Archivio degli articoli con tag: plastica

Oggi è il giorno contro l’inquinamento. I servizi dei TG sono pieni di cortei di ragazzi giovanissimi che, sull’esempio di Greta, manifestano perché gli attuali “adulti” non lascino loro un mondo morto, pieno di plastica e idrocarburi inquinanti. Insomma questi ragazzi manifestano perché anche essi possano avere un futuro su una Terra viva.

L’inquinamento è una materia complessa e non priva di contraddizioni. Cosa rispondere ai paesi emergenti che, per avere energia, bruciano le loro foreste, contro le proteste di procurato inquinamento dei Paesi ricchi quando questi ultimi, da secoli hanno bruciato le loro foreste per raggiungere lo attuale grado di benessere?

A proposito di benessere, è molto piacevole stare in casa in T-shirt in inverno quando fuori nevica oppure non sudare quando fuori ci sono quaranta gradi. Ma quanto costa in termini di inquinamento il riscaldamento o il raffreddamento domestico?

Le fabbriche inquinano, ma producono oggetti del desiderio come telefonini, snikers, felpe, borse e zaini di plastica rutilante. Soddisfare il desiderio. Osare una mano all’ambiente?

E l’ultimo oggetto del desiderio, quel SUV nero lucente o quella automobilina che si può guidare a 16 anni senza patente anche nelle ZTL aiutano l’ ambiente?

Le comode bottiglie di acqua di plastica, tanto diffuse per placare la sete nelle gite o nei cortei, in quanti anni verranno smaltite?

Stesso discorso per i CD, le pennette USB, gli smartphone ultima generazione, i laptop etc.

E, allora, voce fuori dal coro, vorrei rivolgere un appello ai giovani ragazzi che oggi sfilano per un mondo meno inquinato. Mi attirerò critiche perché Greta è stata già proposta per il Nobel della pace, ma tant’è, i miei pensieri non si tenerli per me.

Cari ragazzi che con la vostra giovinezza festosa state manifestando contro l’inquinamento, vi rendete conto che ognuno di voi ha un telefonino (che sostituisce spesso) pieno di sostanze inquinanti difficile da smaltire, con lo schermo pieno di coltan estratto da bambini in Congo?
Vi rendete conto che l’uso massivo di internet richiede energia? Così come i comodi condizionatori in estate e caloriferi a palla di inverno per poter stare in T-shirt e senza maglione. Ho visto nelle vostre mani tante bottigliette di acqua, non di vetro ma di plastica, che magari, poi troveremo, nella pancia dei pesci.

Avete avuto notizia dell’esperimento che ha coinvolto 150vostri coetanei a stare una settimana senza internet e solo 3 ce l’hanno fatta?

Vi siete guardati i piedi? Chiusi in snikers alla moda di pura plastica, come di pura plastica sono molti delle vostre borsette e dei vostri zainetti. Date l’esempio. L’inquinamento si abbatte anche con LA RINUNCIA a molti gadget che contraddistinguono il nostro attuale stile di vita.

Siate di esempio a noi adulti che abbiamo quasi distrutto il nostro pianeta. Se chiedete minore inquinamento, RINUNCIATE ai prodotti inquinanti. Prendete un pezzetto di gesso e disegnate 7 caselle per terra e giocate come facevamo noi 50 anni fa alla “settimana” o a guardie e ladri.

Non comprate le merendine e gli snack preconfezionati. Oltre alle schifezze che ci sono dentro, si inquina per portare le materie prime alle fabbriche e si inquina per portare gli snack nei negozi. Vi assicuro, pane sale e olio è una ottima merenda. Con un po’ di pomodoro sopra, poi, è una squisitezza.

Provate

Io vivo a Roma. E, questo, si sa, per lo smaltimento dei rifiuti è un grosso dramma.

Io sono single e come tutti i single spesso non mangio a casa. E questo, forse non si sa, per lo smaltimento rifiuti è un piccolo dramma.

Per i non romani ricapitolo la situazione nella Capitale. Tranne che in poche parti del centro storico, non c’è la raccolta differenziata porta a porta, ma i cassonetti per le strade.

Quello marrone per l’organico, con l’obbligo dei sacchetti superbiodegradabili; quello bianco per la carta; quello blu per la plastica (non tutta) e il metallo; quello grigio per i rifiuti non riciclabili; la campana verde per il vetro.

Sorvolo sullo scempio e sui cumuli di immondizia attorno ai cassonetti non svuotati per intrattenervi sul dramma del single (ossia una persona sola) che deve dividere i suoi (pochi) rifiuti ogni giorno in cinque sacchetti diversi. Eh, sì, ogni giorno: ho una casa molto piccola e non posso tenermi i sacchetti aperti, pena l’intervento dei Vigili del fuoco per la puzza che, dopo il primo giorno, promanerebbe, spargendosi per il quartiere.

Cominciamo dal facile.

Decido di prepararmi per cena una pasta con il sugo e un hamburger vegetale. A pranzo ero fuori, ho risolto con un tramezzino per i cui rifiuti se la vedrà il bar.

Allora, prendo il pentolino per il sugo, ci metto un po’ d’olio e uno spicchio d’aglio. Le parti scartate dell’aglio mi fanno aprire un sacchetto per l’organico biodegradabile.  Mi accorgo di aver messo, forse, un po’ troppo olio e non so dove buttarlo. Nel lavello? Nel Gabinetto? Pare sia vietato; bisognerebbe “conferirlo al consorzio obbligatorio olio esausto”. La legge vieta di smaltirlo nelle fogne. Ma a Roma non è previsto alcun servizio. Sono costretto a trasgredire.

Apro un barattolo di pomodori pelati. Beh, il contenitore è metallo, facile, apro un sacchetto per i rifiuti metallici, sciacquo il contenitore (acqua sprecata) e ce lo metto dentro. Vorrei condire il sugo con un po’ di capperi e di alici, così finisco quei due barattolini in vetro che ho nel frigo. Sì, li svuoto, e cerco di smaltirli. In quello che conteneva le alici c’è rimasto un dito d’olio. Non è fritto. Posso buttarlo nelle fogne? Chissà. Tutti e due son di vetro ma hanno l’etichetta di carta che dovrei staccare. Passo i due barattolini sotto l’acqua (che spreco!), ma l’etichetta sembra attaccata con una super colla. Ci rinuncio e li metto in un altro sacchetto per i rifiuti in vetro.

La pasta. L’acqua bolle e svuoto il pacco nella pentola. Mi rimane in mano una confezione vuota in plastica. Altro sacchetto, per la plastica. Ma sarà plastica riciclabile? Chissà.

Passo all’hamburger vegetale, prodotto biologico chiuso in una bolla di plastica rigida, a sua volta contenuta un involucro di carta. La carta va nella busta di carta che raccoglie altra carta. Poi, la solita domanda, la confezione a bolla di plastica dove va smaltita? Nella plastica riciclabile o nell’indifferenziata? Le scritte sulla confezione si dilungano sulle proprietà nutritive, sulle kilocalorie, ma non dicono dove gettarla.

Finisco di cenare e mi ricordo che l’indomani devo consegnare delle foto e dei documenti che ho sul computer ad un amico. Ho comprato una minuscola pennetta USB per la bisogna. Osservo la confezione: la pennetta sarà tre centimetri per uno. Ma è “affogata” in una bolla di plastica dura, a sua volta incollata su un cartoncino dove, per di più sono stampate, in minuscoli caratteri, le istruzioni d’uso. Quindi aprendo – con le forbici, con le mani non ce la faccio – la confezione perdo le istruzioni. Poco male, so come si usa la pennetta USB. Peccato, però, mi perdo l’indirizzo web del produttore che, leggo sui resti, mi avrebbe fatto scaricare gratuitamente un programmino per le immagini. Ma non divaghiamo. Ho fra le mani un rifiuto misto: resti della bolla di plastica saldamente incollati al cartoncino. Dove li butto? Uso la monetina?

Bel dilemma. Ci bevo sopra l’ultimo sorso di una bottiglia di vino che avevo in casa. Anche qui il problema di togliere l’etichetta di carta prima di smaltirla.

Sono stato solo due ore in casa e ho aperto cinque contenitori: per la plastica, per l’indifferenziata, per la carta, per il vetro, per l’organico e ho sempre il dubbio di aver diviso bene e il rimorso per l’olio fritto nello scarico.

I sacchetti di plastica che ho usato per i rifiuti, secondo me, contengono più plastica del contenuto, forse no perché ho usato una busta di carta per i rifiuti cartacei e una busta di mais per quelli organici, forse sì perché le altre buste son grosse, non ne ho altre. I sacchetti per l’immondizia sono ancora più grandi.  Insomma, spesso mi sembra – fra acqua sprecata e sacchetti per i rifiuti – di inquinare più dei rifiuti che produco.

Ma non c’è un altro modo? Una differenziazione a valle, per esempio? Si stanno spendendo un sacco di soldi per lo smaltimento dei rifiuti, ma – presumo – senza esito, visto che le strade sono sempre più invase dai sacchetti di immondizia e le tariffe della tassa sullo smaltimento dei rifiuti è ogni anno più pesante.

Mi ricordo che, quando ero bambino, e in casa eravamo in cinque, non si riempiva più di un secchio al giorno con tutti i rifiuti.

Prima di far impazzire gli utenti con il riciclo impossibile, forse sarebbe più utile normare il pakaging, il confezionamento dei prodotti, magari ricordando quello che avveniva un tempo. Non c’era la plastica, imperava la carta, la carta oleata, i sacchetti di carta. La carta non inquina o inquina pochissimo. Aboliamo le bolle di plastica. Aboliamo le bottiglie di plastica dell’acqua minerale, oppure imponiamo un alto deposito (uno o due euro a bottiglia) in modo da incentivarne la restituzione. Offriamo sconti a chi compra le ricariche di detersivo da diluire con acqua in modo da diminuire il numero di flaconi in plastica.

La pasta può benissimo tornare ad essere venduta in fogli o scatole di carta.

Le etichette potrebbero essere appiccicate al contenitore con una colla di minor tenuta.

Perché i supermercati devono vendere confezioni di due zucchine in vaschette di plastica chiusi con il PVC? Se devo fare un minestrone, perché mi devono rimanere cinque/sei vaschette d plastica e una nuvola di PVC?

Penso che solo dopo che l’industria consenta al consumatore di comprare il contenuto e non il contenitore; solo dopo che il contenitore non superi in peso il contenuto, possano essere imposte norme severe sullo smaltimento dei rifiuti.

Insomma propongo una riflessione alle industrie produttrici: pensate anche voi a ridurre gli inutili orpelli che avvolgono alimenti e prodotti di uso comune.

Più carta, magari riciclata,   più vetro, meno plastica.

A proposito, sono anni che sento parlare di batteri che si nutrono di plastica, vera panacea contro le isole galleggianti di rifiuti plastici che infestano gli oceani. Che fine hanno fatto? O era solo un incubo, come del romanzo “Lebbra antiplastica”?

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