Delle nefandezze che si commette sui social di internet si è detto molto. Ci sono gli odiatori di professione che raggiungono orgasmi multipli riempendo di contumelie veri o presunti avversari. Godono pigiando sulla tastiera quei tasti che compongono le parole più abiette, gli auspici più nefasti verso i loro nemici.
Ci sono gli stalker digitali che hanno amplessi digitali vergando sulla tastiera le frasi, a loro modo di pensare, più lussuriose all’indirizzo delle loro “prede”.
Ci sono gli (o le) esibizionisti che postano, convinti di essere strafighi) le loro foto in atteggiamenti più o meno conturbanti.
Potrei citare altre categorie come quelle dei fideisti fino alla morte, convintissimi a sostenere, contro ogni evidenza, il loro leader politico, le scie chimiche o la pericolosità dei vaccini o la forma piatta della terra.
La spinta di ognuna di queste categorie è la medesima: convinti di essere fra i pochi partecipi ad un segreto, tentano di uscire fuori dalla massa, sostenendo una tesi di minoranza, al fine di avere un momento, un solo momento sotto i riflettori.
Ma, se ce ne siete accorti, da un po’ di tempo c’è una nuova categoria di matti sui social di internet.
Io li chiamo “statusquoisti”. Il loro scopo è contestare le giuste (o meno giuste) lamentazioni o rimostranze del prossimo.
Se un tizio, incazzato nero, posta una foto di cassonetti stracolmi cirrcondati da una corona di sacchetti dell’immondizia pieni, inveendo contro la mancata raccolta dei rifiuti, lo statuquoista inveisce contro il tizio, sostenendo che la colpa non è dell’Azienda preposta alla raccolta rifiuti, bensì del cittadino che lascia i sacchetti fuori posto.
Oppure se un pellegrino del Cammino dii Santiago segnala su FB che un albergo è sporco, con le cimici e pieno di mosche, salta su lo statusquoista che ribatte che la segnalazione diffama la locanda, che le cimici sono state senz’altro portate dal pellegrino e che le mosche sono entrate perché il pellegrino ha lasciato la finestra aperta.
Se Caio si lamenta perché gli avventori del bar sotto la sua finestra schiamazzano fino alle ore piccole privandolo del sonno, lo statuquoista di turno lo redarguisce della sua scada tolleranza e della sua mancanza di socializzazione.
Insomma gli statusquoisti, senza posa, si adoperano affinché la vita scorra così come scorre; si adoperano affinché gli abusi non vadano puniti perché la punizione scalfirebbe lo status quo.
Mi piacerebbe sapere se ci avete fatto caso e se, sui social, lì avete incontrati anche voi.
La lunghe ore di viaggio (nove) sul bus diretto a Barcellona mi fanno riflettere sui possibili errori commessi quest’ anno e che mi hanno fatto interrompere il Cammino dopo solo 120km, mentre lo anno scorso con notevole facilità ne ho percorsi oltre 200 da Irun a Santanter.
Vediamo.
Abbigliamento. Praticamente identico a quello dello scorso anno. Stesso zaino. Stesso modello di scarpe, stesso numero di pantaloni, di magliette, mutande, un paio di calzini in più. Un plile in più (settembre invece di agosto) ma il sacco a pelo leggero in meno, sostituito dal sacco lenzuolo. Stessa busta per la toilette. Forse qualcosa in più fra i medicinali, una mantella nuova, più seria di quella comprata di corsa lo scorso anno a Lourdes.
Peso. Sì lo zaino, un litro di acqua e bastoncini veleggia sui 10kg, giusto uno in più dello scorso anno.
Allenamento: perfettamente comparabile con quello dello scorso anno.
E allora perché? Perché è andata storta? Sì, vabbè, io sono innamorato dei Paesi Baschi, dei loro boschi e dei sentieri di montagna.In Cantabria e Asturie tanto, troppo asfalto, meno panorami e meno paesi allegri.
Ma questo non basta a spiegare le gambe che mi facevano male e i piedi indolenziti e di piombo la sera. Ho dovuto prendere un’aspirina a sera.
Neppure i 390 giorni in più di età:gli esami clinici fatti prima di partire mi hanno confermato la buona forma anche a 64 anni passati.
Non lo so, forse la gran differenza fra la parte fini a Santanter e quella dopo? La mancanza di entusiasmo? Le catastrofiche previsioni meteo viste in Asturie? Non cerco giustificazioni, cerco risposte.
Potevo prendere un bus fino alla fine della costa asturiana e fino a che il Cammino non avesse lasciato la costa sulla quale il Cammino non c’è.
Forse odio il concetto di tappa: devi partire da qui ed arrivare lì. Taluni peregrini, che lo avevano percorso, mi hanno detto che sul francese non esiste il concetto di tappa. Gli ostelli, o le case private che offrono ospitalità, sono uniformemente distribuiti sul percorso così da permettere una sosta notturna ogni pochi chilometri al peregrino che, da quelle parti avesse esaurito le energie.
Non lo so.
Staremo a vedere per lo anno prossimo, magari mi studio il francese.
Ultreya

Pare di no, è una deformazione di un nome pregresso. Wikipedia dice:”Santander fu fondata dai Romani come Portus Victoriae. Successivamente cambiò nome in Portus Emeterii, cambiamento legato ad una leggenda secondo la quale a Santander giunse una barca che portava le teste di due legionari romani, Emeterio e Celedonio, decapitati a causa della loro fede cristiana, le loro reliquie sono state trovate nel secolo scorso nel sottosuolo della cripta della chiesa di San Martin. I due martiri, fatti santi, divennero i patroni della città e dal nome Portus Emeterii si passò a Sant’Emeterio, poi a Sant’Emeter, Santemeter e, infine, all’attuale toponimo Santander.”
Le altre notizie sulla città cliccando qui
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Santander
insomma oggi giornata di riposo.
Vi ho detto della albergatrice un po’ pazzarella.
La mia camera, la stessa dello scorso anno, completamente ridipinta con il bow window sul mercato, ha un lavandino e la doccia. I gabinetti sono in comune.
La mattina, come ogni pergrino (o, ormai, ex peregrino) che si rispetti mi alzo presto e mi tuffo nella doccia in camera. Acqua fredda, aspetto, acqua fredda, aspetto ancora, acqua fredda. Prendo lo asciugamano e vado nei bagni comuni. Acqua calda. All’uscita incontro la albergatrice. Piuttosto offeso (pago i 70 euro/giorno anche per la acqua calda) le faccio notare la mancanza. Lei per tutta risposta, garrula e felice, ridendo mi dice “non ti preoccupare, se l’acqua calda non arriva nella tua doccia, puoi tranquillamente andare nei bagni comuni!, Non c’è alcun problema”. E se ne va, lasciandomi basito.
Oltre la colazione, nel bar a fianco, la prima cosa che un peregrino deve fare quando arriva in un paese non piccolo è la sosta alla lavanderia a gettoni. Fra limpiadora e secadora,in 40 minuti il mucchio di vestiti umidi e puzzolenti si trasforma in profumato bucato.
E poi in giro per Santanter.
C’è l’hodavani alla finestra e voglio visitare il mercato de la ESPERANZA. Grosso fabbricato a due piani. Sotto il pesce, sopra la carne. Soprattutto per il pesce ogni ben di Dio. Dai mariscos, vongole, ostriche, molluschi vari a tonni interi, spigole, ombrine, scorfani. Avrei comprato tutto. Una giovane e carina banchisa, moto spagnola: occhi e capelli nerissimi, sguardo fiero, si accorge del mio entusiasmo e mi chiede se voglio e che voglio comprare. Con rammarico le dico che sono in albergo e che non posso cucinare. Comprende e mi regala due ostriche da mangiare lì sul posto, bagnate di limone.
Giro un po’ il centro commerciale, compro il giubbino rosso che avevo visto all’andata e con il sole pieno vado ai giardini di fronte al mare. Vedo che stanno preparando l’allesty della “festa del mare”che inizia stasera: due velieri sono attraccati, uno è la riproduzione di uno di quei galeoni spagnoli che tanto oro portarono dalle Americhe.
Ancora qualche foto all’opera in bronzo di José Cobo che riproduce quattro “raqueros” , sorta di scugnizzi napoletani.
A pranzo non possono mancare i soliti pinxos, stavolta con maiale, una buona insalata mista e…la gagna di cerveza. Un buon locale “la cathedra” in calle del medio.
E, stasera, ultima sera a Santander, via a tutta Fiesta del mare. Divertiamoci ché domani ci attendono nove ore di bus per Barcellona!





Notte agitata, non so se per la zuppa di pesce di ieri sera condita con due Estrella Galizia e patatine fritte oppure per il senso di colpa di abbandonare l’impresa. Ci ho pensato e ripensato, talvolta mi imponevo di proseguire, magari fermandomi un giorno in più, ma le previsioni annunciano maltempo non breve. Poi, quest’anno non ho ritrovato lo entusiasmo dello scorso anno, complici i molti chilometri sull’asfalto e il maggior peso dello zaino.
Mi dicono che più avanti è meglio, ma il risveglio mi riporta alla realtà: 13 gradi, cielo nero e pioggia a catinelle. A colazione l’albegatrice mi conferma che con quelle nuvole nere dall’oceano si convive non poco.
Decisione presa, dal taxi verso Llanes vedo i peregrini nelle loro nere mantelle che barcollano sotto l’acqua scrosciante.
Chissà poi perché hanno quasi tutti la mantella nera o, comunque, scura. La mia è rosso scarlatto e la giacca antipioggia è giallo fluorescente. Mi piacciono i colori accesi e allegri.
Autostazione di Llanes. Un’altra colazione non ci sta male. Arriva un pullman dalla Cantabria. Scarica una ventina di pellegrini bagnati come pulcini, con mantelle, ombrelli e tutto l’armamentario antipioggia in funzione. Evidentemente raccolti sul percorso. Ma qui non è che troveranno miglior tempo.
Arriva, finalmente, il bus ALSA per Santanter/Irun con 40 minuti di ritardo per via del maltempo.
Bus di lusso con Wi-Fi e vari canali di musica da ascoltare con le cuffiette.
Il tempo fa veramente paura, cielo nero e pioggia fitta. Ogni tanto il bus sbanda in po’, forse per il vento.
Mi sento un po’ in colpa per i peregrini che, nonostante tutto questo, sono sul Cammino. Un pensiero per loro, per il loro sacrificio, per il loro eroismo…..o per la loro follia?
Quest’anno non ho fatto granché strada, circa 120 km in quattro giorni, mi son sembrati tanti, ma il pensiero si relativizza subito pensando che il bus, pur con cinque fermate, mi riporta Santander in poco più di due ore.
E piove. Piove talmente tanto che non riesco a capire come l’autista possa vedere dove va.
Santander. Torno alla mia pensione dello scorso anno, Hospedaje Botin, vicinissima a Plaza de Ayuntamento, in pieno centro. Ritrovo la signora che la gestisce, una pazza squinternata, incasinata che sbaglia le prenotazioni e vuole darmi la stanza per una sola notte. Poi si ricorda, trova la prenotazione e mi dà la stessa stanza dello scorso anno con un delizioso balconcino bow window che dà sul mercato. È ora di pranzo e qualche pinxos e una gagna di birra non me la leva nessuno. Dovrei portare i panni sporchi nella lavanderia a gettoni qua di fronte. Se ne parla domani.








