Io provo vergogna ogni giorno di più per essere un essere umano, un essere umano come i componenti del governo del popolo della shoah per quello che sta facendo a Gaza.

Purtroppo questo folle governo fa partire tutto dall’orribile eccidio perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023.
Ma la storia non è un mucchio di fotografie che possono esser viste una e non le altre o nella sequenza che ognuno sceglie.
La storia è un film continuo che, ineluttabilmente, si snoda giorno per giorno.
In medio oriente dal 1947, quando per decisione ONU che prevedeva due Stati per due popoli, un popolo cacciò l’altro. Un popolo che aveva subito, innocente, un dolore immenso con la shoah, inflisse lo stesso dolore ad un altro popolo innocente che dovette subire la nakba.
La storia prosegue alternando guerre provocate da chi subì la nakba come “Monaco 1972” e massacri, come Sabra e Shatila, voluti e patrocinati da chi subì la shoah.
Poi la storia cambia.
Il popolo che subì la shoah iniziò a trattare la pace con Paesi prima fortemente vicini al popolo che subì la Nakba. Egitto, Giordania furono i primi a siglare la pace. Gli emirati del golfo e l’Arabia Saudita ci stavano arrivando.
Il popolo che subì la nakba rimase più solo, diviso fra due territori, non Stati, alla mercé del popolo che aveva subito la shoah e che nelle elezioni del 2006 finanziò una organizzazione non certo pacifica allo scopo di scalzare la prima organizzazione militare e politica che fino ad allora aveva guidato il popolo della Nakba.
Così invece di due popoli e due Stati, rimasero un popolo e uno stato da una parte e un popolo e due territori dall’altra.
Il popolo della Shoah, forse per il complesso di colpa occidentale, entra nell’immaginario collettivo come una democrazia, mentre il popolo della nakba sono i cattivi dell’immaginario collettivo.
Con quest’aura di santità il popolo della shoah comincia la sua opera di distruzione del popolo della nakba.
In una piccola striscia di sabbia vivono oltre due milioni di persone che da lì non possono uscire se non con il permesso del popolo della shoah. Neppure in mare per pescare al largo il popolo della nakba può andare liberamente. Chi riesce fortunatamente a trovare un lavoro presso il popolo della shoah, deve subire la quotidiana umiliazione alla frontiera che, talvolta, per motivi imprerscrutabili, viene chiusa con relativa perdita del posto di lavoro.
Nell’altro territorio comincia la silenziosa invasione, quasi una sostituzione etnica. Con il pacifico nome di coloni, gli invasori, ben protetti dall’esercito, cacciano gli abitanti dalle loro case, dalle loro terre e di forza si insediano, considerando quelle terre, non del popolo della nakba, bensì come dono divino al popolo della shoah. Oggi ce ne sono ben 300.000, oltre a 200.000 a Gerusalemme est che appartiene al popolo della Nakba.
E non si limitano ad insediarsi, costruiscono strade che uniscono gli insediamenti vietate al popolo della nakba.
La storia continua e il 7 ottobre 2023 un ennesimo episodio della guerra fra il popolo della nakba e il popolo della shoah avvenne. Più di 1000 uomini don̈ne e bambini del popolo della shoah vennero barbaramente trucidati da una formazione terrorista ascrivibile al popolo della Nakba.
Stavolta il popolo della Shoah cambia metodo di reazione. Dopo “Monaco 1972” quando, impiegandoci più anni, uccise ad uno ad uno tutti gli assassini degli atleti olimpici.
No, il Governo del popolo della shoah, va per le spicce, formula l’equazione fra i terroristi e il popolo della Nakba e l’esercito [che eufemisticamente si chiama forze di difesa] del popolo della shoah invade la striscia di sabbia, distruggendo il 90% delle abitazioni, degli ospedali, chiudendo i rubinetti dell’acqua, del gas e dell’elettricità [tanto tutti i rubinetti sono in mano al popolo della shoah]. La striscia di sabbia è sigillata: non entra uno spillo, figuriamoci farina e medicine; le bombe continuano a cadere, i fucili a sparare. Il popolo della nakba è condannato a morire e ad estinguersi. Fin ora 65.000 morti di fame o per le bombe. Anche andare a prendere un po’ di cibo rende il popolo della nakba veri bersagli dei soldati del popolo della shoah.
Ora il governo del popolo della shoah ha un’altra idea: chiudere i due milioni rimanenti del popolo della shoah in campi di concentramento [eufemisticamente chiamati città umanitarie] nei quali entrerebbero shedati uno per uno per separare il popolo dai terroristi e dalle quali non potrebbero più uscire senza il permesso del popolo della shoah. Il più grande campo di concentramento della storia.
E stasera un’altra notizia: il governo del popolo della shoah concede benignamente “un esodo volontario” del popolo della nakba dai loro territori natii al SudSudan, altro stato in guerra dove esiste anche una terribile crisi umanitaria.
In tutto ciò il governo del popolo della shoah si irrita se qualcuno osa bollarlo di genocidio ed anche eminenti esponenti del popolo della shoah si arrampicano sugli specchi della semantica, del significante e del significato per dire che non di genocidio si tratta, bensì di banali crimini di guerra o di “errori tecnici”. E arriva a dire che è il popolo della shoah l’aggredito [1800 morti] e non il popolo della nakba [65.000 morti] e che non è possibile parlare di genocidio, perché le notizie che vediamo ogni giorno sui TG sono false e preconfezionate dal popolo della Nakba, perché non esistono bambini morti per fame perché, generosamente, il popolo della shoah li cura e li nutre, perché tutti i giornalisti del popolo della Nakba sono affiliati ai terroristi, ma il popolo della shoah si guarda bene dal far entrare la stampa internazionale nella striscia di sabbia.
La Convenzione internazionale sulla prevenzione del genicidio, all’art. II afferma che “per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale dei membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.” Dal contenuto si evince che le vittime sono oggetto di tali atti non casualmente, ma per via della loro appartenenza reale o apparente a un gruppo di individui.
To be continued






