La campagna elettorale è appena cominciata. Mattarella ha sciolto le Camere il 21 luglio, si vota il 25 settembre e già fra gli schieramenti cominciano i distinguo e i litigi.
Vogliamo ricordarli per i posteri?
Andiamo in ordine sparso.
Fino ad ora Salvini aveva liquidato la questione del Candidato premier con una battuta “chi prende un voto in più sarà Premier!” forte del quasi 35% dei sondaggi, a, ora che quel 35% è un sogno, scavalcato sia da Fratelli d’Italia che dal PD, vuole cambiare le regole, anteponendo l’anzianità del suo partito.
Poi, in questi giorni ha tenuto banco il bacio di Giuda: l’alleanza fra Calenda e Letta durata lo spazio di un mattino. I due politici sottoscrivono un patto, scritto da Calenda, per una alleanza elettorale che comprenda anche i partiti di Fratoianni e di Bonelli, ossia Sinistra italiana e Verdi. Però, dopo 24 ora, accampando scuse poco credibili [il patto l’aveva scritto lui] se ne va con chi, fin ora era il suo peggior nemico, ossia Matteo Renzi per un tezo polo che mai, da Fini a Monti, ha portato fortuna. Attenzione elettori tentati dai due “moderati”: il sistema elettorale in vigore, il vituperato Rosatellum ha il 33% di collegi uninominali “invisibili”: lì chi prende un voto in più prende tutto. La matematica, non la politica, dice che se in un collegio si presenta un candidato di destre e cinque che vanno dal centro alla sinistra, è matematico che quel collegio sarà appannaggio del candidato di destra. Nei collegi uninominali, lo dice la parola stessa non c’è il riparto secondo le proporzioni dei voti. Erto il loro programma è ambizioso: forti dei sondaggi che danno loro un 2,5% a testa vogliono “formare un grande centro per favorire il ritorno di Draghi”!!!!. Ma, forse, Renzi che è un po’ più furbetto di Calenda ZTL, qualcosa ha capito e ha concesso al nuovo amico di fare il front runner nella campagna elettorale (= se va bene guadagniamo in due, se va male sei tu che ti sputtani)
il bacio di Giuda
I Cinquestelle, che, forse – per bocca dell’avvocato del Popolo Conte, ancora si autodefiniscono la prima forza politica parlamentare con il 33% dei seggi [sì, il 4 marzo 2018, poi discesa libera] vogliono continuare a fare i puri e correranno da soli, forti di quell’8% che i sondaggi ancora accreditano loro. Solo che non comprendono che vanno da soli non perché sono “i Puri”, ma perché nessuno li vuole più. Hanno girato la frittata (Travaglio è un ottimo affabulatore), come i Puritani, padri pellegrini del Mayflower che andarono via dall’Europa per continuare ad esser puri (secondo loro) ma in effetti scapparono perché rompevano le scatole e tutti gli altri minacciavano di ucciderli. E ora Conte continua a sostenere che la crisi non è stata provocata dai Cinquestelle, bensì da Draghi che se ne è voluto andare.
Conte accusa Draghi per la caduta del Governo
Ma c’è qualcosa che non cambia mai nei programmi della Destra (ah, come ci vorrebbe una Destra seria in Italia: ne ho scritto qui): il ponte sullo stretto di Messina. Ponte sullo stretto: tre magiche paroline che, ad onta della continua proposizione nell’impossibile opera pubblica, fruttano milioni di consensi fra gli elettori calabresi e siculi e milioni di introiti (pubblici) per studi, consulenze e progetti). Non dico che sia un opera irrealizzabile o inutile, ma sottopongo a voi questi dati: in treno da Napoli a Reggio Calabria ci vogliono dalle 4 ore e 48 minuti alle 6 ore e 5 minuti; da Messina a Trapani ci vogliono oltre 9 ore con almeno 3 cambi. Non sarebbe meglio, con spesa molto inferiore affrontare il rifacimento della linea ferroviaria per consentire un tempo di viaggio accettabile prima dispensare, come una ciliegina sulla torta, al ponte sullo stretto. Ma va così: il ponte sullo stretto è un sogno, la linea ferroviaria da rifare è cosa concreta. I voti si danno ai sogni.
il Ponte sullo Stretto
La favorita, da tutti i sondaggi è la Meloni con i suoi Fratelli d’Italia che hanno capitalizzato milioni di intenzioni di voti stando all’opposizioni e criticando tutte le misure impopolari del Governo Conte II e del Governo Draghi, specialmente quelle sui vaccini, sul Green Pass e sui ristori alle categorie svantaggiate, La critica, senza proporre misure alternative, aiuta, e molto. I vaccini sono una dittatura sanitaria, non funzionano e, se funzionano, bisogna stare attenti alle categorie ai quali viene somministrato. Il Green pass è sicuramente una limitazione della libertà, ma è stata utile a spingere milioni di italiani a vaccinarsi.
La Lega, con Salvini, aveva fatto della Flat TAX (una sola aliquota per tutti) un suo cavallo di battaglia, smentendo in tutti i modi che fosse una tassa per ricchi. Ne aveva parlato, fino a ieri, come la panacea in di tutti i mali, insieme alla cd. “pace fiscale” (ossia all’ennesimo condono). Oggi, dice La Repubblica.it che, altro che flat tax ad aliquota unica. Salvini propone, senza tema di esser ridicolo, una flat tax con ben 18 aliquote un costo di 18 miliardi e senza alcuna copertura. BAH!!!
Salvini e la flat tax
E Letta? Perso nei “GRANDI TEMI” che stanno a cuore alla sinistra, come il DDL ZAN o come lo ius soli che alla maggioranza degli italiani, alle prese con le super bollette del gas, della elettricità, al caro alimentari, alla inflazione adue cifre che si mangia i risparmi (se ci sono ancora) importano come il due di picche.
Oltretutto Enrico Letta è attualmente impegnato a ridurre il PD ad entità subatomica, visto che prometteva seggi a destra e a manca a tristi figuri come Calenda, Bonelli, Fratoianni ed anche la Bonino, ben felici di attingere alla sempre più scarsa mangiatoia del PD per rimpinguare le attese percentuali di voti dell’1-2%; senza contare le diverse e contrapposte correnti del PD che continuano a farsi la guerra. Ma lui sta sereno.
Letta, stai sereno
Abbiamo detto tutto?.
No ci sono altre due cose importanti.
Vi ricordate di Gianlugi Paragone, quello della trasmissione televisiva “La Gabbia”. Da un po’ di tempo ha fondato un gruppo dal nome “italexit” dal conseguente programma di uscita dall’Unione europea. Pochi consensi, ma Paragone sta facendo scouting. Intorno a se ha aggregato tutta una galassia di novax, nopass, gilet gialli. Prendo un pezzo dell’articolo di Repubblica.it di oggi “Tra i candidati già annunciati ci sono Stefano Puzzer, animatore dei no green pass di Trieste, e Giovanni Frajese, medico contrario al «dogma dei vaccini». Ma c’è anche un pezzo di destra radicale che si sta saldando con Italexit. Tra le proposte del partito. Sempre sul fronte sovranista, ma spostato più a “sinistra”, c’è Italia sovrana e popolare. Tra i promotori ci sono Partito comunista, Patria socialista, Ancora Italia, Riconquistare l’Italia, Azione Civile di Antonio Ingroia e la ex leghista Francesca Donato. Il tentativo è quello di unificare battaglie in comune tra mondi altrimenti distanti: contro la Nato, contro l’euro, contro l’obbligo vaccinale e il Green pass. Lo slogan, anzi il nome originario, era Uniti per la costituzione. «Venerdì (domani, ndr) dovremmo aver raggiunto le 40 firme sul territorio nazionale, ci stanno aiutando centinaia di militanti», racconta il senatore Emanuele Dessì”.Persone – a mio giudizio – molto pericolose, perché non hanno alcun programma, sono solo “contro”. Pensate a Sara Cunial parlamentare (espulsa) dai Cinquestelle che continua a contestare l’efficacia dei vaccini e a convincere della loro pericolosità. E questi sono naturali alleati di Lega e Fratelli d’Italia che, a loro, più volte hanno strizzato l’occhio.
Stefano Paragone
Ma anche all’estrema sinistra personaggi ormai squalificati come Ingroia e De Magistris tentano l’aggregazione degli scontenti e degli “arrabbiati”: A sinistra-sinistra c’è la corsa alle firme anche di Unione popolare, promossa da Rifondazione comunista e Potere al popolo, guidata da Luigi De Magistris, il cui nome è stato apposto nel simbolo assieme all’arcobaleno pacifista. Oltre 600 banchetti in tutta Italia e alcune candidature già pronte: gli storici Piero Bevilacqua e Angelo d’Orsi, la giornalista del Tg2 Chiara Prato, la ex assessora della giunta Raggi a Roma Pinuccia Montanari. Tra le proposte: salario minimo a 10 euro l’ora e blocco del costo delle bollette. L’ex sindaco di Napoli potrebbe candidarsi nel collegio della sua città ma pure in Calabria, dove lo scorso anno, in solitaria, aveva preso il 16 per cento come candidato presidente.
Ingroia e la eurodeputata novax Donato
Ultima notazione che non riguarda l’Italia, bensì la politica internazionale ma i cui esiti ci riguarderanno da vicino:
L’FBI ha perquisito gli uffici di Trump alla ricerca di carte nascoste al Congresso su fatti internazionali e sulle sue tase non pagate: tutti gli agent sono stati minacciati di morte dai supporter di Trump che, a prima vista, sta organizzando la prossima campagna elettorale come una guerra civile.
Sono solo quei quattro pennivendoli di Repubblica, Corriere, Sole24ore, La Stampa, Open, La Nazione, Avvenire e Osservatore Romano che lanciano allarmi a vanvera.
Questa mania della sinistra (sì, è solo la sinistra che vede sempre nero per mettere più tasse) di essere pessimista per rovinarci le vacanze è veramente di pessimo gusto.
Ma di che si dovrebbe preoccupare la gente? È tutto già scritto e preordinato: il banchiere cattivo che non voleva sentirne di scostamenti di bilancio è stato cacciato. Finalmente il popolo sovrano potrà esprimersi liberamente nelle urne (beh, proprio liberamente no, troppa libertà fa male, meglio non lasciargli scegliere i candidati, troppo stress, meglio dargli il pacchetto già chiuso con le liste bloccate. Vuoi mettere? Gli togliamo l’ansia del dover scegliere, di doversi informare su chi sono i candidati etc. etc).
La campagna elettorale sarà sotto l’ombrellone, gente allegramente in spiaggia o in montagna. Che non leggerà i giornali, che non vedrà neppure i talk show politici. Tanto ci sono sempre le stesse facce. Gli togliamo anche questo stress.
Poi la TV e la radio e i giornali, da sempre in mano a quei contafrottole della sinistra, è meglio leggerli il meno possibile: si ci rovina l’umore e l’appetito.
Sempre le solite notizie spaventevoli: le agenzie di rating relegano i nostri btp a spazzatura, il debito pubblico è in veloce risalita, le bollette del gas e dell’elettricità triplicano, l’inflazione e quasi al 10% e si mangerà i nostri risparmi, ma li abbiamo già spesi, quindi di che ci preoccupiamo? È cosa di niente
La siccità ha prosciugato il Po e mandato in malora coltivazioni e allevamenti? Ma ora piove, di che preoccuparsi? Forse piove un pochino troppo e con violenza, provocando frane e allagamenti, ma, via, non sottiliziamo: volevamo la pioggia e la pioggia è arrivata. Troppa? È cosa di niente.
Sì, è meglio che gli italiani non leggano queste brutte notizie
La verità è le belle notizie gliele diamo noi. Li avete visti i programmi dei partiti che vinceranno le elezioni, cioè noi?
Niente più mascherine, niente più vaccini (i giovani se la cavano con tre giorni di febbre, i vecchi hanno già fatto la loro vita, morire è cosa di niente), mai più green pass. E, poi, vogliamo affrontare i grandi temi economici? Via il reddito di cittadinanza che ha prodotto solo sfaccendati; perché lavorare fino a 67 anni? Tutti in pensione a 60 anni, o anche a 59 per chi si fa raccomandare.
La sinistra cattivona vuole finanziare il lavoro dei giovani con una tassa sulle grandi successioni. Che porcata! Basta abbassare tutte le tasse, anzi lasciarne una sola al 15% oppure al 22% secondo l’umore di chi la propone. Così i ricchi pagheranno meno tasse e potranno reinvestire quanto non pagato in nuovi posti di lavoro. I poveracci pagheranno un pochino di più, ma non c’è da preoccuparsi: tanto neppure prima avevano soldi. È cosa di niente.
Sì, vabbè, l’unione europea farà la voce grossa, minaccerà sfracelli, ma ci sarà un nuovo whatever it takes che ci salva. Ah, no? Le regole sono cambiate? L’ombrello protettivo si apre solo per chi ha i conti in ordine?
Di che preoccuparci? Minacceremo di andarcene dalla UE e cambieranno registro. Ah, no? Non c’è da preoccuparci. Ce ne andremo davvero da euro e Unione. Come, prima di andar via dovremo restituire tutti i prestiti avuti, da ultimo i 200 miliardi del Recovery Fund? E che vuoi che sia, non li restituiamo e ce ne andremo sbattendo la porta.
Cosa? La sinistra cattivona dice che così facendo ci isoletebbero peggio di Putin? E che vuoi che sia? A parte che Putin, il grande stratega, anzi Putin il grande (sia lode a lui) sta benissimo e in ottima forma, la autarchia l’abbiamo già sperimentata. È cosa di niente!
Non abbiamo gas per riscaldarci e cucinare? Ma metteremo un maglione in più e mangeremo dietetiche insalate; le docce fredde, poi, tonificano il corpo. Freddo? È cosa di niente.
Non abbiamo petrolio per le auto? Saremo tutti atleti correndo a piedi.
Utilizzeremo piacevolmente il tempo libero coltivando un piccolo orticello sul balcone. Vedete che va tutto bene?
Vi mandiamoun caro ed affettuoso saluto dal nostro scranno del Parlamento dove voi ci avete eletti e da dove possiamo guardare, con tutti i privilegi connessi, con sereno distacco alla vita quotidiana di voi poveri servi che vi bevete ogni frottola come se fosse un bicchiere d’acqua.
La maggioranza al governo se la prenderà con l’Europa, minacciando di uscire dall’Unione e dall’euro.
E qui si fermerà perché, per uscire, l’Italia, come è successo per il Regno Unito dovrà prima saldare tutti i suoi debiti. E i nostri debiti sono grossi e tanti.
Insomma, arriverà la tanto deprecabile patrimoniale e i nostri risparmi si azzereranno.
Salvini, Meloni e Berlusconi, dopo essersi riempiti la pancia, lasceranno il solito cumulo di macerie al Monti o al Draghi di turno.
Questi sono fatti facilmente prevedibili con il programma annunciato dalla Destra.
Un bravissimo giornalista, in un suo articolo, ha illustrato i guai economici che sta passando la Cina e che, a cascata, riguarderanno anche noi. Io penso che la Cina risolverà prestissimo i suoi problemi perché, da quando l’attività economica privata è stata liberalizzata, quel Paese è una “macchina da guerra” inarrestabile. Non solo per il Governo, ma anche per l’innata propensione imprenditoriale dei suoi abitanti. Non sono un economista, ma ho un ricordo indelebile del mio primo (e unico) viaggio in Cina nel 1999. Viaggio “istituzionale” a Pechino (dove però ho potuto vedere gli hutong e gli siheyuan ancora abitati) e a Chinguandao ove ci mostrarono la prima area industriale con joint-venture con aziende occidentali, molto più “libero” a Shanghai. In questa città ci muvevamo autonomamente usando i taxi. Erano tutte micro auto Maruti Suzuki guidate da autisti che, a stento, conoscevano l’ubicazione dei siti di interesse e nulla di altre lingue che non fosse la loro. Scoprimmo che erano tutti ex-operai, i primi licenziati da fabbriche improduttive che con prestiti familiari o del villaggio avevano comprato questa piccola utilitaria e si erano reinventati un mestiere. Dovevano lavorare quasi 20 ore al giorno per mettere insieme la somma occorrente per ripagare il debito contratto. Venendo da fuori, ogni pochi metri si fermavano per chiedere indicazioni per raggiungere la meta indicata dal cliente, ovviamente preventivamente scritta in cinese dal receptionist del nostro albergo. Pututtavia, reinventarsi di sana pianta un nuovo lavoro partendo da zero, contraendo un oneroso presto ed aiutandosi sia con lunghi giri inutili per fare camminare il tassametro (che, spesso, non inserivano neppure) mi fece comprendere che non si davano per vinti, che reagivano alla perdita del lavoro con mentalità positiva ed imprenditoriale. Ed era il 1999. Se tutti i cinesi son così, veramente diventeranno i padroni del mondo