Oggi la
stampa riporta la notizia dell’approvazione da parte della Camera, in
seconda lettura conforme, del Disegno di legge costituzionale volto a ridurre
il numero dei parlamentari.
Quindi, secondo
l’articolo 138 della Costituzione, se dopo tre mesi Camera e Senato
riapprovano, in testo conforme, il medesimo Disegno di legge modificherà la
Costituzione stessa, salva la possibilità di Referendum in alcuni casi.
Il Disegno di legge (n. 214 al
Senato e n.1585
alla Camera) prevede (qui il testo)
che il numero dei deputati scenda da 630 a 400 ed il numero dei senatori da 315
a 200.
La
motivazione, posta dai presentatori, a base della proposta è la seguente: “Coerentemente con quanto previsto dal programma
di governo, si intende pertanto riportare al centro del dibattito parlamentare il
tema della riduzione del numero dei parlamentari, con il duplice obiettivo di
aumentare l’efficienza e la produttività delle Camere e, al contempo, di
razionalizzare la spesa pubblica. In tal modo, inoltre, l’Italia potrà
allinearsi agli altri Paesi europei, che hanno un numero di parlamentari eletti
molto più limitato.”
Quindi efficienza e
riduzione della spesa, ma a scapito della funzione più importante, direi quasi sacra, della rappresentatività del
popolo italiano.
Beh, io non sono per nulla d’accordo e vi spiego perché.
Riduzione della spesa:
ben poca cosa. Si ridurrebbe solo la spesa per gli stipendi dei parlamentari,
una goccia nel mare dei costi della politica. Non si ridurrebbero i costi delle
strutture del Parlamento che rimarrebbero identiche. Pensate voi che si
licenzierebbero funzionari, commessi o
si ridurrebbero gli Uffici sol perché sono diminuiti i parlamentari? Non penso
proprio.
Efficienza: l’efficienza
del Parlamento è bassa, lo sappiamo, ma la colpa non è certo nel numero dei
parlamentari, bensì va ricercata nei regolamenti delle due Camere. Un esempio? Come
sapete i disegni di legge vanno prima discussi delle Commissioni parlamentari
competenti per materia e, poi, una volta approvate da queste Commissioni,
affrontano di nuovo l’iter di approvazione in Aula con, ancora una volta,
proposizione di emendamenti, discussione etc.
I lavori fra Aula e Commissioni non sono coordinati: capita
spesso che le Commissioni (formate dagli stessi parlamentari che potrebbero o
dovrebbero esser presenti in Aula) lavorino in contemporanea con l’Aula o che i
lavori delle Commissioni debbano essere interrotti per il contemporaneo
succedersi di votazioni in Aula. Sarebbe più facile organizzare il lavoro per
sessioni. Ad esempio, nelle prime tre settimane del mese si riuniscono solo le
Commissione, nell’ultima solo l’Aula. Il contrasto svanirebbe nel nulla.
Oppure, un’altra proposta semplice semplice per aumentare l’efficienza:
il disegno di legge viene discusso ed approvato in Commissione di merito (ove,
si presume, siedano parlamentari competenti nella materia trattata) e l’Aula
sarà chiamata solo ad approvarla o a bocciarla senza iniziare di nuovo il
percorso di merito.
Quindi non è il numero dei parlamentari ad intralciare il
lavoro, bensì i regolamenti delle Camere.
Anche il confronto, tanto sbandierato, con gli altri Paesi
europei non dà cifre molto dissimili: In virtù della Costituzione attuale, in
Italia abbiamo 945 parlamentari, di cui 630 deputati e 315 senatori. A
questi, in realtà, vanno aggiunti i senatori a vita (al massimo 5) e i
senatori di diritto a vita, cioè i presidenti emeriti della Repubblica e
quelli nominati dal Presidente della Repubblica. Ciò significa che, senza
includere nel calcolo i senatori a vita, nel nostro Paese abbiamo 1,6 membri del Parlamento per ogni 100mila
abitanti.
In Francia per ogni
100mila abitanti ci sono 1,4 parlamentari, in Germania 0,9, in Spagna 1,3 e in
Polonia 1,4. In numeri assoluti, a fronte dei nostri 945 parlamentari,
il Parlamento tedesco contempla 699 membri e quello francese 925.
Cifre, quindi, simili. Anche se bisogna considerare che la
Germania è uno Stato federale ed ogni Land ha già il suo Parlamento. Discorso
analogo per un altro esempio preso a modello da chi vuole ridurre i
Parlamentari: gli USA. Negli Stati Uniti d’America, il Senato è composto da 200
membri e la Camera
dei rappresentanti da un massimo di 435 membri. Anche gli Stati uniti sono
uno stato federale con i suoi propri organi di governo e le due Camere sono
chiamate ad esprimersi solo su limitati argomenti.
La nota negativa,
troppo negativa, che la riduzione del numero dei parlamentari pone è la drastica caduta di rappresentatività del
Parlamento. E la rappresentatività de popolo italiano è la massima funzione
del Parlamento sancita dall’art.1 della
Costituzione: “La sovranità appartiene
al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” Ossia
tramite il Parlamento.
Ora, in un Paese che si rispetti, il candidato deve
raccogliere, con l’aiuto del suo partito, il consenso del maggior numero di
elettori, per cui, prima di tutto, deve farsi conoscere dal maggior numero
possibile di persone.
Se la riforma proposta andasse in porto ci sarebbe un
deputato ogni 116.263 elettori ed un senatore ogni 213.900 elettori.
Il mio ragionamento sarà
pure una grande semplificazione, perché esistono le circoscrizioni, i collegi
etc., ma il risultato ed il senso del ragionamento non cambia. Pensate voi sia
più facile per un candidato alla Camera farsi conoscere da 73.818 elettori o da
116.263 elettori?
E’ chiaro che, per il singolo candidato, l’impresa si fa
molto più difficile ed aumenta a dismisura il ruolo del Partito che, con la sua
organizzazione sul territorio, può facilmente supportare un candidato piuttosto
che un altro. E’ poi facilissimo da comprendere che questa riforma sbarra la
strada a qualsiasi candidato indipendente.
Se, poi, come purtroppo
succede ora, le liste sono bloccate, senza voto di preferenza, ben si comprende
come, riducendo il numero dei parlamentari non si persegue il disegno di
razionalizzarne il lavoro e di ridurre le spese, bensì di aumentare a dismisura
il ruolo e l’importanza dei partiti politici.
Questo è il vero
effetto della riforma proposta dal cosiddetto Governo del Cambiamento:
aumentare a dismisura il potere dei partiti sugli eletti, candidando e
supportando solo quelli fedeli alla oligarchia dei segretari di partito.
Perdonatemi, ma io non ridurrei il numero dei parlamentari
ed otterrei gli stessi risultati con una profonda revisione (a costo zero) dei
regolamenti di Camera
e Senato.
Ai partiti non la dò vinta.
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