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Il Professor Cornelius entra in aula e, con un cenno di soddisfazione, inizia l’ultima lezione dell’Anno Accademico:

“Cari ragazzi, siamo finalmente giunti all’ultima lezione del corso dell’anno accademico 3984 di Archeostoria.

Nel corso che oggi si conclude abbiamo abbondantemente parlato dei buffi esseri che ci hanno preceduto su questo pianeta, esseri strani, senza peli, succubi di sentimenti e passioni a noi sconosciuti, ormai conservati solo negli zoo, come quello che vedete lì di fronte, incapace di esprimersi e di formulare pensieri concreti.

Ricorderete senz’altro la loro fissazione per il passato ed il futuro, trascurando la cosa più impostante, quella a noi più cara, il presente, l’attimo dell’hic et nunc, per esprimersi in una lingua morta da millenni..

Ricorderete che, per loro, il passato assumeva una fondamentale importanza e, bisognosi di trascendenza, cercavano di lasciare ai posteri qualcosa che testimoniasse, anche nel futuro, la loro grandezza.

Narrano i chip di memoria riposti nelle “conservatorie della memoria storica” che migliaia di anni fa c’erano sette meraviglie destinate ad impressionare per l’eternità i posteri. Nessuna è giunta fino a noi e non sappiamo assolutamente quali e come fossero queste costruzioni.

Ci riesce un po’ difficile immaginare che migliaia di persone perdessero anni di tempo per costruire con la pietra, ci pensare, ragazzi, “con la pietra!”, edifici il cui unico scopo era rimanere intatti fino al futuro!! La cosa ci fa un po’ ridere, noi che costruiamo tutto comunicando la nostra idea all’Intelligenza artificiale; scusate, ho evocato un termine ormai arcaico…. mi correggo, comunicando tutto al “motore universale” che ci restituirà, in pochi secondi, stampato in 3D la nostra casa in “replaceplex”, riciclabile al 100% e riconvertibile in qualsiasi altra costruzione ci venga in mente, proprio per sfruttare l’attimo presente: passato e futuro sono due concetti ormai obsoleti e che non appartengono alla nostra storia.

Ma voglio ritornare alla lezione di oggi: Uno dei primi esempi di queste costruzioni, non destinate ad abitarci, non destinate ad abbellire il paesaggio circostante ma, forse – gli studi sono ancora in corso – a perpetuare nel tempo [che follia!] la memoria di chi le abitò solo dopo morto, sono delle costruzioni a forma piramidale costruite, non si sa come, pensate, in blocchi di pietra, circa settemila anni fa, in una zona una volta chiamata Egitto. Costruzioni a forma piramidale, ormai distrutte dal tempo, il cui scopo vero rimane a noi ignoto.

Per arrivare a qualcosa di più definito dobbiamo saltare qualche secolo e fra il primo e il ventesimo secolo dell’”era dismessa” [E.D.] troviamo costruzioni che, più della trascendenza, divennero icone di una certa epoca.

Possiamo, a tal proposito, citare l’Anfiteatro Flavio (detto Colosseo) nel luogo una volta chiamato Roma. Non sappiamo a cosa servisse, ma nei chip delle “conservatorie della memoria storica” si trovano documenti – sicuramente falsi – che pretendevano che fosse adibito a fini ludici, anche crudeli, con vittime umane.

Comunque questo edificio, pare costruito nei lunghi tempi consueti dal 1° secolo E.D. a al ventesimo secolo E.D. che si misuravano in dozzine di anni, come – ad esempio – nel ventunesimo secolo E.D., la costruzione di una stazione di un mezzo di trasporto, allora chiamato “Metropolitana”, che poteva durare anche trenta anni, si conservò bene.

La costruzione dell’Anfiteatro resistette a terremoti ed eventi atmosferici avversi fino al 21° secolo E.D. come testimonianza di una grandezza che fu, ma, ormai, fortunatamente, dimenticata.

In altra parte del mondo, molto più recentemente, dal 17° secolo E.D. uno Stato scalfì la potenza egemone di quella zona una volta chiamata Europa.  Si chiamavano, allora, Stati Uniti di America, che sorgevano nella zona oggi chiamata “Nova Ispania

Essi capirono che l’unione fa la forza e, anche uniti nella diversità, insieme potevano dominare il mondo.

Anche di quella che fu una effimera potenza (durò infatti solo 400 anni) abbiamo immagini iconiche, tramandate fino a noi dai soliti chip, che vogliono tramandare il potere di quell’epoca: la sede del Capo [chiamata casa Bianca] e la sede della Forza, chiamata per la sua forma “Pentagono”.

Ma, poi, arrivò l’epoca del cambiamento. Forse gli abitanti di quell’epoca si avvicinarono al nostro modo di sentire le cose: è il presente che conta, non il passato o il futuro.

Le prime avvisaglie si ebbero in quelli che, prima, ho chiamato gli Stati Uniti di America. Forse spinti da un romanziere del XX° secolo E.D., chiamato George Orwell, gli abitanti del pianeta Terra iniziarono a riscrivere il passato adattandolo al sentire comune del presente.

Questo andazzo cominciò nel territorio degli allora Stati uniti d’America. Si cominciarono ad abbattere statue di persone considerate, all’epoca, eroi ma, poi, in seguito ad un cambiamento di giudizio o a rivalutazioni di una parte del loro operato, considerati criminali, la loro commemorazione, prima abolita, poi ripristinata.

Oppure una giornalista, vincitrice anche di un prestigioso premio, affermò che i reati commessi dalle minoranze di una certa razza non dovevano essere puniti perché la colpa era della maggioranza di una altra razza che, in precedenza l’ aveva sfruttata, mirando a “riformulare la storia del paese ponendo le conseguenze della schiavitù e i contributi dei neri americani al centro della nostra narrativa nazionale“.

Se volete una panoramica di quando vi ho detto, vi consiglio questi documenti provenienti dai chip della Conservatoria digitale: “Cancellazione della Storia”, “Rivedere i fatti storici con nuova coscienza” e “Come si suicidarono gli Stati Uniti

Strani abitanti ha avuto il nostro Pianeta, non è vero?

Ma la parte più interessante comincia ora, nei primi anni degli anni 2000 dell’Era Dismessa [E.D.], proprio quando, per evitare le riscritture della Storia che abbiamo visto in precedenza, tutta la storiografia ufficiale fu affidata all’intelligenza artificiale, pardon, al “motore universale”, tecnologia neutra di proprietà di un facoltoso oriundo sudafricano.

Tutto cominciò con l’avvento al potere, nella zona chiamata ora “Nova Ispania” di un tipo fantasioso quanto prepotente, che cambiava idea quattro volte al giorno e usava paragonarsi a super eroi o a personaggi religiosi.

Questo tizio, chiamato Taco, se la prendeva, pur essendo egli stesso discendente di immigrati, con tutti quelli che non potevano vantare una pura e lunga ascendenza in quelli che erano chiamati Stati Uniti di America.

Era un formidabile attaccabrighe, ma – per quello che a noi ora interessa – cominciò a cambiare le costruzioni simbolo del suo Paese.

Questi fatti vengono preservati dai chip di memoria della “conservatoria della memoria storica”, gestita dal “motore universaleche i nostri paleoscienziati ritengono alquanto affidabile, non tanto per le verità delle sue risposte, ma per il fatto che noi concordiamo che quella è la verità, anche se, a volte cambia, prendendo il nome di “verità alternativa”. L’importante, quindi, come sapete bene, non è che la verità sia vera, bensì che tutti noi siamo d’accordo che quella sia la verità.”

Decise di appoggiare un criminale di guerra che amava sparare a bambini intenti a prendere l’acqua e altre nefandezze simili e, per rendere questo legame indissolubile, invece di abbattere statue, modificò uno dei simboli del Paese.

Poi, pensò bene di prendere a parolacce, un giorno sì e l’altro pure i suoi alleati, chiamandoli profittatori e dicendo che “facevano la fila per baciargli il culo” (sorry). Per finanziarsi la campagna elettorale si prese i soldi di un facoltoso immigrato; poi, divenuto presidente, invece di ringraziarlo, lo cacciò, minacciandolo pure di deportazione.

Pensando anche di essere un grande economista cominciò ad imporre dazi sulle importazioni di merci da altri Paesi. Peccato che nessuno gli avesse spiegato che alzare i dazi su un prodotto che minaccia la propria economia, può avere effetti positivi, ma l’imposizione di alti dazi su tutti i prodotti importati, fa solo salire i prezzi e aumentare l’inflazione, due elementi che Taco, in campagna elettorale aveva promesso di al suo elettorato di far abbassare.

Giusto, ma chi è l’elettorato di Taco? Gli estremi dell’economia. I poveri “red neck” bianchi dell’America senza oceano, la fascia centrale, che non può permettersi altro che i “Grandi Magazzini Walmart” enormi discount ove la roba è a buon prezzo. Oppure i ricchi capitalisti, geni della finanza e della tecnologia, che bevono champagne francese, vini italiani, vestono Prada o Armani, adorano il brand italiano o francese, pasteggiano con spaghetti di grano duro o Parmigiano reggiano DOP.

E che fa il nostro bulletto? Impone dazi altissimi al Vietnam e al Laos (principali esportatori di abbigliamento a basso costo (jeans, T-shirt, sneakers che vanno nei Walmart) e all’Europa colpendo le merci Alto di gamma che piacciono tanto ai suoi ricchi amici e finanziatori.

Poi decide che l’austera Casa Bianca sede dei suoi predecessori deve un po’ adeguarsi al suo gusto della Taco Tower o del resort di Mar-a-lago e decide di porvi mano, rendendola più consona al proprio ruolo.

Purtroppo devo concludere questa lezione con una constatazione: i soggetti bullizzati da Taco, lungi da ribellarsi, veramente tentano di compiacerlo in tutti i modi.

In una penisola di quello che una volta era il mar Mediterraneo, ora una palude semi asciutta, il capo del governo era una biondina non molto acculturata,

ma di parlantina sciolta, che passò molte sere a pensare cosa fare per compiacere il bulletto americano. Scartò la bresaola agli ormoni proposta da un ministro, suo ex cognato, ed ebbe una brillante idea: chiamò i migliori architetti del Paese e diede loro l’ordine imperativo di modificare il simbolo dell’Italia per renderlo più affine ad un simbolo caro al suo amichetto bullo.

Poi quegli stupidi abitanti del nostro pianeta, avendo scoperto una meravigliosa fonte di energia data dalla scissione dell’atomo, pensarono bene di usarla per farsi fuori e vicenda e, praticamente di estinguersi.

Con queste parole il professor Cornelius salutò gli studenti con il gesto rituale di grattarsi la testa con il pollice opponibile del piede ed aggrappandosi al trapezio con la coda prensile.

Liberamente adattato da https://it.wikipedia.org/wiki/Il_pianeta_delle_scimmie?wprov=sfla1

Trump è sempre sulle prime pagine dei giornali e dei TG per il suo atteggiamento apparentemente ondivago e non comprensibile. Eppure era già tutto scritto. Anche se non lo ha mai ufficialmente adottato, Trump sta seguendo pedissequamente il “Project 2025” lanciato nel 2022 dalla Heritage foundation, progetto caro al vice Presidente J.D. Vance e all’ultradestra USA.

Ne ho già scritto nel febbraio di quest’anno quando si vedevano le prime avvisaglie, ma ora è lampante quanto questo programma abbia influenzato i primi sei mesi dell’attività di Trump. E, leggendolo, potrà capirsi perché e dove vuole andare a parare.

Ripropongo l’articolo nel riassunto che ne fa l’Istituto Affari Internazionali che ben ne disegna i fini.

Per chi volesse ulteriormente approfondire, segnalo il libro di David A. Graham “The Project”, acquistabile su Amazon a questo indirizzo: https://www.amazon.it/dp/8832967006/

Anche se Trump non ha mai ufficialmente “adottato il  “Project 2025” della Heritage foundation, molte delle sue azioni sono basate proprio su questo progetto iper conservatore.
Il Project 2025 consta di oltre 1000 pagine. Uno dei migliori riassunti trovati in rete è quello dell’autorevole Istituto per gli Affari Internazionali che vi ripropongo integralmente.
Lo articolo è del maggio 2024, prima dell’elezione di Trump. Vedrete bene, leggendolo, quante indicazioni del project 2025 sono state già attuate.


  The Project 2025: un’agenda conservatrice per il futuro dell’America
Il team di Jefferson
22 Maggio 2024

Nel panorama politico degli Stati Uniti, il 2024 sembra essere un’epoca di déjà vu elettorale. Come nel sequel di un film che ha mantenuto i suoi protagonisti, gli Stati Uniti si preparano a un’altra campagna elettorale presidenziale con gli stessi contendenti del 2020.
A cambiare significativamente è invece il contesto sociale americano, ormai molto diverso dallo scenario pre-Covid durante il quale Trump e Biden si sono confrontati per la prima volta. Con le tensioni in corso in Europa e Medio Oriente a complicare il panorama politico internazionale, una crisi migratoria al confine sud degli Stati Uniti e la ridiscussione in atto in molti stati del diritto all’aborto, entrambi i candidati devono procedere con estrema cautela.
Da una parte, Joe Biden ha adottato una strategia focalizzata sull’idea di difesa della democrazia dalla minaccia Trump. Dall’altra, il tycoon mette in guardia i suoi sostenitori da altri quattro anni dalle politiche del Presidente in carica, che identifica come le cause del declino americano. La linea d’azione scelta dell’ex-inquilino della Casa Bianca si fonda proprio su un presunto dovere Repubblicano di riportare gli Stati Uniti a godere del benessere economico e sociale che le amministrazioni democratiche hanno distrutto negli anni.
In pratica una rielaborazione del “Make America Great Again”, ma aggiornata al quadro politico attuale, con il dito puntato contro Biden e non più contro Obama. Stavolta però, il piano di riconquista del potere ha un nome ben preciso, un manifesto e degli obiettivi da raggiungere. Si chiama “Project 2025”, e sulla pagina ufficiale di questo manuale per la ricostruzione del Paese è illustrato il progetto di transizione dal nocivo Governo liberale, verso un’America conservatrice, che inizia con l’elezione di Trump a Presidente. Il percorso poggia su quattro fondamenta essenziali che lavoreranno sinergicamente per preparare il terreno a un’amministrazione conservatrice di successo: l’agenda politica, la selezione di un personale adeguato, un programma formativo e un piano operativo di 180 giorni.
Promosso finanziato e reso possibile da The Heritage Foundation, che vanta un lungo impegno nella storia politica dell’America Repubblicana nello sviluppare una serie di policy note oggi come “Mandate for Leadership”. Queste proposte hanno giocato un ruolo ai vertici presidenziali, fin dall’Amministrazione Reagan, e sono state particolarmente importanti durante il mandato Trump.
Al vertice del team dietro “Project 2025” ci sono Paul Dans, ex capo dello staff presso l’Ufficio per la Gestione del Personale (OPM) durante l’amministrazione Trump e attuale direttore del Progetto di Transizione Presidenziale 2025, e Spencer Chretien, ex assistente speciale del presidente e direttore associato del Personale Presidenziale, nonché del progetto.
Project 2025: i temi di un’agenda conservatrice
Il manuale del “Project 2025” è il frutto del lavoro di un think thank e presenta uno o più autori con una vasta conoscenza in diverse aree, che analizzano approfonditamente un dipartimento o un’agenzia specifica. I temi trattati sono molteplici e generali: dall’economia, al clima, ai diritti. Allo stesso tempo, sono ben applicabili a specifiche questioni in discussione, in questo momento, negli Stati Uniti.
Sulle politiche ambientali e l’energia si prevede la cancellazione dell’approccio Biden, ponendo fine all’attenzione rivolta al cambiamento climatico e ai sussidi verdi, abolendo i Clean Energy Corp e il Climate Hub Office, revocandone i relativi finanziamenti. Centrale anche il ritiro dagli accordi sul cambiamento climatico, definiti incompatibili con la prosperità degli Stati Uniti.
Per il tema di gestione della salute pubblica si propone un abbandono del ruolo del governo nella promozione della salute pubblica per bambini e adulti americani, facendo riferimento alla gestione della pandemia di Covid-19 in cui il governo federale viene tacciato di una gestione eccessivamente dettagliata, disinformata e politicizzata.
Grande attenzione viene riservata alla “Family Agenda”, che promette di riportare l’attenzione verso una struttura familiare ideale, votata al diritto dei bambini di essere cresciuti dagli uomini e dalle donne che li hanno concepiti. Viene enfatizzato il concetto di famiglia tradizionale, con una critica esplicita verso qualsiasi altra forma di genitorialità che vada oltre il concepimento tradizionale. A questi presupposti viene bizzarramente legato il discorso delle malattie sessualmente trasmissibili e le gravidanze non desiderate, che si propone di prevenire rafforzando il concetto di matrimonio come possibile strategia di prevenzione dei rischi sessuali. Per quanto riguarda invece i diritti LGBTQ+, si parla di revocare le normative che vietano la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere, dello stato transgender e delle caratteristiche sessuali. Questo porterebbe a una pericolosa e consequenziale legittimazione del razzismo di genere persino sul luogo di lavoro. Inoltre, si prevede una stretta anche nelle politiche anti-abortiste, con l’obiettivo di garantire una proliferazione delle policy pro-life e una limitazione del diritto di scelta nelle future legislazioni.
Grande chiusura mostrata anche nelle proposte sulle politiche migratorie, che prevedono una chiusura dei confini e una gestione rigida dell’enorme flusso di immigrati ai confini messicani.

Tra le tematiche affrontate in questa guida, il punto a cui viene data maggiore importanza, è l’ufficio della Casa Bianca, di cui parla nel primo capitolo Rick Dearborn, ex vicecapo di gabinetto di Trump, focalizzandosi sulla necessità di una concentrazione dei poteri nelle mani del Presidente. Inoltre, si parla del Dipartimento di Stato e del Dipartimento di Giustizia, come organi suscettibili a influenze poco raccomandabili e predisposti a dissentire dalla visione di un presidente conservatore.
Il progetto e la campagna Trump
Il progetto ha recentemente coinvolto oltre 100 partner della coalizione per il suo consiglio consultivo. Il raggiungimento di questo traguardo consentirà loro di concentrarsi maggiormente sullo sviluppo del piano operativo di 180 giorni di regolamenti e decreti presidenziali che Trump potrebbe attuare una volta insediato in carica.
È necessario sottolineare però, che il Progetto 2025 non è vincolato esclusivamente a un’unica figura politica come Trump o alla sua amministrazione. Al contrario, si propone di sostenere qualsiasi candidato o futuro Presidente che abbracci i principi e l’ideologia conservatrice su cui si basa il progetto. Questa flessibilità evidenzia il suo scopo più ampio di promuovere e implementare politiche in linea con i valori conservatori, indipendentemente dall’individuo al potere. Allo stesso tempo, la campagna di Trump ha cercato più volte di prendere le distanze da gruppi come il Project 2025, ma molte delle sue proposte sono basate su reali commenti passati di Trump. Questa dinamica rappresenta dunque una sfida per il team di Trump, che tenterà fino a novembre di non legarsi alle posizioni più controverse, che potrebbero rivelarsi dannose per la campagna.

Sì, una volta tanto mi prendo il lusso di scrivere un articolo senza “pezze d’appoggio” basandomi solo su mie riflessioni. D’altronde è estate e si legge di tutto.

Ieri il nostro Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è stato ricevuto alla Casa Bianca dal Presidente degli Stati uniti d’America, Donald Trump.

A quanto pare con tutti gli onori e – dalle parole di Trump in conferenza stampa – con elogi sperticati.

Qualcosa non torna. Conosciamo il personaggio Trump: furbo, non dice una parola se non per sua convenienza. Ci ha abituato ai suoi tweet spiazzanti alle sue improvvise chiusure (leggi Iran) e alle sue ancora più improvvise aperture (leggi ancora Iran).

Conosciamo anche la storica posizione dell’Italia rispetto agli Stati Uniti di America: totale sudditanza, alla faccia del sovranismo, basi USA “chiuse” sul nostro territorio, atomiche USA a Ghedi e – forse – a Sigonella, totale protezione dell’ombrello atomico USA (forse non tutti sanno che – fino al termine della guerra fredda – il Friuli e parte del Veneto non erano “protette” in quanto “sacrificabili” ad un bombardamento con atomiche tattiche contro l’eventuale invasione delle forze del patto di Varsavia). Molti Presidenti USA non sapevano nemmeno bene dove fosse l’Italia e chi la governava. Grandi pacche sulle spalle ad un utile alleato-servo.

Ieri, invece Trump si è spinto più in là. Basta leggere il comunicato stampa e la trascrizione del breve  briefing prima dell’incontro e della lunga conferenza stampa dopo l’incontro sul sito della Casa Bianca.

Trump, dopo aver comunque riaffermato i punti che gli stavano a cuore: acquisto degli F-35 da parte dell’Italia (You’re ordering planes, lots of planes.  The United States has a very large deficit, as usual, with Italy — about $31 billion) e sul mantenimento delle sanzioni alla Russia (But the sanctions on Russia will remain as is!) ha ricoperto Conte di elogi anche sulla lotta all’immigrazione clandestina e ….a quella legale(?) (And I agree very much what you’re doing with respect to migration and illegal immigration, and even legal immigration.  Italy has taken a very firm stance on the border, a stance a few countries have taken.  And, frankly, you’re doing the right thing, in my opinion.  And a lot of other countries in Europe should be doing it also.) indicandola ad esempio a tutti i Paesi dell’Europa anche se non può ignorare, almeno il suo staff non può ignorare che il Governo Conte, in due mesi di vita, nulla ha fatto contro l’immigrazione clandestina (il crollo degli sbarchi è cominciato ben prima del 1° giugno e nulla ha ottenuto dall’Europa in tale campo.).

Ha toccato, poi, un tema caro al Governo italiano, il sovranismo (In your election, the Italian nation has reaffirmed the great traditions of sovereignty, law, and accountability that stretch all the way back to Ancient Rome.  This proud heritage sustains our civilization and must be always defended.) ed in più parti della conferenza stampa si è profuso in elogi al nuovo governo italiano.

Perché tanto calore ed entusiasmo verso il nostro Paese? Perché tanta enfasi verso un Governo con soli due mesi di vita, frutto di un “contratto” di comodo, che nessun fatto concreto ha prodotto e in cui cominciano a manifestarsi divisioni? Trump e il suo staff sanno bene che l’Italia ha poca forza contrattuale nel mondo e nell’Unione europea. Anzi forse ne è il punto debole.

E proprio tale debolezza – secondo me -Trump vuole sfruttare. E’ noto quale sia il progetto dell’amministrazione americana sullo scacchiere internazionale. Sa di non poter competere con l’Unione europea nella sua interezza e, allora, cerca di spezzarne la integrità sperando di aver buon gioco contrattando con ogni singolo Paese.

E il caso dell’Italia “arriva a fagiolo”: un nuovo governo digiuno di politica estera, con rigurgiti sovranisti, antieuropei, anti euro, abbastanza debole per opporsi al gigante americano ma abbastanza grande per scombussolare, quale Paese fondatore, gli equilibri all’interno dell’Unione europea. Insomma, il classico anello debole della catena per cui “la forza della squadra è influenzata dal suo anello più debole”. E coccolando, curando, facendo crescere le insofferenze italiche verso l’Unione europea, Trump spera di far saltare l’anello debole, scardinando così l’intera Unione.

Più o meno lo stesso atteggiamento che Trump ha tenuto con Theresa May, incoraggiandola a perseguire una hard Brexit con l’Europa, una soluzione pessima per i cittadini di Sua Maestà britannica, ma che costringerebbe il Regno Unito a buttarsi anima e corpo (commerciale) sugli USA in posizione di estrema debolezza. D’altronde il “divide et impera” forse lo abbiamo inventato noi nell’antica Roma

Ripeto, non ho nessuna pezza di appoggio per quello che ho scritto, ma- ripeto ancora – Belzebù diceva che a pensar male si fa peccato ma, spesso, ci si azzecca.

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