La nostra Presidente del Consiglio mostra una grande soddisfazione per l’atteggiamento dell’Unione europea, per le sue promesse in tema di aiuto all’Italia nello spinoso campo dell’immigrazione.

Medesima soddisfazione ha mostrato dopo  l’ultimo Consiglio europeo, dove, per il nostro premier l’immigrazione nel mediterraneo, grazie all’Italia, è stata rimessa al centro della discussione.

Peccato che le Conclusioni del Consiglio europeo (visionabili cliccando qui) pongano il tema migratorio fra le “varie ed eventuali” e le liquidino con cinque righe: ”La presidenza del Consiglio e la Commissione hanno informato il Consiglio europeo in merito ai progressi compiuti nell’attuazione delle sue conclusioni del 9 febbraio 2023 in materia di migrazione [cioè: nulla. N.d.a.]. Ricordando che la migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea, il Consiglio europeo chiede la rapida attuazione di tutti i punti concordati. Riesaminerà tale attuazione nel mese di giugno”.  Insomma un ennesimo rinvio dopo anni di rinvii.

Altro che “battere i pugni sul tavolo”, altro che “Il Governo di Destra ha convinto l’Europa ad aiutarci!”. Per come sono andate le cose negli ultimi anni è lecito prevedere che l’unica cosa che – in sede europea – sarà decisa sarà un ennesimo rinvio o, al massimo, qualche contributo economico.

Vogliamo chiederci perché?

La storia è lunga, lunghissima, parte da Tampere nel 1999 e arriva fino ai giorni nostri (per una esauriente panoramica, ma troppo lunga per un articolo di blog, consiglio il mio libro “Da Tampere alla Sea Watch” (reperibile su Amazon cliccando qui)

Chi decide in Europa? Decide il Consiglio europeo che può modificare e ribaltare anche le decisioni della Commissione. E la maggioranza degli Stati membri ha altro da pensare che “aiutare l’Italia”. Per molti motivi.

Innanzitutto, gli Stati più grandi hanno accolto molti più richiedenti asilo di noi (Vedi qui Openpolis  e qui Vita su dati Eurostat). In sintesi nel 2022 in Italia sono state presentate 77.195 richieste di protezione internazionale, a fronte delle 217.735 presentate in Germania, delle 137.505 registrate in Francia e delle 116.140 in Spagna. Nel nostro Paese, quindi, sono state presentate poco più di un terzo (il 35%) delle domande d’asilo presentate in Germania, il 56% di quelle presentate in Francia e il 66% di quelle presentate in Spagna.

Anche gli altri Paesi hanno una gran parte dell’elettorato che vede gli immigrati come il fumo negli occhi, figuriamoci se bramano di andarsi a prendere quelli provenienti da un altro Stato membro.

Né la Meloni può aspettarsi alleanze dai suoi “alleati sovranisti” come Ungheria e Polonia che, come abbiamo visto non hanno mosso un dito per “prendersi i migranti sbarcati in Italia.

Le recenti vittorie della Destra in Svezia e Finlandia non aiutano certo, così come la precaria condizione politica di Macron.

Nessuno Stato membro accetterebbe “a gratis” in nome della supposta solidarietà europea, di scontrarsi con l’opposizione interna per aiutare un Paese, come il nostro” che “non sa difendere i suoi confini”. Che poi respingere i migranti sul confine terrestre sia una cosa e respingerli in mare sia un’altra, è cosa che nelle dichiarazioni politiche conta ben poco.

Un altro motivo per il quale la Meloni on può aspettarsi aiuto è che gli altri Stati membri, secondo le norme che ci siamo dati in Europa, “stanno bene”: il peso di chi arriva, sia richiedente asilo o meno, deve essere sostenuto dallo Stato di primo arrivo. Quindi l’onere della procedura di riconoscimento della protezione internazionale, quello del sostentamento del richiedente protezione e del protetto, dell’eventuale espulsione, sono tutti a carico del Paese di primo approdo, in questo caso l’Italia che non vede, come gli altri Stati, il richiedente asilo bussare alla porta ma, per le leggi del mare (vedi qui quali sono) deve anche andare a salvarli.

Ho scritto delle espulsioni. Ultimamente la percentuale di diniego della protezione si è ancora più abbassata e si allarga la forbice fra migranti arrivati e richiedenti asilo. Questo significa che, ad oggi, su oltre 23.000 migranti sbarcati sulle nostre coste 23 dal 1° gennaio 2023 la percentuale di quelli che chiedono protezione si è abbassata. Molti, quasi tutti sanno di Dublino e cosa comporta. Preferiscono aspettare l’espulsione [che ormai, stante la quasi impossibilità di rimpatrio fisico] si è ridotta ad un pezzo di carta e tentare la fortuna in un altro Paese europeo dove, sempre da irregolari, si vive meglio che in Italia.

E, ricordo, le espulsioni son cosa difficile non solo per l’Italia, ma per tutti gli Stati europei [Valga per tutti la storia di Anis Amri, espulso dall’Italia che la Germania, sia pur avvertita non riuscì ad espellere e provocò la strage del mercatino di natale a Berlino]

Anche le ricollocazioni, o rilocazioni, ossia il trasferimento obbligatorio di migranti dall’Italia (e Grecia) in altri Paesi europei indipendentemente dal precorso riconoscimento della protezione internazionale, sancito nel 2015 dalla Commissione europea) aveva dei paletti: potevano esser trasferiti solo le persone provenienti da Paesi in guerra come Siria, Iraq, Somalia. Il numero di rilocazioni “obbligatorie” non fu mai completato e la pietra tombale fu messa dal Consiglio europeo del 28 giugno 2018 [per la cronaca il primo al quale partecipò il Governo Conte-Salvini che, come la Meloni, dichiararono un “grande successo”] che sancì la volontarietà delle rilocazioni (punto 6), quindi non più obbligatorie.

Per la cronaca, il medesimo Consiglio (al punto 12) deliberò che “È necessario trovare un consenso sul regolamento Dublino per riformarlo sulla base di un equilibrio tra responsabilità e solidarietà, tenendo conto delle persone sbarcate a seguito di operazioni di ricerca e soccorso”. Nel criptico linguaggio Brussellese approvare un atto “per consenso” significa approvarlo all’unanimità. Tale “paletto”, che significa, in poche parole, che il Regolamento di Dublino non verrà mai modificato, fu “reso necessario” dalla proposta di modifica approvata dal Parlamento europeo che, con rivoluzione copernicana assegnava la responsabilità del richiedente asilo non più allo Stato di primo approdo, bensì alla volontà del migrante. Con quel “paletto” grosso come una sequoia, della proposta approvata dal Parlamento europeo non se ne è sentito più parlare.

Un altro, ma non meno importante, motivo di diniego di aiuto è la cattiva fama che ci siamo fatti perché non tratteniamo i migranti; è cosa nota che tre migranti su quattro, dopo pochi mesi, passano il confine per arrivare in un altro Stato membro.

Da ultimo è arrivata (30 marzo 2023) la condanna dell’Italia (qui il link al Consiglio d’Europa) per trattamenti inumani e degradanti verso alcuni migranti nell’Hot Spot di Lampedusa e nel successivo rimpatrio.

Secondo voi con questo panorama è possibile parlare di grande successo nell’ultimo Consigli europeo? È possibile che gli altri Stati membri, nonostante l’opposizione interna, vogliano favorire l’Italia prendendosi, oltre quelli che scappano, altri migranti che non sempre sfuggono da guerre e persecuzioni ma, spesso, come gran parte dei tunisini ed egiziani voglio solo una vita migliore? Evidentemente no.

Quello che manca, e in cui l’Europa – per i Trattati – non può intervenire, è una via legale all’immigrazione economica. Noi siamo ancora fermi alle quote, ai clic day, all’impossibilità di una preventiva conoscenza fra datore di lavoro e lavoratore.

Il Governo ha sbandierato ai quattro venti il GRANDE SUCCESSO dell’ultimo “Decreto flussi” i cui 83.000 posti sono andati esauriti in poche ore con oltre 230.000 domande. Poi andiamo a vedere nel dettaglio: la maggior parte dei posti offerti è nel settore agricoltura per lavori a tempo determinato. I “chiamati”, prima di entrare in Italia dovranno munirsi di visto che verrà loro concesso dietro presentazione della “chiamata” e previa verifica che altri italiani o europei non vogliano quel posto; qualche mese, insomma. Quando, magari, l’interesse del futuro datore di lavoro si sarà parecchio affievolito.

Ma questo è un altro discorso.

Rimangono solo le bugie della Meloni sul “Grande successo dell’Italia all’ultimo Consiglio Europeo che ha riportato la questione dell’immigrazione al centro dell’agenda europea”. Lo dissero anche Conte e Salvini dopo il Consiglio europeo del 28 giugno 2018.