Ha destato attenzione e scalpore nei giorni scorsi la dichiarazione di una ragazza al FilmFestival di Giffoni Vallepiana che affermava di soffrire di ecoansia e, di fronte al ministro dell’ambiente, singhiozzando, manifestava la sua paura di mettere al mondo dei figli in questo mondo ormai condannato dall’inquinamento e dal riscaldamento globale.

E, infatti, il problema del cambiamento climatico con i suoi eventi estremi di questi giorni, è al primo posto nelle preoccupazioni degli italiani. Caldo torrido, grandine come palle da tennis, tempeste di vento che sradicano intere foreste, siccità prolungata non sono più sintomi di un malessere del pianeta che riguarderà i nostri figli o i nostri nipoti. Riguarda già noi. Non mi stupisce la ritrosia di quella ragazza a mettere al mondo nuovi figli.

Mi reputo fortunato ad essere ormai anziano e di non aver avuto figli: sarò pessimista, ma ritengo che il mondo come lo abbiamo vissuto fino a trenta anni fa non lo rivedremo più.
Ma siamo umani e le imprese disperate ci affascinano e ci esaltano.
Ma in questa sfida dobbiamo imparare anche a sconfiggere chi, per proprio tornaconto o fazione politica, facendo terrorismo, ancora nega la disperata situazione climatica in cui viviamo.
Un importante esponente politico ha detto «Perché il terrorismo del clima non si sconfigge senza una voce politica uniforme. Cinquant’anni fa abbiamo battuto il terrorismo solo con la concordia tra forze politiche diverse, legate da una comune matrice democratica. E questa non è una situazione diversa, anzi per certi aspetti anche peggiore perché il terrorismo del clima è indiscriminato. Ridurre le palle da tennis che ci piovono in testa e che sono in realtà palle di grandine mai viste non è né di destra né di sinistra, ma una comune battaglia per la sopravvivenza».
Verissimo.
Purtroppo non vedo neppure un indizio di tale voce politica uniforme che, per essere uniforme, lo dovrebbe essere in tutto il pianeta e non solo in una sua parte.
E, purtroppo, il mio pur forte sentimento europeista ondeggia di fronte alle improponibili misure prese dal Parlamento dell’Unione europea.
Dal 2035 non si potranno più vendere auto a propulsione endotermica. (qui qualche informazione in più) (e qui il testo del Parlamento europeo in .pdf)
Bella enunciazione, ma totalmente priva di significato. L’altro giorno percorrevo il tratto di autostrada da Roma verso sud: nelle aree di servizio lunghe file di autovetture per rifornirsi di carburante. Tempo medio per il rifornimento 5/7 minuti. Come si fa con le auto elettriche che necessitano di un minimo di tre ore per la ricarica? A ciò si aggiunge che, almeno per ora, l’autonomia delle auto a combustione interna è mediamente superiore di un terzo a quella delle auto elettriche.
Riusciremo in 10 anni ad impiantare decine di migliaia di colonnine ad alta capacità da rendere possibile un viaggio nord-sud e viceversa con tempi di rifornimento compatibili con quelli attuali?
Senza contare che più del 50% del traffico è costituito da mezzi pesanti: forse non sono attento, ma di TIR elettrici non mi pare di aver mai sento parlare.
E non è finita: ci abbiamo messo due anni per svincolarci parzialmente dall’abbraccio russo per quanto riguarda gli idrocarburi e il gas. E petrolio e gas sono reperibili in vaste aree del pianeta. Riusciremo a sottrarci al quasi monopolio cinese delle batterie al litio indispensabili per le auto elettriche?

E c’è anche l’altro provvedimento EU che mi lascia perplesso. Dal 2025 non si potranno più installare caldaie a gas per riscaldamento o acqua calda: quello che riguarda le case verdi.

Secondo il testo approvato dal Parlamento dell’Unione Europea, (qui il testo consolidato) con 49 voti favorevoli, 18 contrari e 6 astenuti, la direttiva “case green” prevede che tutti gli immobili residenziali rientrino in classe energetica E entro il 1° gennaio 2030, ed in classe D entro il 1° gennaio 2033.
L’obiettivo è quello di raggiungere le zero emissioni entro il 2050, per farlo è necessario ridurre i consumi energetici, incentivando interventi come l’installazione di Pompe di Calore, Caldaie a Doppia Condensazione, Pannelli Fotovoltaici e sostituzione di Infissi.
Ottimo in linea di principio, ma anch’esso inapplicabile nei tempi previsti: abbiamo visto tutti quello che è successo nel mercato dell’edilizia con il 110%. Almeno quello era volontario. Pensiamo ad un obbligo di “cappotto termico” e/o di coibentazione e di sostituzione delle caldaie a gas di tutti gli edifici esistenti. Assisteremo ad una confusione e ad un innalzamento di prezzi inimmaginabile, imprese irreperibili, materiali pagati a peso d’oro.
Questa misura, poi, mi sembra iniqua per quel che riguarda la comune estensione, identica dalla Svezia alla Spagna e alla Grecia. E’ vero, gli impianti di riscaldamento alimentati a metano inquinano, ma in quantità differente fra Svezia e Grecia. Lo vedo da me: nella mia casa di Roma, nei periodi più freddi, il riscaldamento è attivo dalle 18 alle 22. Ma già nelle case più a sud, sulla costa, bastano due ore al giorno nei due mesi più freddi. Inquinamento molto minore che in Svezia, Belgio o Germania ove serve un riscaldamento giornaliero molto più esteso. Quello che voglio dire è che in alcuni Paesi EU la spesa per una completa coibentazione e per la sostituzione della caldaia non serve per il piccolo inquinamento prodotto senza l’intervento, a differenza dei Paesi nordici. Il gioco non vale la candela.
Queste soluzioni, calate dall’alto nei grigi palazzi di Bruxelles si rivolgono, ovviamente, solo ai 26 paesi dell’EU (448 milioni di abitanti), e non al mondo inter (più di 8 miliardi di abitanti: 16 volte più dell’EU). Così daremmo sì il “buon esempio”, ma ad un costo pro-capite elevatissimo a carico solo degli abitanti di una piccola parte del pianeta e, soprattutto, senza un effettivo riscontro sulle emissioni di gas serra, visto che queste “buone pratiche” riguarderanno solo un sedicesimo degli abitanti pianeta.
E non riguarderanno neppure i Paesi più inquinanti: leggo che la Cina (1,4 miliardi di abitanti) proporrà misure antinquinamento “serie” solo dal 2060 e che Narendra Modi in India (1,5 miliardi di abitanti) non pensa neppure a limitare le emissioni. Ce la farà Lula in Brasile (214 mln di abitanti) a invertire le politiche espansionistiche e inquinanti di Bolsonaro?

Le misure drastiche – vista la sproporzione fra abitanti Eu e non Eu dovranno riguardare l’intero pianeta ed essere sostenibili dai suoi abitanti.
Purtroppo gli esiti dei periodici COP non sono confortanti.
Ma la lotta contro il surriscaldamento de pianeta è una “comune battaglia per la sopravvivenza del genere umano”. Sono disposto a combattere tale battaglia, sono disposto a privarmi delle comodità acquisite [riscaldamento e condizionamento quando voglio, auto a gogò] ma vorrei che tali sacrifici non siano di bandiera e a scapito solo di 400 milioni di persone [oltretutto inutili per combattere il riscaldamento globale].
Se c’è una battaglia da combattere, se c’è un obiettivo essenziale per la nostra sopravvivenza, è necessario che la battaglia coinvolga da subito, tutti gli otto miliardi di abitanti del pianeta, con le buone o con le cattive [con le sanzioni, ovviamente, non con la guerra].
Altre soluzioni non le vedo e né sarà possibile la convivenza fra le “città green” europee costruite mandando sul lastrico gli abitanti con le città cinesi ove è obbligatorio circolare con le mascherine antipolvere, dove il cielo è perennemente grigio di smog, ma gli abitanti hanno un reddito pro-capite triplo di quello dei loro padri.
Questo è il tema del giorno: la nostra sopravvivenza. Tutto il resto sono armi di distrazione di massa.




