Oggi è venerdì e ad Acerno è giorno di mercato. Sì, forse lo abbiamo dimenticato. Una volta, nei piccoli centri, non c’erano negozi idonei a soddisfare ogni bisogno della popolazione, numericamente troppo ridotta per giustificare l’investimento di un negozio. Allora, come oggi ancora ad Acerno, sono i negozi che si spostano verso i potenziali consumatori. C’è un giorno alla settimana in cui un’area del paese viene occupata da bancarelle itineranti che, nel corso della settimana, coprono almeno sei paesi del circondario per rifornirli di quanto serve alla popolazione.

Stamattina ci ho fatto un giro. Preponderanti i banchi di vestiario e di scarpe. Tanto assortimento, qualità non eccelsa, ma prezzi modici. Specialmente intimo: mutande, reggiseni, maglie intime, calze, calzini. Ma anche coltelli, attrezzi per l’orto e l’agricoltura; articoli per la casa, lenzuola, tende per la doccia, spugne, detersivi.
I venditori appellano i possibili compratori invitandoli alla spesa: si conoscono tutti, si chiamano per nome a questo appuntamento settimanale e chiedono notizie degli accadimenti dei giorni precedenti “Ehi, Maria, come sta zia Giuseppina?”, “Ehi Anna, sei andata a farti sistemare la dentiera?”. Ovviamente tutto quello che vendono è speciale, nulla a che vedere con quello che vendevano la settimana scorsa: “oggi le pesche sono stratosferiche!”, “le lenzuola sono di un lino mai visto!”. Ma, proprio perché si conoscono tutti, non ci sono le consuete grida da mercato. La merce è magnificata senza troppi decibel.

Poi ci sono gli articoli stagionali: oggi c’erano due banchi che offrivano agli acquirenti tutto ciò che può servire per le conserve di pomodoro. La Campania è zona di produzione di pomodoro, una volta i San Marzano, ora gli pseudo San Marzano, l’oro rosso! I bei pomodori oblunghi, rossi rossi. Quindi tappi, bottiglie, tritapomodori, bidoni metallici per cuocere l’ortaggio nelle bottiglie, boccacci, etc. Sì, qui è ancora viva la tradizione di sbollentare i pomodori oblunghi, pelarsi fino a scottarsi le dita, frullarli, metterli nelle bottiglie con un po’ di basilico e sale, tapparle e bollirle in grandi contenitori. Salsa pronta fino all’estate successiva per condire spaghetti e non solo. Tutta la famiglia o, meglio, le donne della famiglia, partecipa alla “funzione”, macchiata di rosso sangue dei pomodori, magari cantando antiche nenie. Vi assicuro che i barattoli di pelati di pomodoro, anche delle migliori marche, non reggono il confronto con queste bottiglie piene di oro rosso confezionate a mano.

Nel precedente post vi ho raccontato dei preparativi per la festa del Santo Patrono San Donato, in programma lunedì 7 agosto. Attorno a questa festa, nei giorni antecedenti e successivi, si concentrano le iniziative estive che approfittano del pubblico dei villeggianti (pochi) e degli emigrati che qui tornano in vacanza (molti). Ieri sera, in un palchetto sito proprio sotto le mie finestre, una filodrammatica locale “il Forum dei giovani di Acerno” composta da ragazzi sotto i venti anni ha rappresentato “lo scarfalietto”, commedia in due atti di Eduardo Scarpetta [padre non ufficiale dei fratelli Eduardo, Peppino e Titina De Filippo].

Anche se hanno ancora molto da imparare, bisogna dare atto a questi ragazzi di un commendevole coraggio e intraprendenza. Lo spettacolo, a dispetto di inconvenienti tecnici all’audio e alle luci, è risultato piacevole e, soprattutto, molto seguito dal pubblico che si a è assiepato anche oltre le file di sedie tutte occupate.

Ah, lo scarfalietto [scaldaletto] è quell’attrezzo composto da due “padelle” incernierate al cui interno si ponevano le braci e veniva posto fra le lenzuola per riscaldare il letto nelle giornate rigide e umide. Allora i termosifoni non c’erano. Se siete curiosi di conoscere la trama cliccate qui. E’ la consueta trama della commedia degli equivoci dove ciò che è non appare e ciò che appare non è: Il primo atto si svolge nella casa di Amalia e Felice Sciosciammocca, giovani sposi, i quali, a seguito di continui litigi, che vedono coinvolti anche i loro camerieri, Michele e Rosella, decidono di separarsi chiamando in causa i loro avvocati Anselmo e Antonio. Nella lite viene coinvolto anche il malcapitato Gaetano Papocchia, uomo curioso e dal carattere singolare, che si rivolge ai coniugi per prendere in fitto una casa di loro proprietà nella quale sistemare la sua giovane amante, la ballerina Emma Cartcioff.
La scena del secondo atto è ambientata dietro le quinte del teatro dove lavora Emma, nel quale fervono i preparativi per il nuovo spettacolo. Qui si reca spesso Don Gaetano, che ricopre di gentilezze la ragazza, non sapendo che la stessa ballerina è amata anche da Antonio. E qui capitano anche Felice e Amalia, che pretendono a tutti i costi che Gaetano diventi loro testimone nella causa di separazione. Nella confusione generale si inserisce anche Dorotea, moglie di Gaetano, che, venuta a sapere della storia di suo marito con la ballerina, è decisa a chiedere giustizia.
Il terzo atto è ambientato in un’aula di tribunale, dove convengono tutti i personaggi della commedia e dove, dopo le testimonianze e le arringhe degli avvocati, la giuria potrebbe proclamare il verdetto finale. Ma nell’atmosfera esagerata e inverosimile delle storie di Scarpetta, tutto è possibile…
Non ce la faccio a seguire tutti e due gli atti, mezzanotte si appropinqua e “mi sento” la fine della commedia dal mio letto. Con trapuntina, ovviamente, perché qui la notte fa freschino.

