Il 20 e 21 settembre saremo chiamati ad esprimerci su un referendum confermativo di una legge costituzionale i cui scopo è molto limitato: tagliare il numero dei parlamentari. I Deputati scenderebbero da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. La legge costituzionale è stata approvata nelle prescritte quattro letture e, siccome non ha sempre raggiunto la percentuale di sì dei due terzi di una delle Camere, la Costituzione permette, con la richiesta di alcune modalità, che il popolo abbia l’ultima parola in un referendum senza quorum. Per intenderci, se andasse a votare una sola persona e quella persona votasse NO, la legge non sarebbe approvata.
Chi mi segue sa perfettamente che io non sono favorevole a questa riforma; spesso su questo blog ho spiegato le ragioni e richiamato l’attenzione. Visto che la data si avvicina e questa data, in caso di vittoria dei sì, potrebbe essere foriera di inconvenienti seri sul funzionamento del Parlamento, proprio in direzione contraria degli auspici dichiarati dai promotori (i Cinquestelle), forse è meglio tornare sull’argomento.
Facciamo un po’ di storia.
Forse non tutti sanno che il numero attuale di parlamentari non fu fissato dalla Costituzione del 1947 (qui il link)
La costituzione originaria, agli articoli 56 e 57 affermava che “La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, in ragione di un deputato ogni 80.000 abitanti o frazione superiore a 40.000” e che “il Senato della Repubblica è eletto a base regionale. A ciascuna regione è attribuito un senatore per 200.000 abitanti. Nessuna regione può avere meno di sei senatori. La Valle d’Aosta ne ha uno”.
L’articolo 60 introduceva uno sfasamento temporale sulla durata delle Camere. La Camera di deputati era eletta per cinque anni, il Senato per sei.
Facile fare il conto di quanti deputati fosse composta la prima Camera, visto che la popolazione italiana nel 1947 era di 45.910.000 persone: 45.910.000/80.000 = 574 membri (numero non dissimile dall’attuale). Più complicato fare il computo dei senatori perché bisognerebbe conoscere la popolazione di ogni regione nel 1947 e considerare le modifiche territoriali intervenute (Molise che si divide dagli Abruzzi, Trieste che ritorna nel territorio italiano).
Ci viene in soccorso il “Sito storico del Senato” che a questo link ci dice che i senatori, nella prima legislatura erano 369 (con sole 4 donne!!), numero non dissimile dall’attuale.
Poi, nel 1963, con legge costituzionale 9 febbraio 1963, n.2, il numero dei deputati fu fissato negli attuali 630 e i senatori negli attuali 315. Nel 2001 furono aggiunti i rappresentanti degli italiani all’estero.
Ma veniamo ai giorni nostri e alle ragioni che hanno spinto il partito che voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, i Cinquestelle, ad operare in un campo più istituzionale per minarne l’attività.
Non sarebbe giusto non passare in rassegna le ragioni, o le pseudo ragioni poste alla base della proposta di legge.
Il Disegno di legge, (ricordiamoci, presentato il 4 aprile 18, pochi giorni dopo la costituzione del Governo Lega – Cinquestelle) ormai approvato ed in attesa del Referendum, (n. 214 al Senato e n.1585 alla Camera) prevede (a questo link il testo) che il numero dei deputati scenda da 630 a 400 ed il numero dei senatori da 315 a 200.
La motivazione, posta dai presentatori, a base della proposta è la seguente: “Coerentemente con quanto previsto dal programma di governo [Lega-Cinquestelle], si intende pertanto riportare al centro del dibattito parlamentare il tema della riduzione del numero dei parlamentari, con il duplice obiettivo di aumentare l’efficienza e la produttività delle Camere e, al contempo, di razionalizzare la spesa pubblica. In tal modo, inoltre, l’Italia potrà allinearsi agli altri Paesi europei, che hanno un numero di parlamentari eletti molto più limitato.”
Quindi efficienza e riduzione della spesa, ma a scapito della funzione più importante, direi quasi sacra, della rappresentatività del popolo italiano.
Continua…..domani! Continuate a seguirmi, se vi va

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