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Hamas ha giurato di eliminare Israele dalla faccia della terra.
Il governo dell’Iran ha giurato di eliminare Israele dalla faccia della terra.
Il governo israeliano e Israele hanno il diritto di difendersi.
Ma c’è qualcosa che distingue i regimi fondati sul terrore dagli Stati democratici come è (o era?) Israele: la capacità di distinguere gli attori in campo. Se eliminare i capi di Hamas o gli Ayatollah potrebbe essere considerata una legittima azione di autodifesa, mi chiedo cosa c’entri in questa guerra il popolo palestinese o quello iraniano [non penso che il bombardamento dell’Iran non abbia fatto  vittime civili; di quelli su Gaza purtroppo sappiamo]?
Se per un regime fondato sul terrore come Hamas o gli Ayatollah è normale considerare le vittime civili come “effetti collaterali” , non lo è per chi si definisce (ormai a torto) una democrazia.
Per questo considero il Governo israeliano [ho scritto “Governo israeliano”; non ho scritto “gli israeliani” o “gli ebrei”] un insieme di criminali al pari di Hamas e degli Ayatollah.
Se tutti e tre questi attori scomparissero, staremmo tutti molto meglio.

La pioggia scrosciava sulla stazione di Roma Tiburtina, rendendo l’asfalto lucido come specchi incrinati. I treni erano fermi, bloccati da un blackout che aveva paralizzato l’intera rete ferroviaria italiana. Ufficialmente, si trattava di un incidente: un chiodo piantato nel posto sbagliato. Ma nelle ombre della stazione, si muovevano forze che raccontavano una storia molto più complessa.

Dietro un pilastro semi-nascosto, il colonnello Jakob Linder accese l’ennesima sigaretta. Conosciuto per il suo passato nei servizi segreti tedeschi, Linder era abituato a scenari da Guerra Fredda, non a intrighi moderni. Eppure, c’era qualcosa in questo blackout che lo tormentava. Un semplice errore non poteva aver causato un tale disastro, e il tempismo era perfetto per chi volesse colpire l’Italia al cuore delle sue infrastrutture.

Non lontano, Elena Rossi osservava la scena con occhi vigili. Ufficialmente era un’ingegnere del Ministero dei Trasporti, incaricata di sorvegliare il lavoro della ditta subappaltarice, ma il suo vero compito era più oscuro: agente dei servizi segreti italiani. Aveva ricevuto un messaggio criptico quella mattina, poche ore prima del blackout, e ora si trovava lì per capire se dietro tutto c’era un complotto più grande del chiodo che i poliziotti cercavano alacremente.

Mentre Linder e Rossi si muovevano tra le ombre, un altro attore stava per entrare in gioco. Victor Kovalenko, ex killer del KGB, ora mercenario, si trovava a Roma quando il blackout aveva colpito. Il suo incarico era chiaro: eliminare un bersaglio specifico. Ma c’era una condizione: doveva far sembrare tutto un incidente. Il blackout e le farneticanti spiegazioni del ministro (che avrebbe dovuto essere) competente era l’occasione perfetta per coprire le sue tracce.

La situazione si complicava ulteriormente con l’arrivo di un altro personaggio: John Hastings, un consulente in sicurezza cibernetica del Regno Unito. Hastings era stato chiamato per analizzare il problema tecnico della sproporzione fra causa (chiodo) ed effetto (blocco totale della rete ferroviaria) ma sotto la sua copertura ufficiale si nascondeva un altro mandato: indagare su una potenziale infiltrazione russa nei sistemi digitali italiani. Sapeva che il blackout non poteva essere solo un errore tecnico. L’Italia era sotto attacco, favorita dalle continue assenze dei responsabili del Ministero, ma non era ancora chiaro chi fosse il mandante.

Le ombre si allungavano sulla stazione mentre Linder e Rossi si incrociavano per la prima volta. “Colonnello,” disse lei, senza bisogno di presentazioni. Lui annuì, espellendo lentamente il fumo della sigaretta. “C’è di più dietro questo blackout, lo sai,” disse Linder “ci sono i prodromi del Nuovo Ordine Mondiale”. Rossi annuì, tirando fuori un piccolo dispositivo di comunicazione cifrato. “I nostri sistemi sono stati compromessi. Abbiamo ricevuto segnalazioni di attività anomala nei giorni precedenti, ma non avevamo idea di quanto fosse grave.”

Nello stesso momento, Kovalenko osservava la scena attraverso un binocolo da una finestra lontana. Il suo bersaglio era Linder. Un uomo scomodo, che sapeva troppo sui legami tra vecchi agenti della Stasi e alcuni oligarchi russi. Kovalenko non si faceva scrupoli, e la pioggia battente era solo un dettaglio. Prese posizione, pronto a sparare.

Mentre Hastings lavorava per accedere ai server della rete ferroviaria, una sensazione di disagio lo pervase. Qualcosa non quadrava. I segnali di intrusione non erano quelli di un hacker dilettante. C’era una firma digitale che gli sembrava familiare, un modus operandi che aveva già visto in passato in operazioni segrete dell’FSB. “Questa non è solo una questione tecnica, c’è puzza di felpe e mojito” mormorò a sé stesso, mentre cercava di isolare la fonte dell’intrusione.

Intanto, Rossi ricevette un messaggio cifrato dal quartier generale: “Kovalenko è nel paese. Obiettivo: Linder.” Il cuore le batté forte. Kovalenko era una leggenda nei circoli dell’intelligence, conosciuto per la sua letalità e per la sua abilità nel far sembrare ogni omicidio un incidente. Doveva agire in fretta.

Un colpo secco rimbombò nella notte. Kovalenko aveva sparato, ma la pioggia e l’oscurità lo avevano tradito. Linder crollò a terra, ma era solo ferito. Rossi corse verso di lui, mentre Kovalenko svaniva tra le ombre.

La stazione era in preda al caos. Le autorità tentavano di ripristinare l’ordine, ma la verità dietro l’incidente restava sepolta sotto uno strato di chiodi, segreti e bugie. Hastings riuscì a scoprire la “copertura” attuata dai sabotatori per far sembrare l’accaduto un semplice errore tecnico: un gruppo di operai, guidati da un geometra che si spacciava per azienda ad altra specializzazione tecnologica che faceva affari in Italia offrendo il massimo ribasso alle aste.

Tuttavia, la vera minaccia non era finita. Mentre il blackout veniva risolto e i treni tornavano in funzione, un altro piano, ancora più pericoloso, si stava già mettendo in moto nell’ombra: una bionda agente segreta dell’est, sotto le mentite spoglie di una imprenditrice meridionale di moda nuziale stava maneggiando per minare le basi della cultura italiana intrufolandosi, con le arti femminili, fra i responsabili del ministero.

Ma questa è un’altra storia. … ancora non conclusa, come quella del chiodo e del Bayesian

Storia di pura fantasia scritta con l’intelligenza artificiale (anche le immagini)

Nel 1949 George Orwell pubblicò “1984”, un romanzo distopico incentrato sulle conseguenze del totalitarismo, sulla sorveglianza di massa, sulla repressione delle libertà e l’irreggimentazione del popolo e dei comportamenti all’interno della società in cui la Storia veniva continuamente riscritta.

Il riscrivere la Storia è un vizio comune anche oggi e lo sarà anche nel futuro. Alla luce dei tristi avvenimenti bellici di questi mesi, ho provato ad immaginare un libro di storia scritto nel 2060 per gli studenti liceali di quell’epoca:

Anno 2060. Estratto da un libro di storia per i licei di un qualsiasi Paese occidentale.

Trentacinque anni fa nella odierna florida zona che si affaccia sulla sponda est del Mediterraneo c’erano diversi e ormai scomparsi Paesi accanto alla odierna potenza leader della zona, Israele. Erano Stati quasi tutti non riconosciuti dall’Ordine Mondiale, come la Palestina, divisa in due e governata da bande criminali come Hamas e l’OLP. I suoi abitanti non facevano rendere bene quella terra finché non furono affiancati da esperti e generosi coloni israeliani. C’era il Libano, uno Stato arlecchino in cui le cariche politiche erano distribuite secondo la religione. In questo Stato, ormai scomparso, spadroneggiava un’altra banda di criminali, chiamata Hetzbollah.

Gli abitanti di Palestina e Libano subivano passivamente il giogo di questi criminali, diventandone, quindi, complici da eliminare anche essi, uomini, donne o bambini che fossero.

Finalmente, nel 2024, prendendo spunto da una strage avvenuta l’anno prima ai danni di un migliaio di ebrei, la coalizione dell’Ordine Mondiale scelse il popolo eletto di Israele come spada per pacificare la zona ancora sottratta agli affari e ai soldi del “nuovo benessere”.

Gli israeliani, appoggiati dalle armi americane, inglesi, ma anche giordane, saudite e dal silenzio di altri Paesi arabi sunniti in pochi mesi distrussero le bande criminali di Hamas e di Hetzbollah e, allo stesso tempo, una larghissima parte di inaffidabili palestinesi, le cui perdite furono chiamate “lievi danni collaterali”.

Anche l’altro Paese sciita della zona, quello che si chiamava una volta Iran fu ridotto a più miti consigli e sotto l’impulso del “popolo eletto” e dei circostanti Stati sunniti, riassunse lo antico nome di Persia e, sotto l’illuminato regno di Reza Ciro Palavi, è tornato a pieno titolo nel consesso dei giusti.

Per questo oggi l’Ordine Mondiale governa tranquillamente sulla nuova Regione Mediorientale, ormai florida, economicamente ricca, aperta al commercio e ad assorbire far fruttare i soldi dei banchieri americani ed europei.

In un’altra parte del mondo in fibrillazione, il nuovo Presidente USA Donald Trump si impegnò molto a far comprendere all’ex attore Zelensky che non era più su un palcoscenico e che la Grande Madre Russia andava amata e rispettata. Alla fine Zelensky andò al Cremlino ad omaggiare l’altro Eletto, Vladimir Putin, riconsegnandogli praticamente tutta l’Ucraina e divenendo un suo fervido ammiratore. In cambio ne ricevette la nomina a Primo Intrattenitore di Corte in Siberia.

Alla luce di questi avvenimenti avvenuti poco più di trenta anni fa, voi giovanistudenti di oggi potete tranquillamente viaggiare in quelle regioni e goderne le moderne meraviglie costruite dal Nuovo Ordine Mondiale.

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