E’ di oggi la richiesta di espulsione dal Movimento Cinquestelle dei Senatori che non ha votato la fiducia al Governo Draghi in difformità a quanto deciso sul referendum sulla Piattaforma Rousseau.
La scusa è che il quesito votato giovedì scorso verteva sulla creazione di un superministero della transizione ecologica che, poi, non è stato assegnato ad un Cinquestelle (bensì a Cingolani) e non ha incorporato il Ministero dello Sviluppo economico.
Il bello che si sono incartati da soli.
La Costituzione italiana, all’articolo 67, espressamente esclude il vincolo di mandato, ossia l’obbligo dei parlamentari di votare secondo le indicazioni del partito o del Gruppo parlamentare di appartenenza.
La ratio è chiara: preservare, in ogni caso, la libertà di coscienza dei rappresentanti del popolo.
Il bello è che proprio i Cinquestelle nel loro statuto e nei loro regolamenti parlamentari di Camera e Senato, obbligano gli iscritti e i parlamentari – pena l’esclusione – ad esprimere la loro volontà in conformità al volere del partito e delle risultanze della base espresse sulla piattaforma Rousseau.
E’ quindi un rapporto privato che incide su rapporti privati liberamente sottoscritti. Nessuno vieterà mai ad un parlamentare Cinquestelle di votare in difformità a quanto deciso dalla base o dal vertice, ma – se lo fa – intervengono le conseguenze – privatistiche – di accordi privati che regolano l’appartenenza ad un organismo privato come è il partito politico, visto che mai in Italia si è data attuazione all’articolo 49 della Costituzione che regola la vita dei partiti politici.
Ora i parlamentari Cinquestelle in odore di espulsione parlano di ricorsi e di avvocati.
Ma….. chi è causa del suo mal, pianga se stesso.! Ormai il Movimento Cinquestelle è assimilato all’implosione della ex-Jugoslavia.

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