Si fa un gran parlare, in questi giorni di possibile rottura fra gli alleati del Governo che – fra le possibili conseguenze – potrebbe portare ad elezioni anticipate.
Non è così.
Questa legislatura durerà a lungo ma non per calcoli politici degli alleati (per ora) di Governo, né per eventuali governi tecnici.
Durerà molto perché non sarà possibile sciogliere le Camere. No, non sarà proprio possibile.
Perché? Perché a settembre sarà approvata la legge di riforma costituzionale di dimezzamento (o quasi) di deputati e senatori.
Il Disegno di legge A.S. 214 recante “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” (clicca qui per la scheda Senato), ora Atto Camera 1585-B (clicca qui per la scheda Camera) prevede la riduzione da 630 a 400 dei Deputati e da 315 a 200 dei Senatori.
Tralascio qui il merito della legge che – secondo me – consegnerebbe veramente il Parlamento in mano ai segretari di partito e sul quel ho scritto più volte (clicca qui e qui e qui e qui).
Vediamo le conseguenze tecniche. Il Disegno di legge in parola è un disegno di legge costituzionale che segue la procedura descritta nell’articolo 138 della Costituzione:
- “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione [cfr. art. 72 c.4].
- 2. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare [cfr. art. 87 c.6] quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata [cfr. artt. 73 c.1, 87 c.5 ], se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
- 3. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”
L’11 luglio 2019 il Senato ha approvato in seconda lettura il testo della legge ma non con la maggioranza di due terzi dei propri componenti come descritto nel terzo comma dell’articolo 138 della Costituzione sopracitato.
Quindi anche se la Camera dovesse (pare a settembre) approvare all’unanimità il Disegno di legge, potrebbe scattare quanto disposto dal secondo comma sempre dell’art. 138 della Costituzione.
Se un disegno di legge di revisione costituzionale non è approvato da ciascun ramo del parlamento con la maggioranza dei due terzi, esiste la possibilità di chiedere un referendum abrogativo.
Il Referendum può esser chiesto da Cinque consigli regionali, oppure, da 500.000 elettori oppure da un quinto dei membri di una Camera (ossia 126 deputati o 63 senatori).
Reputo altamente probabile che tale ipotesi si avveri: 500.000 firme son facili da trovare e un buon numero di parlamentari che sa di non poter contare su una rielezione farà di tutto per portare alle lunghe questa legislatura.
La richiesta di referendum bloccherebbe le elezioni anticipate: non perché ciò sia vietato, ma perché non si saprebbe quanti deputati o senatori eleggere.
I tempi sono dettati dalla legge 25 maggio 1970 n. 352,
L’articolo 3 di tale legge dispone che una legge di revisione costituzionale non approvata con la maggioranza dei due terzi non sia promulgata e non entri in vigore, ma:
- Qualora l’approvazione sia avvenuta con la maggioranza prevista dal primo comma dell’articolo 138 della Costituzione, il Ministro per la grazia e la giustizia deve provvedere alla immediata pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale con il titolo «Testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera», completato dalla data della sua approvazione finale da parte delle Camere e preceduto dall’avvertimento che, entro tre mesi, un quinto dei membri di una Camera, o cinquecentomila elettori, o cinque consigli regionali possono domandare che si proceda al referendum popolare.
- La legge di cui al comma precedente è inserita nella Gazzetta Ufficiale a cura del Governo, distintamente dalle altre leggi, senza numero d’ordine e senza formula di promulgazione.
Quindi bisogna aspettare tre mesi per vedere se Regioni, cittadini o parlamentari, nelle dovute forme chiedano il referendum abrogativo.
Se viene chiesto, l’articolo 12 della legge 352/70 dispone che la Corte di Cassazione abbia 30 giorni per decidere se la richiesta sia conforme al disposto dell’art. 138 della Costituzione- Se verifica positivamente la richiesta, l’articolo 15 della legge dispone che il referendum è indetto con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza che lo abbia ammesso.
La data del referendum è fissata in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all’emanazione del decreto di indizione.
Ricapitoliamo i tempi.
Facciamo conto che la legge sia definitivamente approvata dalla Camera il 30 settembre 2019. Facciamo conto che la legge sia pubblicata, senza entrare in vigore, in attera di richiesta di referendum il 1° ottobre 2019, i 3 mesi terminano il 1° gennaio 2020. La Cassazione dovrà esprimersi entro il 1° febbraio 2020. Il presidente della Repubblica ha tempo per indire il referendum fino al 1° aprile 2019.
Il referendum si svolgerà fra il 20 maggio e il 10 giugno 2020.
Solo allora sapremo definitivamente quanti sono i Parlamentari della Repubblica.
Solo allora il presidente della Repubblica, se lo riterrà necessario, potrà sciogliere le Camere.
E qui detta legge l’articolo 61 della Costituzione:
- “Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni [cfr. art. 87 c. 3].
- Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti.”
Fin ora dallo scioglimento alle elezioni è sempre trascorso il massimo del tempo. Se sarà così anche stavolta, le elezioni delle nuove Camere (col numero attuale o ridotto di parlamentari) non potranno tenersi prima del 10 agosto 2020. Data improponibile.
Settembre? No, c’è la legge di bilancio.
Se ne riparlerà forse a primavera 2021.
Il Governo questo lo sa bene: per questo litiga, ma non rompe. Sa benissimo che, se dovesse andare in crisi, dietro l’angolo non ci sarebbero le elezioni anticipate, bensì più di un anno di “Governo tecnico”.
A meno che….. a settembre la legge di riforma costituzionale non venga, bocciata o archiviata per permettere lo scioglimento delle Camere prima della sua approvazione. Con lo scioglimento, il Disegno di legge di riduzione dei parlamentari decadrebbe e non se ne parlerebbe più. Molto meglio.