Archivio degli articoli con tag: Turchia

Ho quasi un senso di vergogna a parlare di Afghanistan.
4 attentati con decine di morti, non solo i vip occidentali.
250.000 persone che hanno collaborato con noi occidentali durante l’occupazione. Ne saranno portate via non più di 10.000. Gli altri moriranno.
Gli LGBT afgani che hanno denunciato le loro preferenze, lasciati alla loro sorte, uccisi perché essere “diversi” è un reato passibile di morte.
Le donne, tutte le donne afgane, che da oggi non avranno più diritto all’istruzione, alla cultura, alla soggezione ad un maschio delle famiglia.
L’arte, la musica, la poesia, bandite come figlie del diavolo.
Il diritto sottoposto alla religione.
Tutto questo perché?
Perché  dal 2002 noi occidentali abbiamo tentato di esportare i nostri valori sulla punta delle baionette. Abbiamo cercato di creare in Afghanistan una copia conforme di quello che noi chiamiamo “Stato di diritto” basato su “libere elezioni”, su un parlamento, su uno Stato ed un’amministrazione centrale.
Abbiamo pensato che il nostro concerto di democrazia che ci viene dall’antica Grecia (vi ricordate il discorso di Tucidite agli ateniesi?) Sia la miglior forma di governo possibile.
Per me lo è. Per me è la migliore
Ma dobbiamo renderci conto che ci sono, che esistono diverse forme di governo accettate i  diversi punti del mondo.
In molti luoghi del mondo, dall’Afghanistan alla Libia, preferiscono la leadership tribale. Mai accetteranno un Parlamento nazionale che rappresenti tutto il Paese. Il loro faro è la tribù.
Ma anche più vicino a noi il nostro caro, vecchio, sistema democratico vacilla.
In Polonia, Ungheria, Turchia preferiscono affidarsi all’uomo forte. Preferiscono rinunciare a prerogative mai effettivamente esercitate (critica politica, manifestazioni contro il governo, dissenso manifesto) ed avere in cambio “più sicurezza” , meno burocrazia, più decisionismo
Quest’aumento della Cd. Democratura deve farci riflettere anche sul ruolo dei prefetti.
Qui in Italia si stanno adoperando per trovare posto ai profughi. In altre parti della stessa Unione Europea i Governi si girano dall’altra parte. Io preferisco vivere da questa parte.
Eppoi c’è un altro pericolo. Attenzione alle notizie che riceviamo dalla TV. Pochi occidentali sono rimasti a Kabul (nella nostra ambasciata solo un giovane trentenne). Ogni parte in gioco cerca di fare arrivare sui media le proprie ragioni che, proprio perché sono di una parte, sono parziali e non oggettive.
Sta a noi cercare di separare il grano dall’oglio.
Non sarà una impresa facile e quello che fa più paura è che fino a che le acque non si saranno chiarite, tante persone avranno perso la vita.

Una volta si diceva “giornalisti, vil razza dannata!”. Non è certo vero. Ma i giornalisti italiani hanno un brutto difetto. Amano le notizie facili. Prendiamo un esempio a caso: le esternazioni di Salvini. I giornalisti dovrebbero dare corpo e voce alle Notizie, ossia fatti o atti che possono cambiare la vita quotidiana. Lo so, si dice che una buona notizia non è una notizia, ma perché buttarsi anima e corpo sulle non notizie? Salvini, dicevo. Salvini ha una ottima macchina della comunicazione gestita da Luca Morisi e si infila non a caso nei trend topics (le parole più di moda, le parole più cliccate del giorno). C’è la campagna pubblicitaria della Nutella che lancia i suoi biscotti, la stampa segue questa non notizia con la bufala che i biscotti non si trovano nei supermercati. E Salvini, zac, si infila nella non notizia, affermando di non mangiare alimenti confezionati con nocciole provenienti dalla Turchia (doppio colpo, anche le parola Turchia, con le bizze di Erdogan, è fra i trend topics in negativo). E i giornalisti che fanno con questa doppia non notizia? La amplificano, è facile, mica devono fare una inchiesta? Chiedono al ragazzo di redazione di contare i post, i Twitter i cui Salvini sostiene che adora la Nutella e confezionano il servizio, magari di due minuti. Ma quanto costa mandare in TV uno spot pubblicitario di due minuti. Salvini lo ha gratis. Vi rendete conto? Un nostro antenato diceva “parlate male di me purché si parli di me!”. O questi giornalisti sono tutti salviniani, o sono prezzolati.
Lo stesso dicasi per la enfasi data alla notizia di Salvini per il messaggio della Madonna di Medjugorje (trend topics, c’erano due convegni sul tema). Notizia amplificata mille volte, prima conosciuta, e derisa, solo dagli spettatori di porta a porta, ora di dominio mondiale. E non mi si dica che i giornalisti lo fanno con qualunque politico. Ricordate il triste messaggio diffuso urbi et orbi con la foto del solitario Bersani con la birretta?
Mi ricordo, invece, un conduttore di TG coraggioso, di cui, purtroppo, non ricordo il nome. Verso la fine del TG stava leggendo le “agenzie”, le leggeva in diretta. Ad un certo punto lesse “Non si hanno più notizie da due giorni della figlia di Al Bano” e subito dopo mormorò “Ma che, è una notizia questa?” Sia lode a lui.

I giornali di questi giorni riportano i nuovi annunci dei dioscuri sul ponte di comando della nostra italietta: ridurre il numero dei parlamentari, ridurre il loro stipendio!!!! Questa è la parola d’ordine, quasi pensando al Parlamento come l’aula sorda e grigia di mussoliniana memoria.  Il fine promesso è quello, molto sentito dalle masse e foriero di consensi elettorali, di ridurre i costi della politica e di dare un altro colpo alla casta.

Purtroppo non è così. Riducendo il numero dei parlamentari non si dà un colpo alla casta, ma un forte colpo alla democrazia.

Vi spiego, in autorevole compagnia con il Post, perché.

L’Italia cambia spesso il sistema elettorale, dal 2006 abbiamo le liste bloccate, quindi candidati scelti dalle segreterie dei partiti, ma non è uesto il peggio. Andiamo con ordine. Facciamo il discoro per la Camera dei Deputati. Per il Senato è analogo.

Dal sito del Ministero dell’interno, si scopre che l’Italia,  è divisa in ventisette circoscrizioni più la Val d’Aosta. Queste circoscrizioni comprendono  46.505.350 elettori. Di questi, il 4 marzo 2018, si sono recati alle urne 33.923.321 persone, pari al 72,94% del corpo elettorale. Facendo un conto spannometrico – visto che la Camera è composta da 630 deputati, si fa presto il conto che è eletto un deputato ogni 73.818 elettori.

Per farsi eleggere, quindi, ogni candidato, imposto o meno dai partiti, deve farsi conoscere – in media – da oltre 70.000 persone, impresa titanica, visto che i comizi la forma di propaganda più economica, i comizi, non si usano più. Il candidato, ammesso che l’elettore possa scegliere fra le liste bloccate, deve spender soldi per una campagna sui social, per una campagna sui media televisivi e radiofonici etc.. Hmmm, se non hai un partito forte alle spalle che ti finanzia, col cavolo che ce la fai.

Vediamo che succede se si riduce il numero dei Deputati.

La legge elettorale dovrà necessariamente cambiare. Se invece di 630 deputati si eleggono, poniamo, 400 deputati, o si deve allargare l’estensione territoriale delle circoscrizioni o se ne deve diminuire il numero. In ogni caso, fermo restando il numero degli elettori – se si devono eleggere, poniamo, 400 deputati – ogni candidato dovrà spiegare il suo programma e farsi conoscere non più da poco più di 73.000 elettori, bensì da 116.263 elettori. Capite bene che le possibilità di farsi conoscere, di spiegare il proprio programma, di convincere il frettoloso elettore a votare per lui, diminuiscono drasticamente.

Senza un forte partito alle spalle, che ti finanzia la campagna elettorale, le tue possibilità di farti conoscere, di spiegare il tuo programma sono ridotte al lumicino. A fronte di un irrisorio risparmio, ma solo sugli stipendi di 230 deputati, perché i costi degli apparati rimarrebbero identici, si darebbe un fiero colpo alla democrazia rappresentativa voluta dalla nostra Costituzione per elevare a regola lo strapotere dei partiti che scelgono e finanziano i candidati.

Corre l’obbligo di spendere due parole sull’obiezione più comune dei fautori della riduzione del numero dei parlamentari: il nostro è uno dei parlamenti più numerosi al mondo. Il Congresso degli Stati uniti d’America è composto da un numero di membri assai minore: la Camera dei Rappresentanti da 435 membri, il Senato da soli 100 membri a fronte di una popolazione USA di 325 milioni di persone, ben superiore a quella italiana di poco più di 60 milioni di abitanti.

Il paragone non è pertinente. Non si possono confrontare i cavoli con le mele, diceva la mia maestra di scuola elementare. Gli Usa sono uno Stato federale. Negli USA il 90% delle questioni e delle competenze è di pertinenza del parlamento dei singoli Stati e del Governatore. Al Congresso appartiene una competenza alta e residuale su affari che interessano l’intera nazione o affari di politica estera o di difesa dello Stato federale.

Chi difende la fantasia della riduzione dei numero dei parlamentari in Italia, poi, non vi dice, o non conosce, il lavoro, nascosto e duro, delle Commissioni parlamentari, divise per materi, che sbozzano e danno forma compiuta ai progetti di legge da portare all’Assemblea  (Aula). Se si riducono i parlamentari, si riduce anche l’efficienza delle Commissioni con la inevitabile conseguenza di rendere le leggi sempre più oscure e criptiche, buone per essere interpretate secondo il volere del Governo.

Volete un esempio: la legge di bilancio 2019,  (LEGGE 30 dicembre 2018, n. 145 Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021. (18G00172) (GU n.302 del 31-12-2018 – Suppl. Ordinario n. 62 )   approvata dal Parlamento senza passare per le Commissioni. Ci capite qualcosa?  Vi sfido.

Quindi, attenzione a chi vi dice che diminuendo i parlamentari si riducono le spese per la politica. Il prezzo è ben più alto: la riduzione della democrazia e l’aumento della partitocrazia.

Se il mio discorso vi convince, diffondete e condividete: siamo in un periodo pericoloso per la democrazia, pronti ad affiancarci a Paesi come l’Ungheria e la Turchia dove la democrazia è stata sostituita dalla democratura.

In questi giorni agostani tiene banco la disputa fra Trump ed Erdogan. Gli Usa hanno aumentato i dazi sulle merci provenienti dalla Turchia. . La lira turca crolla (un capro espiatorio ogni estate deve esserci per far guadagnare gli speculatori che godono nei periodi di scambi ridotti come qullo estivo)  ed Erdogan si appella ad Allah.

Cose serie o baruffe chiozzotte di goldoniana memoria?

Non lo so, ma so che Trump non può tirare troppo la corda perché Erdogan ha da sempre un asso nella manica verso gli USA.

Se la situazione dovesse precipitare, Erdogan potrebbe chiudere la base aerea di Incirlik, la più grande base aerea di attacco USA in Europa con ben 100 testate nucleari. Base strategica per gli interessi americani in Europe ed in medio oriente. E’ servita per la Guerra del Golfo, è la più vicina ai nemici Putin ed Iran ed all’alleato di ferro Israele. Gli USA semplicemente non ne possono fare a meno.

Fino a che nella quereel fra USA e Turchia non verrà pronunciata la parola “Incirlik”, possiamo stare tranquilli che nulla di veramente grosso verrà a capitare…

 

C’è qualcosa che non mi convince nell’attaco di ieri notte in Syria da parte dei americani, francesi e inglesi. In effetti questa guerra in quello splendido paese mediorientale (clicca qui) ha ben poco di logico.

Iniziò nel 2011 come una delle rivolte della primavera araba, ma in questo bellissimo paese gli attori si sono moltiplicati e non sempre sono stati tutti dalla stessa parte.

Come attori interni, oltre ad Assad che non ci sta a perdere il potere, ci sono diversi grupi di ribelli: quelli che si rivolgono solo contro Assad, quelli che si alleano con formazioni Qaediste e quelli che trovano appoggio nell’ISIS.

Ci sono i russi, strenui sostenitori del regime di Assad, intervenuti con la scusa di cacciare l’ISIS (clicca qui), ci sono i curdi, prima acclamati eroi quando difendevano Kobane dall’ISIS (clicca qui), poi caduti nell’oblio generale quando sono oggetto di guerra da parte dei turchi (clicca qui).

Poi una strana coalizione occidentale, guidata dall’aviazione americana, con lo scopo, ormai raggiunto, di distruggere l’ISIS.

E, infine, iraniani e irakeni.

In tutto questo affollamento c’è una costante: il peso più rilevante l’hanno sopportato i civili, fuggendo in massa o, in massa, rimanendo uccisi sotto le macerie e sotto le bombe sganciate dai vari attori di questa sporca guerra.

Ma, ogni tanto, le cose cambiano. E’ avvenuto nell’aprile dello scorso anno ed è avvenuto ieri notte. Assad è stato accusato di aver bombardato e ucciso civili non con bombe convenzionali, bensì con bombe al cloro, proibite, come se fossero bombe cattive rspetto alle bombe buone tradizionali.

Allora la coalizione occidentale gira i propri cannoni e i propri missili dal bersaglio ISIS al bersaglio Assad, per “dargli una lezione“, tanto, poi, si continuer come prima.

Quanta sconfinata ipocrisia: tu , caro Assad, puoi massacrare la tua gente, puoi torturare il tuo popolo, puoi farlo morire dissanguato sotto le macerie, puoi dilaniarlo con le bombe e con le mine ma, purchè siano tradizionali, l’occidente guarda dall’altra parte e picchia l’ISIS.

Ma se tu, Assad, ti permetti di massacrare la tua gente, ti permetti di farla morire dissanguata sotto le macerie, ti permetti di dilaniarla con bombe e mine, ma ci metti una bombetta al cloro…. eh, no, non puoi, e i missili dell’occidente cadono sulle strutture militari di Assad.

Ovviamente, prima viene informato il Cremlino, non sia mai che un russo possa essere ucciso, una escalation della guerra potrebbe impensierire l’occidente. Il Cremlino informa Assad del pericolo e dei bersagli e, quindi, tutto si risolve con una inutile esibizione muscolare.

Ma ieri notte, quanti civili sono morti? Morire per mano di Assad, per mano dell’ISIS o sotto le bombe e i missili americani non è la stessa cosa?

Perché continua questa guerra?

Quasi quasi rimpiango i tempi di Yalta (clicca qui) : tre signori si spartirono il mondo, comodamente seduti sulle poltrone e l’equilibrio durò fino al 1989.

 

 

sergioferraiolo

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