della Russia come prima del 1991.


Altra sberla a Gaza: gli israeliani ce la consegneranno vuota, noi ne faremo la Saint Tropez d’oriente, ma i palestinesi non ci torneranno, neppure a fare i camerieri: andranno in Arabia, Giordania ed Egitto in cambio degli aiuti che gli abbiamo dato


Poi Trump se l’è presa anche con il Papa che ha criticato le sue misure contro l’immigrazione “Il Papa ha un muro attorno al Vaticano, perché non possiamo farlo anche noi in USA”?

Può un uomo come questo, che oltretutto cambia idea ogni momento,  essere il presidente di un Paese come gli USA?

Dove andremo a finire?

È sulle prime pagine dei giornali la “grande truffa” ai danni di noti e facoltosi imprenditori fingendo un appello al patriottismo del ministro alla difesa Crosetto.

I fatti sono noti: una telefonata ad un ricco imprenditore da parte di un truffatore che si spaccia per un membro della segreteria di Crosetto e, subito, dice” glielo passo”; e qui interviene Crosetto  o, meglio, la sua voce ben imitata, che informa il ricco imprenditore che giornalisti italiani sono stati rapiti da terroristi e che,  per liberarli, bisogna versare un grosso riscatto. Al momento lo Stato non ha liquidi e, quindi, il ministro invita il ricco imprenditore a fare un gesto patriottico e a versare lui stesso su un certo conto corrente una cospicua somma con l’assicurazione che verrà, poi, restituita. Tanti ci cascano ed è inutile dire che i soldi versati prendono tutt’altra strada

I nomi coinvolti che hanno versato i soldi appartengono tutti all’aristocrazia della finanza e dell’economia italiana: stando ai giornali, Del Vecchio, Menarini, Beretta, Massimo Moratti, Armani, Tronchetti Provera.

Le truffe ci sono sempre state. Pensate che il diritto romano non le puniva perché, se ci cascavi, era colpa tua.

Anche i giornalisti, purtroppo,  talvolta sono rapiti.

Ma mai lo Stato ha chiesto ai privati i soldi per il riscatto quasi facendo una colletta.

Non faccio il complottista, ma la storia puzza sin dall’inizio.

I gentlmen truffati non sono i vecchietti presi di mira con la nota storia del figlio che ha avuto un incidente. Sono il fiore fiore della economia e della finanza italiana, hanno a disposizione mezzi per appurare la verità,  studi legali e contatti certi con il governo. Possibile che si siano fidati di una telefonata di un similCrosetto per sborsare centinaia di migliaia di euro, senza il minimo controllo?

Sembrava tutto vero” ha riferito a Repubblica Massimo Moratti,  uno dei truffati, come un pensionato qualsiasi che ha ceduto l’argenteria per salvare il figlio inquisito.

Ma la manifestazione ingenuità è vera o è finta?

Ossia questo governo è talmente potente e talmente inserito nella economia e nella finanza italiana, da far tremare di paura ogni imprenditore anche con una telefonata truffa e finta?

Insomma, un capitalista italiano ha talmente paura di questo governo da tralasciare le più elementari cautele pur di ingraziarselo esaudendo le richieste più strane?

Se è così c’è da aver paura della classe imprenditoriale italiana così prona al governo.

E, se invece dei soldi per liberare giornalisti,  la finta telefonata avesse chiesto soldi per sovvertire quello che rimane dell’ordine democratico? Avrebbero cacciato i soldi comunque?

Un amico, che pensa male, quindi fa peccato, ma forse ci azzecca, mi ha suggerito una altra versione della faccenda, molto utile ai “truffati”.

La storia sarebbe stata orchestrata proprio dai truffati per mandare “in modo legale” i loro soldi all’estero “senza dichiararli”.

Pensateci un po’. Gli imprenditori hanno denunciato la truffa, quindi la perdita dei soldi versati sul conto corrente truffaldino.

E, se quel conto corrente non fosse affatto “truffaldino”, bensì gestito da complici dei “truffati” che, dietro compenso, hanno trasferito i soldi su conti alle Cayman in disponibilità dei “truffati”?

A questo punto i “truffati” italiani avrebbero un doppio vantaggio: in Italia dichiarerebbero una perdita di denaro (con conseguente diminuzione del reddito e delle tasse) ma, all’estero, potrebbero disporre della medesima somma, ripulita, non ascrivibile a loro, perché a loro rubata, a disposizione per affari estero su estero.

L’ipotesi potrebbe essere frutto di fantasia, ma vi sareste mai sognati che il Presidente della prima potenza mondiale proponesse seriamente di deportate due milioni di palestinesi da Gaza per farne la “Costa Azzurra del Medio Oriente” a disposizione dei ricconi? E dove i vecchi abitanti e proprietari al massimo, visti i prezzi, avrebbero avuto accesso solo come camerieri

La realtà supera la fantasia.

Ormai… sempre più spesso.

Nel 2010 fece scalpore il libro “Congo” opera dello scrittore belga David Van Reybrouck.
Racconta della storia di questo Paese disgraziato, ora Repubblica Democratica del Congo, dai tempi in cui era “patrimonio personale” del Re del Belgio fino ai nostri giorni, completamente asservito allo sfruttamento di multinazionali di ogni tipo che scelgono finanche il Presidente fantoccio.
La cosa mi è tornata in mente osservando quanto sta incidendo Elon Musk, potenza industriale e finanziaria, uomo-Stato, sulla politica, e sui vertici, americani.
Attenzione, perché Elon Musk ha trovato terreno fertile anche in Italia.

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