Il tempo, abbiamo tempo, abbiamo perso tempo, non abbiamo più tempo. Il tempo passa, il tempo corre. Le lancette vanno in un senso solo, lentamente, troppo lentamente quando si aspetta qualcosa di bello che deve arrivare, troppo velocemente quando siamo attesi ad un appuntamento spiacevole.
Eppure, per me, c’è una condizione di tempo fermo, immoto, che scorre pur stando fermo.
Il tempo ha bisogno di riferimenti, di un prima di un dopo. il “che ora è” funge da spartiacque fra il prima e il dopo. Ma, certe volte, pare non ci sia un prima o un dopo e neppure un “che ora è”.
Mi trovo in una di quelle situazioni. Certo ci vuole un bello straniamento dalla realtà. Elementi? Lungo viaggio aereo verso est. Il giorno si comprime. Era meriggio, è subito notte. Le luci si spengono. Silenzio. La temperatura cala. Tutti avvolti nelle coperte. Si dorme, un piccolo pisolino. Ma quanto tempo ho dormito? La convenzione delle lancette di un orologio mi dice 30 minuti. È un tempo solo mio, però. Ma che ora è? Non lo so. E non posso saperlo. Siamo in volo da poco più di quattro ore, partiti a mezzogiorno, ma fuori è notte fonda. Per il mio primo orologio sono le 16.30. Per il mio secondo orologio sono, come ad HongKong, dove scenderemo, le 23.29, quasi mezzanotte. Arriveremo alle 06.20, ora locale, 11 ore più 7 ore di fuso. Poi quasi otto ore a Hong Kong, si riparte per la destinazione finale, Yangon, ma in senso inverso, il tempo si distende. Ripartiamo alle 14.25, ora di Hong Kong , arriviamo alle 16.20, ora birmana. Due ore? No, 3 ore e 25 minuti. “Guadagnamo” due ore di fuso tornando indietro. Non ho fatto il calcolo del tempo totale. Servirebbe? Ho quattro punti temporali di riferimento: l’ora italiana, l’ora di Hong Kong, l’ora birmana, il mio tempo, il mio ritmo cicardiano. A quale dare retta? L’organismo si ribella, non combatte per avere il necessario riferimento. Il tempo si ferma. Il dondolio dell’aereo concilia lo stato di torpore in cui io e, mi pare, altri 300 passeggeri sono sprofondati.
Cerco di bere molta acqua, così mi hanno consigliato, ma lo consigliano anche quando si ha il raffreddore. Guardo un film, sonnecchio, leggo un libro di Cottarelli sugli errori della economia italiana, passo il tempo. Già, ma quale e quanto tempo? Sarà giorno e tempo di scendere nell’antica colonia cinese, ma il mio tempo dirà che da poco è passata la mezzanotte. Ma non è più il mio tempo. Il tempo ha compresso una lunga notte invernale in poche ore. Mi devo rendere conto che quando io mio tempo comincerà a reclamare il giusto sonno notturno, sarà, invece, tempo della prima colazione. E non sarà finita. Poi il tempo starà fermo per un po’ e poi si allungherà.
Intanto il resto del mondo vive la sua vita con i sui punti di riferimento, ignaro di quelle 300 persone che, momentaneamente, ne sono stati privati.
Io da NY in Italia arrivo sempre uno straccio. Al ritorno va meglio, ma mi sveglio sempre alle tre. Non sopporto più la jet-lag.
Buona vacanza e un abbraccio
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