Dopo il post di ieri ho ricevuto alcune critiche sul ruolo di Aung_San_Suu_Kyi, come se la “signora si disinteressasse completamente del problema dei Rohingya accusandola quasi di genocidio reclamando la revoca del premio Nobel.
Io no so cosa effettivamente pensi la “Signora”, cosa abbia fatto e cosa abbia detto la settimana scorsa alla Corte internazionale dell’Aja dove doveva difendere il suo Paese, accusato dal Ghana di atti contrari ai diritti umani nei confronti dei Rohingya.
Quello che posso dire è che la “Signora” sta seguendo un percorso molto stretto attraverso il sentiero lasciatole libero dall’esercito che, prima delle elezioni del 2015, dominava la scena politica col pugno duro, permettendosi anche di non riconoscere la sconfitta elettorale del 1990.
L’esercito, in Myanmar non è come lo intendiamo noi. È una casta dominante. Possiede fabbriche, banche, società finanziarie all’estero, scuole private alle quali possono accedere solo i figli dei militari.
Con la nuova Costituzione, l’esercito ha ottenuto che Aung San Suu Kyi non possa, ad personam, mai rivestire il ruolo di Presidente della Repubblica o di primo ministro. Ha ottenuto che comunque vadano le elezioni di aver garantito il 25% dei seggi al Parlamento, di nominare, quindi di gestire, il ministro dell’interno, il ministro della Difesa, il ministro delle frontiere.
A ciò si aggiunge la tradizione birmana, uno stato federale, di favorire sempre e comunque l’etnia birmana che vive al centro del Paese, discriminando le minoranze etniche che vivono degli staterelli ai i confini del Paese. Un po’ come sta facendo Modi in India a favore degli indù e con la contestata nuova legge elettorale che preclude l’acquisto della cittadinanza ai musulmani.
I Rohingya sono una minoranza da sempre vessata, a cominciare dalla loro origine, come succede sempre nei Paesi i cui confini sono stati tracciati con la matita dal colonizzatore occidentale che non sapeva o nn volva riconoscere lo stato tribale della popolazione.
I Rohingya vivono nella parte settentrionale della Birmania, nello stato di Rakhine (noto anche come Arakan o Rohang in lingua Rohingya) al confine con il Bangladesh. La loro origine è molto discussa: alcuni li ritengono indigeni dello stato di Rakhine, mentre altri sostengono che siano immigrati musulmani che, in origine, vivevano in Bangladesh e che, in seguito, si sarebbero spostati in Birmania durante il periodo del dominio britannico.
La loro religione ha da sempre costituito un ostacolo alla integrazione in una popolazione in larga parte buddista o animista. Per questo i Rohingya non possono avere la cittadinanza birmana.
La cosa si è vieppiù aggravata quando – si dice – che i maggiorenti Rohingya abbiano chiesto l’applicazione della sharya islamica nello Stato dove vivono, il Rakine. Un ulteriore elemento di frizione con il Governo militare che riceva parte della sua grande autorità dalla difesa della prevalente religione buddista.
Date queste premesse Aung San Suu Kyi non ha alcuna possibilità d’intervenire in questioni sulle quali, con la sua carica “inventata” di Consigliere di Stato, non ha alcuna competenza.
Certo potrebbe dire qualcosa a titolo personale sulle persecuzioni verso i Rohigya. Ma deve scegliere. Una dichiarazione in tal senso provocherebbe danni molto ingenti alla sua opera di democratizzazione della parte centrale della Birmania, senza contare che sarebbe presa con molta contrarietà sia dall’esercito, sia dalla popolazione birmana che, per le diversità appena evidenziata, non vede certo i Rohigya con simpatia.
Personalmente non so quale sia il sentimento che alberga nel cuore della “Signora” con i fiori fra i capelli, ma ritengo che abbia compiuto una scelta dolorosa, ma utile al suo progetto. Dei Rohingya non se ne parla, vittime come i Curdi di diverse valutazioni politiche e condannati alla loro penosa condizione, vittime sacrificali e “collaterali” di disegni che privilegiano masse più numerose di popolazione.
Continua, nei prossimi giorni……
[…] dei Rohingya, come ho già raccontato nel post “Il Myanmar, Aung San Suu Kyi e i Rohingya” è – per dirla con le parole della “Lady” un problema della Birmania che, come tutti i […]
"Mi piace""Mi piace"