Ieri il ministro Lollobrigida, scherano della Meloni, si è prodotto in affermazioni inqualificabile sulla sostituzione etnica provocata dell’immigrazione e sull’aumento del PIL indispensabile, a suo dire, per convincere gli italiani a fare più figli [ritorno alle politiche demografiche del fascismo]. Ora, se è verissimo che non esiste alcuna politica di sostituzione etnica (anzi appena abbiamo un extracomunitario che si fa valere nello sport, ci affrettiamo a dargli la cittadinanza e la maglia azzurra) è altrettanto vero, come dice oggi Michele Serra, che i figli non si fanno non tanto per ragioni economiche, quanto per sfiducia nel futuro. Ci provò anche Augusto con scarsi risultati, figuriamoci Lolllbrigida.
Di che inquinamento della razza va poi cianciando Lollobrigida? Poche nazioni sono un melting pot come l’Italia.
Mi sembra giusto, quindi, riproporre un mio post del 22 ottobre 2022, proprio sull’ argomento. Ho precorso Gramellini e Serra.
Buona (ri)lettura
Viva il meticciato!
I nostri bravi governanti continuano a strepitare contro la “invasione africana”: no a neri e musulmani e, se proprio dobbiamo accogliere qualcuno, preferiamo i cattolici, biondi e belli polacchi e ucraini. Su tale preferenza, si sa, pesa la speranza che – come fu una volta per gli albanesi – dopo qualche anno gli emigranti ariani se ne tornano nel loro Paese non contaminando “la purezza della nostra razza italica”. Non staremo tornando al 1938 con le leggi a difesa della razza?
Lasciando da parte gli estremismi e le fantasie della “sostituzione etnica” del “piano Kalergi” torniamo su un piano più pratico e buttiamola giù di piatto: in Italia, ma anche in Europa, le culle sono sempre più vuote. Nel nostro Paese il tasso di natalità è di 1,2 figli per donna, lontanissimo da quel 2,2 che garantirebbe la stabilità della popolazione. E’ un dato tragico, altro che “meno siamo, meglio stiamo!”, un dato che preconizza la fine dell’Italia e dell’Europa come l’abbiamo conosciuta.
La proiezione dei numeri è impressionante e le previsioni sconvolgenti. I demografi di Neodemos arrivano a conclusioni quasi incredibili riguardo la popolazione africana nel prossimo trentennio: Oggi l’Unione europea conta nel complesso 445 milioni di abitanti; l’Africa ne conta un miliardo e 340 milioni. Nel 2050 (siamo vicini: è una distanza temporale inferiore a quella che, andando a ritroso, ci separa dalla caduta del muro di Berlino) l’Unione europea si sarà ridotta a 403 milioni di abitanti, l’Africa arriverà a 2 miliardi e 507 milioni di abitanti. E, si badi bene, non è un semplice raddoppio: è una triplicazione: infatti le previsioni per quanto riguarda la fascia di persone in età lavorativa in Europa sono tragiche: l’età media si sposterà molto più avanti di quella delle persone in età da lavoro con diminuzione catastrofica in termini di PIL.
E’ della scorsa estate il “grido di dolore” degli esercenti che non trovavano più lavoratori, per lo più giovani, disposti ad un lavoro stagionale.
Per ora l’INPS può contare ancora su due lavoratori i cui contributi formano la pensione di una persona ritiratasi dall’età lavorativa. E l’INPS già non ce la fa più. Urge ampliare la base lavorativa, ma, con le antiquate leggi che abbiamo, cercare di pescare il lavoratore straniero che vogliamo è una mission impossible; neppure il classico informatico indiano riusciamo ad attrarre ed assumere. Eppure, nonostante queste difficoltà, se andassero via tutti i lavoratori stranieri, il PIL italiano diminuirebbe di un drastico 9%.

E, in tutto questo, ancora qualcuna/o, nei comizi, urla la sua voglia di rimanere italiana.
Io penso, invece, che i miei nipotini saranno neri. Quella che noi chiamiamo “invasione” è un semplice spostamento di popolazioni, come, nei secoli scorsi, ce ne sono stati tanti. Dai Sapiens che dall’Africa migrarono in Medio Oriente e, poi, in tutta Europa [per aprirvi gli occhi vi consiglio questo libro: “Sapiens, da animali a dei”], fino alla migrazione europea in America del nord e latina, passando per le migrazioni dei popoli del nord nell’Europa meridionale che misero fine all’impero di Roma.
Le migrazioni sono fenomeni inarrestabili. Si dice infatti che l’immigrazione è un “gioco” in cui non puoi vincere, non puoi pareggiare e non puoi uscire dal gioco.
La nostra unica possibilità di salvare qualcosa è cercare di comunicare e trasmettere a chi arriva i nostri valori, quei valori che noi stessi abbiamo preso dall’antica Grecia.
D’altronde, per rispondere a chi non vuole visi neri e urla la sua voglia di essere e rimanere italiana/o con tutta la sua progenie, io domando semplicemente: ma che significa essere italiano? Essere nato in quell’espressione geografica indicata da Metternich? La nostra penisola, prima del 1861, poco più di 150 anni fa, fu unita sotto un solo sovrano esclusivamente durante l’impero romano che, a sua volta, non fu un impero “italiano”, ma un melting pot unito solo dal burocratico attributo della cittadinanza ed, anche al suo Vertice ebbe imperatori, spagnoli (Traiano, Adriano), libici (Settimio Severo), traci (Massimino), francesi (Claudio), libanesi (Alessandro Severo).

Dopo la caduta dell’impero romano, il Belpaese è stato invaso e colonizzato da Arabi, normanni, turchi, ostrogoti, visigoti, longobardi, aragonesi, francesi, spagnoli e chi ne ha più ne metta. Non c’è dubbio il popolo che ora vive nella penisola italiana sia un fritto misto.
E ci sono stati anche dei bei vantaggi: il fritto misto ha dato i natali a Leonardo, a Michelangelo, a Dante, a Petrarca, al Rinascimento, al Canova, al Bernini, a Caravaggio, a Verdi, a Mascagni….. solo per citare una minima parte che i “meticci” italici hanno saputo offrire al mondo. Se questi sono il risultato del meticciato, allora Viva il Meticciato!