Bilbao
Non mi andava di fare oltre 15 km per scalare un monte e camminare poi nella grande periferia di Bilbao. Allora un bus da Larrabetzu in mezz’ora ha coperto la distanza con la città. Bilbao alle 8 dorme ancora. Nei bar i reduci della nottata brava (a Bilbao è settimana grande, una settimana di fiesta continua) a prender caffè, nelle strade gli addetti alla nettezza urbana a pulire e lavare strade e marciapiedi e addetti ai giardini ad innaffiare e potare aiuole. Mi domando da quando non vediamo tutto questo fervore di pulizia nelle nostre città.
Due giorni senza Cammino. Riposo e turismo. Albergo nella città vecchia, il Casco Viejio, il nucleo originario di Bilbao con le sette calli (kalea) storiche, vicino alla Cattedrale del ‘300, bella e imponente. Però lo ingresso in chiesa è a pagamento, 5 euro. Ma per i peregrinos è gratuito ed ho un altro timbro (sello) sulla credenziale de pellegrino.
Bilbao, con i suoi viali larghi, i palazzi storici incute rispetto. Segni di uno splendido, orgoglioso passato. Poi la decadenza. La città non riusciva ad espandersi, stretta fra le pareti del “fiordo” in cui è costruita e la cintura industriale ormai quasi tutta dismessa.
Certo un buon punto per la rinascita fu, nel 1997, l’inaugurazione dell’allora avveniristico museo Guggenheim, sorto al posto di un morente insediamento industriale. Una costruzione tutta curve ricoperta di lastre di titanio che riflettono ogni raggio di luce ricevuta. Solo curve senza una forma definita, quasi l’immagine simbolo di creature marine che piroettano sott’acqua.
Il museo, il botxo (=buco, come lo chiamano qui) cominciò ad attrarre turisti da tutto il mondo aiutando la rinascita di Bilbao.
Però, come tutte le grandi opere architettoniche moderne, forse il contenitore sovrasta e comprime il contenuto. La costruzione è bellissima, con le sue curve che eliminano qualsiasi forma predefinita, ma dentro non c’era moltissimo a parte una temporanea di Chagall (bella e accurata) e una mostra sull’arte cinese dopo il 1989.
Per tutta la settimana è fiesta grande. Gruppi di cittadini girano col fazzoletto blu al collo, simbolo di appartenenza alla città che si prepara per la sera. Enormi ristoranti all’aperto con banconi pieni di pintxos e barili di birra, posti lungo il fiume, si preparano a placare la fame e la sete dei festaioli.
Ma, nel frattempo, sono andato a mangiare al mercato coperto. Mi dicono sia una caratteristica spagnola. Il grande mercato coperto, dove le massaie si riforniscono di verdure, pesce, carne, etc, ha un’area dove questi prodotti vengono cucinati e venduti. Tripudio di pintxos, boccadillos, cerveza, paella e via dicendo. Ognuno prende un piatto, sceglie quello che vuole, paga, si cerca un tavolo e mangia.
E che la fiesta sia.
Il sole non è ancora calato che le strade sono gremite, i locali affollati, gli artisti di strada, e sono tanti, iniziano i loro spettacoli: chi suona strumenti strani, chi balla, chi canta languide canzoni. Intorno la folla sciama allegra, tutti con il fazzoletto blu al collo. Dal collo, legato con una cordicella, pende un capiente bicchiere di plastica: così è più facile farsi versare la birra ed il recipiente è sempre pronto. Solo birra alla spina. Quindi niente bottiglie o bicchieri per terra.
Il passaggio dei piccoli bobcat della nettezza urbana è continuo. La folla si sposta allegra per farli passare.
Band improvvisate, ma brave, fanno rullare i tamburi e si confondono con i pifferi degli anziani dello “orgoglio basco”.
Nei grandi tendoni, oltre la birra, corrono e ballano persone di ogni età.
Ogni via è adornata di luminarie. Alle 22.30 quasi mezz’ora di fuochi artificiali.
Non si sentono urla, ma solo vociare e risate.
E si andrà avanti così, ogni sera, fino a domenica prossima.
Bella gente i baschi. Tanto di cappello, anzi, di basco.
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