Archivio degli articoli con tag: afflusso massiccio di migranti

Repubblica on line mi perdonerà se diffondo un suo articolo che tratteggia cosa fanno gli esponenti del Governo Meloni quando non sono intenti a bloccarsi con il ponte sullo stretto, a votare per libri che non hanno letto, a fantasticare su fantomatici “Piani Mattei” mai pervenuti, ad accordi con la Tunisia o con l’Albania abortito prima di nascere o ad alzare le tasse sui pannolini e assorbenti oppure a incrementare i paletti della legge Fornero.

Sì, nel tempo libero si dedicano con un certo successo a fare gaffes sconcertanti.

Lo articolo di Repubblica.it che riporto integralmente ne fa un elenco, ovviamente non esaustivo, dato l’elevatossimo numero dei casi.

Da leggere e ricordare quando riflettiamo se siamo ancora in una democrazia e se questi esponenti della destra non vadano cacciati dagli scranni ai quali sono avvinghiati.

Mi scuso ancora con Repubblica.it per il “furto” ma lo scopo è solo quello di diffondere maggiormente le idee esposte.

Gaffe e scivoloni dei fratelli di Giorgia Meloni: la destra e la sindrome da cinepanettone

Li ha scelti lei uno per uno perché fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio. Adesso, ancora una volta, la premier deve rispondere di una commedia dell’arte che vede protagonisti i suoi parlamentari e ministri

03 GENNAIO 2024 ALLE 20:54 3 MINUTI DI LETTURA

ROMA — Mannaggia, Giorgia Meloni. Ogni volta che c’è l’occasione per annunciare al «globo terracqueo» (citazione della premier) le meraviglie del suo governo qualcuno le chiede di rispondere di un Pozzolo.

Anche oggi, nell’attesissima conferenza stampa sul 2023, tutti penseranno soltanto a lui, al cowboy Manny, il deputato pistolero che va in giro con un’arma nel borsello. Non lo si dimenticherà tanto presto. Il suo sparo di Capodanno campeggia sui siti stranieri. Pazzi questi politici italiani, si fanno beffa all’estero. E nei nostri salotti, alle prese con la tombola, non si sa se ridere o piangere. Di cosa ci stupiamo? L’onorevole Emanuele Pozzolo in fondo è l’ennesima maschera della nostra commedia dell’arte.



Tra sei mesi si vota, per le Europee. Il primo cimento elettorale per Giorgia Meloni statista. L’anno però è iniziato col botto sbagliato. Qualcosa di simile era già successo prima di Natale, quando la proposta di legge del senatore di Fratelli d’Italia Bartolomeo Amidei per abbassare a sedici anni l’età minima per richiedere il porto d’armi aveva oscurato fatalmente i provvedimenti dell’ultimo consiglio dei ministri. I baby cacciatori si erano presi la scena. Poi il ministro Francesco Lollobrigida ci ha messo una pezza, imponendo il dietrofront.

E come dimenticare la faccia della nostra presidente del consiglio quando, a luglio, al vertice Nato di Vilnius, le avevano chiesto di Leonardo Apache La Russa sospettato di stupro? Due mesi dopo il suo ancora compagno Andrea Giambruno aveva invitato le donne a non ubriacarsi «perché poi il lupo lo trovi», proprio alla vigilia dell’incontro con la stampa per parlare del decreto Caivano. Anche lì sfortuna nera. Dopo un’iniziale supercazzola Meloni se la cavò citando una frase della propria madre: «Giambruno voleva dire: occhi aperti e testa sulle spalle».

Lei è brava, si sa. Anche a sinistra i più mormorano: «Ce l’avessimo noi una così!». Un bomber che sa bucare la rete. Peccato che tutti questi gaffeur usciti dal cinepanettone San Silvestro a Rosazza li abbia scelti lei di persona personalmente, uno per uno, nella convinzione che fidarsi è bene non fidarsi è meglio, come ci ricordavano le nonne. Vai a sapere che poi si sarebbero montati la testa o avrebbero agito come chi crede di essere impunito. «Io sono un parlamentare!» ha detto Pozzolo ai carabinieri che gli chiedevano di consegnare i vestiti indossati quella sera.

Magari molti italiani quelli come Lollobrigida li trovano pure simpatici. Chi di noi non ha sognato di fermare un treno e scendere alla stazione desiderata? «L’hanno fatto tutti», ha detto Arianna Meloni, la sorella di Giorgia, per difendere il marito ferroviere. Tutti chi? O magari concordano col ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che si è augurato «l’umiliazione» per gli studenti indisciplinati. Probabilmente non pochi sono d’accordo col ministro Matteo Piantedosi che dopo il naufragio di Cutro confessò: «Anche se fossi disperato non partirei». E magari non si scandalizzano che l’onorevole Federico Mollicone possa dire impunemente che «la maternità surrogata è un reato più grave della pedofilia». Chissà.

Come spiegare altrimenti che a dispetto di questi frequentissimi inciampi Fratelli d’Italia è ancora, in ogni sondaggio, saldamente al primo posto?

In un altro tempo, quando la destra meloniana strepitava contro la corruzione, il malaffare, la mafia, le tasse – sono gli urli quotidiani su tv e social che hanno reso imbattibile la premier – una come Augusta Montaruli, l’ex sottosegretaria all’Università condannata anche per avere usato fondi pubblici per acquistare il manualetto erotico Sexploration: giochi proibiti per coppie. Istruzioni per l’uso sarebbe finita ai margini. Invece ha organizzato la colletta tra i parlamentari amici per comprare il regalo di Natale a “Giorgia”.

E poi, carsicamente, viene fuori il fascismo che è in loro. Claudio Anastasio, l’amico di Rachele Mussolini, il primo ad essere stato nominato nel Parastato, si divertiva a mandare per mail al consiglio d’amministrazione della controllata 3-I spa il discorso con cui Benito Mussolini rivendicava la responsabilità politica del delitto MatteottiGaleazzo Bignami vestito da nazista è ormai un meme.

Invece Andrea Delmastro, il sottosegretario alla Giustizia, e Giovanni Donzelli, il capo dell’organizzazione, hanno movenze che ricordano gli attori comici. Uno, Delmastro, è il protagonista, Donzelli la spalla. Così hanno operato nell’attaccare il Pd utilizzando le informazioni riservate del caso Cospito, l’anarchico detenuto al 41-bis.

E tornando al pistolero Pozzolo, come non notare che il ferito è il genero dell’agente di polizia che abitualmente scorta il sottosegretario, che si aggiunge, senza volerlo, al “cognato” (Lollobrigida) e alla “sorella” (Arianna). Perché il melonismo è una grande famiglia di arcitaliani. Un po’ pasticciona. Un po’ gradassa. Peccato per Giorgia Meloni che è tanto brava, invece quelli che si è scelti…

La nostra Presidente del Consiglio mostra una grande soddisfazione per l’atteggiamento dell’Unione europea, per le sue promesse in tema di aiuto all’Italia nello spinoso campo dell’immigrazione.

Medesima soddisfazione ha mostrato dopo  l’ultimo Consiglio europeo, dove, per il nostro premier l’immigrazione nel mediterraneo, grazie all’Italia, è stata rimessa al centro della discussione.

Peccato che le Conclusioni del Consiglio europeo (visionabili cliccando qui) pongano il tema migratorio fra le “varie ed eventuali” e le liquidino con cinque righe: ”La presidenza del Consiglio e la Commissione hanno informato il Consiglio europeo in merito ai progressi compiuti nell’attuazione delle sue conclusioni del 9 febbraio 2023 in materia di migrazione [cioè: nulla. N.d.a.]. Ricordando che la migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea, il Consiglio europeo chiede la rapida attuazione di tutti i punti concordati. Riesaminerà tale attuazione nel mese di giugno”.  Insomma un ennesimo rinvio dopo anni di rinvii.

Altro che “battere i pugni sul tavolo”, altro che “Il Governo di Destra ha convinto l’Europa ad aiutarci!”. Per come sono andate le cose negli ultimi anni è lecito prevedere che l’unica cosa che – in sede europea – sarà decisa sarà un ennesimo rinvio o, al massimo, qualche contributo economico.

Vogliamo chiederci perché?

La storia è lunga, lunghissima, parte da Tampere nel 1999 e arriva fino ai giorni nostri (per una esauriente panoramica, ma troppo lunga per un articolo di blog, consiglio il mio libro “Da Tampere alla Sea Watch” (reperibile su Amazon cliccando qui)

Chi decide in Europa? Decide il Consiglio europeo che può modificare e ribaltare anche le decisioni della Commissione. E la maggioranza degli Stati membri ha altro da pensare che “aiutare l’Italia”. Per molti motivi.

Innanzitutto, gli Stati più grandi hanno accolto molti più richiedenti asilo di noi (Vedi qui Openpolis  e qui Vita su dati Eurostat). In sintesi nel 2022 in Italia sono state presentate 77.195 richieste di protezione internazionale, a fronte delle 217.735 presentate in Germania, delle 137.505 registrate in Francia e delle 116.140 in Spagna. Nel nostro Paese, quindi, sono state presentate poco più di un terzo (il 35%) delle domande d’asilo presentate in Germania, il 56% di quelle presentate in Francia e il 66% di quelle presentate in Spagna.

Anche gli altri Paesi hanno una gran parte dell’elettorato che vede gli immigrati come il fumo negli occhi, figuriamoci se bramano di andarsi a prendere quelli provenienti da un altro Stato membro.

Né la Meloni può aspettarsi alleanze dai suoi “alleati sovranisti” come Ungheria e Polonia che, come abbiamo visto non hanno mosso un dito per “prendersi i migranti sbarcati in Italia.

Le recenti vittorie della Destra in Svezia e Finlandia non aiutano certo, così come la precaria condizione politica di Macron.

Nessuno Stato membro accetterebbe “a gratis” in nome della supposta solidarietà europea, di scontrarsi con l’opposizione interna per aiutare un Paese, come il nostro” che “non sa difendere i suoi confini”. Che poi respingere i migranti sul confine terrestre sia una cosa e respingerli in mare sia un’altra, è cosa che nelle dichiarazioni politiche conta ben poco.

Un altro motivo per il quale la Meloni on può aspettarsi aiuto è che gli altri Stati membri, secondo le norme che ci siamo dati in Europa, “stanno bene”: il peso di chi arriva, sia richiedente asilo o meno, deve essere sostenuto dallo Stato di primo arrivo. Quindi l’onere della procedura di riconoscimento della protezione internazionale, quello del sostentamento del richiedente protezione e del protetto, dell’eventuale espulsione, sono tutti a carico del Paese di primo approdo, in questo caso l’Italia che non vede, come gli altri Stati, il richiedente asilo bussare alla porta ma, per le leggi del mare (vedi qui quali sono) deve anche andare a salvarli.

Ho scritto delle espulsioni. Ultimamente la percentuale di diniego della protezione si è ancora più abbassata e si allarga la forbice fra migranti arrivati e richiedenti asilo. Questo significa che, ad oggi, su oltre 23.000 migranti sbarcati sulle nostre coste 23 dal 1° gennaio 2023 la percentuale di quelli che chiedono protezione si è abbassata. Molti, quasi tutti sanno di Dublino e cosa comporta. Preferiscono aspettare l’espulsione [che ormai, stante la quasi impossibilità di rimpatrio fisico] si è ridotta ad un pezzo di carta e tentare la fortuna in un altro Paese europeo dove, sempre da irregolari, si vive meglio che in Italia.

E, ricordo, le espulsioni son cosa difficile non solo per l’Italia, ma per tutti gli Stati europei [Valga per tutti la storia di Anis Amri, espulso dall’Italia che la Germania, sia pur avvertita non riuscì ad espellere e provocò la strage del mercatino di natale a Berlino]

Anche le ricollocazioni, o rilocazioni, ossia il trasferimento obbligatorio di migranti dall’Italia (e Grecia) in altri Paesi europei indipendentemente dal precorso riconoscimento della protezione internazionale, sancito nel 2015 dalla Commissione europea) aveva dei paletti: potevano esser trasferiti solo le persone provenienti da Paesi in guerra come Siria, Iraq, Somalia. Il numero di rilocazioni “obbligatorie” non fu mai completato e la pietra tombale fu messa dal Consiglio europeo del 28 giugno 2018 [per la cronaca il primo al quale partecipò il Governo Conte-Salvini che, come la Meloni, dichiararono un “grande successo”] che sancì la volontarietà delle rilocazioni (punto 6), quindi non più obbligatorie.

Per la cronaca, il medesimo Consiglio (al punto 12) deliberò che “È necessario trovare un consenso sul regolamento Dublino per riformarlo sulla base di un equilibrio tra responsabilità e solidarietà, tenendo conto delle persone sbarcate a seguito di operazioni di ricerca e soccorso”. Nel criptico linguaggio Brussellese approvare un atto “per consenso” significa approvarlo all’unanimità. Tale “paletto”, che significa, in poche parole, che il Regolamento di Dublino non verrà mai modificato, fu “reso necessario” dalla proposta di modifica approvata dal Parlamento europeo che, con rivoluzione copernicana assegnava la responsabilità del richiedente asilo non più allo Stato di primo approdo, bensì alla volontà del migrante. Con quel “paletto” grosso come una sequoia, della proposta approvata dal Parlamento europeo non se ne è sentito più parlare.

Un altro, ma non meno importante, motivo di diniego di aiuto è la cattiva fama che ci siamo fatti perché non tratteniamo i migranti; è cosa nota che tre migranti su quattro, dopo pochi mesi, passano il confine per arrivare in un altro Stato membro.

Da ultimo è arrivata (30 marzo 2023) la condanna dell’Italia (qui il link al Consiglio d’Europa) per trattamenti inumani e degradanti verso alcuni migranti nell’Hot Spot di Lampedusa e nel successivo rimpatrio.

Secondo voi con questo panorama è possibile parlare di grande successo nell’ultimo Consigli europeo? È possibile che gli altri Stati membri, nonostante l’opposizione interna, vogliano favorire l’Italia prendendosi, oltre quelli che scappano, altri migranti che non sempre sfuggono da guerre e persecuzioni ma, spesso, come gran parte dei tunisini ed egiziani voglio solo una vita migliore? Evidentemente no.

Quello che manca, e in cui l’Europa – per i Trattati – non può intervenire, è una via legale all’immigrazione economica. Noi siamo ancora fermi alle quote, ai clic day, all’impossibilità di una preventiva conoscenza fra datore di lavoro e lavoratore.

Il Governo ha sbandierato ai quattro venti il GRANDE SUCCESSO dell’ultimo “Decreto flussi” i cui 83.000 posti sono andati esauriti in poche ore con oltre 230.000 domande. Poi andiamo a vedere nel dettaglio: la maggior parte dei posti offerti è nel settore agricoltura per lavori a tempo determinato. I “chiamati”, prima di entrare in Italia dovranno munirsi di visto che verrà loro concesso dietro presentazione della “chiamata” e previa verifica che altri italiani o europei non vogliano quel posto; qualche mese, insomma. Quando, magari, l’interesse del futuro datore di lavoro si sarà parecchio affievolito.

Ma questo è un altro discorso.

Rimangono solo le bugie della Meloni sul “Grande successo dell’Italia all’ultimo Consiglio Europeo che ha riportato la questione dell’immigrazione al centro dell’agenda europea”. Lo dissero anche Conte e Salvini dopo il Consiglio europeo del 28 giugno 2018.

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