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Tira fuori una pazza idea imprenditoriale.

C’era una volta un Governo di Coalizione che, dopo aver abolito la povertà, si mise in testa di arricchire gli italiani.

Presero lo spunto da una prassi dei governi precedenti che concedeva una detrazione fiscale del 30-60% scalabili in 10 ani dalle tasse se si spendevano soldi per fini reputati di interesse (efficientemente energetico, acquisto prima casa etc) . Gli acquisti venivano fatti con oculatezza perché i soldi dovevano comunque uscire dalle tasche e i rimborsi sarebbero arrivati in un lasso di tempo abbastanza ampio.

Questo Governo che si inventa? Vuole dare una forte spinta all’edilizia [chissà se il difensore del popolo capo del partito e del governo conosceva il detto francese “quando il mattone va, tutto va”.]

Quale è la grande idea? Se si ristruttura un intero stabile rendendolo “più ecologico” non solo paga tutto lo Stato, ma gli dà anche un bonus del 10%.

E mica è finita qui: i soldi che chi ristruttura dovrebbe dare all’impresa costruttrice e ottenerne in parte la restituzione come rimborso fiscale in 10 anni non li dà all’impresa, ma questa, come credito, lo sconta in banca con interessi a carico dello Stato.

Baldoria nei condomini, gara a chi spara di più: cappotto termico, isolamento del tetto, bruciatore, caldaia, infissi e chi più ne ha più ne metta, tanto paga Pantalone.

Trovata la pietra filosofale? Tutti re Mida? Tutti felici?

Eh, no. Cominciano gli imprevisti. Si moltiplicano i cantieri, si moltiplicano i tubi Innocenti per le impalcature si moltiplicano le richieste di materiali edili, si moltiplicano i prezzi di tutto ciò che afferisce all’edilizia. Le imprese edili hanno liste di attesa superiori alla sanità pubblica.

Le Banche, poi, cominciano a spaventarsi: le richieste di sconto dei crediti delle imprese edili di moltiplicano senza ci sia la sicurezza che i lavori non siano solo sulla carta.

Anche lo Stato cominciò a soffrire per i soldi dovuti.

Cambiò il governo. Il primo ministro, quello del whatever we take, era molto contrario, ma presiedeva un governo dal delicato equilibrio con, all’interno, il partito che aveva avuto la brillante idea.

Si cominciò a vedere che molti lavori non erano neppure iniziati, erano solo sulla carta. Le truffe crescevano, anche perché in Italia la parola “controllo” non ha alcun significato.

Si cambiò 4 volte la legge per tentare di arginare il bubbone che cresceva, ma impazzitavano commercialisti, banche, imprese.

Finché un nuovo governo, nei primi mesi di azione, una sera convoca una conferenza stampa e seccamente rivela che, nelle casse dello Stato, c’è un buco di quasi 100 miliardi e che dalla sera alla mattina, la “Grande idea” , definita la “Grande Iattura”, veniva a cessare per non abbattere definitivamente i co ti dello Stato.

Ma è una never ending story. Parte del Governo ha nel suo bacino elettorale molti costruttori e imprese edili che avrebbero dovuto pretendere i soldi non più dalle banche, bensì dai committenti, generalmente inquilini che questi soldi non li hanno anche perché erano convinto che lo Stato li regalava. E questi costruttori votano.

Allora proroga per chi ha completato o lavori per almeno una certa percentuale (chi controlla?) e non più al 110%, bensì al 70%.

Terrore fra tutti gli attori della farsa: inquilini esposti per decine di migliaia di euro (che non avevano mai avuto); imprese che non hanno soldi per pagare dipendenti. Banche che vedono sfumare guadagni che ora si trasformano in debiti.

A patto di non essere scoperti, stanno meglio paradossalmente, chi i soldi li aveva solo scritti sulle carte. Quelle costano meno delle carte valori.

Come tutte le grandi idee e come tutte le balzane idee italiane queste storie non avranno mai fine: agli inquilini, alle imprese, alle banche, ora si aggiungeranno gli avvocati.

E a terra rimangono i cocci: un sacco di cemento oggi costa il triplo di tre anni fa, e non solo il cemento.

Vediamo di capirci qualcosa e di capire se questa crisi di governo ha in senso o ancora non ce l’ha.
A dire il vero non è neppure una crisi di governo perché il Governo di Giuseppe Conte, bicolore fra Cinquestelle e Lega è nella pienezza dei poteri.
Oltre i litigi di Facebook e Twitter c’è solo una presentazione, da parte della Lega, di una mozione di sfiducia verso “il Governo presieduto dal prof. Giuseppe Conte”.
Richiesta un po’ tafazziana in quanto, visto che la Lega è parte del governo, diretta anche contro il partito presentatore della mozione di sfiducia.
Mozione che, comunque, non appare nelle convocazioni di Camera e Senato.
Il Senato è convocato martedì 20 agosto alle ore 15.00 per “Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri”.
La Camera dei deputati è convocata mercoledì 21 agosto alle ore 11.00 per “Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla situazione politica”.
Cosa comunicherà Conte martedì o mercoledì?
Probabilmente la sua intenzione di salire al Colle per dimettersi.
Solo in tal caso potrà parlarsi di crisi di Governo.
Se la intesterà Conte, visto che, almeno formalmente, la mozione di sfiducia non verrà neppure discussa.
Nel caso di dimissioni formali la parola passa a Mattarella che ha tre opzioni:
1) Rinviare Conte al Parlamento per fare votare la fiducia o la sfiducia al Governo. Ma non penso che questa sia la scelta perché potrebbe verificarsi la ipotesi che parte della vecchia maggioranza (Lega) voti la sfiducia e parte della vecchia opposizione sia costretta a votarla per poi governare insieme (PD).
2) Accogliere le dimissioni e sciogliere le Camere
3) Accettare le dimissioni e esplorare la situazione dando mandato a Mr.X di esplorare la situazione per vedere se esiste, in questa legislatura, una maggioranza in grado di dare la fiducia ad un Governo.

Questa è la ipotesi più probabile, ammesso che in questo guazzabuglio sia ancora possibile formulare una previsione.
Se Mattarella persegue questa scelta Mr. X potrà ottenere la fiducia e governare o non ottenerla ed allora le nuove elezioni saranno la strada obbligata.
In tal caso sarà Mr.X a gestire le elezioni e lo scioglimento delle Camere travolgerà anche la legge costituzionale di riduzione dei Parlamentari cara ai Cinquestelle che è calendarizzata alla Camera per il 9 settembre.
I Cinquestelle hanno ripetutamente affermato che intendono anticiparne la discussione al 21 agosto.
Sarà possibile?
Molto difficile se Conte martedì si dimette. Di solito, appena formalizzate le dimissioni le Camere vengono sconvocate e riconvocate solo per atti urgenti come approvazione dei decreti legge.
Nessun problema alla approvazione della legge tagliaparlamentari, invece, se domani Conte non si dimette.
Già, ma se non si dimette, che succede? Se si limita a stigmatizzare i problemi sorti con la Lega? La Lega ritirerebbe la mozione di sfiducia e il teatrino proseguirebbe come prima, con grande scorno di quella parte del PD che sostiene l’accordo con i grillini.
Insomma, quasi sicuramente la mozione di sfiducia che ha dato origine a questa “pre-crisi” non verrà discussa nè votata.
Ma come si mette con la probabile vera crisi di governo, un governo PD-Cinquestelle e la proposta di legge tagliaparlamentari?
Se Conte domani si dimette, i Cinquestelle senz’altro vorranno anticipare la discussione della proposta. C’è bisogno di una riunione dei Capigruppo per variare il calendario e la Capigruppo decide all’unanimità. Quali sono gli schieramenti? I numeri dei partiti alla Camera li trovate in un post di qualche  fa.
Non è facile, purtroppo, prevedere – con governo dimissionario ma in carica per gli affari correnti e una possibile nuova maggioranza – come si comporteranno i deputati chiamati a votare una legge che limita di molto le possibilità di rielezione.
Secondo me lo spettacolo non è finito.

sergioferraiolo

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