Stavolta non voglio dare uno sguardo sul mondo, ma sulla nostra Italia. Il Parlamento ha approvato una controversa riforma costituzionale che, secondo alcuni, velocizzerà l’iter legislativo e renderà più chiare le competenze fra Stato e Regioni; secondo altri la Riforma è un pateracchio confuso che ci porterà ad un regime quasi dittatoriale. Forse prima di giudicare e senz’altro prima di andare, con il nostro voto, a dire si o no al referendum previsto in ottobre, è meglio compiere un piccolo sforzo e studiarla un po’, magari mettendola a raffronto con la Costituzione attuale.

Cercherò, articolo  per articolo, nei successivi post, di mostrarne le differenze e le conseguenze.

A chi vuole “correre” e leggerla tutta di un fiato consiglio di cliccare qui, sull’Atto Camera 2613-D che, fuori dai burocratismi, è il testo della riforma approvato secondo il procedimento dell’articolo 138 dell’attuale Costituzione che così dispone:

Art. 138

Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

 Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

La lettura di questo articolo ci insegna come il procedimento di approvazione delle leggi che modificano la Costituzione sia parecchio diverso da quello in uso per le leggi, diciamo così, normali. Queste ultime hanno bisogno solo che Camera e Senato raggiungano l’accordo su di un testo, magari rimpallandoselo più volte (la cosiddetta navetta) fino a che approvino un testo identico.

L’articolo 138 dispone, invece, che una legge di rango costituzionale, o che modifichi la Costituzione, ha bisogno di un doppio passaggio per ciascuna delle due Camere. Fra i due passaggi devono trascorrere almeno tre mesi e che, nella seconda votazione, la maggioranza necessaria è quella assoluta, ossia della metà più uno dei componenti di ciascuna Camera.

Se la legge costituzionale viene approvata dalla Camera e dal Senato con la maggioranza dei due terzi dei rispettivi componenti, la legge costituzionale viene pubblicata sulla Gazzetta ufficiale ed entra subito in vigore.

Se la maggioranza, come in questo caso , non raggiunge i due terzi dei componenti, la legge approvata non viene pubblicata, ma entra in uno stato di limbo per tre mesi, entro i quali cinquecentomila elettori oppure cinque consigli regionali o un quinto dei membri di una Camera facciano richiesta di sottoporla a referendum popolare.

A differenza del più noto referendum abrogativo, questo tipo di referendum NON prevede un quorum, quindi la nuova legge costituzionale si intende approvata se la maggioranza dei voti validi è SI. Quindi anche se a votare vanno 6 persone e tre votano SI, una scheda bianca e due votano NO, la legge è approvata.

La legge che regola i Referendum è del 1970 ed è consultabile cliccando qui.

Questo procedimento più complesso fu voluto dai “padri costituenti” per rendere più difficile modificare la legge fondamentale dello Stato che è bene non cabi tanto frequentemente per poter essere una sicura e duratura guida pe rle leggi ordinarie.

Per chi volesse avere sotto gli occhi il testo attuale e vigente della Costituzione italiana, suggerisco una visita al sito del Quirinale cliccando qui.

In un prossimo post inizierò ad esaminare le modifiche che il nuovo testo apporta al vecchio.

A presto