29 dicembre. Lago Inle. Colazione con calma, una volta tanto. Ma subito si corre al molo per prendere la Speed boat. Oggi le osservo meglio: lunghissime, fuori nere, dentro bordo giallo e fiancate verdi. I 4/6 passeggeri sono in fila indiana assisi su basse poltroncine di legno, abbastanza strette, ma che occupano tutto lo spazio disponibile: lo scafo è stretto, non più di un metro al bordo superiore. Durante la corsa è quasi impossibile stare in piedi. Le vibrazioni e le continue, seppur minime, correzioni di rotta rendono l’equilibrio alquanto precario. Se, poi, come ho tentato di fare, lo stare in piedi durante la corsa e portare la fotocamera all’occhio, rende il capitombolo in acqua alquanto probabile. Però lo spettacolo delle altre lance che corrono sul lago con la spuma del loro velo da sposa che si alza per in paio di metri dietro l’elica è stupefacente, specialmente quando un raggio di sole attraversa la nuvola d’acqua scomponendola in milioni di minuscoli diamanti che brillano come una nuvola d’oro. Avrò scattato almeno 300 fotografie nella speranza di averne qualcuna buona.
Dopo la solita ora di navigazione, arriviamo alle Mille pagode.
Una collina completamente ricoperta di pagode, meglio dire di “stupa” in quanto non esiste un “interno” . Lo scopo è votivo. Sono di ogni forma e dimensione, da quelle alte un metro a quelle alte 15 metri. Da un metro a oltre 3 di diametro, circolari o quadrate.
Colorate: ocra, bianche, celesti, dorate.
Alcune hanno, sul lato, una cavità entro la quale, di solito viene posta una statua di Buddha.
Il parco di pagode risale al 1600, ma delle originali ne rimangono ben poche. Sono di argilla che, col tempo e le piogge, si è liquefatta. La recente vocazione turistica della zona, ha portato al veloce restauro e alla ricostruzione con risultati non sempre rimarchevoli.
Si sente un orribile odore di finto.
Forse più interessante è il lungo porticato, quasi un tunnel che dal lago porta direttamente alla sommità della collina dove c’è la vera e propria pagoda di Shwe Zjmn Dehn.
All’interno del lungo porticato molti banchetti invitano fedeli e turisti ad acquistare i souvenir locali. Solite cose. Notato un burattino di Monaco buddista.
La navigazione di ritorno è più agevole. Il tempo è migliorato. Altro centinaio di foto.
Nel pomeriggio cerchiamo di imitare mister chef o la prova del cuoco. Andiamo da Bamboo Delight della coppia Sue e Leslie. Lì la cena te la devi cucinare tu. Sarebbe facile, in cucina mi destreggio. Il problema è che devi preparare un piatto tipico cambogiano. E qui le cose si complicano.
Ognuno sceglie da una lista un piatto principale e un contorno.
Ognuno riceve un grembiule da cucina.
Leslie e Sue (e la loro schiera di ragazzi) si prodigano in consigli, ti danno gli ingredienti e ti guidano. Sono anche furbetti perché, per superare l’imbarazzo iniziale aprono qualche bottiglia di vino. E l’alcool, come scoprì anche il Renzo manzoniano, scioglie la favella ed empatizza le persone.
A me capita di dover preparare i gamberetti al curry. Stupisco Leslie insistendo a voler raddoppiare la dose consigliata di peperoncino e zenzero. Risultati ottimi. Serata molto divertente.
Torniamo in albergo cantando.
Continua…..
0 commenti