Ma la giornata, che ha già alle spalle il volo e l’ombrellaio, è appena iniziata.
Una corsa in albergo per lasciare i bagagli e poi subito al molo. Il nostro borgo è all’estremità superiore di questo lago lungo e stretto, uno dei posti di maggior richiamo del Myanmar.
Ci aspettano le lance strette e lunghe già viste in Cambogia. Lunghezza variabile da sei a dodici metri con quattro o sette passeggeri sedute in fila più il guidatore che manovra un complesso motore diesel da cui si diparte un lunghissimo tubo dentro il quale c’è la prolunga dell’ albero motore e da cui fuoriesce l’elica. Il lungo tubo è completamente basculante e serve anche da timone. Essendo anche una leva, tirato giù dalla parte del guidatore, si solleva dall’altra tirando l’elica al di fuori dell’acqua e della vegetazione lacustre.
Corrono veloci lasciandosi dietro un’alta cascata d’acqua che ricade in minuscole goccioline.
Lungo il canale del lago che percorriamo veloci si vedono estesi campi coltivati. Chi l’avrebbe mai detto che proprio campi non erano?. Orti galleggianti. Si trova un pezzo di lago di poca profondità e di verrà sopra il fango di fiume. Poi sopra altre alghe e altro fango. Sì va avanti per un bel pezzo con questa millefoglie fango/alghe che cresce sempre più. Ci vuole più di un anno. Poi quando la millefoglie è secca, invece che un dolce vi trovate davanti un gran parallelepipedo di ottimo e fertile terreno. Lo tagliate in blocchi da tre/quattro metri e lo trasportate (tanto galleggia) in una zona tranquilla della lago. Come al domino, al primo accostate un secondo, poi un terzo e così via. Trafiggete il tutto con lunghi e sottili bambù conficcati fino a penetrare il fondo del lago, giusto perché le “zolle” non si muovano e avrete pronto l’orto da coltivare.
Sbarchiamo al tempio Naphekiang, struttura di palafitte in bambù con dentro tante cellette. In ognuna una statua di Buddha. Il culto è sentito: tanti fedeli inginocchiati davanti alle statue con i cinque inchini rituali.
Molto più interessante il successivo giro in piroga biposto più vogatore. Anzi dovrei dire vogatrice, tutte donne di una associazione per la assistenza e la emancipazione delle donne.
Ci portano attraverso un povero villaggio costruito su palafitte lungo canali laterali del lago. Lì consegnamo ai numerosi bambini che si piccole imbarcazioni ci venivano incontro, i vestiti, i quaderni, le matite colorate e i giochi che avevamo portato dall’Italia.
Devo dire che mi son sentito poco sicuro sulla canoa, quasi solo un’asse concava di legno, sensibilissima ad ogni movimento dei passeggeri. Forse per questo alla fine del giro ci hanno consegnato un attestato….
La giornata non è finita. Abbiamo tempo, sempre sul lago e sempre sulle palafitte, di visitare una “manifattura tabacchi”. Sigari e sigarilli rollati da mani esperte per lo più femminili.
Infine ci tocca la vicina filanda dove i telai, manovrati sempre da mani femminili, producono seta arricchita da un filo del gambo del fiore di loto.
Sì tratta ora di tornare. Qui alle sei fa buio e il nostro albergo si trova all’altra estremità del lungo lago. Il tempo, che già al mattino non era bello, tende al freddo. Imbacuccati affrontiamo un’ ora e un quarto di veloce navigazione sulle Speed boat.
La zuppa calda, speziata e piccante per cena è molto benvenuta.
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